TRIBUNALE DI PALERMO UFFICIO
ISTRUZIONE PROCESSI PENALI
N. 2289/82 R.G.U.I. ORDINANZA -
SENTENZA
7. Omicidio Gallina Stefano
(Vol.1/V) Il 1~ ottobre 1981 - alle ore 13,30 circa - alcune telefonate anonime
giunte alla Stazione dei Carabinieri di Carini segnalavano come da poco fosse
stato consumato un omicidio nei pressi
del passaggio a livello di detto Centro.
I Carabinieri, giunti sul posto, constatavano che all’altezza del civico
21 della Via Provinciale sostava una BMW targata PA-544227 - posta in mezzo a
detta strada con senso di marcia verso la ss.113. Sul sedile anteriore sinistro giaceva, privo
di vita, Gallina Stefano, dagli stessi Carabinieri ben conosciuto perche’ diffidato. Si apprendeva, altresi’, che la moglie della vittima,
Simonetta Maria, è rimasta a sua volta ferita ed era stata accompagnata presso
l’Ospedale di Carini.
•
Pag.Z.734 - L’auovetura. come detto, era ferma
al centro della strada. con il senso di marcia verso Palermo, e presentava
numerosi fori p~odo~ti da colpi di arma da fuoco sul parabrezza e sulla carrozzeria.
mentre i vetri degli sportelli anteriori erano frantumati e il pneumatico anteriore
sinistro risultava forato. Il Gallina. in
sede autoptica. risultava essere stato attinto in varie parti del corpo da sette
proiettili cal.38.
In localita’ “Foresta” di Carini,
veniva, inoltre, :rinvenuta una Alfa Romeo Giulietta completamente distrutta dal
fuoco ed i VV.FF. provvedevano a
spegnerne le ultime fiamme. L’auto era
di prorieta’ di Mercadanti Natale ed allo stesso era stata sottratta la notte
del 18 agosto 1981 in Palermo. Trattavasi,
molto probabilmente. dell’auto usata dai killer per l’agguato al Gallina, stante
le modalita’della sua distruzione nello stesso arco di tempo in cui era stato
consumato il delitto.
Simonetta Maria riferiva che il
giorno dell’omicidio, verso le ore 1 4 , dopo aver - Pag.2.735 -assistito al
matrimonio del nipote Simonetta Domenico presso la chiesa Madre di Carini,con il
marito si stava dirigendo in localita’ “Foresta” ove, nel ristorante “La Campagnola”,
si sarebbe dovuto tenere il banchetto nuziale.
Lungo la via, la BMW del marito veniva sorpassata da altra autovettura i
cui occupanti, dopo ave:z: bloccato il mezzo, esplodevano nume:z:osi colpi di
a:z:ma da fuoco. In preda al panico, la
donna non sapeva dare nessuna altra utile indicazione sui kille:z:, sulle armi
adoperate o sulla dinamica del fatto. Licastri
Emilio riferiva che, precedendo con la sua auto quella di Gallina Stefano,
stava recandosi al ristorante “La Campagnola” per partecipare al banchetto
nuziale. A circa 250 metrid al passaggio
a livello ferroviario notava una autovettura ferma in senso trasversale
:rispetto all’asse della strada. Detta auto impegnava il senso di marcia opposto
al suo, anche se con la parte anteriore :rivolta verso la SS.113.
Notava, altresi’, quattro uomini
fermi sul margine destro della strada,
uno accanto all’altro, intenti a guardare verso il centro della carreggiata,
tanto da dargli l’impressione che si fosse verificato un incidente stradale.
Subito dopo aver superato detta
auto e, comunque, dopo circa 60/70 metri, udiva dei colpi di arma da fuoco per
cui, istintivamente, bloccava il suo
mezzo e si rannicchiava per proteggersi.
Proprio in quel momento, percepiva
il rumore di un’autovettura che proseguiva ad alta velocita’ in direzione della
SS.113 e riusciva a legge:e, a distanza di circa 40 metri, le ultime due cifre
della targa, indicandole in “38”.
Il mezzo che si allontanava era lo
stesso poco prima avvistato fermo in
mezzo alla carreggiata ed era di colore
giallo.
Il Licastri, quindi, riferiva di
essere sceso e di essersi avvicinato
alla BMW del Gallina ed aveva constatato
come questi fosse morto, mentre la moglie veniva soccorsa da un
parente. Sul luogo del delitto. poco dopo
sopraggiungeva il Carabiniere Taormina Angelo originario di Carini ed in
servizio presso la Borgo Nuovo il quale
stazione di Palermo riferiva che:
•
verso le ore 13,30 si trovava a transitare a bordo della sua auto,
proveniente da Palermo per far ritorno a
Carini; giunto a circa 200 metri dal
passaggio a livello di Carini aveva
notato una BMW con a bordo una donna in
preda a forte agitazione;
•
nel frattempo aveva notato a circa 15-20 metri dalla sua auto una Alfa Romeo Giulia di colore giallo con a bordo un individuo dalla apparente
eta’ di 30-35 anni che effettuava una repentina inversione di marcia per poi
dirigersi velocemente verso Palermo; aveva intuito che era accaduto qualcosa effettuata a sua volta di grave e, l’inversione
quindi, di marcia, si era posto
all’inseguimento della Giulia,
riuscendo a riprendere contatto con la
stessa nei pressi della zona industriale
di Carini; - aveva constatato che gli
sarebbe stato impossibile raggiungere l’auto
che procedeva a velocita’ sostenuta ed
aveva desistito dall’inseguimento. mentre
la predetta auto imboccava lo svincolo autostradale per Palermo era riuscito. comunque, a rilevare il numero
di targa che indicava in PA-453236. immediate indagini facevano rilevare come detta targa appartenesse proprio ad una Alfa Romeo Giulietta di colore giallo intestata ad Alimena Provvidenza. residente in Isola
delle Femmine, via Volta n.6. Bruno Antonino marito della Alimena dichiarava
che detta auto era stata prelevata il mattino del ottobre dal figlio Bruno Francesco.
•
Il Bruno non veniva rintracciato, ne’ i di lui
genitori erano in grado di fornire utili indicazioni per localizzarlo
anche se concordemente,
dichiaravano che lo stesso era uscito di
casa quel 1 ottobre verso le ore 7-7,30.
La successiva perquisizione in casa
del Bruno dava esito negativo ed, essendo stata effettuata proprio in
conseguenza della individuazione della”Giulietta”
gialla, dovra’ ritenersi come negativa
fosse stata anche la ricerca della suddetta
auto.
Si accertava, comunque, che il
Bruno era socio di una impresa di
costruzioni edile denominata “Immobiliare
Sicania”, insieme con Vitale Paolo e
Biondo Salvatore.
Venivano sentiti i dipendenti di
tale impresa, Lo Cicero Vincenzo,
Tripiciano Edoardo e Puleo Costantino (Vo1.1/V f.138) i quali, concordemente, affermavano di aver visto il Bruno
in cantiere, di mattina,quel 1 ottobre e
di averlo, successivamente, rivisto verso le ore 13/13,30 mentre si
trovava, solo, presso la sua abitazione
di via A.Volta, con la sua auto.
Risentiti lo stesso giorno 2
ottobre, il Lo Cicero, il Tripiciano ed
il Puleo, ammettevano di aver visto il
Bruno solo verso le ore 8 del 1 ottobre,
mentre escludevano di averlo poi rivisto verso le ore 13-13,30, non sapendo spiegare il perche’
della precedente, contrastante
dichiarazione
Precisava il De Cesare che nel
corso della settimana precedente il
Bruno non era stato visto in cantiere,
mentre erano stati presenti tutti i
giorni il vitale ed il Biondo i quali si allontanavano dal cantiere solo dalle
12 alle 13 per fare colazione.
Esprimeva la certezza che anche il giovedi’ 1 ottobre il Biondo ed il Vitale
erano stati nel cantiere e, come al
solito, si erano allontanati dalle 12
alle 13.
Questa ultima circostanza la
ricordava bene in relazione al
Vitale (Volo 1/V bene in relazione al (Vol.1/V ~.147).
Biondo Salvatore (Volo 1/V ~.150)
(Vol.1/V %.153) contrariamente a quanto asserito dagli altri dipendenti,
riferiva che il Bruno era giunto in
cantiere la mattina del 1 ottobre verso le ore 9.
Dopo qualche era, lui, il Bruno ed il Vitale si erano portati a circa 100
metri di distanza dal cantiere per tracciare la
recinzione di un villino gia’ esistente ed avevano finito detto lavoro verso le ore 14.
Avevano consumato la colazione sul
posto e, successivamente, erano tornati
al cantiere dove si erano trattenuti
sino alle ore 17.
Aggiungeva che il Bruno era
tornato in cantiere, seppure per pochi minuti. Vitale Paolo (Vo1.1/V f.154) -
(Vo1.1/V f.157) confermava
sostanzialmente le dichiarazioni rese
dal Biondo sui movimenti del Bruno il giorno 1 ottobre e insisteva
nel riferire che loro tre erano stati a tracciare la recinzione ed avevano passato insieme la giornata.
I due venivano, ovviamente, tratti in arresto con la imputazione di favoreggiamento
personale, essendo palese il mendacio in relazione ai movimenti del Bruno nella
giornata del 1 ottobre.
Si provvedeva, comunque, a rintracciare il Proprietario del villino della cui recinzione
avevano parlato il Vitale ed il Biondo.
Il predetto identificato per Luparello Santo –
dichiarava di aver incaricato il Biondo, il Vitale ed il Bruno dei lavori di recinzione del suo villino
in contrada “Inserra” di Palermo, verso
la fine di luglio primi di agosto.
Gli stessi avevano accettato, ma avevano dichiarato di non potere iniziare subito i lavori perche’ altrove occupati.
A fine agosto, avendo venduto il suo appartamento di via Cataldo Parisio, era
stato costretto a trasferirsi nel
residence Marbela in attesa che fosse reso abitabile il suo predetto villino e,
pertanto, aveva pregato i tre di accellerare i lavori di recinzione agli stessi
affidati.
Aveva, quindi, potuto notare che sicuramente prima della fine di settembre, la
recinzione era gia’ stata tracciata con calce e terra e che i lavori erano
iniziati.
Dei lavori si occupava quasi esclusivamente il Vitale,
con l’assistenza del Biondo, mentre il Bruno era presente solo saltuariamente.
Precisava come fosse da escludere che il 1 ottobre
1981 la recinzione con la linea di calce dovesse ancora essere tracciata
(Vol.3/V f.83).
Le indagini istruttorie, dunque, avevano acclarato
come il Bruno si fosse presentato in cantiere la mattina del 1 ottobre e, allontanatosi,
non era stato piu’ visto, ne’ quel
giorno. ne’ nei successivi giorni.
Il tentativo di fornire un alibi al Bruno da parte dei
suoi soci vitale e Biondo era miseramente
naufragato: i due, infatti, erano stati smentiti dai dipendenti della impresa
sulla presenza del Bruno in cantiere nel corso della giornata del ottobre. come
pure erano stati smentiti dal Luparello
sulla recinzione del villino per
tracciare la quale tutti e tre i soci sarebbero :rimasti a lavorare sino al
primo pomeriggio di quel fatidico 1
ottobre.
Tornando alla scena del delitto e, segnatamente, alla
BMW del Gallina, si deve osservare come sulla stessa fossero state rinvenute
tracce di una lunga striatura dalla lunghezza di mt.2 sulla fiancata sinistra,
dal parafango posteriore allo sportello posteriore, prodotta verosimilmente da
collisione con altro autoveicolo (Vol.1/V f.48), nonche’ tracce di vernice,
presumibilmente beige.
Veniva disposta perizia tecnica per accertare la
natura e le caratteristiche chimico-fisiche e meccaniche di alcune impronte e
tracce esistenti sulla carrozzeria della BMW.
Il Perito «Vo1.3/V f.2.42.) e segg.) riferiva come l’esame,
effettuato con adeguata attrezzatura, avesse permesso di accertare che l’impronta
in argomento consisteva in un “riporto di smalto di finitura di tipo sintetico termoindurente
a tono cromatico giallo chiaro e doveva ritenersi l’esito di un urto di tipo superficiale,
ad andamento continuo, fra l’unita’ in esame ed altra autovettura, con carrozzeria definita a mezzo prodotti (smalti)
sintetici a tono cromatico giallo”.
In breve, il Perito rilevava come la striatura fosse
stata prodotta dall’urto con altra autovettura di colore giallo.
Depositata la relazione di perizia in cui si e’ detto,
perveniva. in data 29.11.82, una istanza dei difensori del Bruno
verniciatura”.
Veniva fuori. cosi’, la fantomatica “Giulietta” del
Bruno che invano cercata nel corso dei numerosissimi controlli e delle accurate
perquisizioni. ora risultava essere in possesso dei genitori dello stesso.
Il giorno 11 gennaio 83 venia conferito allo stesso Perito il nuovo incarico di
perizia sulla auto “Alfa Romeo Giulia Nuova Super 1300” targata PA-453236
La relazione «Yo1.3/V f.314) e segg.) permetteva di
far naufragare anche questo ulteriore tentativo di maldestra difesa approntato
dal Bruno e dai suoi genitori.
Rilevava, infatti, il Perito che: trattavasi di una
berlina con carrozzeria in tono cromatico giallo; l’autovettura denunciava, in
tutta evidenza, gli esiti di interventi estesi di ripristino della verniciatura
e, in particolare, dello smalto di finitura, con impiego di prodotti, mezzi d’opera
di tecniche in tutto e per tutto diverse da quelle orginali;
lo smalto era stato dato con mezzi artigianali, (pistola ad aria compressa),
mentre gli spessori del film di vernice denunciavano macroscopiche difformita’
da zona a zona della carrozzeria, con variazioni comprese fra 100 e 220 micron
e, comunque, di gran lunga superiori a quelli originali, normalmente contenuti
in misura non superiore a 60 microni gli spessori maggiori, rilevati in alcune
zone circoscritte, quali alloggio fari anteriori e cofano posteriore,
documentavano interventi di ripristino della carrozzeria con risagomatura dei
lamierati;
l’autovettura, in atto, non mostrava tracce evidenti
di fatti traumatici anche superficiali e di modesta entità le attuali
condizioni degli smalti di finitura testimoniavano interventi di ripristino avvenuti
in epoca compresa tra i 12 ed i 16 mesi anteriori alla data dell’accertamento i
riporti di smalto a suo tempo rilevati sull’autovettura BMW 520 (quella del Gallina)
non avevano attinenza alcuna con i prodotti impiegati per l’attuale definizione
della berlina in esame i questi ultimi, diversi da quelli impiegati dall’Alfa
Romeo, potevano appartenere alla gamma di prodotti usati dalla Fiat per alcune
sue auto.
Il Bruno, cioe’, 12 o 16 mesi prima dell’accertamento,
aveva provveduto a far riparare la carrozzeria e a far :riverniciare di giallo
l’auto, con prodotti diversi da quelli impiegati dalla casa costruttrice.
Cosi’ facendo, l’imputato eliminava le tracce di
striature riportate a causa dell’impatto con la BMW del Gallina e sostituiva la
vernice, sicche’ non vi fosse piu’ corrispondenza alcuna tra le tracce di
vernice lasciate sulla BMW e la vernice della sua “Giulia”: tali si rivelavano
le conclusioni da trarre e dalla perizia e dai successivi accertamenti
richiesti dal P.M. ed effettuati dal .l.«Vol.3/V f.3Z7) e segg.).
Detti accertamenti, infatti venivano effettuati per
acclarare se vi erano state accurate ricerche della “Giulia” e per tentare di
individuare chi e come avesse effettuato i lavori di “ripristino” sulla stessa.
Veniva sentito, innanzitutto, l’Ing. Ennio Ribaudo
(Vo1.3/V f.328) Perito dell’Ufficio nelle due perizie - e questi riferiva che,
per eseguire accertamenti sulla “Giulia” del Bruno, era stato rilevato a casa
dallo avvocato Ganci (difensore dell’imputato), il quale, con la sua auto, lo aveva condotto in Isola delle
Femmine davanti ad un garage.
Qui gli era stato presentato un uomo che si era
qualificato come il padre del Bruno, mentre all’interno del garage stesso gli
era stata fatta trovare l’auto.
Lo stesso avv. Ganci gli aveva specificato come il
garage si trovasse a circa 200 mt dalla
abitazione del Bruno.
Precisava il Ribaudo di non essere in grado di
indicare chi avesse effettuato le riparazioni rilevate sull’autovettura e che, comunque,
queste risalivano ad epoche diverse: la brillantezza degli smalti gli faceva
dedurre che le riparazioni piu’ recenti erano quelle della parte anteriore dell’autovettura.
Il Comandante della Compagnia Carabinieri di Partinico
veniva, quindi, incaricato di svolgere indagini per individuare il citato garage,
nonche’ per individuare chi avesse disposto le riparazioni sull’auto. Al
predetto veniva chiesto anche di indicare i nomi dei militari dell’Arma
incaricati delle ricerche del Bruno e
della sua autovettura.
Con il rapporto del 27
Yol.3/Y f.330) gennaio 1984 e segg.), -la Compagnia cc. di Partitico indicava i nominativi dei Militari impegnati
nelle ricerche di cui sopra.
Con lo stesso rapporto si segnalava l’avvenuto
sequestro dell’auto trovata in possesso di Tesauro Girolamo.
che: Quest’ultimo (Vo1.1/V f.345) dichiarava nel 1981
Bruno Antonino (padre dell’imputato) gli aveva offerto in vendita un’auto che
deteneva in un garage;
provata l’auto e l’aveva acquistata;
concordato il prezzo, poiche’ l’auto presentava
macchie di ruggine, aveva contattato un carrozziere eventuale riverniciatura;
per la a causa dell’alto costo necessario per eseguire
detta riverniciatura, vi aveva rinunciato ed aveva solo provveduto, prima dell’estate83,
a far installare sulla stessa l’impianto di alimentazione a gas; nel novembre
del 1983 aveva avuto un incidente stradale all’incrocio tra via Leopardi e via
Pipitone Federico;
mentre era in possesso di detta autovettura, Bruno
Antonino gliela aveva chiesta in prestito per qualche giorno e, cosi’, lui gliela
aveva data per un 15 giorni nessun altro tipo di lavoro aveva fatto effettuare
sull’auto, tranne il citato impianto a gas e la pulitura dei carburatori.
Bruno Antonino(Vol.1/V f.347) dichiarava di aver venduto
l’auto al Tesauro con l’impegno, da parte di costui, di permettere la
esecuzione di eventuali perizie sulla stessa. Aveva, infatti, riottenuto la predetta
auto quando il difensore (del figlio) gliene aveva fatta richiesta.
Escludeva, comunque, di aver fatto eseguire lavori su
detta auto.
Tesauro, successivamente (Vol.1/V f.354) aggiungeva
che l’auto gli era stata venduta i primi mesi di quell’anno (1982), in quanto
ricordava che “era d’inverno e che nell’estate io avevo gia’ la macchina”.
Specificava che l’autovettura era stata da lui ritirata in una autorimessa sita
a pochissimi metri dal caseificio del Bruno.
In una ultima occasione precisava (Vol.1/Vff.365) che
l’auto gli era stata consegnata dal Bruno il 1 agosto 1982, lo stesso giorno in
cui aveva subito una contravvenzione perche’ sorpreso a circolare senza il
bollo.
L’autovettura, quindi, l’aveva restituitafi primi dell’ottobre
1982 ed il Bruno non glifaveva specificato i motivi di questa richiesta.
Era sicuro di non aver effettuato lavorifin detta auto
in tutto il periodo in cui ne erafstato in possesso, come pure escludeva che lafstessa
auto avesse subito riparazioni nel periodo in cui era stata riconsegnata al
Bruno.
L’ing. Ribaudo (Vol.1/V f.364) precisava di aver
compiuto accertamenti sulla Giulia del Bruno nelle ore antimeridiane del giorno
8 marzo 1983 (Vol.1/V f.367).
I Militari dell’Arma che aveva partecipato alle
ricerche e del Bruno e della sua auto, concordemente, dichiaravano di aver
effettuato accurate ricerche anche del mezzo, ma infruttuosamente, ((Vol.1/V
f.350) e segg.) nel corso delle numerose perquisizioni.
Nessun dubbio, quindi, che l’auto del Bruno venne
accuratamente cercata e cio’, prescindendo dalle dichiarazioni dei Carabinieri,
e’ del tutto ovvio se solo si pone mente al fatto che il nome dell’imputato era
venuto fuori proprio effettuando accertamenti sulla sua auto notata sul luogo
dell’omicidio del Gallina.
Gli accertamenti del Ribaudo, effettuati nel marzo del
1983, evidenziavano come i lavori di ripristino della vernice erano stati effettuati
12/16 mesi prima: cio’ porta a ritenere che tali lavori vennero eseguiti proprio
in epoca prossima e posteriore a quella dell’omicidio del Gallina.
L’auto, subito dopo l’impatto con la BMW del
Gallina,era stata fatta riparare ed era stata nascosta in un garage non di
pertinenza del Bruno, si che era stato impossibile rinvenirla.
Se il Bruno, non avesse avuto nulla da temere avrebbe
subito messo a disposizione degli inquirenti detta auto.
Aveva, invece, occultato la stessa anche per non farne
rilevare lavori di riverniciatura effettuati e, dopo oltre 16 mesi, quando gia’
si conoscevano i risultati degli accertarnenti cromatici effettuati sulla BMW
del Gallina, aveva tentato di giocare la carta
dell’esame peritale sulla stessa, sicuro della diversita’ delle vernici
e della eliminazione delle striature.
Che il Bruno sia l’autore materiale dell’omicidio del
Gallina, comunque, è evidenziato anche dal falso alibi allo stesso fornito dal
Vitale e dal Biondo e di cui si e' ampiamente detto.
Giova ribadire che i dipendenti del Bruno quel giorno
lo videro solo nella primissima mattinata, mentre videro allontanarsi dal cantiere
gli altri due soci solo per l'ora della colazione: cio' e ' stato ulteriormente
confermato dal Luparello che ha decisamente affermato che la recinzione del suo
villino era gia' stata effettuata molto tempo prima di quel 1 ottobre 81.
Individuato uno degli autori materiali dell'omicidio
sorpreso proprio mentre precipitosamente si allontanava a bordo della "Giulia"
con la quale aveva, con altri, atteso il Gallina resta da esaminare il movente dell'omicidio
stesso.
Gallina Stefano apparteneva ad una famiglia (i
"Malavita") tristemente famosa nella zona di Villagrazia di Carini
per vari episodi delittuosi. Gallina Vito suo cugino – era stato ucciso in
Fabriano il 4.2.74, mentre un altro suo
cugino – Gallina Giovanni - era stato ucciso a Carini subito dopo, il 26.5.74.
Gallina Salvatore, fratello dei suddetti Vito e
Giovanni,era stato tratto in arresto dai cc. di Palermo il 22.10.80 perche'
implicato in fatti connessi al traffico di stupefacenti, mentre un altro
Gallina Salvatore, pure cugino della vittima, risulta essere latitante perche' colpito
da mandatodi cattura (n.220/S0) emesso dal G.Io di Palermo per traffico di stupefacenti.
Pipitone Angelo Antonino elemento di spicco della
mafia di Carini- e imputato nel presente procedimento penale, e' implicato nel traffico
di stupefacenti (m.c. N.240/80 emesso dal G.I.di Palermo): lo stesso e' un
altro cugino della vittima.
Nell'agosto del 1980, proprio dietro l'abitazione del
predetto Pipitone veniva scoperta una raffineria
eroina (Gerlandi abitazione e della raffineria si trovava la Alberto ed altri),
mentre nei pressi di detta villa"bunker" di Badalamenti Antonino
(ucciso il 18 agosto 81), reggente della
famiglia mafiosa di Cinisi, succeduto a Gaetano Badalamenti nel controllo di
detta famiglia.
L'omicidio del Gallina quindi si inquadra perfettamente nella strategia di
eliminazione Dei
"fedelissimi" di
Gaetano Badalamenti.
Ed, invero, dopo la eliminazione di alcuni dei suoi
cugini, dopo l'arresto e la latitanza di altri, Gallina Stefano aveva assunto
un ruolo di preminenza all'interno di detta famiglia, venendo, cosi', ad essere
un punto di riferimento e di forza per
tutti gli altri amici del Badalamenti.
Non va, infatti, dimenticato come per isolare il
potente boss di Cinisi siano stati eliminati Badalamenti Silvio (Marsala
2.6.83), Badalamenti Natale (Carini,
21. 1 1 . 1983) Badalamenti Agostino (20.2.84 Rep.:Eed Ted.) Badalamenti
Salvatore (Cinisi, 19.11.1982) Badalamenti Antonino(Carini, 18.8.1981).
La stessa successione cronologica tra gli omicidi di
Badalamenti Antonino e Stefano Gallina e' altamente indicativa se rapportata anche
al ruolo assunto dai due all'interno della famiglia di Cinisi.
Secondo quanto riferito dal Buscetta e quanto
oggettivamente emerso dalle indagini relative all'omicidio di Badalamenti Nino,
come si e ' visto questi aveva sostituito, per decisione della commissione,
Gaetano Badalamenti come capo della"famiglia" di Cinisi.
Trattavasi, pero', pur sempre di un Badalamenti , con
l'ex capo ancora libero ed attivo, rappresentava una minaccia alle mire
egemoniche dei corleonesi.
Badalamenti Nino viene, cosi', ucciso il 18.8. 81 e,
dopo due mesi. appena, viene ucciso anche Stefano Gallina mentre Badalamenti
Natale altro componente della famiglia, VIENE ucciso nel novembre del 1983.
Il ruolo del Gallina, si ripete, va valutato proprio
in relazione alla soppressione di Nino Badalamenti, all'arresto e alla
latitanza di alcuni cugini del primo: tutto cio' aveva posto il Gallina stesso
in una posizione di preminenza all'interno del clan Badalamenti e, quindi,
nella logica dello sterminio degli amici e congiunti del vecchio capo, la sua
eliminazione era inevitabile.
Per l'omicidio
del Gallina,per il tentato omicidio di Simonetta Maria, nonche' per i connessi
delittidi detenzione e porto di armi (Capi 131, 132, 133), vanno rinviati a
giudizio Greco Michele, Greco Ferrara Salvatore, Riina Salvatore, Riccobono
Rosario, Marchese Filippo, Vernengo Pietro, Greco Giuseppe di Nicolo',
Provenzano Bernardo, BruscaBernardo, Scaglione Salvatore, Calo' Giuseppe,
Geraci Antonio "nene''', Scaduto Giovanni, Lo Jacono Pietro, Montalto
Salvatore, Bonurn Francesco, Buscami Salvatore, Pullara' Ignazio, Pullara'
G.Battista, Savoca Giuseppe, Cucuzza Salvatore, Corallo Giovanni,Bono Giuseppe,
Motisi Ignazio.
Greco Leonardo, Bruno Francesco e Prestifilippo Mario Giovanni.
Vanno rinviati a giudizio per rispondere del delitto
di favoreggiamento personale Biondo Salvatore e Vitale Paolo (Capo 134).
Da pag 103 a pag
131
BRUNO FRANCESCO ARCHIVIO
STORICO DEL GIORNALE L’ORA DI PALERMO
giovedì 21 febbraio 2013
inventario
625667/118 data in 1983 data
ul. 1983
soggetto
1. Bruno, Francesco - Arresto - 1983. note 1
fotografia.
intestazione
BRUNO FRANCESCO. Arrestato per spaccio di stupefacenti. PA 19/4/83.
cassetto 168
busta 118 doc 1
Pagina 191 di 1496
inventario
625667/119 data in 1990 data
ul. 1990
soggetto
1. Bruno, Francesco -Arresto - 1990. note 10
fotografie: 3 dell'arresto di Francesco Bruno, 1 segnaletica, 1 dietro le
sbarre del maxiprocesso, 1 foto ANSA; 1 foto dell'arresto dell'uomo che
ospitava il Bruno durante la latitanza, 1 foto segnaletica, 2 dei contanti
rinvenuti nell'abitazione, 1 dell'abitazione. 6 ritagli di giornale (Giornale
di Sicilia, L'Ora).
intestazione
BRUNO FRANCESCO. Imputato al maxiprocesso catturato dopo nove anni di
latitanza. 22/10/1990.
cassetto
168 busta 119 doc
17
Pagina 191 di 1496
inventario
625673/404 data in 1982 data ul. 1982
soggetto
1. Enea, Vincenzo - Uccisione - 1982.
note 7
fotografie riguardanti l'uccisione di Enea, il corpo esanime di Enea, la folla
di curiosi che stanzia intorno al corpo esanime di Enea.
intestazione
ENEA VINCENZO. Costruttore fallito ucciso ad Isola delle Femmine. 8/6/82.
cassetto
174 busta 404 doc
7
Pagina 648 di 1496
inventario 625672/9 data in 1982 data ul. 1982
soggetto 1. D'Agostino, Benedetto - Uccisione - 1982.
note 3 fotografie del luogo del delitto, del cadavere di D'Agostino e della Fiat 500 carbonizzata utilizzata dai killer per uccidere l'uomo.
intestazione D'AGOSTINO BENEDETTO. Partanna Mondello, ucciso da killer
nel suo residence. 13/5/82.
cassetto 173 busta 9 doc 3
Pagina 567 di 1496
inventario 625677/163 data in
1982 data ul. 1982
soggetto
1. Impastato, Giacomo - Uccisione - 1982.
note
1 fotografia formato tessera
dell'Impastato, 2 fotografie riguardanti il corpo esanime dell'ucciso
intestazione
IMPASTATO GIACOMO. Ucciso a Isola delle Femmine. 16/1/82
cassetto 178 busta 163 doc 3
Pagina 960 di 1496
inventario
625666/22 data in 1985 data
ul. 1985
soggetto
1. Badalamenti, Vito - Arresto - 1983.
note
2 fotografie, 3 ritagli di giornale sulla
concessione da parte della Spagna
dell'estradizione negli Stati Uniti del
boss Vito Badalamenti
intestazione
BADALAMENTI VITO. Commerciante, figlio di Tano Badalamenti. Novembre
'83
Cinisi.
cassetto 167 busta 22 doc 5
Pagina 136 di 1496
inventario
625666/21 data in 1983 data
ul. 1983
soggetto
1. Badalamenti, Silvio - Uccisione - 1983.
note
6 ritagli di giornale sull'omicidio
Badalamenti, proclamatosi sempre
estraneo ad ogni coinvolgimento
mafioso
intestazione
BADALAMENTI SILVIO. Nipote di don Tano. Ucciso a Marsala. 2/6/83
cassetto 167 busta 21 doc 6
Pagina 135 di 1496
inventario
625677/91 data in 1984 data
ul. 1984
soggetto
1. Lo Bianco, Antonino Arresto - 1984 2. Di Maggio, Vincenzo - Arresto - 1984
3. Bruno, Giovanni - Arresto - 1984.
note
4 ritagli di giornale (L'Ora, Repubblica, Giornale di Sicilia, Corriere della
Sera) riguardanti l'arresto dell'ex sindaco e del sindaco e assessori di Isola
delle femmine. L'accusa: speculazione edilizia e assunzioni di favore. In
manette anche un costruttore. Una delle due giunte arrestate dopo una settimana
in cui i suoi componenti sono rimasti all'Ucciardone, è stata scarcerata, metre
l'altra resta all'Ucciardone.
intestazione
ISOLA DELLE FEMMINE. Arrestati: il sindaco e la sua giunta il costruttore Giovanni
Bruno e l'ex sindaco 11/10/1984.
cassetto
178 busta 91 doc 4
Pagina 989 di 1496
inventario
625679/131 data in 1978 data
ul. 1978
soggetto
1. Longo, Gaetano - Uccisione - 1978.
note
24 fotografie: del funerale (foto di Franco Zecchin), del figlio che ha
assistito all'omicidio, dell'abitazione davanti alla quale è avvenuto
l'agguato, della vettura in cui si trovava il Longo,
della moglie che si reca in
ospedale, dell'ingresso della banca presso cui era direttore, dell'identikit
dell'assassino.
intestazione
LONGO GAETANO. Ex sindaco di Capaci e
direttore della Banca del popolo PA ucciso in un agguato sotto gli occhi del
figlio. 17/1/1978.
cassetto
180 busta 131 doc
24
Pagina 1073 di 1496
inventario
625675/54 data in 1981 data
ul. 1981
soggetto
1. Gallina, Stefano - Uccisione - 1981
2. Criminalità organizzata - Carini - 1981.
note 1 fotografia di ritratto
di Gallina ed 1 fotografia del cadavere.
Sul retro nota manoscritta:
"Stefano Gallina, 59 anni,
allevatore di bestiame ucciso a Carini".
intestazione GALLINA STEFANO.
Crivellato di colpi, allevatore di
bestiame. 2/10/'81.
cassetto 176 busta 54 doc 2
Pagina 834 di 1496
inventario
625676/352 data in 1976 data
ul. 1976
soggetto Guglielmo, Felice - uccisione - 1976 2. Criminalità organizzata - Partanna Mondello - 1976.
note
2 fotografie di diverso formato del
Guglielmo, 5 fotografie riguardanti il
corpo esanime del Guglielmo, il luogo
dove è avvenuta l'uccisione, i funerali
dello stesso
intestazione
GUGLIELMO FELICE. Mafioso assassinato.
(Palermo) Partanna Mondello. 9/1/76
cassetto 177 busta 352 doc 7
Pagina 915 di 1496
inventario 625679/20 data in 0 data ul. 0
soggetto 1. Lo Cicero.
note
2 fotografie di grande formato con in primo piano,
nell'una un giovane uomo, nell'altra un uomo più maturo, probabilmente si
tratta della stessa persona
intestazione
LO CICERO. Tommaso Natale.
cassetto180 busta 20 doc 2
Pagina 1086 di 1496
QUELLO 'SBIRRO' URLATO A
RIINA JR LA VITA "SPERICOLATA" DI DI GIACOMO
Venerdì 02
Maggio 2014 - 06:24 di Riccardo Lo Verso
Le confidenze di Giovanni Di
Giacomo, captate in carcere, svelano retroscena inediti sul killer ergastolano
del mandamento palermitano di Porta Nuova. E aprono delle piste investigative
sull'omicidio del fratello Giuseppe, freddato alla Zisa.
PALERMO - Glaciale e spietato.
Sia fuori che dentro il carcere. Pronto a massacrare di botte un altro
detenuto e a dare dello “sbirro” al figlio di Totò Riina.
Sono le sue stesse parole, le
parole di Giovanni Di Giacomo, killer ergastolano, ad aprire alcune piste
investigative sull'omicidio del fratello Giuseppe, freddato alla
Zisa. Parlando con un nipote e con l'altro fratello, Marcello, Giovanni
non escludeva che il delitto fosse una vendetta nei suoi confronti. I colloqui
sono stati registrati fra marzo e aprile scorsi, prima che Giovanni Di Giacomo
individuasse in Onofrio ed Emanuele Lipari i presunti mandanti dell'omicidio e,
così sostiene l'accusa, ne ordinasse l'eliminazione, “costringendo” i
carabinieri ad accelerare il blitz a Porta Nuova.
Il nipote piangeva durante il colloqui. Si commuoveva pensando a Giuseppe che “... era tutto sparato... la costola... forse non ce l'ha fatta più ed è caduto e l'ultimo gli hanno sparato in testa...”. “... una volta che avevano questa intenzione c'è poco da fare”, spiegava Giovanni Di Giacomo con apparente freddezza. Poi, aggiungeva: “... può essere pure che è stato fatto per me”. “... sto pensando ora il fatto di Padova magari c'entra niente?”, gli chiedeva il nipote. Risposta: “... bravo... bravo... mettilo al dieci per cento però mettilo al dieci per cento... sei intelligente, ma lo hai pensato tu lo hai pensato?... il dieci per cento perché questo che dici tu non ha tutta questa capacità di potere... hai capito?”.
Il “fatto di Padova” è un episodio di inaudita
violenza carceraria. L'11 luglio 2011, all'interno del penitenziario Due
Torri della città veneta Di Giacomo massacrò a colpi di fornellino da campo un
altro detenuto, Francesco Bruno. Che non è l'ultimo arrivato. Sta scontando
pure lui un ergastolo per l'omicidio di Stefano Gallina, capomafia di Cinisi
freddato negli anni Ottanta. Bruno, nato ad Isola delle Femmine, era uomo di
fiducia di Saro Riccobono, storico boss di Partanna Mondello. Ha condiviso il
ruolo di imputato in un processo con Salvatore Lo Piccolo colui che, vent'anni
dopo, avrebbe preso il potere fra Resuttana e San Lorenzo.
Una mattina afosa del luglio 2011, le celle del carcere di Padova sono aperte per fare “respirare” i detenuti. Bruno si trova nel reparto Eiv (elevato indice di vigilanza). Un attimo di distrazione delle guardie carcerarie e nella sua cella piomba Di Giacomo. Al termine del pestaggio, Bruno riporta diverse fratture alle gambe e alle braccia. Il suo volto è tumefatto. La testa fracassata. Ci vorranno diversi interventi chirurgici e 500 punti di sutura per strapparlo alla morte e cucire le ferite. Oggi si trova nel carcere di Milano-Opera, dove ha assistito al processo nel corso del quale, nel 2013, è stato condannato a 30 anni per l'omicidio di Vincenzo Enea, un imprenditore edile di Isola delle Femmine assassinato, secondo l'accusa, per essersi rifiutato di entrare in società con alcuni mafiosi, tra cui Bruno.
Giovanni Di Giacomo stava per commettere, dunque, il terzo omicidio della sua vita dopo quelli di Natale Tagliavia, trovato incaprettato il 18 settembre '81 e di Filippo Ficarra, vittima della lupara bianca nel 1982. Sempre in carcere, su ordine di Totò Riina, Pippo Calò e Michele Greco, aveva cercato di di avvelenare Gerlando Alberti "u paccarè", lo storico capo della famiglia di Porta Nuova. Di Giacomo eseguiva ordini e non guardava in faccia nessuno. È uno che non le manda a dire. Non si è fermato neppure di fronte al figlio del capo dei capi. È accaduto anche questo.
Ancora una volta è lo stesso Giovanni Di Giacomo a raccontarlo. Al fratello Marcello, che l'11 aprile scorso era andato a trovarlo in carcere, ammetteva di avere avuto tanti, troppi “discorsi in galera … discorsi che ho avuto in galera… discorsi… hai capito?... per esempio… ho avuto discorsi pure con il figlio di Totò Riina… gli ho detto… 'sei sbirro'… 'sei cane'”. Giuseppe Riina è stato rinchiuso a Padova nello stesso carcere di Giovanni Di Giacomo.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO
ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE
A
cura del Comitato Cittadino Isola Pulita
di Isola delle Femmine
BRUNO FRANCESCO ARCHIVIO
STORICO DEL GIORNALE L'ORA DI PALERMO
inventario
625667/118 data in 1983 data
ul. 1983
soggetto
1. Bruno, Francesco - Arresto - 1983. note 1
fotografia.
intestazione
BRUNO FRANCESCO. Arrestato per spaccio di stupefacenti. PA 19/4/83.
cassetto 168
busta 118 doc 1
Pagina 191 di 1496
inventario
625667/119 data in 1990 data
ul. 1990
soggetto
1. Bruno, Francesco -Arresto - 1990. note 10
fotografie: 3 dell'arresto di Francesco Bruno, 1 segnaletica, 1 dietro le
sbarre del maxiprocesso, 1 foto ANSA; 1 foto dell'arresto dell'uomo che
ospitava il Bruno durante la latitanza, 1 foto segnaletica, 2 dei contanti
rinvenuti nell'abitazione, 1 dell'abitazione. 6 ritagli di giornale (Giornale
di Sicilia, L'Ora).
intestazione
BRUNO FRANCESCO. Imputato al maxiprocesso catturato dopo nove anni di
latitanza. 22/10/1990.
cassetto
168 busta 119 doc
17
Pagina 191 di 1496
inventario
625673/404 data in 1982 data ul. 1982
soggetto
1. Enea, Vincenzo - Uccisione - 1982.
note 7
fotografie riguardanti l'uccisione di Enea, il corpo esanime di Enea, la folla
di curiosi che stanzia intorno al corpo esanime di Enea.
intestazione
ENEA VINCENZO. Costruttore fallito ucciso ad Isola delle Femmine. 8/6/82.
cassetto
174 busta 404 doc
7
Pagina 648 di 1496
inventario 625672/9 data in 1982 data ul. 1982
soggetto 1. D'Agostino, Benedetto - Uccisione - 1982.
note 3 fotografie del luogo del delitto, del cadavere di D'Agostino e della Fiat 500 carbonizzata utilizzata dai killer per uccidere l'uomo.
intestazione D'AGOSTINO BENEDETTO. Partanna Mondello, ucciso da killer
nel suo residence. 13/5/82.
cassetto 173 busta 9 doc 3
Pagina 567 di 1496
inventario 625677/163 data in
1982 data ul. 1982
soggetto
1. Impastato, Giacomo - Uccisione - 1982.
note
1 fotografia formato tessera
dell'Impastato, 2 fotografie riguardanti il corpo esanime dell'ucciso
intestazione
IMPASTATO GIACOMO. Ucciso a Isola delle Femmine. 16/1/82
cassetto 178 busta 163 doc 3
Pagina 960 di 1496
inventario
625666/22 data in 1985 data
ul. 1985
soggetto
1. Badalamenti, Vito - Arresto - 1983.
note
2 fotografie, 3 ritagli di giornale sulla
concessione da parte della Spagna
dell'estradizione negli Stati Uniti del
boss Vito Badalamenti
intestazione
BADALAMENTI VITO. Commerciante, figlio di Tano Badalamenti. Novembre
'83
Cinisi.
cassetto 167 busta 22 doc 5
Pagina 136 di 1496
inventario
625666/21 data in 1983 data
ul. 1983
soggetto
1. Badalamenti, Silvio - Uccisione - 1983.
note
6 ritagli di giornale sull'omicidio
Badalamenti, proclamatosi sempre
estraneo ad ogni coinvolgimento
mafioso
intestazione
BADALAMENTI SILVIO. Nipote di don Tano. Ucciso a Marsala. 2/6/83
cassetto 167 busta 21 doc 6
Pagina 135 di 1496
inventario
625677/91 data in 1984 data
ul. 1984
soggetto
1. Lo Bianco, Antonino Arresto - 1984 2. Di Maggio, Vincenzo - Arresto - 1984
3. Bruno, Giovanni - Arresto - 1984.
note
4 ritagli di giornale (L'Ora, Repubblica, Giornale di Sicilia, Corriere della
Sera) riguardanti l'arresto dell'ex sindaco e del sindaco e assessori di Isola
delle femmine. L'accusa: speculazione edilizia e assunzioni di favore. In
manette anche un costruttore. Una delle due giunte arrestate dopo una settimana
in cui i suoi componenti sono rimasti all'Ucciardone, è stata scarcerata, metre
l'altra resta all'Ucciardone.
intestazione
ISOLA DELLE FEMMINE. Arrestati: il sindaco e la sua giunta il costruttore Giovanni
Bruno e l'ex sindaco 11/10/1984.
cassetto
178 busta 91 doc 4
Pagina 989 di 1496
inventario
625679/131 data in 1978 data
ul. 1978
soggetto
1. Longo, Gaetano - Uccisione - 1978.
note
24 fotografie: del funerale (foto di Franco Zecchin), del figlio che ha
assistito all'omicidio, dell'abitazione davanti alla quale è avvenuto
l'agguato, della vettura in cui si trovava il Longo,
della moglie che si reca in
ospedale, dell'ingresso della banca presso cui era direttore, dell'identikit
dell'assassino.
intestazione
LONGO GAETANO. Ex sindaco di Capaci e
direttore della Banca del popolo PA ucciso in un agguato sotto gli occhi del
figlio. 17/1/1978.
cassetto
180 busta 131 doc
24
Pagina 1073 di 1496
inventario
625675/54 data in 1981 data
ul. 1981
soggetto
1. Gallina, Stefano - Uccisione - 1981
2. Criminalità organizzata - Carini - 1981.
note 1 fotografia di ritratto
di Gallina ed 1 fotografia del cadavere.
Sul retro nota manoscritta:
"Stefano Gallina, 59 anni,
allevatore di bestiame ucciso a Carini".
intestazione GALLINA STEFANO.
Crivellato di colpi, allevatore di
bestiame. 2/10/'81.
cassetto 176 busta 54 doc 2
Pagina 834 di 1496
inventario
625676/352 data in 1976 data
ul. 1976
soggetto Guglielmo, Felice - uccisione - 1976 2. Criminalità organizzata - Partanna Mondello - 1976.
note
2 fotografie di diverso formato del
Guglielmo, 5 fotografie riguardanti il
corpo esanime del Guglielmo, il luogo
dove è avvenuta l'uccisione, i funerali
dello stesso
intestazione
GUGLIELMO FELICE. Mafioso assassinato.
(Palermo) Partanna Mondello. 9/1/76
cassetto 177 busta 352 doc 7
Pagina 915 di 1496
inventario 625679/20 data in 0 data ul. 0
soggetto 1. Lo Cicero.
note
2 fotografie di grande formato con in primo piano,
nell'una un giovane uomo, nell'altra un uomo più maturo, probabilmente si
tratta della stessa persona
intestazione
LO CICERO. Tommaso Natale.
cassetto180 busta 20 doc 2
Pagina 1086 di 1496
QUELLO 'SBIRRO' URLATO A
RIINA JR LA VITA "SPERICOLATA" DI DI GIACOMO
Venerdì 02
Maggio 2014 - 06:24 di Riccardo Lo Verso
Le confidenze di Giovanni Di
Giacomo, captate in carcere, svelano retroscena inediti sul killer ergastolano
del mandamento palermitano di Porta Nuova. E aprono delle piste investigative
sull'omicidio del fratello Giuseppe, freddato alla Zisa.
PALERMO - Glaciale e spietato.
Sia fuori che dentro il carcere. Pronto a massacrare di botte un altro
detenuto e a dare dello “sbirro” al figlio di Totò Riina.
Sono le sue stesse parole, le
parole di Giovanni Di Giacomo, killer ergastolano, ad aprire alcune piste
investigative sull'omicidio del fratello Giuseppe, freddato alla
Zisa. Parlando con un nipote e con l'altro fratello, Marcello, Giovanni
non escludeva che il delitto fosse una vendetta nei suoi confronti. I colloqui
sono stati registrati fra marzo e aprile scorsi, prima che Giovanni Di Giacomo
individuasse in Onofrio ed Emanuele Lipari i presunti mandanti dell'omicidio e,
così sostiene l'accusa, ne ordinasse l'eliminazione, “costringendo” i
carabinieri ad accelerare il blitz a Porta Nuova.
Il nipote piangeva durante il colloqui. Si commuoveva pensando a Giuseppe che “... era tutto sparato... la costola... forse non ce l'ha fatta più ed è caduto e l'ultimo gli hanno sparato in testa...”. “... una volta che avevano questa intenzione c'è poco da fare”, spiegava Giovanni Di Giacomo con apparente freddezza. Poi, aggiungeva: “... può essere pure che è stato fatto per me”. “... sto pensando ora il fatto di Padova magari c'entra niente?”, gli chiedeva il nipote. Risposta: “... bravo... bravo... mettilo al dieci per cento però mettilo al dieci per cento... sei intelligente, ma lo hai pensato tu lo hai pensato?... il dieci per cento perché questo che dici tu non ha tutta questa capacità di potere... hai capito?”.
Il “fatto di Padova” è un episodio di inaudita
violenza carceraria. L'11 luglio 2011, all'interno del penitenziario Due
Torri della città veneta Di Giacomo massacrò a colpi di fornellino da campo un
altro detenuto, Francesco Bruno. Che non è l'ultimo arrivato. Sta scontando
pure lui un ergastolo per l'omicidio di Stefano Gallina, capomafia di Cinisi
freddato negli anni Ottanta. Bruno, nato ad Isola delle Femmine, era uomo di
fiducia di Saro Riccobono, storico boss di Partanna Mondello. Ha condiviso il
ruolo di imputato in un processo con Salvatore Lo Piccolo colui che, vent'anni
dopo, avrebbe preso il potere fra Resuttana e San Lorenzo.
Una mattina afosa del luglio 2011, le celle del carcere di Padova sono aperte per fare “respirare” i detenuti. Bruno si trova nel reparto Eiv (elevato indice di vigilanza). Un attimo di distrazione delle guardie carcerarie e nella sua cella piomba Di Giacomo. Al termine del pestaggio, Bruno riporta diverse fratture alle gambe e alle braccia. Il suo volto è tumefatto. La testa fracassata. Ci vorranno diversi interventi chirurgici e 500 punti di sutura per strapparlo alla morte e cucire le ferite. Oggi si trova nel carcere di Milano-Opera, dove ha assistito al processo nel corso del quale, nel 2013, è stato condannato a 30 anni per l'omicidio di Vincenzo Enea, un imprenditore edile di Isola delle Femmine assassinato, secondo l'accusa, per essersi rifiutato di entrare in società con alcuni mafiosi, tra cui Bruno.
Giovanni Di Giacomo stava per commettere, dunque, il terzo omicidio della sua vita dopo quelli di Natale Tagliavia, trovato incaprettato il 18 settembre '81 e di Filippo Ficarra, vittima della lupara bianca nel 1982. Sempre in carcere, su ordine di Totò Riina, Pippo Calò e Michele Greco, aveva cercato di di avvelenare Gerlando Alberti "u paccarè", lo storico capo della famiglia di Porta Nuova. Di Giacomo eseguiva ordini e non guardava in faccia nessuno. È uno che non le manda a dire. Non si è fermato neppure di fronte al figlio del capo dei capi. È accaduto anche questo.
Ancora una volta è lo stesso Giovanni Di Giacomo a raccontarlo. Al fratello Marcello, che l'11 aprile scorso era andato a trovarlo in carcere, ammetteva di avere avuto tanti, troppi “discorsi in galera … discorsi che ho avuto in galera… discorsi… hai capito?... per esempio… ho avuto discorsi pure con il figlio di Totò Riina… gli ho detto… 'sei sbirro'… 'sei cane'”. Giuseppe Riina è stato rinchiuso a Padova nello stesso carcere di Giovanni Di Giacomo.
BRUNO FRANCESCO ARCHIVIO STORICO DEL GIORNALE L’ORA DI
PALERMO
giovedì 21 febbraio 2013
inventario
625667/118 data in 1983 data
ul. 1983
soggetto
1. Bruno, Francesco - Arresto - 1983. note 1
fotografia.
intestazione
BRUNO FRANCESCO. Arrestato per spaccio di stupefacenti. PA 19/4/83.
cassetto 168
busta 118 doc 1
Pagina 191 di 1496
inventario
625667/119 data in 1990 data
ul. 1990
soggetto
1. Bruno, Francesco -Arresto - 1990. note10
fotografie: 3 dell'arresto di Francesco Bruno, 1 segnaletica, 1 dietro le
sbarre del maxiprocesso, 1 foto ANSA; 1 foto dell'arresto dell'uomo che
ospitava il Bruno durante la latitanza, 1 foto segnaletica, 2 dei contanti
rinvenuti nell'abitazione, 1 dell'abitazione. 6 ritagli di giornale (Giornale
di Sicilia, L'Ora).
intestazione
BRUNO FRANCESCO. Imputato al maxiprocesso catturato dopo nove anni di
latitanza. 22/10/1990.
cassetto
168 busta 119 doc
17
Pagina 191 di 1496
inventario
625673/404 data in 1982 data ul. 1982
soggetto
1. Enea, Vincenzo - Uccisione - 1982.
note 7
fotografie riguardanti l'uccisione di Enea, il corpo esanime di Enea, la folla
di curiosi che stanzia intorno al corpo esanime di Enea.
intestazione
ENEA VINCENZO. Costruttore fallito ucciso ad Isola delle Femmine. 8/6/82.
cassetto
174 busta 404 doc
7
Pagina 648 di 1496
inventario 625672/9 data in 1982 data ul. 1982
soggetto 1. D'Agostino, Benedetto - Uccisione - 1982.
note 3 fotografie del luogo del delitto, del cadavere di D'Agostino e della Fiat 500 carbonizzata utilizzata dai killer per uccidere l'uomo.
intestazione D'AGOSTINO BENEDETTO. Partanna Mondello, ucciso da killer
nel suo residence. 13/5/82.
cassetto 173 busta 9 doc 3
Pagina 567 di 1496
inventario 625677/163 data in
1982 data ul. 1982
soggetto
1. Impastato, Giacomo - Uccisione - 1982.
note
1 fotografia formato tessera
dell'Impastato, 2 fotografie riguardanti il corpo esanime dell'ucciso
intestazione
IMPASTATO GIACOMO. Ucciso a Isola delle Femmine. 16/1/82
cassetto 178 busta 163 doc 3
Pagina 960 di 1496
inventario
625666/22 data in 1985 data
ul. 1985
soggetto
1. Badalamenti, Vito - Arresto - 1983.
note
2 fotografie, 3 ritagli di giornale sulla
concessione da parte della Spagna
dell'estradizione negli Stati Uniti del
boss Vito Badalamenti
intestazione
BADALAMENTI VITO. Commerciante, figlio di Tano Badalamenti. Novembre
'83
Cinisi.
cassetto 167 busta 22 doc 5
Pagina 136 di 1496
inventario
625666/21 data in 1983 data
ul. 1983
soggetto
1. Badalamenti, Silvio - Uccisione - 1983.
note
6 ritagli di giornale sull'omicidio
Badalamenti, proclamatosi sempre
estraneo ad ogni coinvolgimento
mafioso
intestazione
BADALAMENTI SILVIO. Nipote di don Tano. Ucciso a Marsala. 2/6/83
cassetto 167 busta 21 doc 6
Pagina 135 di 1496
inventario
625677/91 data in 1984 data
ul. 1984
soggetto
1. Lo Bianco, Antonino Arresto - 1984 2. Di Maggio, Vincenzo - Arresto - 1984
3. Bruno, Giovanni - Arresto - 1984.
note
4 ritagli di giornale (L'Ora, Repubblica, Giornale di Sicilia, Corriere della
Sera) riguardanti l'arresto dell'ex sindaco e del sindaco e assessori di Isola
delle femmine. L'accusa: speculazione edilizia e assunzioni di favore. In
manette anche un costruttore. Una delle due giunte arrestate dopo una settimana
in cui i suoi componenti sono rimasti all'Ucciardone, è stata scarcerata, metre
l'altra resta all'Ucciardone.
intestazione
ISOLA DELLE FEMMINE. Arrestati: il sindaco e la sua giunta il costruttore Giovanni
Bruno e l'ex sindaco 11/10/1984.
cassetto
178 busta 91 doc 4
Pagina 989 di 1496
inventario
625679/131 data in 1978 data
ul. 1978
soggetto
1. Longo, Gaetano - Uccisione - 1978.
note
24 fotografie: del funerale (foto di Franco Zecchin), del figlio che ha
assistito all'omicidio, dell'abitazione davanti alla quale è avvenuto
l'agguato, della vettura in cui si trovava il Longo,
della moglie che si reca in
ospedale, dell'ingresso della banca presso cui era direttore, dell'identikit
dell'assassino.
intestazione
LONGO GAETANO. Ex sindaco di Capaci e
direttore della Banca del popolo PA ucciso in un agguato sotto gli occhi del
figlio. 17/1/1978.
cassetto
180 busta 131 doc
24
Pagina 1073 di 1496
inventario
625675/54 data in 1981 data
ul. 1981
soggetto
1. Gallina, Stefano - Uccisione - 1981
2. Criminalità organizzata - Carini - 1981.
note 1 fotografia di ritratto
di Gallina ed 1 fotografia del cadavere.
Sul retro nota manoscritta:
"Stefano Gallina, 59 anni,
allevatore di bestiame ucciso a Carini".
intestazione GALLINA STEFANO.
Crivellato di colpi, allevatore di
bestiame. 2/10/'81.
cassetto 176 busta 54 doc 2
Pagina 834 di 1496
inventario
625676/352 data in 1976 data
ul. 1976
soggetto Guglielmo, Felice - uccisione - 1976 2. Criminalità organizzata - Partanna Mondello - 1976.
note
2 fotografie di diverso formato del
Guglielmo, 5 fotografie riguardanti il
corpo esanime del Guglielmo, il luogo
dove è avvenuta l'uccisione, i funerali
dello stesso
intestazione
GUGLIELMO FELICE. Mafioso assassinato.
(Palermo) Partanna Mondello. 9/1/76
cassetto 177 busta 352 doc 7
Pagina 915 di 1496
inventario 625679/20 data in 0 data ul. 0
soggetto 1. Lo Cicero.
note
2 fotografie di grande formato con in primo piano,
nell'una un giovane uomo, nell'altra un uomo più maturo, probabilmente si
tratta della stessa persona
intestazione
LO CICERO. Tommaso Natale.
cassetto180 busta 20 doc 2
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QUELLO 'SBIRRO' URLATO A
RIINA JR LA VITA "SPERICOLATA" DI DI GIACOMO
Venerdì 02
Maggio 2014 - 06:24 di Riccardo Lo Verso
Le confidenze di Giovanni Di
Giacomo, captate in carcere, svelano retroscena inediti sul killer ergastolano
del mandamento palermitano di Porta Nuova. E aprono delle piste investigative
sull'omicidio del fratello Giuseppe, freddato alla Zisa.
PALERMO - Glaciale e spietato.
Sia fuori che dentro il carcere. Pronto a massacrare di botte un altro
detenuto e a dare dello “sbirro” al figlio di Totò Riina.
Sono le sue stesse parole, le
parole di Giovanni Di Giacomo, killer ergastolano, ad aprire alcune piste
investigative sull'omicidio del fratello Giuseppe, freddato alla
Zisa. Parlando con un nipote e con l'altro fratello, Marcello, Giovanni
non escludeva che il delitto fosse una vendetta nei suoi confronti. I colloqui
sono stati registrati fra marzo e aprile scorsi, prima che Giovanni Di Giacomo
individuasse in Onofrio ed Emanuele Lipari i presunti mandanti dell'omicidio e,
così sostiene l'accusa, ne ordinasse l'eliminazione, “costringendo” i
carabinieri ad accelerare il blitz a Porta Nuova.
Il nipote piangeva durante il colloqui. Si commuoveva pensando a Giuseppe che “... era tutto sparato... la costola... forse non ce l'ha fatta più ed è caduto e l'ultimo gli hanno sparato in testa...”. “... una volta che avevano questa intenzione c'è poco da fare”, spiegava Giovanni Di Giacomo con apparente freddezza. Poi, aggiungeva: “... può essere pure che è stato fatto per me”. “... sto pensando ora il fatto di Padova magari c'entra niente?”, gli chiedeva il nipote. Risposta: “... bravo... bravo... mettilo al dieci per cento però mettilo al dieci per cento... sei intelligente, ma lo hai pensato tu lo hai pensato?... il dieci per cento perché questo che dici tu non ha tutta questa capacità di potere... hai capito?”.
Il “fatto di Padova” è un episodio di inaudita
violenza carceraria. L'11 luglio 2011, all'interno del penitenziario Due
Torri della città veneta Di Giacomo massacrò a colpi di fornellino da campo un
altro detenuto, Francesco Bruno. Che non è l'ultimo arrivato. Sta scontando
pure lui un ergastolo per l'omicidio di Stefano Gallina, capomafia di Cinisi
freddato negli anni Ottanta. Bruno, nato ad Isola delle Femmine, era uomo di
fiducia di Saro Riccobono, storico boss di Partanna Mondello. Ha condiviso il
ruolo di imputato in un processo con Salvatore Lo Piccolo colui che, vent'anni
dopo, avrebbe preso il potere fra Resuttana e San Lorenzo.
Una mattina afosa del luglio 2011, le celle del carcere di Padova sono aperte per fare “respirare” i detenuti. Bruno si trova nel reparto Eiv (elevato indice di vigilanza). Un attimo di distrazione delle guardie carcerarie e nella sua cella piomba Di Giacomo. Al termine del pestaggio, Bruno riporta diverse fratture alle gambe e alle braccia. Il suo volto è tumefatto. La testa fracassata. Ci vorranno diversi interventi chirurgici e 500 punti di sutura per strapparlo alla morte e cucire le ferite. Oggi si trova nel carcere di Milano-Opera, dove ha assistito al processo nel corso del quale, nel 2013, è stato condannato a 30 anni per l'omicidio di Vincenzo Enea, un imprenditore edile di Isola delle Femmine assassinato, secondo l'accusa, per essersi rifiutato di entrare in società con alcuni mafiosi, tra cui Bruno.
Giovanni Di Giacomo stava per commettere, dunque, il terzo omicidio della sua vita dopo quelli di Natale Tagliavia, trovato incaprettato il 18 settembre '81 e di Filippo Ficarra, vittima della lupara bianca nel 1982. Sempre in carcere, su ordine di Totò Riina, Pippo Calò e Michele Greco, aveva cercato di di avvelenare Gerlando Alberti "u paccarè", lo storico capo della famiglia di Porta Nuova. Di Giacomo eseguiva ordini e non guardava in faccia nessuno. È uno che non le manda a dire. Non si è fermato neppure di fronte al figlio del capo dei capi. È accaduto anche questo.
Ancora una volta è lo stesso Giovanni Di Giacomo a raccontarlo. Al fratello Marcello, che l'11 aprile scorso era andato a trovarlo in carcere, ammetteva di avere avuto tanti, troppi “discorsi in galera … discorsi che ho avuto in galera… discorsi… hai capito?... per esempio… ho avuto discorsi pure con il figlio di Totò Riina… gli ho detto… 'sei sbirro'… 'sei cane'”. Giuseppe Riina è stato rinchiuso a Padova nello stesso carcere di Giovanni Di Giacomo.
PROCESSO
PER ASSASSINIO DALLA CHIESA ERGASTOLO A RIINA TOTO AI KILLER FRANCESCO BRUNO SPADARO
FRANCESCO E SENAPA PIETRO 18 MARZO 1995
PALERMO. Nove condanne
all'ergastolo per Totò Riina e altri esponenti della Cupola: si è concluso
così, ieri sera a Palermo, lo stralcio del primo maxiprocesso a Cosa nostra per
gli omicidi del generale Dalla Chiesa, di Boris Giuliano e di Paolo Giaccone.
La sentenza è stata emessa dalla
terza sezione della corte d'assise d'appello. Per Riina è l'ottavo ergastolo. Le
altre condanne a vita sono state inflitte a Bernardo Provenzano, da molti anni
latitante; a Michele Greco, ‹Il papa›; a Francesco Madonia; a Pippo Calò,
‹cassiere› della mafia; a Bernardo Brusca, boss di San Giuseppe Jato; ad
Antonino Geraci, capo del mandamento di Partinico; e ai killer Francesco Spadaro, Pietro Senapa,
Francesco Bruno.
Il boss catanese Nitto Santapaola
è stato assolto per il delitto Dalla Chiesa ma nell'ambito dello stesso
processo gli era già stato inflitto il decimo ergastolo - ora confermato - per
la strage della circonvallazione del 16 giugno '82. Quel giorno col boss
Ferlito furono uccisi l'autista e tre carabinieri della scorta. La sentenza
riconosce a Riina e alla Cupola la reponsabilità non solo per la strage Dalla
Chiesa, ma anche per altri due clamorosi delitti eccellenti, a Palermo:
l'uccisione, il 21 luglio '79, del vice questore Boris Giuliano, e l'agguato,
l'11 agosto '82, al medico legale Paolo Giaccone, freddato tra i viali del
Policlinico per essersi rifiutato di modificare l'esito di una perizia
dattiloscopica.
Confermava il coinvolgimento di
Antonino Marchese nella strage (5 morti) del Natale '81, a Bagheria.
Complessivamente lo stralcio prendeva in esame 25 omicidi collegati alla feroce
guerra di mafia scatenatasi negli Anni 80. La sentenza ribalta le conclusioni
del verdetto emesso il 10 dicembre '90 da un'altra sezione della corte d'assise
d'appello: Riina e gli altri boss erano stati assolti. Ma questa parte della
sentenza fu annullata il 30 gennaio '92 dalla prima sezione della Cassazione
che in quell'occasione era presieduta da Valente in sostituzione di Carnevale.
Era stato il presidente Brancaccio, oggi ministro dell'Interno, a imporre
l'avvicendamento per ragioni di opportunità.
Ieri gli avvocati della parte civile, Galasso e Avellone, hanno sottolineato che la sentenza ‹ha ridato senso a un delitto, quello Dalla Chiesa, che rischiava di restare senza autori›.[a. r.è
La Stampa - Torino
pag. 11
TRIBUNALEDI
PALERMO UFFICIO ISTRUZIONE PROCESSI PENALI
N. 2289/82
R.G.U.I.
ORDINANZA –
SENTENZA emessa nel procedimento penale
CONTRO
ABBATE GIOVANNI
+ 706 VOLUME N. 3
-
PAGO 365 -
GRECO MICHELE, GRECO SALVATORE N.7.7.1927, RIINA
SALVATORE, RICCOBONO ROSARIO, MARCHESE FILIPPO, VERNENGO PIETRO, GRECO GIUSEPPE
DI NICOLO’, PRESTIFILIPPO MARIO GIOVANNI, PROVENZANO BERNARDO, BRUSCA BERNARDO,
SCAGLIONE SALVATORE, CALO’ GIUSEPPE, MADONIA FRANCESCO, GERACI ANTONINO
N.2.1.1917, SCADUTO GIOVANNI, LO JACONO PIETRO, MONTALTO SALVATORE, BONURA FRANCESCO,
BUSCEMI SALVATORE N.28.5.1938, PULLARA’ IGNAZIO, PULLARA’ G. BATTISTA, SAVOCA GIUSEPPE,
CUCUZZA SALVATORE, CORALLO GIOVANNI, BONO GIUSEPPE, BRUNO
FRANCESCO, MOTISI IGNAZIO, GRECO LEONARDO:
131) DEL REATO P. E P. DAGLI ARTT.110, 112 N.1, 575,
577 N.3 C.P., PER AVERE, AGENDO IN CONCORSO TRA LORO E CON IGNOTI, IN PIU’ DI
CINQUE PERSONE RIUNITE, CAGIONATO LA MORTE DI GALLINA STEFANO, CONTRO CUI
ESPLODEVANO NUMEROSI COLPI DI ARMA DA FUOCO, COMMETTENDO IL FATTO CON PREMEDITAZIONE.
IN CARINI, 1’1.10.1981.
VEDI ORDINE DI CATTURA 189/81 DEL 15.12.1981.
VEDI MANDATO DI CATTURA 2/82 DEL 2.1.1982.
VEDI MANDATO DI. CATTURA 323/84 DEL 29.9.1984.
VEDI MANDATO
DI CATTURA 418/84 DEL 4.12.1984.
132) DEL REATO P. E P. DAGLI ARTT.110, 112 N.” C.P.,
56, 575, 577 N.3 C.P., PER AVERE, AGENDO IN CONCORSO TRA DI LORO, IN PIU’ DI
CINQUE PERSONE RIUNITE, COMPIUTO ATTI IDONEI DIRETTI IN MODO NON EQUIVOCO A
CAGIONARE LA MORTE DI SIMONETTA MARIA, CONTRO CUI ESPLODEVANO COLPI DI ARMA DA
FUOCO, SENZA RIUSCIRE NELL’INTENTO PER CAUSA INDIPENDENTE DALLA LORO VOLONTA’.
•
PAGO 367 -
IN CARINI, 1’1.10.1981.
VEDI ORDINE DI CATTURA 189/81 DE1 15.12.1981.
VEDI MANDATO DI CATTURA 2/82 DE1 2.1.1982.
VEDI MANDATO DI CATTURA 323/84 DE1 29.9.1984.
VEDI MANDATO DI CATTURA 418/84 DE1 4.12.1984 .
133) DE1 REATO P. E P. DAG1I ARTT.61 N.2, 81
L.14.10.1974 AGENDO IN CPV. , 110 , 112 N.L N.497, C. P • , PER 10, AVERE, 12 E
14 CONCORSO TRA 1ORO E CON IGNOTI, IN PIU’ DI CINQUE PERSONE RIUNITE ED IN
ESECUZIONE DE1 MEDESIMO DISEGNO CRIMINOSO, DETENUTO E PORTATO I11EGA1MENTE IN
1UOGO PUBB1ICO ARMI COMUNI DA FUOCO A1 FINE DI COMMETTERE I REATI DI CUI AI
CAPI 131) E 132) DE11A RUBRICA.
•
PAGO
368-
IN CARINI, 1’1.10.1981.
VEDI ORDINE DI CATTU:R:A 189/81 DEL 15.12.1981.
VEDI MANDATO DI CATTURA 2,/82 DEL 2.1.1982.
VEDI MANDATO DI CATTURA 323/84 DEL 29.9.1984.
VEDI MANDATO DI CATTURA 418/84 DEL 4.12.1984.
TRIBUNALE
DI PALERMO UFFICIO ISTRUZIONE PROCESSI PENALI N. 2289/82 R.G.U.I.
ORDINANZA
– SENTENZA emessa nel procedimento penale
CONTRO
ABBATE
GIOVANNI + 706 VOLUME N. 22
BRUNO
FRANCESCO E’ STATO RAGGIUNTO DAI SEGUENTI PROVVEDIMENTI RESTRITTIVI DELLA
LIBERTA’ PERSONALE:
A) ORDINE DI CATTURA N.189/81 PER L’OMICIDIO DI GALLINA STEFANO E PER IL TENTATO OMICIDIO
DI SIMONETTA
MARIA - CONNESSI DELITTI DI DETENZIONE E PORTO DI ARMI;
B) MANDATO DI CATTURA N.2/82
PER GLI CHE, PERTANTO, SONO IN STESSI REATI (VOL. L/V).
C) MANDATO DI CATTURA N.323/84 PER I REATI DI CUI AGLI
ARTT.416 E 416 BIS C.P., PER I REATI DI CUI AGLI ARTT.71 E 75 LEGGE N.G85/75, NONCHE’
PER I REATI CONTESTATIGLI CON I PROVVEDIMENTI DI CUI ALLE LETT.A) E B)
QUESTO ASSORBITI.
BIONDO SALVATORE E VITALE PAOLO DEBBONO RISPONDERE DEL
REATO DI FAVOREGGIAMENTO PERSONALE CONTESTATO LORO CON ORDINE DI CATTURA
N.190/81 E MANDATO DI CATTURA N.1/82.
BRUNO FRANCESCO DEVE RISPONDERE DEI REATI ASSOCIATIVI
(416, 416 BIS C.P.), DEI REATI DI CUI AGLI ARTT.71 E 75 LEGGE N.685/75, NONCHE’
DELL’OMICIDIO DI GALLINA STEFANO E DEL TENTATO OMICIDIO DI SIMONETTA MARIA,
MOGLIE DI QUESTO ULTIMO.
BRUNO
FRANCESCO DEVE RISPONDERE DEI REATI ASSOCIATIVI (416, 416 BIS C.P.), DEI REATI
DI CUI AGLI ARTT.71 E 75 LEGGE N.685/75, NONCHE’ DELL’OMICIDIO DI GALLINA
STEFANO E DEL TENTATO OMICIDIO DI SIMONETTA MARIA, MOGLIE DI QUESTO ULTIMO.
BIONDO SALVATORE E VITALE PAOLO, A LORO VOLTA, DEBBONO
RISPONDERE DEL DELITTO DI FAVOREGGIAMENTO PERSONALE AVENDO, CON LE LORO DICHIARAZIONI,
CERCATO DI FORNIRE AL BRUNO UN ALIBI, RISULTATO DEL TUTTO INCONSISTENTE, PER IL
GIORNO DEL DELITTO (CAPO 134).
NEL TRATTARE DELL’OMICIDIO DI GALLINA STEFANO SI E’
ANALITICAMENTE ESAMINATA LA POSIZIONE DEL BRUNO IN PARTICOLARE, NE’ SI RITIENE
IN QUESTA SEDE NECESSARIO RIPERCORRERE TUTTO L’ITER DELLE INDAGINI DI P.G. ED
ISTRUTTORIE CHE HANNO PERMESSO DI INDIVIDUARE
NELL’IMPUTATO UNO DEI KILLER DEL GALLINA. (VOL.1/V) .
In
detta sede, inoltre, e' stata esaminata la posizione processuale del Biondo e
del Vitale
i
quali - soci del Bruno in una impresa di costruzioni hanno tentato di fornire a
quest'ultimo un alibi, miseramente crollato sotto una schiacciante mole di
prove testimoniali.
Vi
e' solo da esaminare la posizione del Bruno all'interno della organizzazione e,
a tal proposito, vi e' rileva:r:e come lo stesso non possa essere considerato
un killer occasionale, ingaggiato per la eliminazione del Gallina, ma un membro
stabile della organizzazione mafiosa.
Ed,
invero, militano in tal senso due ordini di ragioni, tutti attinenti alle personalita'
e della vittima e dell'imputato.
Stefano
Gallina non era un personaggio di poco conto all'interno del gruppo di Gaetano
Badalamenti
ed, anzi, si e' gia' rilevato, parlando del suo omicidio, come, eliminato Nino
Badalamenti,
Gallina, latitanti o soppressi gli altri rimaneva unico elemento di spicco del
gruppo: non n caso, infatti, la sua eliminazione seguiva di poco quella di Mino
Badalamenti.
Di
contro, il Bruno non poteva considerarsi un "manovale del crimine",
stante la sua solida posizione di costruttore edile: la sua scelta come killer
del Gallina era dovuta proprio al suo inserimento nella organizzazione ed alla
sua personalita' che l'avrebbe reso insospettabile
se non fosse stato notato da un testimone oculare mentre si allontanava precipitosamente
dal luogo del delitto.
Il
Bruno deve, quindi, rispondere del reato di cui all'art.416, nonche' del reato di cui all'art.416 bis C.P .• come pure
deve rispondere dell'omicidio di Gallina
Stefano e
del
tentato omicidio di Simonetta Maria nonche' dei connessi delitti di detenzione
e porto d'armi (Capi 1, 10, 131, 132, 133).
Biondo Salvatore e Vitale Paolo vanno rinviati a giudizio per rispondere del reato di favoreggiamento
loro ascritto con il mandato di cattura n.1/82. nel quale deve ritenersi
assorbito l'ordine di cattura n.190/81.
Il
Bruno. di contro, deve essere prosciolto con formula dubitativa dai reati di cui
agli artt.71 e 75 legge n.685/75, non essendo emersi sufficienti elementi di responsabilita'
a suo carico in ordine a tali reati (Capi 13, 22)
Da pag 165 a pag 169
TRIBUNALE DI PALERMO UFFICIO
ISTRUZIONE PROCESSI PENALI
N. 2289/82 R.G.U.I. ORDINANZA -
SENTENZA
7. Omicidio Gallina Stefano
(Vol.1/V) Il 1~ ottobre 1981 - alle ore 13,30 circa - alcune telefonate anonime
giunte alla Stazione dei Carabinieri di Carini segnalavano come da poco fosse
stato consumato un omicidio nei pressi
del passaggio a livello di detto Centro.
I Carabinieri, giunti sul posto, constatavano che all’altezza del civico
21 della Via Provinciale sostava una BMW targata PA-544227 - posta in mezzo a
detta strada con senso di marcia verso la ss.113. Sul sedile anteriore sinistro giaceva, privo
di vita, Gallina Stefano, dagli stessi Carabinieri ben conosciuto perche’ diffidato. Si apprendeva, altresi’, che la moglie della vittima,
Simonetta Maria, è rimasta a sua volta ferita ed era stata accompagnata presso
l’Ospedale di Carini.
•
Pag.Z.734 - L’auovetura. come detto, era ferma
al centro della strada. con il senso di marcia verso Palermo, e presentava
numerosi fori p~odo~ti da colpi di arma da fuoco sul parabrezza e sulla carrozzeria.
mentre i vetri degli sportelli anteriori erano frantumati e il pneumatico anteriore
sinistro risultava forato. Il Gallina. in
sede autoptica. risultava essere stato attinto in varie parti del corpo da sette
proiettili cal.38.
In localita’ “Foresta” di Carini,
veniva, inoltre, :rinvenuta una Alfa Romeo Giulietta completamente distrutta dal
fuoco ed i VV.FF. provvedevano a
spegnerne le ultime fiamme. L’auto era
di prorieta’ di Mercadanti Natale ed allo stesso era stata sottratta la notte
del 18 agosto 1981 in Palermo. Trattavasi,
molto probabilmente. dell’auto usata dai killer per l’agguato al Gallina, stante
le modalita’della sua distruzione nello stesso arco di tempo in cui era stato
consumato il delitto.
Simonetta Maria riferiva che il
giorno dell’omicidio, verso le ore 1 4 , dopo aver - Pag.2.735 -assistito al
matrimonio del nipote Simonetta Domenico presso la chiesa Madre di Carini,con il
marito si stava dirigendo in localita’ “Foresta” ove, nel ristorante “La Campagnola”,
si sarebbe dovuto tenere il banchetto nuziale.
Lungo la via, la BMW del marito veniva sorpassata da altra autovettura i
cui occupanti, dopo ave:z: bloccato il mezzo, esplodevano nume:z:osi colpi di
a:z:ma da fuoco. In preda al panico, la
donna non sapeva dare nessuna altra utile indicazione sui kille:z:, sulle armi
adoperate o sulla dinamica del fatto. Licastri
Emilio riferiva che, precedendo con la sua auto quella di Gallina Stefano,
stava recandosi al ristorante “La Campagnola” per partecipare al banchetto
nuziale. A circa 250 metrid al passaggio
a livello ferroviario notava una autovettura ferma in senso trasversale
:rispetto all’asse della strada. Detta auto impegnava il senso di marcia opposto
al suo, anche se con la parte anteriore :rivolta verso la SS.113.
Notava, altresi’, quattro uomini
fermi sul margine destro della strada,
uno accanto all’altro, intenti a guardare verso il centro della carreggiata,
tanto da dargli l’impressione che si fosse verificato un incidente stradale.
Subito dopo aver superato detta
auto e, comunque, dopo circa 60/70 metri, udiva dei colpi di arma da fuoco per
cui, istintivamente, bloccava il suo
mezzo e si rannicchiava per proteggersi.
Proprio in quel momento, percepiva
il rumore di un’autovettura che proseguiva ad alta velocita’ in direzione della
SS.113 e riusciva a legge:e, a distanza di circa 40 metri, le ultime due cifre
della targa, indicandole in “38”.
Il mezzo che si allontanava era lo
stesso poco prima avvistato fermo in
mezzo alla carreggiata ed era di colore
giallo.
Il Licastri, quindi, riferiva di
essere sceso e di essersi avvicinato
alla BMW del Gallina ed aveva constatato
come questi fosse morto, mentre la moglie veniva soccorsa da un
parente. Sul luogo del delitto. poco dopo
sopraggiungeva il Carabiniere Taormina Angelo originario di Carini ed in
servizio presso la Borgo Nuovo il quale
stazione di Palermo riferiva che:
•
verso le ore 13,30 si trovava a transitare a bordo della sua auto,
proveniente da Palermo per far ritorno a
Carini; giunto a circa 200 metri dal
passaggio a livello di Carini aveva
notato una BMW con a bordo una donna in
preda a forte agitazione;
•
nel frattempo aveva notato a circa 15-20 metri dalla sua auto una Alfa Romeo Giulia di colore giallo con a bordo un individuo dalla apparente
eta’ di 30-35 anni che effettuava una repentina inversione di marcia per poi
dirigersi velocemente verso Palermo; aveva intuito che era accaduto qualcosa effettuata a sua volta di grave e, l’inversione
quindi, di marcia, si era posto
all’inseguimento della Giulia,
riuscendo a riprendere contatto con la
stessa nei pressi della zona industriale
di Carini; - aveva constatato che gli
sarebbe stato impossibile raggiungere l’auto
che procedeva a velocita’ sostenuta ed
aveva desistito dall’inseguimento. mentre
la predetta auto imboccava lo svincolo autostradale per Palermo era riuscito. comunque, a rilevare il numero
di targa che indicava in PA-453236. immediate indagini facevano rilevare come detta targa appartenesse proprio ad una Alfa Romeo Giulietta di colore giallo intestata ad Alimena Provvidenza. residente in Isola
delle Femmine, via Volta n.6. Bruno Antonino marito della Alimena dichiarava
che detta auto era stata prelevata il mattino del ottobre dal figlio Bruno Francesco.
•
Il Bruno non veniva rintracciato, ne’ i di lui
genitori erano in grado di fornire utili indicazioni per localizzarlo
anche se concordemente,
dichiaravano che lo stesso era uscito di
casa quel 1 ottobre verso le ore 7-7,30.
La successiva perquisizione in casa
del Bruno dava esito negativo ed, essendo stata effettuata proprio in
conseguenza della individuazione della”Giulietta”
gialla, dovra’ ritenersi come negativa
fosse stata anche la ricerca della suddetta
auto.
Si accertava, comunque, che il
Bruno era socio di una impresa di
costruzioni edile denominata “Immobiliare
Sicania”, insieme con Vitale Paolo e
Biondo Salvatore.
Venivano sentiti i dipendenti di
tale impresa, Lo Cicero Vincenzo,
Tripiciano Edoardo e Puleo Costantino (Vo1.1/V f.138) i quali, concordemente, affermavano di aver visto il Bruno
in cantiere, di mattina,quel 1 ottobre e
di averlo, successivamente, rivisto verso le ore 13/13,30 mentre si
trovava, solo, presso la sua abitazione
di via A.Volta, con la sua auto.
Risentiti lo stesso giorno 2
ottobre, il Lo Cicero, il Tripiciano ed
il Puleo, ammettevano di aver visto il
Bruno solo verso le ore 8 del 1 ottobre,
mentre escludevano di averlo poi rivisto verso le ore 13-13,30, non sapendo spiegare il perche’
della precedente, contrastante
dichiarazione
Precisava il De Cesare che nel
corso della settimana precedente il
Bruno non era stato visto in cantiere,
mentre erano stati presenti tutti i
giorni il vitale ed il Biondo i quali si allontanavano dal cantiere solo dalle
12 alle 13 per fare colazione.
Esprimeva la certezza che anche il giovedi’ 1 ottobre il Biondo ed il Vitale
erano stati nel cantiere e, come al
solito, si erano allontanati dalle 12
alle 13.
Questa ultima circostanza la
ricordava bene in relazione al
Vitale (Volo 1/V bene in relazione al (Vol.1/V ~.147).
Biondo Salvatore (Volo 1/V ~.150)
(Vol.1/V %.153) contrariamente a quanto asserito dagli altri dipendenti,
riferiva che il Bruno era giunto in
cantiere la mattina del 1 ottobre verso le ore 9.
Dopo qualche era, lui, il Bruno ed il Vitale si erano portati a circa 100
metri di distanza dal cantiere per tracciare la
recinzione di un villino gia’ esistente ed avevano finito detto lavoro verso le ore 14.
Avevano consumato la colazione sul
posto e, successivamente, erano tornati
al cantiere dove si erano trattenuti
sino alle ore 17.
Aggiungeva che il Bruno era
tornato in cantiere, seppure per pochi minuti. Vitale Paolo (Vo1.1/V f.154) -
(Vo1.1/V f.157) confermava
sostanzialmente le dichiarazioni rese
dal Biondo sui movimenti del Bruno il giorno 1 ottobre e insisteva
nel riferire che loro tre erano stati a tracciare la recinzione ed avevano passato insieme la giornata.
I due venivano, ovviamente, tratti in arresto con la imputazione di favoreggiamento
personale, essendo palese il mendacio in relazione ai movimenti del Bruno nella
giornata del 1 ottobre.
Si provvedeva, comunque, a rintracciare il Proprietario del villino della cui recinzione
avevano parlato il Vitale ed il Biondo.
Il predetto identificato per Luparello Santo –
dichiarava di aver incaricato il Biondo, il Vitale ed il Bruno dei lavori di recinzione del suo villino
in contrada “Inserra” di Palermo, verso
la fine di luglio primi di agosto.
Gli stessi avevano accettato, ma avevano dichiarato di non potere iniziare subito i lavori perche’ altrove occupati.
A fine agosto, avendo venduto il suo appartamento di via Cataldo Parisio, era
stato costretto a trasferirsi nel
residence Marbela in attesa che fosse reso abitabile il suo predetto villino e,
pertanto, aveva pregato i tre di accellerare i lavori di recinzione agli stessi
affidati.
Aveva, quindi, potuto notare che sicuramente prima della fine di settembre, la
recinzione era gia’ stata tracciata con calce e terra e che i lavori erano
iniziati.
Dei lavori si occupava quasi esclusivamente il Vitale,
con l’assistenza del Biondo, mentre il Bruno era presente solo saltuariamente.
Precisava come fosse da escludere che il 1 ottobre
1981 la recinzione con la linea di calce dovesse ancora essere tracciata
(Vol.3/V f.83).
Le indagini istruttorie, dunque, avevano acclarato
come il Bruno si fosse presentato in cantiere la mattina del 1 ottobre e, allontanatosi,
non era stato piu’ visto, ne’ quel
giorno. ne’ nei successivi giorni.
Il tentativo di fornire un alibi al Bruno da parte dei
suoi soci vitale e Biondo era miseramente
naufragato: i due, infatti, erano stati smentiti dai dipendenti della impresa
sulla presenza del Bruno in cantiere nel corso della giornata del ottobre. come
pure erano stati smentiti dal Luparello
sulla recinzione del villino per
tracciare la quale tutti e tre i soci sarebbero :rimasti a lavorare sino al
primo pomeriggio di quel fatidico 1
ottobre.
Tornando alla scena del delitto e, segnatamente, alla
BMW del Gallina, si deve osservare come sulla stessa fossero state rinvenute
tracce di una lunga striatura dalla lunghezza di mt.2 sulla fiancata sinistra,
dal parafango posteriore allo sportello posteriore, prodotta verosimilmente da
collisione con altro autoveicolo (Vol.1/V f.48), nonche’ tracce di vernice,
presumibilmente beige.
Veniva disposta perizia tecnica per accertare la
natura e le caratteristiche chimico-fisiche e meccaniche di alcune impronte e
tracce esistenti sulla carrozzeria della BMW.
Il Perito «Vo1.3/V f.2.42.) e segg.) riferiva come l’esame,
effettuato con adeguata attrezzatura, avesse permesso di accertare che l’impronta
in argomento consisteva in un “riporto di smalto di finitura di tipo sintetico termoindurente
a tono cromatico giallo chiaro e doveva ritenersi l’esito di un urto di tipo superficiale,
ad andamento continuo, fra l’unita’ in esame ed altra autovettura, con carrozzeria definita a mezzo prodotti (smalti)
sintetici a tono cromatico giallo”.
In breve, il Perito rilevava come la striatura fosse
stata prodotta dall’urto con altra autovettura di colore giallo.
Depositata la relazione di perizia in cui si e’ detto,
perveniva. in data 29.11.82, una istanza dei difensori del Bruno
verniciatura”.
Veniva fuori. cosi’, la fantomatica “Giulietta” del
Bruno che invano cercata nel corso dei numerosissimi controlli e delle accurate
perquisizioni. ora risultava essere in possesso dei genitori dello stesso.
Il giorno 11 gennaio 83 venia conferito allo stesso Perito il nuovo incarico di
perizia sulla auto “Alfa Romeo Giulia Nuova Super 1300” targata PA-453236
La relazione «Yo1.3/V f.314) e segg.) permetteva di
far naufragare anche questo ulteriore tentativo di maldestra difesa approntato
dal Bruno e dai suoi genitori.
Rilevava, infatti, il Perito che: trattavasi di una
berlina con carrozzeria in tono cromatico giallo; l’autovettura denunciava, in
tutta evidenza, gli esiti di interventi estesi di ripristino della verniciatura
e, in particolare, dello smalto di finitura, con impiego di prodotti, mezzi d’opera
di tecniche in tutto e per tutto diverse da quelle orginali;
lo smalto era stato dato con mezzi artigianali, (pistola ad aria compressa),
mentre gli spessori del film di vernice denunciavano macroscopiche difformita’
da zona a zona della carrozzeria, con variazioni comprese fra 100 e 220 micron
e, comunque, di gran lunga superiori a quelli originali, normalmente contenuti
in misura non superiore a 60 microni gli spessori maggiori, rilevati in alcune
zone circoscritte, quali alloggio fari anteriori e cofano posteriore,
documentavano interventi di ripristino della carrozzeria con risagomatura dei
lamierati;
l’autovettura, in atto, non mostrava tracce evidenti
di fatti traumatici anche superficiali e di modesta entità le attuali
condizioni degli smalti di finitura testimoniavano interventi di ripristino avvenuti
in epoca compresa tra i 12 ed i 16 mesi anteriori alla data dell’accertamento i
riporti di smalto a suo tempo rilevati sull’autovettura BMW 520 (quella del Gallina)
non avevano attinenza alcuna con i prodotti impiegati per l’attuale definizione
della berlina in esame i questi ultimi, diversi da quelli impiegati dall’Alfa
Romeo, potevano appartenere alla gamma di prodotti usati dalla Fiat per alcune
sue auto.
Il Bruno, cioe’, 12 o 16 mesi prima dell’accertamento,
aveva provveduto a far riparare la carrozzeria e a far :riverniciare di giallo
l’auto, con prodotti diversi da quelli impiegati dalla casa costruttrice.
Cosi’ facendo, l’imputato eliminava le tracce di
striature riportate a causa dell’impatto con la BMW del Gallina e sostituiva la
vernice, sicche’ non vi fosse piu’ corrispondenza alcuna tra le tracce di
vernice lasciate sulla BMW e la vernice della sua “Giulia”: tali si rivelavano
le conclusioni da trarre e dalla perizia e dai successivi accertamenti
richiesti dal P.M. ed effettuati dal .l.«Vol.3/V f.3Z7) e segg.).
Detti accertamenti, infatti venivano effettuati per
acclarare se vi erano state accurate ricerche della “Giulia” e per tentare di
individuare chi e come avesse effettuato i lavori di “ripristino” sulla stessa.
Veniva sentito, innanzitutto, l’Ing. Ennio Ribaudo
(Vo1.3/V f.328) Perito dell’Ufficio nelle due perizie - e questi riferiva che,
per eseguire accertamenti sulla “Giulia” del Bruno, era stato rilevato a casa
dallo avvocato Ganci (difensore dell’imputato), il quale, con la sua auto, lo aveva condotto in Isola delle
Femmine davanti ad un garage.
Qui gli era stato presentato un uomo che si era
qualificato come il padre del Bruno, mentre all’interno del garage stesso gli
era stata fatta trovare l’auto.
Lo stesso avv. Ganci gli aveva specificato come il
garage si trovasse a circa 200 mt dalla
abitazione del Bruno.
Precisava il Ribaudo di non essere in grado di
indicare chi avesse effettuato le riparazioni rilevate sull’autovettura e che, comunque,
queste risalivano ad epoche diverse: la brillantezza degli smalti gli faceva
dedurre che le riparazioni piu’ recenti erano quelle della parte anteriore dell’autovettura.
Il Comandante della Compagnia Carabinieri di Partinico
veniva, quindi, incaricato di svolgere indagini per individuare il citato garage,
nonche’ per individuare chi avesse disposto le riparazioni sull’auto. Al
predetto veniva chiesto anche di indicare i nomi dei militari dell’Arma
incaricati delle ricerche del Bruno e
della sua autovettura.
Con il rapporto del 27
Yol.3/Y f.330) gennaio 1984 e segg.), -la Compagnia cc. di Partitico indicava i nominativi dei Militari impegnati
nelle ricerche di cui sopra.
Con lo stesso rapporto si segnalava l’avvenuto
sequestro dell’auto trovata in possesso di Tesauro Girolamo.
che: Quest’ultimo (Vo1.1/V f.345) dichiarava nel 1981
Bruno Antonino (padre dell’imputato) gli aveva offerto in vendita un’auto che
deteneva in un garage;
provata l’auto e l’aveva acquistata;
concordato il prezzo, poiche’ l’auto presentava
macchie di ruggine, aveva contattato un carrozziere eventuale riverniciatura;
per la a causa dell’alto costo necessario per eseguire
detta riverniciatura, vi aveva rinunciato ed aveva solo provveduto, prima dell’estate83,
a far installare sulla stessa l’impianto di alimentazione a gas; nel novembre
del 1983 aveva avuto un incidente stradale all’incrocio tra via Leopardi e via
Pipitone Federico;
mentre era in possesso di detta autovettura, Bruno
Antonino gliela aveva chiesta in prestito per qualche giorno e, cosi’, lui gliela
aveva data per un 15 giorni nessun altro tipo di lavoro aveva fatto effettuare
sull’auto, tranne il citato impianto a gas e la pulitura dei carburatori.
Bruno Antonino(Vol.1/V f.347) dichiarava di aver venduto
l’auto al Tesauro con l’impegno, da parte di costui, di permettere la
esecuzione di eventuali perizie sulla stessa. Aveva, infatti, riottenuto la predetta
auto quando il difensore (del figlio) gliene aveva fatta richiesta.
Escludeva, comunque, di aver fatto eseguire lavori su
detta auto.
Tesauro, successivamente (Vol.1/V f.354) aggiungeva
che l’auto gli era stata venduta i primi mesi di quell’anno (1982), in quanto
ricordava che “era d’inverno e che nell’estate io avevo gia’ la macchina”.
Specificava che l’autovettura era stata da lui ritirata in una autorimessa sita
a pochissimi metri dal caseificio del Bruno.
In una ultima occasione precisava (Vol.1/Vff.365) che
l’auto gli era stata consegnata dal Bruno il 1 agosto 1982, lo stesso giorno in
cui aveva subito una contravvenzione perche’ sorpreso a circolare senza il
bollo.
L’autovettura, quindi, l’aveva restituitafi primi dell’ottobre
1982 ed il Bruno non glifaveva specificato i motivi di questa richiesta.
Era sicuro di non aver effettuato lavorifin detta auto
in tutto il periodo in cui ne erafstato in possesso, come pure escludeva che lafstessa
auto avesse subito riparazioni nel periodo in cui era stata riconsegnata al
Bruno.
L’ing. Ribaudo (Vol.1/V f.364) precisava di aver
compiuto accertamenti sulla Giulia del Bruno nelle ore antimeridiane del giorno
8 marzo 1983 (Vol.1/V f.367).
I Militari dell’Arma che aveva partecipato alle
ricerche e del Bruno e della sua auto, concordemente, dichiaravano di aver
effettuato accurate ricerche anche del mezzo, ma infruttuosamente, ((Vol.1/V
f.350) e segg.) nel corso delle numerose perquisizioni.
Nessun dubbio, quindi, che l’auto del Bruno venne
accuratamente cercata e cio’, prescindendo dalle dichiarazioni dei Carabinieri,
e’ del tutto ovvio se solo si pone mente al fatto che il nome dell’imputato era
venuto fuori proprio effettuando accertamenti sulla sua auto notata sul luogo
dell’omicidio del Gallina.
Gli accertamenti del Ribaudo, effettuati nel marzo del
1983, evidenziavano come i lavori di ripristino della vernice erano stati effettuati
12/16 mesi prima: cio’ porta a ritenere che tali lavori vennero eseguiti proprio
in epoca prossima e posteriore a quella dell’omicidio del Gallina.
L’auto, subito dopo l’impatto con la BMW del
Gallina,era stata fatta riparare ed era stata nascosta in un garage non di
pertinenza del Bruno, si che era stato impossibile rinvenirla.
Se il Bruno, non avesse avuto nulla da temere avrebbe
subito messo a disposizione degli inquirenti detta auto.
Aveva, invece, occultato la stessa anche per non farne
rilevare lavori di riverniciatura effettuati e, dopo oltre 16 mesi, quando gia’
si conoscevano i risultati degli accertarnenti cromatici effettuati sulla BMW
del Gallina, aveva tentato di giocare la carta
dell’esame peritale sulla stessa, sicuro della diversita’ delle vernici
e della eliminazione delle striature.
Che il Bruno sia l’autore materiale dell’omicidio del
Gallina, comunque, è evidenziato anche dal falso alibi allo stesso fornito dal
Vitale e dal Biondo e di cui si e' ampiamente detto.
Giova ribadire che i dipendenti del Bruno quel giorno
lo videro solo nella primissima mattinata, mentre videro allontanarsi dal cantiere
gli altri due soci solo per l'ora della colazione: cio' e ' stato ulteriormente
confermato dal Luparello che ha decisamente affermato che la recinzione del suo
villino era gia' stata effettuata molto tempo prima di quel 1 ottobre 81.
Individuato uno degli autori materiali dell'omicidio
sorpreso proprio mentre precipitosamente si allontanava a bordo della "Giulia"
con la quale aveva, con altri, atteso il Gallina resta da esaminare il movente dell'omicidio
stesso.
Gallina Stefano apparteneva ad una famiglia (i
"Malavita") tristemente famosa nella zona di Villagrazia di Carini
per vari episodi delittuosi. Gallina Vito suo cugino – era stato ucciso in
Fabriano il 4.2.74, mentre un altro suo
cugino – Gallina Giovanni - era stato ucciso a Carini subito dopo, il 26.5.74.
Gallina Salvatore, fratello dei suddetti Vito e
Giovanni,era stato tratto in arresto dai cc. di Palermo il 22.10.80 perche'
implicato in fatti connessi al traffico di stupefacenti, mentre un altro
Gallina Salvatore, pure cugino della vittima, risulta essere latitante perche' colpito
da mandatodi cattura (n.220/S0) emesso dal G.Io di Palermo per traffico di stupefacenti.
Pipitone Angelo Antonino elemento di spicco della
mafia di Carini- e imputato nel presente procedimento penale, e' implicato nel traffico
di stupefacenti (m.c. N.240/80 emesso dal G.I.di Palermo): lo stesso e' un
altro cugino della vittima.
Nell'agosto del 1980, proprio dietro l'abitazione del
predetto Pipitone veniva scoperta una raffineria
eroina (Gerlandi abitazione e della raffineria si trovava la Alberto ed altri),
mentre nei pressi di detta villa"bunker" di Badalamenti Antonino
(ucciso il 18 agosto 81), reggente della
famiglia mafiosa di Cinisi, succeduto a Gaetano Badalamenti nel controllo di
detta famiglia.
L'omicidio del Gallina quindi si inquadra perfettamente nella strategia di
eliminazione Dei
"fedelissimi" di
Gaetano Badalamenti.
Ed, invero, dopo la eliminazione di alcuni dei suoi
cugini, dopo l'arresto e la latitanza di altri, Gallina Stefano aveva assunto
un ruolo di preminenza all'interno di detta famiglia, venendo, cosi', ad essere
un punto di riferimento e di forza per
tutti gli altri amici del Badalamenti.
Non va, infatti, dimenticato come per isolare il
potente boss di Cinisi siano stati eliminati Badalamenti Silvio (Marsala
2.6.83), Badalamenti Natale (Carini,
21. 1 1 . 1983) Badalamenti Agostino (20.2.84 Rep.:Eed Ted.) Badalamenti
Salvatore (Cinisi, 19.11.1982) Badalamenti Antonino(Carini, 18.8.1981).
La stessa successione cronologica tra gli omicidi di
Badalamenti Antonino e Stefano Gallina e' altamente indicativa se rapportata anche
al ruolo assunto dai due all'interno della famiglia di Cinisi.
Secondo quanto riferito dal Buscetta e quanto
oggettivamente emerso dalle indagini relative all'omicidio di Badalamenti Nino,
come si e ' visto questi aveva sostituito, per decisione della commissione,
Gaetano Badalamenti come capo della"famiglia" di Cinisi.
Trattavasi, pero', pur sempre di un Badalamenti , con
l'ex capo ancora libero ed attivo, rappresentava una minaccia alle mire
egemoniche dei corleonesi.
Badalamenti Nino viene, cosi', ucciso il 18.8. 81 e,
dopo due mesi. appena, viene ucciso anche Stefano Gallina mentre Badalamenti
Natale altro componente della famiglia, VIENE ucciso nel novembre del 1983.
Il ruolo del Gallina, si ripete, va valutato proprio
in relazione alla soppressione di Nino Badalamenti, all'arresto e alla
latitanza di alcuni cugini del primo: tutto cio' aveva posto il Gallina stesso
in una posizione di preminenza all'interno del clan Badalamenti e, quindi,
nella logica dello sterminio degli amici e congiunti del vecchio capo, la sua
eliminazione era inevitabile.
Per l'omicidio
del Gallina,per il tentato omicidio di Simonetta Maria, nonche' per i connessi
delittidi detenzione e porto di armi (Capi 131, 132, 133), vanno rinviati a
giudizio Greco Michele, Greco Ferrara Salvatore, Riina Salvatore, Riccobono
Rosario, Marchese Filippo, Vernengo Pietro, Greco Giuseppe di Nicolo',
Provenzano Bernardo, BruscaBernardo, Scaglione Salvatore, Calo' Giuseppe,
Geraci Antonio "nene''', Scaduto Giovanni, Lo Jacono Pietro, Montalto
Salvatore, Bonurn Francesco, Buscami Salvatore, Pullara' Ignazio, Pullara'
G.Battista, Savoca Giuseppe, Cucuzza Salvatore, Corallo Giovanni,Bono Giuseppe,
Motisi Ignazio.
Greco Leonardo, Bruno Francesco e Prestifilippo Mario Giovanni.
Vanno rinviati a giudizio per rispondere del delitto
di favoreggiamento personale Biondo Salvatore e Vitale Paolo (Capo 134).
Da pag 103 a pag
131
A
cura del Comitato Cittadino Isola Pulita
di Isola delle Femmine
Disegno di legge "LAZZATI"
Pagina 2
Pagina 3
La Nostra Isola
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