NICOLÒ
MARINO, EX ASSESSORE IN SICILIA: «EX GENERALE DEI CC NOMINATO ALL’ARPA DA
CROCETTA PERCHÉ LA MOGLIE ERA UNA BRAVA PERSONA»
Cari
amici di blog, da ieri vi sto raccontando alcune parti scioccanti
dell’audizione, iniziata alle 17.05 del 23 febbraio, vale a dire poche
settimane or sono, dell’ex assessore all’energia e ai servizi di pubblica
utilità della regione siciliana, Nicolò Marino, davanti alla Commissione
parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei
rifiuti.
Marino,
già magistrato alla Dda di Caltanissetta, ha assunto l’incarico quando è stato
autorizzato dal Consiglio superiore della magistratura, il 12 dicembre del 2012
e ha ultimato l’incarico di governo regionale il 14 aprile 2014.
Ieri
abbiamo visto, tra le altre cose, la verità di Marino sulla gestione
delle discariche private in Sicilia*. Oggi spostiamo l’ottica su un altro
aspetto paradossale sollevato da questo magistrato prestato per un breve tempo
alla politica.
Marino,
ad un certo punto della sua audizione, racconta dell’Arpa (l’Agenzia regionale
per l’ambiente) e descrive il fatto che ha anche funzionari di polizia
giudiziaria, ma tutti
i dirigenti sono appannaggio di chi li nomina (Provincia di Palermo,
Commissario della provincia di Palermo).
Ma
dopo questa introduzione, ad un certo punto racconta che «viene nominato un
ufficiale dei carabinieri, un ex generale, persona perbene che ha avuto due
ictus. Presidente, lei si dovrebbe far raccontare, quando scenderà in Sicilia,
dal sindaco Orlando, dai sindacati cos’erano le riunioni pubbliche. Questo che
doveva esercitare una serie di attività di controllo, noi l’avevamo scomodato
per il fallimento Aps a Palermo, 52 comuni serviti da Aps, aveva avuto due
ictus, presidente, e la Giunta rideva. Non voglio segretare perché l’ho anche
scritto, mi spiace sotto il profilo umano perché è un uomo delle istituzioni e
la colpa è dei familiari che gli consentono di accettare un incarico di questo
tipo, ma quando lo conobbi chiamai Crocetta e gli dissi allarmato: “Rosario,
la Giunta ride”. Mi rispose che la moglie era brava: aveva nominato questa
persona perché la
moglie era stata revisore dei conti a Gela e quindi dovevamo
contattare la moglie per far ragionare questa persona. Questa è la
regione siciliana, Presidente, e questa è una delle tantissime cose che
bisognava fronteggiare».
Dunque,
ricapitolando e se ho ben capito (chiedo scusa se così non fosse e sono dunque
pronto a correggermi), secondo il magistrato ed ex assessore Marino, alle
riunioni per la gestione di alcune delicate materie ambientali, si presentava per
l’Arpa di Palermo un ex generale dei Carabinieri, colpito da due ictus, di cui
la gente rideva (sic!), che non desisteva dal suo incarico e che per farlo ragionare
(doppio sic!) doveva
essere contattata la moglie, che sarebbe la vera ragione per cui il
Governatore Rosario Crocetta lo avrebbe nominato, vale a dire questa
donna era una brava persona!
Ora,
non so se ho riassunto bene (credo di si) ma se tutto questo è vero per
qualcuno (non so chi ma andrebbe cercato) va consigliato il trattamento
sanitario obbligatorio e questa verità di Marino (mancano infatti le
verità contrapposte dei diretti interessati chiamati in causa e questo blog è a
disposizione per raccontare tutti i punti di vista e credo che lo farà anche la
Commissione sul ciclo dei rifiuti nella sua nuova missione in Sicilia*) va
immediatamente spedita ad un bravo regista perché, da sola, è già mezza
sceneggiatura di un film nel quale vedrei bene, come
interpreti, Ficarra e Picone (tanto per restare in
Sicilia).
Conosco
il nome dell’ex generale dei Carabinieri di cui Marino parla ma, per
doveroso rispetto, ho deciso di non citarlo.
L’ex
magistrato, nel prosieguo dell’audizione proseguirà così: «Voglio dire anche
perché l’ho detto più volte che il referente in Sicilia di Renzi è
l’onorevole Faraone, a cui nel febbraio 2014, poco prima di
andare via, ancora assessore, dissi: “Se gli lasciate ancora nelle mani la Sicilia, finirà per
distruggerla”. Oggi finalmente lui sta litigando con Crocetta. Ho
depositato alla Corte dei conti tutte le note che avevo scritto
a Crocetta su come venivano fatte le Giunte: non c’erano ordini del
giorno, erano convocate a minuti, a Palermo, quando tu potevi essere in
qualsiasi altra parte del mondo, nessuno studiava le cose, ed è tutto
documentato. La Corte dei conti, che ha rinviato a
giudizio Crocetta e altri colleghi per la vicenda
dell’informatizzazione, trova scritte dichiarazioni mie e di Luca Bianchi.
Di che dobbiamo discutere ? Il problema è che bisogna cacciare
le persone».
Quando Alessandro
Bratti (Pd), presidente della Commissione, gli fa presente che non compete
a loro cacciare le persone, Marino ribatte: «questo è il mio punto di
vista, come continuo a dire, come avevo anticipato la
vicenda Montante… ». Marino, scopriamo, ha anticipato la
vicenda Montante (il delegato nazionale di Confindustria e
presidente di Confindustria Sicilia, di cui parlerebbero cinque presunti
pentiti per presunte vicende poco chiare) ma non è dato sapere con chi e come.
E
quando il commissario Pamela Giacoma Giovanna Orrù, Pd, eletta a
Trapani, gli chiede se si rendeva conto della gravità di quello che
diceva, Marino risponde così: «assolutamente, ma io l’ho già detto. Questa macchina è
assolutamente complessa, anche la migliore squadra avrebbe difficoltà…Nel
settore dei rifiuti la migliore squadra avrebbe grandi difficoltà a riprendere
in mano questa situazione. Nel momento in cui la gestione diventa
approssimativa per una serie di circostanze che ho ufficialmente comunicato in
tutte le sedi competenti (non è quindi una novità che dico a voi, l’ho già
fatto in passato), diventa impossibile recuperare questa situazione».
Pamela
Giacoma Giovanna Orrù precisa: «quello che lei ha detto l’abbiamo capito perfettamente.
Siccome lei ha fatto un riferimento preciso a una nomina e a come le persone
vengono nominate, la mia battuta “lei si rende conto della gravità di quello
che dice?” era in questo senso, non rispetto a tutto il resto. Già è grave
quello che è stato detto, questo è ancora più grave…. Un commissario che viene
nominato perché la moglie era brava è ancora più grave» ma
anche Marino precisa punto su punto: «Io sono andato via per questo…È
assolutamente così e lo ribadisco, ma l’ho anche dichiarato e contestato. Non ci sono cose
che non abbia cercato di fare per rimettere in piedi la situazione».
Bratti,
esausto, alle 19.10 chiude: «Va bene (va bene per modo di dire). La ringraziamo
per tutta la serie di indicazioni che ci ha dato, adesso inizieremo il nostro
approfondimento in Sicilia…».
Auguri
vivissimi.
·
Per una ulteriore di conoscenza dei fatti con più campane metto
a disposizione questo link della Rai nel quale ciascuno, se crede, potrà
approfondire la vicenda
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a9231715-9d15-49ec-ae67-e018cda8a7b6.html#: . Buona visione.
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a9231715-9d15-49ec-ae67-e018cda8a7b6.html#: . Buona visione.
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2 – the end (per la precedente puntata si veda http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/03/11/commissione-parlamentare-sulle-attivita-illecite-sui-rifiuti-riesplode-lo-scontro-sulla-gestione-delle-discariche-private-in-sicilia/)
COMMISSIONE
PARLAMENTARE SULLE ATTIVITÀ ILLECITE SUI RIFIUTI/ RIESPLODE LO SCONTRO SULLA
GESTIONE DELLE DISCARICHE PRIVATE IN SICILIA
Alle 17.05 del 23 febbraio,
vale a dire poche settimane or sono, l’ex assessore all’energia e ai servizi di
pubblica utilità della regione siciliana, Nicolò Marino, si siede davanti
alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al
ciclo dei rifiuti.
Marino, già magistrato alla Dda
di Caltanissetta, ha assunto l’incarico quando è stato autorizzato dal
Consiglio superiore della magistratura, il 12 dicembre del 2012 e ha ultimato
l’incarico di governo il 14 aprile 2014.
Dire che la sua relazione
stordisce, è dire poco.
Una parte importante è sulla
situazione di monopolio nella gestione delle quattro discariche private,
che Marino cita espressamente: Catanzaro Costruzioni a Siculiana, Oikos a Catania, Sicula
Trasporti a Catania, Mazzarrà Sant’Andrea a Messina. «Si voleva
innanzitutto iniziare a bilanciare il monopolio dei privati nella gestione
delle discariche – dirà Marino di fronte ai commissari lasciando
fuori da questa parte di analisi la provincia di Palermo – perché era una
situazione surreale: il gestore privato, dimentico di esercitare un
servizio di interesse pubblico (intervenni poi con una circolare in materia), chiudeva la
discarica al comune che non corrispondeva il prezzo alle condizioni talvolta dovute a
richieste unilaterali di modifica contrattuale da parte del gestore.
Avveniva il surreale che Monreale andava ad abbancare a Catania, quindi gli
autocompattatori viaggiavano, con buona pace della tutela ambientale, per tutto
il territorio siciliano proprio per questa ragione. Qualche sindaco nel
messinese (non me ne vorranno se ci sono deputati del messinese) un po’ ci ha
marciato a non pagare i prezzi di conferimento, però in gran parte il problema
era serio e, come sapete, ha determinato l’indebitamento degli Ato e di tutti i comuni.
Viene dichiarata l’emergenza, il 20 dicembre del 2013 riusciamo a pubblicare tre bandi per tre
discariche. Sapevamo già la situazione di Mazzarrà Sant’Andrea,
perché avevamo un monitoraggio e prescindendo dai lavori della Commissione
sapevamo cosa sarebbe accaduto, quindi uno a Messina, Enna abbancava a Catania,
quindi Enna, dovevamo creare una concorrenza su Siculiana e quindi ripotenziare
Gela, non perché fosse la terra di provenienza del presidente della regione, ma
perché logisticamente si imponeva di intervenire lì».
Marino va avanti con la sua
relazione e ad un certo punto, dopo avere approfonditamente parlato della
necessità avvertita di fare impianti, termovalorizzatori, riciclo dei rifiuti e
via di questo passo, ricorda che nel frattempo doveva formalizzare lo stato dell’arte
per le quattro discariche private.
Siculiana
Marino costituisce quindi
una commissione composta dal suo vice capo gabinetto, tal Buceti, un vicequestore che era alla
Dia a Caltanissetta con cui aveva collaborato quando era magistrato, da tal
ingegnere Pace e
da una dirigente dell’Arpa di Palermo, tal Di Franco. Il Nucleo operativo ecologico (Noe) dei
Carabinieri di Palermo aveva già contattato Marino mesi prima (lo
afferma lui alla Commissione) e formalizzerà successivamente una richiesta di
supporto tecnico, una sorta di consulenza tecnica nelle fasi di preliminari
investigazioni (chiaramente erano delegati dalla procura di Palermo, dice
ancora Marino) per quanto riguarda la discarica di Siculiana.
«Stavamo parlando della vicenda nota alla Commissione ambiente del
vicepresidente di Confindustria – proseguirà il magistrato che se non erro
esercita ora le sue funzioni a Roma –. Per quanto riguarda Catanzaro,
anni prima, quando io ero in procura a Caltanissetta un collega si occupò di un’altra
vicenda, perché il gruppo Catanzaro aveva chiesto di costruire ad Astro,
un comune in provincia di Enna, una piattaforma privata. All’epoca era Ministro
la Prestigiacomo,
il dottor Lupo era
direttore generale, ci fu una levata di scudi della popolazione perché era una
zona agricola coltivata.
Ci fu un sopralluogo del ministro, del colonnello Di Caprio, vice comandante del Noe, e del dottor Lupo per capire cosa stesse accadendo. Questo sopralluogo fu fatto di venerdì o di sabato, il lunedì successivo (sto parlando di 4-5 anni fa) chiesero gli atti e poi Catanzaro ritirò ogni richiesta. Ci fu però una vicenda giudiziaria che io non conosco bene, ma mi ricordavo di Catanzaro anche sotto questo profilo e lo abbinavo al discorso che il Noe lo attenzionava da tempo anche per questa vicenda che aveva visto la presenza di Di Caprio.
Ci fu un sopralluogo del ministro, del colonnello Di Caprio, vice comandante del Noe, e del dottor Lupo per capire cosa stesse accadendo. Questo sopralluogo fu fatto di venerdì o di sabato, il lunedì successivo (sto parlando di 4-5 anni fa) chiesero gli atti e poi Catanzaro ritirò ogni richiesta. Ci fu però una vicenda giudiziaria che io non conosco bene, ma mi ricordavo di Catanzaro anche sotto questo profilo e lo abbinavo al discorso che il Noe lo attenzionava da tempo anche per questa vicenda che aveva visto la presenza di Di Caprio.
Cosa era accaduto per la creazione di questa benedetta discarica? Lo troverete anche nella relazione della commissione che vi posso mettere a disposizione, ma sicuramente il dottor Lupo ve ne potrà dare ulteriori copie. Erano sorti dei problemi fra l’allora sindaco del comune di Siculiana e il gruppo Catanzaro, perché questa discarica su terreni di proprietà del comune (alcuni in corso di espropriazione) la voleva fare il comune di Siculiana.
Lì nacque una delle tante surreali vicende antimafia siciliane, perché il sindaco venne arrestato insieme al capo dell’ufficio tecnico e del comandante dei vigili urbani perché accusato da Catanzaro di voler costruire e gestire questa discarica per favorire dei mafiosi. Il sindaco verrà poi assolto, quindi l’antimafia nasce con questo passaggio drammatico e surreale. Ebbi poi modo di incontrare il sindaco, che credo sia tutt’oggi molto colpito da quella vicenda giudiziaria.
Vengono assolti e il Noe ci chiede di svolgere degli accertamenti anche sulle particelle perché il giudice è molto duro in questi passaggi. Vi consegno la nota del Noe… Questa parte dovremmo segretarla».
Secretazione dopo secretazione
Marino dunque, per gli aspetti
più delicati, che ci piacerebbe tanto conoscere, chiede e ottiene di secretare
la seduta. Capiamo però, dalle stesse parole del magistrato quando i microfoni
vengono riaperti e le telecamere riaccese, almeno che il Noe fare una disamina
completa di tutte le autorizzazioni di cui aveva beneficiato la Catanzaro
costruzioni.
Poi Marino riprende a battere il tasto della discarica privata di Catanzaro Costruzioni, sembra quasi un duello personale e i precedenti di anni di querele, denunce e controdenunce tra i due sembrano suggerirlo e dunque c’è da attendersi che lo scontro continuerà quando la Commissione si recherà in Sicilia e non potrà non ascoltareCatanzaro e gli altri proprietari o gestori delle discariche private.
«Ironia della sorte, chi voleva
criticare il Governo della Regione siciliana e chiedeva l’emergenza grazie solo
all’emergenza aveva avuto la possibilità di costruire e gestire questa
discarica – dirà infatti Marino –: tutta la storia della
discarica di Siculiana passa per l’emergenza, anche con alcuni atti prefettizi
in cui probabilmente ci sono degli errori. Non voglio però dilungarmi sul
contenuto tecnico, che potrete valutare autonomamente. Poniamoci sul problema
autorizzativo a monte con cui appunto avevo iniziato il mio intervento. Qui ci
sono dei casi di scuola di palesi violazioni della normativa, gravissime
violazioni di leggi poste in essere dal territorio e ambiente a favore della
Catanzaro costruzioni. Farò due passaggi di cui forse uno bisogna segretare. In
una delle tante autorizzazioni per ampiamento sia Via che Aia 2006, 2007 e 2008
trovate che a un certo punto l’assessorato al territorio e ambiente
correttamente impone per l’ampliamento della vasca V3 gli impone di fare
l’impianto di biostabilizzazione, che non verrà mai fatto. A distanza di un
anno Catanzaro chiede un altro ampliamento, e lo chiede dove doveva sorgere
l’impianto di biostabilizzazione, la Regione siciliana se lo dimentica e gli dà
l’ulteriore ampliamento. Arriviamo al 2009. Se il Governo Lombardo fu
lungimirante sulla vicenda dei termovalorizzatori, perché la Sicilia sarebbe
diventata per la potenzialità di quei termovalorizzatori, così come erano stati
impostati, la discarica di Europa, fu responsabile in maniera preponderante di
queste violazioni amministrative. Nel 2009 si hanno i più grossi ampliamenti,
che noi paghiamo oggi, delle discariche, con particolar riferimento a Siculiana
e Oikos, 2,7 milioni di metri cubi per Oikos, 3 milioni di metri cubi per
Catanzaro costruzioni. Gli istruttori della pratica correttamente si chiedono
perché dare questa volumetria così ampia in quel territorio, perché Trapani
debba avvalersi di questo, perché a Siculiana e non a Enna o in qualsiasi altro
posto della regione siciliana, in quanto non era motivato, perché questa
volumetria spaventosa, perché non ci fosse nulla sull’impianto di
biostabilizzazione, che nel 2003 era un obbligo di legge. Purtroppo la storia
italiana è fatta anche di deroghe, e di anno in anno si andò avanti con deroghe
all’applicabilità della normativa europea sulla biostabilizzazione. Nel 2008 la
Comunità europea si arrabbia e dice basta all’Italia, quindi il dottor Lupo
come direttore del Ministero dell’ambiente emana una circolare in cui impone
che non possa essere rilasciata alcuna autorizzazione senza l’impianto di
biostabilizzazione, a meno che non si tratti soltanto di discariche in corso di
gestione.
Come interpreta la regione siciliana questa cosa ? Che quello è un ampliamento. Fra l’altro, questa vasca V4 è anche fisicamente distinta dalle altre vasche, da cui è divisa da una strada pubblica, e 3 milioni di metri cubi non possono mai essere un ampliamento di discarica, come neanche i 2,7 milioni di Oikos. Nonostante quanto rilevato, inoltre, ritiene di non imporre l’impianto di biostabilizzazione. Vi consegno la relazione».
Ma sul più bello riparte la
secretazione e dunque perdiamo ancora passaggi di una storia che sembra molto
interessante, anche se da quello che si capisce Marino denuncia una
serie inaudita di, come vogliamo chiamarli…presunti favoritismi e presunte
concessioni benevole. Non possiamo chiamarli diversamente perché, da quel che
si capisce dalla parole del magistrato, il Noe è sceso in campo ma non ci
sarebbero stati esiti giudiziari (a meno che non ci siano ancora indagini o
nuove indagini in corso e allora la lasciamo che sia eventualmente la Giustizia
a pronunciarsi su quei fatti denunciati da Marino). Ma non possiamo
chiamarli diversamente perché abbiamo la versione di Marino e attendiamo
quella, si presume rovente, di Catanzaro. Quel che sappiamo per certo è cheMarino si
è già espresso in un suo giudizio, parlando di «casi di scuola di palesi
violazioni della normativa, gravissime violazioni di leggi poste in essere dal
territorio e ambiente a favore della Catanzaro costruzioni».
Ma tanti altri passaggi scottanti,
nella relazione di Marino, certo non mancano, soprattutto quando passa a
parlare di Oikos. «Almeno Catanzaro gestiva la discarica in maniera
corretta nel rispetto della normativa ambientale – proseguirà in
audizione Marino –invece Oikos era un disastro, tanto che trasmisi
gli atti, perché se ne occupava la procura di Palermo perché le autorizzazioni
erano state rilasciate a Palermo, quindi la competenza territoriale era di
quella procura, ma per eventuali reati ambientali la competenza è di Catania e
infatti sia per Mazzarrà che per Oikos furono trasmessi alla rispettiva
autorità giudiziaria anche agli atti della relazione. Credo ci siano dei
procedimenti, però non posso aggiungere altro.
Per quanto riguarda Oikos furono revocate tutte le autorizzazioni precedenti, c’è un problema di post mortem, una situazione gravissima anche sotto il profilo della tutela ambientale. La Regione siciliana avrebbe dovuto esercitare (questo vale anche per le vasche esaurite della Catanzaro costruzioni nella discariche Siculiana) le azioni di risarcimento danni. Anche se non ci sono responsabilità penali, non devi valutarle tu, in quanto non sei estraneo a quei princìpi di terzietà e indipendenza, che appartengono non soltanto alla magistratura, ma anche all’alta amministrazione, come cercavamo di far capire ai dirigenti della Regione siciliana e anche ai politici, che pressano troppo sui dirigenti. Alcuni dirigenti hanno avuto purtroppo la debolezza di cedere alle richieste della politica e ne hanno anche pagato le spese.
La regione aveva il dovere di intraprendere azioni di risarcimento danni perché, ad esempio, l’impianto di biostabilizzazione è una condizione essenziale del contratto. Nessuno si è accorto nel 2007 che è stato violato il contratto e manca l’impianto di biostabilizzazione ? Ci sarebbe un problema di autorizzare ampliamenti alle discariche, come sono stati dati nel 2008 e nel 2009 ? No».
Insomma, per essere oxfordiani,
la situazione della gestione ambientale vista dall’ex assessore all’energia è
un verminaio, con evidenti, come vogliamo chiamarle di nuovo,…stranezze.
Ed infatti Marino poco
dopo sarà chiaro e tondo: «Quello che noi viviamo oggi, compreso l’esaurimento
delle discariche, è il frutto di una palese gestione illecita
dell’amministrazione pubblica e, leggendo tutte le relazioni, potrete
verificarlo. I prezzi di conferimento in discarica chiaramente si riversano
sulla tariffa, ma nessuno aveva mai accertato e (non ci arriverò neanch’io
perché sono costretto ad andar via) nessuno ha mai accertato se l’investimento
dell’imprenditore in 100 autisti e 100 autobotti fosse gonfiato. Nessuno l’ha
mai verificato, e tutto questo modificava, unitamente ai prezzi di trasporto, i
prezzi di conferimento in discarica. Questo è uno dei lavori della Commissione,
non so se i miei successori abbiano spinto per questo accertamento, ma è
essenziale compierlo e nessuno l’ha mai fatto.
Mi hanno chiesto a volte se potremmo avere in Sicilia problemi come nella Terra dei fuochi, ma non lo sappiamo perché sono mancati in Sicilia (e questa è un’altra grande responsabilità) i veri controlli di Arpa e provincia. Non sono i 3 carabinieri del Noe a Palermo e i 3-4 a Catania, anche perché il processo penale deve essere residuale, ci deve essere la capacità della pubblica amministrazione di ripristinare la legalità, non possiamo delegare sempre al processo penale, alle indagini, perché il processo penale può anche non raggiungere i suoi effetti per ragioni varie, ma c’è una responsabilità morale, amministrativa, politica, penale, e sono concetti assolutamente diversi, come si cercò di dimostrare.
Sono convinto che, se l’ipotesi investigativa che i colleghi di Palermo seguono è quella di un pagamento di tangenti a monte e poi per l’intervento della Corte di giustizia e per la gara deserta nel 2009 non fu possibile per i privati che si aggiudicarono e furono i firmatari delle convenzioni rientrare in un’ipotesi investigativa di quel denaro, anche perché la Catanzaro costruzioni faceva parte di una delle Ati che si aggiudicò, l’ampliamento delle discariche è sospetto.
Mi sono chiesto perché Lombardo facesse due cose contrapposte, ma la verità è che quella dei termovalorizzatori dal mio punto di vista fu una guerra politica vera e propria con il senatore Firrarello che spingeva per il discorso dei termovalorizzatori. La guerra sui termovalorizzatori, più che essere una guerra di giustizia (poi magari i fini di giustizia coincidono casualmente con altri fini, come sempre capita), mi è sembrata una guerra politica, perché non si giustifica assolutamente l’ampliamento a dismisura delle discariche del 2009 proprio sotto la gestione Lombardo».
E così scopriamo, dalla viva voce
di Marino e della sua versione dei fatti, che l’antimafia vive di
vicende surreali, che i termovalorizzatori erano terreno di una guerra politica
personale, nessuno in Regione verificava o controllava nulla, dai tariffari
alla necessità di assumere, che i controlli sanitari erano zero (sono ancora
zero?), che i Carabinieri erano (sono ancora?) quattro di numero e poco
potevano e ad un certo punto volarono tangenti o quantomeno era (o è) questa
un’ipotesi investigativa della Procura di Palermo anche se non ho capito bene
per cosa siano volate, forse per l’ampliamento delle discariche (tutte, una,
alcune? Boh?).
Insomma, come riassumerà al
termine dell’audizione il presidente della Commissione
parlamentare Alessandro Bratti (Pd) «sono passati cinque anni ma
sembra che non sia successo assolutamente nulla, anzi alcune questioni sono
peggiorate. Questa come legislatori e uomini delle istituzioni è una triste e
amarissima constatazione».
Sarebbe però il caso di mettere
un punto fermo almeno in Commissione (si tratta di una Commissione
d’inchiesta), anche perché la guerra, pure a colpi di querele milionarie
traMarino e Catanzaro e di denunce in varie procure e alle
Commissioni parlamentari sui rifiuti e antimafia, prosegue come detto da anni e
anche perché non solo Giuseppe Catanzaro è vicepresidente di
Confindustria Sicilia ma anche perché la “ggente” vuole capire.
Nell’occasione del comitato per
l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale riunitosi a Caltanissetta il 22
ottobre 2013 e dunque in periodo se non sbaglio immediatamente precedente alla
contesa sulla gestione dell’ambiente in Sicilia di cui ho scritto, fu proprio
la Dia, ad esempio, all’epoca guidata dal colonnello Gaetano Scillia, a
citare, ma in ben altro e lusinghiero modo, Giuseppe Catanzaro (il
quale, ricordiamo anche, è tra i protagonisti, con le sue accuse formalizzate
con coraggiose denunce, di processi contro la mafia agrigentina e quindi,
capirete, cari lettori di questo umile e umido blog, la bussola si perde e si
confonde).
La Dia consegnò al ministro
dell’Interno Angelino Alfano una relazione in cui si legge: «Da un pò
di tempo a questa parte, invece, si assiste, sempre di più, ad una crescente
reazione delle organizzazioni mafiose e dei suoi poteri collegati (come ad
esempio quello dei “colletti bianchi”) contro l’azione di contrasto alla
criminalità organizzata, nonché contro l’opera di legalità posta in essere in questi
anni dall’associazione confindustriale di Caltanissetta e, in generale, da
quella regionale. Appare ormai evidente, infatti, l’incessante azione
denigratoria e di intimidazione che viene condotta (con varie modalità e
diversificati strumenti) nei confronti della nuova classe dirigente
confindustriale siciliana, costituita dal Cav. Lav. Antonello Montante,
dal dr. Ivan Lo Bello, da Giuseppe Catanzaro, Marco
Venturi e altri dirigenti), frequentemente aggredita anche attraverso il
metodo della diffamazione e del discredito mediatico».
Per ora mi fermo ma domani torno
con un nuovo e incredibile approfondimento, sempre sulla gestione ambientale in
Sicilia.
COMMISSIONE
PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI
AUDIZIONE NICOLO’ MARINO
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI
La seduta
comincia alle 17.05.(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto
che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna
sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
(Così rimane stabilito).
Audizione dell'ex assessore
all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana, Nicolò
Marino.
PRESIDENTE. L'ordine
del giorno reca l'audizione dell'ex assessore all'energia e ai servizi di
pubblica utilità della regione siciliana, dottor Nicolò Marino, che ringrazio
per la sua presenza. L'audizione odierna si colloca nell'ambito
dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla regione siciliana.
Ricordo inoltre che, secondo
quanto stabilito dall'Ufficio di Presidenza e integrato dai rappresentanti dei
Gruppi, nelle riunioni del 10 e 17 febbraio scorsi la Commissione prima di
recarsi in Sicilia per le due missioni il 9 e 13 marzo, il 23 e 28 marzo,
ascolterà in audizione anche la dottoressa Vania Contraffatto, assessore all'energia e ai
servizi di pubblica utilità della regione siciliana mercoledì 25 febbraio alle
ore 14.00, e il dottor Marco Lupo, ex
dirigente generale del Dipartimento della regione siciliana delle acque dei
rifiuti ed ex commissionario per l'emergenza dei rifiuti da aprile a dicembre
2013, che audiremo mercoledì 4 marzo alle ore 14.00.
Prima di dare la parola al nostro ospite, poiché alcuni commissari nella scorsa legislatura non erano presenti ricordo che noi avevamo fatto un abbondante approfondimento sulla Sicilia e sulla situazione di emergenza che allora presente, che è stato oggetto di una relazione al Parlamento. Le problematiche erano tante, si parlava ancora di ATO, il presidente Lombardo si era appena insediato, quindi cercammo di verificare alcune situazioni di grande criticità che riguardavano la gestione dei rifiuti.
Prima di dare la parola al nostro ospite, poiché alcuni commissari nella scorsa legislatura non erano presenti ricordo che noi avevamo fatto un abbondante approfondimento sulla Sicilia e sulla situazione di emergenza che allora presente, che è stato oggetto di una relazione al Parlamento. Le problematiche erano tante, si parlava ancora di ATO, il presidente Lombardo si era appena insediato, quindi cercammo di verificare alcune situazioni di grande criticità che riguardavano la gestione dei rifiuti.
In particolare, eravamo andati a Palermo e
verificammo la situazione di grande emergenza esistente relativamente sia alla
discarica di Bellolampo, sia
alla società Amia che
allora gestiva il ciclo integrato dei rifiuti.
Visto che ci occupavamo di illeciti collegati
al ciclo dei rifiuti, quindi non solo di carattere ambientale amministrativo ma
anche su eventuali infiltrazioni della malavita organizzata, rilevammo una
situazione molto problematica per quanto riguardava l'indebitamento degli ATO, che rasentava gli 800 milioni di euro, e per
la presenza di impianti dove erano state realizzate importanti indagini
sull'infiltrazione di malavita organizzata. Alcune discariche sono ancora
ancora oggetto di discussione nel messinese e nel catanese.
C'erano quindi diverse situazioni veramente
critiche, così come erano critiche le gestioni di alcune aziende. Tra l'altro,
crediamo che una di queste, la Aimeri del
gruppo Biancamano, sia in grande sofferenza, perché già due volte abbiamo provato
a interloquire con questi soggetti e non si sono presentati né in Veneto, né in
Liguria, per cui presumo che ci siano nelle problematiche
importanti che riguardano questa azienda la cui proprietà è siciliana. Ci sono
anche altre questioni che vedremo nel corso del tempo.
C'era inoltre la vicenda della
famosa gara dei termovalorizzatori che poi
non fu mai eseguita, dove c'erano o si ipotizzavano infiltrazioni della
malavita, quindi la situazione legata al ciclo dei rifiuti è complicata.
Visto che la Sicilia è importante anche per
la presenza di siti industriali come Priolo, Siracusa e Gela, avevamo fatto
anche una serie di approfondimenti su questi siti di interesse nazionale. Tra
l'altro ricordo che la nostra terza visita in Sicilia sarà focalizzata su
alcuni di questi siti di interesse nazionale, per verificare lo stato delle
bonifiche.
Poi c’è stato un nuovo Governo a cui lei ha
partecipato come protagonista, abbiamo letto sulla stampa diverse
dichiarazioni, quindi ci stiamo accingendo a fare un aggiornamento sullo stato
di salute della Regione siciliana per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti,
argomento che oggi le chiediamo di affrontare.
Avverto il nostro ospite che
della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo
riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta
segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata
alla parte finale della seduta. Se lei dovesse dire cose che ritiene di dover secretare
perché ci sono indagini in corso o perché ritiene che possano essere oggetto di
indagini, ce lo dice e ci mettiamo in segreta alla fine dell'audizione.
Le cederei subito dopo la parola perché ci faccia il quadro anche rispetto ad alcune dichiarazioni che lei ha pubblicamente rilasciato.
Le cederei subito dopo la parola perché ci faccia il quadro anche rispetto ad alcune dichiarazioni che lei ha pubblicamente rilasciato.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana. Buona sera, aggiungerei, presidente,
anche il servizio idrico integrato per due grossi fallimenti di cui penso sia
importante che vi occupiate.
PRESIDENTE. Come sa,
la legge istitutiva della Commissione stabilisce l'ambito nel quale ci dobbiamo
muovere. Siamo sicuramente competenti per quanto riguarda la depurazione delle acque. Quindi,
se il tema che lei vuole sollevare riguarda questa questione specifica o appalti
o illeciti di carattere amministrativo o ambientale che abbiano a che fare con
la parte terminale del ciclo di depurazione delle acque, l'utilizzo dei fanghi
piuttosto che i sistemi di depurazione di collettamento, siamo una sede
competente; mentre se lei tratta altri argomenti, la ascoltiamo volentieri, ma
dobbiamo rimanere nell'ambito delle competenze stabilite dalla nostra legge
istitutiva.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana.
Ho assunto l'incarico quando sono stato autorizzato dal Consiglio superiore
della magistratura il 12
dicembre del 2012 e ho
ultimato l'incarico di Governo il
14 aprile 2014.
Quando Crocetta, che già conoscevo perché avevo svolto le funzioni alla direzione antimafia di Caltanissetta, nel cui territorio di competenza era compresso il comune di Gela, mi chiese di dare una mano, misi in chiaro quale sarebbe stata l'impostazione che avrei dato. Nel periodo in cui il Consiglio superiore prese il suo tempo per rilasciare il nulla osta per andare in aspettativa, mi misi in ferie e cominciai a studiare le problematiche, anche perché da lì alla fine di dicembre, quindi entro pochissimi giorni, si sarebbe posto il problema della estinzione degli ATO e bisognava fare una legge di proroga, inoltre si poneva un altro problema riguardante il servizio idrico integrato.
Facemmo una legge ponte, che poi doveva arrivare al disegno di legge cosiddetto «sull'acqua pubblica», che tuttora è approvato in Commissione e bloccato da quando io sono andato via.
Quando Crocetta, che già conoscevo perché avevo svolto le funzioni alla direzione antimafia di Caltanissetta, nel cui territorio di competenza era compresso il comune di Gela, mi chiese di dare una mano, misi in chiaro quale sarebbe stata l'impostazione che avrei dato. Nel periodo in cui il Consiglio superiore prese il suo tempo per rilasciare il nulla osta per andare in aspettativa, mi misi in ferie e cominciai a studiare le problematiche, anche perché da lì alla fine di dicembre, quindi entro pochissimi giorni, si sarebbe posto il problema della estinzione degli ATO e bisognava fare una legge di proroga, inoltre si poneva un altro problema riguardante il servizio idrico integrato.
Facemmo una legge ponte, che poi doveva arrivare al disegno di legge cosiddetto «sull'acqua pubblica», che tuttora è approvato in Commissione e bloccato da quando io sono andato via.
Qual era l'impostazione che io
avrei dato ?
Innanzitutto capire nel settore dei rifiuti, di cui mi ero anche occupato come
magistrato, alcune problematiche che avevano determinato una situazione di
monopolio nella gestione delle quattro discariche private, Catanzaro Costruzioni a Siculiana, Oikos a
Catania, Sicula Trasporti a Catania, Mazzarrà Sant'Andrea in quel
di Messina.
Si era arrivati a una situazione di questo tipo perché le discariche pubbliche, sempre e comunque mal gestite, erano pressoché esaurite; quindi vi era un vero e proprio monopolio in tutto il territorio siciliano.
Per assumere le decisioni per quanto riguardava i giudizi instaurati per la vicenda dei termovalorizzatori dalle quattro capogruppo delle ATI che avevano firmato le convenzioni, innanzitutto cercai di capire la situazione; la quale era assolutamente chiara: vi era un problema serissimo nei profili autorizzativi in capo all'Assessorato al territorio ambiente, che avevano determinato quello stato di monopolio delle discariche.
Si era arrivati a una situazione di questo tipo perché le discariche pubbliche, sempre e comunque mal gestite, erano pressoché esaurite; quindi vi era un vero e proprio monopolio in tutto il territorio siciliano.
Per assumere le decisioni per quanto riguardava i giudizi instaurati per la vicenda dei termovalorizzatori dalle quattro capogruppo delle ATI che avevano firmato le convenzioni, innanzitutto cercai di capire la situazione; la quale era assolutamente chiara: vi era un problema serissimo nei profili autorizzativi in capo all'Assessorato al territorio ambiente, che avevano determinato quello stato di monopolio delle discariche.
Con la legge n 3 del 2013, in pochi giorni riuscimmo da un
lato a prorogare per l'ultima volta
gli ATO, perché poi fui io a mettere fine agli ambiti ottimali e a quel
tipo di gestione, togliemmo
l'AIA all'Assessorato al territorio e ambiente, perché il problema era lì, in
quanto avevamo capito che il profilo autorizzativo aveva determinato anche
situazioni di illiceità, tanto che i lavori della Commissione costituita
vennero fatti propri anche dal G.I.P. di Palermo quando è intervenuto sul sequestro
della discarica Oikos di Catania e dall'autorità giudiziaria di Barcellona
Pozzo di Gotto che è intervenuta per Mazzarrà.
Quando intervenne però Barcellona io già ero andato via, ma i lavori erano stati fatti sotto la mia gestione. Non avevamo la sfera magica e vi racconto un particolare. All'inizio neanche l'assessore al ramo si rese conto di quello che stavamo facendo, quando se ne resero conto ci fu una levata di scudi: molti dipendenti, compreso quel Canova che poi è stato arrestato per corruzione dall'Autorità giudiziaria di Palermo, decisero di trasferirsi al Dipartimento acque e rifiuti, perché evidentemente pensavano di poter continuare una gestione similare, e chiaramente noi non abbiamo ascoltato.
Devo dire da subito, perché questa è stata una querelle durissima, che l'Assessorato al territorio e
ambiente, direttore generale Gullo, assessore Lo Bello resistettero per la
trasmissione degli atti che riguardavano l'AIA, tanto che dopo quattordici mesi
non avevamo ancora avuto gli atti.
Tutto questo si è tradotto, come
il dottor Lupo potrà chiarire ancora meglio perché molte delle sue note sono
state trasmesse al Segretario generale per stigmatizzare la grave condotta omissiva di quell'assessorato
che, nonostante ci fosse questo passaggio normativo completamente diverso,
ritenne che l'ultima parola spettasse comunque all'Assessorato al territorio e
ambiente. Il dottor Lupo potrà produrre questi atti.
PRESIDENTE. Mi scusi,
un chiarimento, magari chi è siciliano conosce la strutturazione delle
responsabilità della Giunta. Come vi eravate divisi le deleghe ? Questo è importante per
capire il contesto.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana.
AIA e VIA erano chiaramente
inglobate nell'Assessorato al territorio e ambiente, io
dirigevo l'Assessorato all'energia, di cui faceva parte il Dipartimento acque e
rifiuti oltre che il Dipartimento energia. Chiaramente togliendo l'AIA eravamo i gestori del
procedimento e anche della programmazione che doveva riguardare le varie
discariche. Questa fu per noi la conferma dei grossi problemi che si erano
verificati.
Dal 5 gennaio 2013 l'AIA spettava all'assessorato al territorio e
ambiente, ad aprile 2014, forse solo gli ultimi giorni, vennero trasmessi gli
atti con una serie di contestazioni durissime per iscritto poste in essere dal
dottor Lupo.
Termovalorizzatori. Sapete
che gli assessorati in Sicilia hanno la legittimazione attiva e passiva,
quindi, prescindendo dalla costituzione in giudizio perché era stato chiamato
in giudizio il Presidente della regione siciliana per la vicenda dei
termovalorizzatori, mi costituii autonomamente.
Faccio una breve parentesi: l'atto che portò alla revoca di tutti gli atti autorizzativi per le convenzioni stipulate (la gara è del 2002, le convenzioni furono stipulate nel 2003, qui ho una relazione che vi posso mettere a disposizione) fu posto in essere nel 2010 dal Governo Lombardo, dall'assessore Pier Carmelo Russo, che revocò tutti gli atti amministrativi.
Per tutta risposta il gruppo Falck e gli altri capigruppo delle quattro associazioni temporanee di impresa iniziarono un doppio giudizio: davanti al giudice amministrativo, ritenendo illegittime in violazione di legge le revoche amministrative attuate, davanti al giudice civile di Milano per la causa di risarcimento danni, che ammontavano a 700 milioni di euro.
Pier Carmelo Russo era diventato poi il difensore della Regione. Era accaduto che, siccome la gara era stata bandita Pag. 9con i poteri emergenziali dall'allora presidente della regione Cuffaro nel 2002, l'Avvocatura distrettuale dello Stato difendeva chiaramente chi aveva determinato quella situazione.
Faccio una breve parentesi: l'atto che portò alla revoca di tutti gli atti autorizzativi per le convenzioni stipulate (la gara è del 2002, le convenzioni furono stipulate nel 2003, qui ho una relazione che vi posso mettere a disposizione) fu posto in essere nel 2010 dal Governo Lombardo, dall'assessore Pier Carmelo Russo, che revocò tutti gli atti amministrativi.
Per tutta risposta il gruppo Falck e gli altri capigruppo delle quattro associazioni temporanee di impresa iniziarono un doppio giudizio: davanti al giudice amministrativo, ritenendo illegittime in violazione di legge le revoche amministrative attuate, davanti al giudice civile di Milano per la causa di risarcimento danni, che ammontavano a 700 milioni di euro.
Pier Carmelo Russo era diventato poi il difensore della Regione. Era accaduto che, siccome la gara era stata bandita Pag. 9con i poteri emergenziali dall'allora presidente della regione Cuffaro nel 2002, l'Avvocatura distrettuale dello Stato difendeva chiaramente chi aveva determinato quella situazione.
L'Ufficio legislativo e legale
della regione siciliana non era in grado (l'aveva anche messo per iscritto) di
resistere in giudizio, quindi si poteva far ricorso al difensore privato. Pier
Carmelo Russo ha fatto un atto di revoca straordinario sotto il profilo
amministrativo, dismise i panni di assessore e assunse i panni di avvocato. Me
lo trovai come avvocato alla regione siciliana e mi prospettò immediatamente
una situazione gravissima, che troverete poi nella relazione. Lo sintetizzo,
ma, se vado per le lunghe, bloccatemi.
PRESIDENTE. Vada,
abbiamo tempo.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana.
Nel 2002 si bandisce questa gara con la procedura delle concessioni, in
violazione della normativa europea che prevedeva invece la gara con la
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea. Nel 2003 vengono
stipulate queste convenzioni con quattro ATI, vengono escluse altre tre ATI.
Era un bando surreale, perché sostanzialmente su venticinque ATO non dovevano
sovrapporsi queste quattro offerte. Troverete uno studio matematico che
dimostra come fosse impossibile che non si potessero sovrapporre le offerte.
Nel 2007 interviene la Corte di giustizia e annulla tutte le
convenzioni, dice alla Regione che deve procedere con la gara europea. La
regione siciliana fa finta di non capire e con il Dipartimento presso
l'Assessorato al territorio e ambiente bandisce la gara, ma con un accordo con
le ATI che viene esternalizzato: chi dovesse aggiudicarsi la
gara avrebbe dovuto risarcire del danno emergente, ma anche del lucro cessante.
La gara andò deserta.
Fermiamoci qui perché questo avviene nel 2009 e, così come è predisposta, la gara è un esempio scolastico di turbativa. Ebbi modo di parlare con il dottor Di Matteo e il dottor Del Bene, i colleghi che seguivano a Palermo le procedure penali, e partivano da un pagamento a monte nel 2002 delle tangenti come ipotesi investigativa. Se ricordate, anche una procura del nord si occupò di questa vicenda e credo anche il dottor Scarpinato, allora procuratore aggiunto a Palermo, venne sentito dalla Commissione antimafia o ecomafia.
Fermiamoci qui perché questo avviene nel 2009 e, così come è predisposta, la gara è un esempio scolastico di turbativa. Ebbi modo di parlare con il dottor Di Matteo e il dottor Del Bene, i colleghi che seguivano a Palermo le procedure penali, e partivano da un pagamento a monte nel 2002 delle tangenti come ipotesi investigativa. Se ricordate, anche una procura del nord si occupò di questa vicenda e credo anche il dottor Scarpinato, allora procuratore aggiunto a Palermo, venne sentito dalla Commissione antimafia o ecomafia.
Dissi loro che noi avevamo un problema serio.
Nel frattempo avevamo vinto davanti al TAR e al CGA, che parlavano di un cartello
in violazione di legge costituito dalle quattro ATI anche nel 2009.
Il gruppo Falck si fece avanti per un'ipotesi di transazione a costo zero sia per loro che per noi. Le sentenze sia del TAR che del giudice amministrativo purtroppo non fanno fede nel procedimento civile, il procedimento penale ancora era nella fase delle preliminari investigazioni, c'era il rischio di subìre davanti al giudice civile di Milano una condanna alla regione siciliana per 600 o 700 milioni di euro.
Il gruppo Falck si fece avanti per un'ipotesi di transazione a costo zero sia per loro che per noi. Le sentenze sia del TAR che del giudice amministrativo purtroppo non fanno fede nel procedimento civile, il procedimento penale ancora era nella fase delle preliminari investigazioni, c'era il rischio di subìre davanti al giudice civile di Milano una condanna alla regione siciliana per 600 o 700 milioni di euro.
Ritenni quindi opportuno, oltre che
trasmettere ai colleghi della procura di Palermo gli atti che non avevano sia
del TAR che del CGA, che acclaravano questa situazione di palese illiceità (usa
il termine «illegittimità», ma solo formalmente perché di fronte a vera e propria
illiceità, descritta in maniera piena dai due giudici amministrativi), dissi
che, siccome sulla turbativa nel 2009 non c’è alcun dubbio, ma sussiste il
rischio di prescrizione, avrei attivato l'azione riconvenzionale per 800 milioni di euro, interrompendo anche i
termini nei confronti delle quattro ATI. Sarebbe stata un'azione straordinaria
a tutela delle ragioni della Sicilia.
Poi ho lasciato e non so quale
sia lo stato dell'arte. Con Crocetta ci furono diverse discussioni, perché lui
sostenne pubblicamente una cosa destituita di fondamento, cioè che avevo
attivato una procedura di transazione. Assolutamente no, e ci sono tutti gli
atti di Giunta: avevo interrotto i termini e chiesto una delibera di Giunta per
esercitare l'azione riconvenzionale. Tutto questo è documentale e non aggiungo
altro. Alcune esternazioni del presidente purtroppo sono state sempre su questa
linea e non capisco perché. Mi fermo sulla vicenda termovalorizzatori.
Posso mettervi a disposizione gli atti. Vi è anche una sintesi con riferimento a una delibera di costituzione in giudizio, dove si possono individuare elementi seri di responsabilità, ma che credo sia inutile leggere.
Posso mettervi a disposizione gli atti. Vi è anche una sintesi con riferimento a una delibera di costituzione in giudizio, dove si possono individuare elementi seri di responsabilità, ma che credo sia inutile leggere.
PRESIDENTE. Ci ha dato
il riferimento, poi lo troveremo noi. I documenti che eventualmente ci può
lasciare...
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana. No, vi lascio tutto. Ho anche una
cartella che ho tirato fuori dal mio computer prima di andare via, che vi posso
fornire.
Deposito l'atto trasmesso il 13 settembre
2013 alla procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo
all'attenzione del procuratore Messineo e del procuratore aggiunto Agueci che
coordinava le investigazioni in quel settore. Troverete riportate anche la
sintesi e le valutazioni del giudice amministrativo, non c'era ancora la
sentenza del CGA, che vi farò avere (o lo dirò a Marco Lupo) in modo che
abbiate il quadro completo.
Vorrei leggere un brevissimo
passaggio a pag. 22 della nota. È il giudice amministrativo che scrive: «quello
che si ipotizza e su cui sono in corso le indagini è che le violazioni di
natura amministrativa riscontrate nella procedura per la stipula delle convenzioni
non siano state semplicemente il frutto di un errore di valutazione degli
organi amministrativi, ma siano invece uno dei segnali più evidenti di una gara
veramente apparente, in cui tutto era già deciso a tavolino». Questo è uno dei
passaggi che anche il CGA farà proprio. Posso lasciare questa nota.
Da un'altra nota che ho trasmesso alla procura di Palermo si evince che la gara del 2009 fu preceduta da un accordo, dal mio punto di vista di magistrato illecito, fra i vertici dell'ARRA e le ATI proprio sul problema del risarcimento danni, cioè i presupposti per determinare che la gara andasse deserta.
Da un'altra nota che ho trasmesso alla procura di Palermo si evince che la gara del 2009 fu preceduta da un accordo, dal mio punto di vista di magistrato illecito, fra i vertici dell'ARRA e le ATI proprio sul problema del risarcimento danni, cioè i presupposti per determinare che la gara andasse deserta.
A febbraio si palesò purtroppo la grave
situazione di Bellolampo. Vi era stata una gestione emergenziale di tre anni
prima, in cui non si era mai fatto nulla, anzi era addirittura servita per
pagare circa 100 milioni di euro destinati agli ATO e quindi ai debiti che gli
ATO avevano con i gestori delle discariche private.
Mi chiamò il procuratore Messineo, che era
stato anche mio procuratore a Caltanissetta, e mi disse che la situazione di
Bellolampo era gravissima, vi era un importante sversamento di percolato, la
quinta vasca all'epoca esistente si sarebbe esaurita ad aprile o maggio e non
potevano più tergiversare sul sequestro preventivo che avevano in animo di
fare, anche perché la situazione era obiettivamente difficile.
Quando Bellolampo era stata chiusa
nell'estate del 2012 per un incendio, i costi di gestione per trasferire
rifiuti al di fuori della Sicilia erano stati immani, quindi a volte dovevi
scegliere tra la cosa meno illecita da portare avanti e il danno minore.
Il dottor Messineo mi disse che avrebbe fatto
il sequestro preventivo e mi avrebbe affidato la gestione della discarica con
facoltà di subdelega, anche perché ero un organo politico e no n avevo poteri
amministrativi, e nominai il dottor Lupo.
Fu una corsa contro il tempo. Uno
degli aspetti più positivi che riuscimmo a instaurare era questa grande
sintonia con tutte le altre istituzioni in settori dove se non ci si dà una
mano non ne vieni mai fuori, quindi la procura della Repubblica di Palermo, la
Corte dei conti e così via. Riuscimmo a fare l'impossibile, perché prima che si
esaurisse la quinta vasca riuscimmo a fare il primo lotto della sesta vasca
entro giugno e a bandire la gara per la biostabilizzazione, e anche per il
secondo step della differenziata, anche se la situazione
di Palermo sotto questo profilo è drammatica.
Impedimmo che Palermo rivivesse i giorni tristi della Campania, anche se il problema della sesta vasca era particolare, perché dove doveva sorgere, essendo un po’ in pendenza, solo una gestione perfetta potrebbe in futuro impedire (sotto di noi non avvenne) un possibile sversamento di percolato. Credo che qualche problema oggi ci sia.
Impedimmo che Palermo rivivesse i giorni tristi della Campania, anche se il problema della sesta vasca era particolare, perché dove doveva sorgere, essendo un po’ in pendenza, solo una gestione perfetta potrebbe in futuro impedire (sotto di noi non avvenne) un possibile sversamento di percolato. Credo che qualche problema oggi ci sia.
PRESIDENTE. L'avevamo
visto la scorsa volta. È una vasca su un pendio.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana. Chiaramente la gestione emergenziale
pregressa nulla aveva fatto per Bellolampo e tutto parte sotto la gestione del
dottor Lupo e mia.
Riuscimmo quindi a mettere delle
pezze e ad avviare il percorso più corretto che doveva essere seguito anche per
la gestione della discarica, tutto chiaramente al costo sopportato dalla
regione siciliana.
Il problema serio era Amia,
perché poi verrà dichiarata fallita e sapete che c’è un procedimento penale che
riguarda anche gli amministratori, ma non ho notizie più precise. Certamente il
comune di Palermo costituisce una nuova società, che doveva, dovrebbe o dovrà
gestire questa discarica di Bellolampo, ma, come ho detto più volte e ha detto
anche il dottor Lupo al sindaco Orlando, purtroppo l'impostazione è quella
stessa di Amia, quindi il fallimento è dietro l'angolo sotto questo profilo.
Peraltro, nei finanziamenti di Amia non era ricompresa la gestione dalla discarica. Se voi andate a vedere la costituzione di Amia e gli obiettivi contrattuali che doveva raggiungere, non è detto nulla su quello che la società doveva disporre per investire sulla discarica, gestire, progredire. Conoscete la composizione di Amia: i raccoglitori sono sempre di meno, tutti sono diventati dirigenti, grosse infiltrazioni anche nel tessuto del personale, come è emerso anche dall'attività dell'autorità giudiziaria di Palermo.
Peraltro, nei finanziamenti di Amia non era ricompresa la gestione dalla discarica. Se voi andate a vedere la costituzione di Amia e gli obiettivi contrattuali che doveva raggiungere, non è detto nulla su quello che la società doveva disporre per investire sulla discarica, gestire, progredire. Conoscete la composizione di Amia: i raccoglitori sono sempre di meno, tutti sono diventati dirigenti, grosse infiltrazioni anche nel tessuto del personale, come è emerso anche dall'attività dell'autorità giudiziaria di Palermo.
Fu il dottor Teresi che si occupò della
gestione del sequestro preventivo. Con lui interloquii direttamente e gli
rappresentai che nello stesso periodo avevamo chiesto all'allora Governo Monti
di dichiarare l'emergenza sull'intero ciclo dei rifiuti per quanto riguarda
Bellolampo. Stentammo, ma alla fine riuscimmo.
PRESIDENTE. Quindi su
tutta Palermo.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana.
Su tutta Palermo. Per Palermo sull'intero ciclo dei rifiuti, sul resto del
territorio siciliano limitatamente all'impiantistica. Vi dico subito, perché
questo fu poi oggetto di molte discussioni con persone di Confindustria, che
tutti sapevano e lo sapeva anche l'assessore al
ramo, perché nel Governo Crocetta vi è sempre stato sia nel Governo Lombardo e
tuttora vi è la signora Vanchieri un assessore che è in quota a Confindustria,
che noi avremmo utilizzato...
PRESIDENTE. Il fatto
di Confindustria è strano.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana.
Ma è così.
PRESIDENTE. Diciamo
che «fa parte di», però non può essere in quota a Confindustria.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana.
Solo se facciamo gli struzzi.
PRESIDENTE. Ho capito,
il significato è molto chiaro.
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana.
Su tutta Palermo. Lo dico io. Mi risulta personalmente che è in quota a
Confindustria. Sapeva quindi perfettamente che avremmo utilizzato l'emergenza
rifiuti per potenziare soltanto il settore pubblico, perché mai nella storia
della regione siciliana, che è fatta di tante emergenze, furono utilizzati i
fondi per favorire il settore pubblico. A Bellolampo raggiungiamo quindi quel
risultato.
Cosa si voleva fare per quanto riguarda il resto del settore della regione siciliana in materia di rifiuti ? Si voleva innanzitutto iniziare a bilanciare il monopolio dei privati nella gestione delle discariche, perché era una situazione surreale: il gestore privato, dimentico di esercitare un servizio di interesse pubblico (intervenni poi con una circolare in materia), chiudeva la discarica al comune che non corrispondeva il prezzo alle condizioni talvolta dovute a richieste unilaterali di modifica contrattuale da parte del gestore.
Cosa si voleva fare per quanto riguarda il resto del settore della regione siciliana in materia di rifiuti ? Si voleva innanzitutto iniziare a bilanciare il monopolio dei privati nella gestione delle discariche, perché era una situazione surreale: il gestore privato, dimentico di esercitare un servizio di interesse pubblico (intervenni poi con una circolare in materia), chiudeva la discarica al comune che non corrispondeva il prezzo alle condizioni talvolta dovute a richieste unilaterali di modifica contrattuale da parte del gestore.
Avveniva il surreale che Monreale
andava ad abbancare a Catania, quindi gli autocompattatori viaggiavano, con
buona pace della tutela ambientale, per tutto il territorio siciliano proprio
per questa ragione. Qualche
sindaco nel messinese (non me ne vorranno se ci sono deputati del messinese) un
po’ ci ha marciato a non pagare i prezzi di conferimento, però in gran parte il
problema era serio e, come sapete, ha determinato l'indebitamento degli ATO e
di tutti i comuni.
Viene dichiarata l'emergenza, il 20 dicembre del 2013 riusciamo a pubblicare tre bandi per tre discariche. Sapevamo già la situazione di Mazzarrà Sant'Andrea, perché avevamo un monitoraggio e prescindendo dai lavori della Commissione sapevamo cosa sarebbe accaduto, quindi uno a Messina, Enna abbancava a Catania, quindi Enna, dovevamo creare una concorrenza su Siculiana e quindi ripotenziare Gela, non perché fosse la terra di provenienza del presidente della regione, ma perché logisticamente si imponeva di intervenire lì.
Viene dichiarata l'emergenza, il 20 dicembre del 2013 riusciamo a pubblicare tre bandi per tre discariche. Sapevamo già la situazione di Mazzarrà Sant'Andrea, perché avevamo un monitoraggio e prescindendo dai lavori della Commissione sapevamo cosa sarebbe accaduto, quindi uno a Messina, Enna abbancava a Catania, quindi Enna, dovevamo creare una concorrenza su Siculiana e quindi ripotenziare Gela, non perché fosse la terra di provenienza del presidente della regione, ma perché logisticamente si imponeva di intervenire lì.
PRESIDENTE. Scusi:
Messina, Enna, e...
NICOLÒ MARINO, ex
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana.
E Gela. Attenzione, facendo piattaforme pubbliche, quindi non solo la vecchia
discarica, ma un impianto dotato di quello che dal 2003 era un obbligo di
legge, dimenticato in gran parte del territorio nazionale e sicuramente in
Sicilia, cioè la biostabilizzazione.
Se avessimo autorizzato anche una vecchia
discarica, anche i privati, con tutte le violazioni ma con l'impianto di
biostabilizzazione funzionante, certamente oggi non ci sarebbe il problema di
esaurimento delle discariche.
In sede di conversione veniamo convocati con
il dottor Lupo dalla Commissione ambiente congiunta del Senato e della Camera
presieduta dal senatore Marinello prima dell'estate del 2013, comunque poco
prima della scadenza dei sei mesi.
PRESIDENTE. Era già
l'ultimo Governo.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. C'era Letta.
PRESIDENTE. Il
senatore Giuseppe Marinello è presidente della Commissione ambiente al Senato
in questa in questa legislatura, quindi di che anno si trattava ?
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Nel 2013.
All'improvviso veniamo convocati, l'utilizzo dell'emergenza era stato finora
fallimentare, quindi ci fu chiesto se intendessimo continuare come prima, e con
il dottor Lupo rispondemmo a tutto.
Dopo l'audizione apprendemmo che vi era stata una nota a firma congiunta di Legambiente e del vicepresidente di Confindustria Catanzaro, gestore della discarica privata, mai trasmessa all'assessorato. Devo dire che correttezza istituzionale avrebbe voluto che in sede di audizione venissimo informati, perché già disponevano di questa nota, ma nessuno ha ritenuto di informarci. Sostanzialmente cosa si dice in questa nota di Catanzaro ? Nulla quaestio per Palermo, perché posso valutare positivamente l'intervento di Legambiente, perché ogni violazione...
Dopo l'audizione apprendemmo che vi era stata una nota a firma congiunta di Legambiente e del vicepresidente di Confindustria Catanzaro, gestore della discarica privata, mai trasmessa all'assessorato. Devo dire che correttezza istituzionale avrebbe voluto che in sede di audizione venissimo informati, perché già disponevano di questa nota, ma nessuno ha ritenuto di informarci. Sostanzialmente cosa si dice in questa nota di Catanzaro ? Nulla quaestio per Palermo, perché posso valutare positivamente l'intervento di Legambiente, perché ogni violazione...
PRESIDENTE. Scusi, nota a firma Confindustria-Legambiente ? Era firmata da Catanzaro come responsabile...
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Si chiama Fontana il
Presidente di Legambiente...
PRESIDENTE.
Legambiente Regione Sicilia, non Legambiente nazionale, quindi Confindustria
Sicilia e Legambiente Sicilia ?
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Sì, perfetto. In
questa nota si dice che l'emergenza finora è servita, come emerge dalla
relazione della Commissione parlamentare antimafia sempre sulla Sicilia, per le
infiltrazioni mafiose, quindi sostanzialmente si metteva in dubbio anche
l'operato di un Governo che avrebbe fatto dell'emergenza l'utilizzo che aveva
anticipato. Copia una parte di quella relazione, non dice niente sull'emergenza
per Palermo, mentre si oppone alla declaratoria dell'emergenza sul resto del
territorio siciliano limitatamente all'impiantistica.
Ogni violazione della normativa ambientale
certamente desta sospetti in Legambiente e quindi ritenni corretta quella
impostazione, anche se mi sarei aspettato da Legambiente la stessa cosa per
Palermo, che aveva vissuto esattamente la stessa situazione. Guarda caso, tutto
si concentrò invece sull'impiantistica e mi stupii che un uomo di
Confindustria, che magari avrebbe dovuto spingere per le nuove tecnologia, per
i lavori di impresa, si opponesse sotto quel profilo.
Venne comunque concessa, così come era stata disposta dal Governo Monti, l'emergenza in Sicilia che utilizzammo per quanto riguarda l'impiantistica, escludendo Palermo, per fare quei tre impianti. Per Gela succede una cosa particolare.
Venne comunque concessa, così come era stata disposta dal Governo Monti, l'emergenza in Sicilia che utilizzammo per quanto riguarda l'impiantistica, escludendo Palermo, per fare quei tre impianti. Per Gela succede una cosa particolare.
PRESIDENTE. Scusi,
solo per capire: l'emergenza impiantistica assegnando un commissario ?
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Sì, il presidente
Crocetta con subdelega al dottor Lupo.
PRESIDENTE. Viene dato quindi il commissariamento al
presidente della Regione, che a sua volta lo subdelega al commissario
straordinario Lupo.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Sì, il direttore
generale del Dipartimento acqua e rifiuti. Mentre per Enna e per Messina
avevamo già la VIA, non c'era la VIA per Gela. Il dottor Lupo aveva convocato
la conferenza di servizi per il 20 dicembre 2013. Riceviamo il 19 dicembre una
lettera del dottor Gullo, il
direttore generale del Dipartimento territorio ambiente, il quale sostiene che
nessuna VIA si poteva rilasciare, atteso che il piano rifiuti era privo di
Valutazione ambientale strategica (VAS).
Preciso che il piano rifiuti che
era stato approvato dal ministro nel 2012 con la procedura emergenziale e la
VAS in effetti non c'era. Aggiungo che comunque tutta la procedura di VAS era
stata attivata immediatamente dal dottor Lupo già dal febbraio-marzo 2013.
Ci stupimmo, anche perché il dottor Gullo qualche giorno prima aveva rilasciato la VIA per altri impianti privati, quindi non si comprendeva come mai sorgesse il problema, in quanto sembrava che tutti i problemi si addensassero nel momento in cui si volevano fare strutture pubbliche.
Con il dottor Lupo chiamammo il presidente Crocetta e vi fu una riunione con l'assessore Lo Bello, il dottor Gullo, il dottor Marco Lupo e chi vi parla. Il dottor Lupo contestò quello che era avvenuto, stupendosi anche perché a sorpresa era arrivata quella nota. Con grande candore il dottor Gullo disse che gli avevano predisposto questa lettera (stiamo parlando del direttore generale, la massima autorità ambientale regionale amministrativa) che aveva firmato senza leggerla.
Quella fu una delle tante occasioni in cui chiesi a Crocetta di rimuovere Gullo. È stato rimosso da poco, ma purtroppo non è stato ancora sostituito, perché il dottor Lupo, a cui era stato chiesto di rientrare in regione perché è un dirigente esterno, ha ritenuto di mantenere l'incarico di presidente di ARPA Lazio.
Ci stupimmo, anche perché il dottor Gullo qualche giorno prima aveva rilasciato la VIA per altri impianti privati, quindi non si comprendeva come mai sorgesse il problema, in quanto sembrava che tutti i problemi si addensassero nel momento in cui si volevano fare strutture pubbliche.
Con il dottor Lupo chiamammo il presidente Crocetta e vi fu una riunione con l'assessore Lo Bello, il dottor Gullo, il dottor Marco Lupo e chi vi parla. Il dottor Lupo contestò quello che era avvenuto, stupendosi anche perché a sorpresa era arrivata quella nota. Con grande candore il dottor Gullo disse che gli avevano predisposto questa lettera (stiamo parlando del direttore generale, la massima autorità ambientale regionale amministrativa) che aveva firmato senza leggerla.
Quella fu una delle tante occasioni in cui chiesi a Crocetta di rimuovere Gullo. È stato rimosso da poco, ma purtroppo non è stato ancora sostituito, perché il dottor Lupo, a cui era stato chiesto di rientrare in regione perché è un dirigente esterno, ha ritenuto di mantenere l'incarico di presidente di ARPA Lazio.
Quella situazione venne superata, però capii
che vi erano degli ostacoli che andavano palesemente al di là delle scelte
strategiche che potevamo fare noi o aveva in animo di fare il presidente
Crocetta.
PRESIDENTE. Ma queste
tre discariche pubbliche erano dentro il piano dei rifiuti ?
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Certamente. Il 31
dicembre scadeva l'emergenza che non venne prorogata, con il Governo Letta
riuscimmo ad avere un emendamento che venne approvato non ricordo se dalla
Camera o dal Senato, ma il Governo Letta cadde. Avremmo utilizzato il resto
dell'emergenza per fare impianti di compostaggio, dotando ciascun ambito di una
struttura autonoma.
Comunque torniamo indietro.
Venimmo tempestati di interrogazioni parlamentari, venne utilizzata questa
lettera riservata del dottor Gullo e fra l'altro le interrogazioni parlamentari
di Arrigoni...
PRESIDENTE. Sì, è
membro della nostra Commissione.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Con tutto il rispetto
perché ciascuno fa il proprio lavoro di parlamentare come ritiene, però ci
stupì che un atto riservato fosse prontamente messo a disposizione di un
parlamentare del nord che evidentemente era interessato alla Sicilia. Credo di
avere l'interrogazione...
PRESIDENTE. Vada
avanti, l'interrogazione la ripeschiamo.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. La troverò dopo. Andiamo avanti.
Come stavamo procedendo ? Da un
lato i termovalorizzatori, dall'altro l'emergenza per bilanciare il monopolio
dei privati attraverso impianti pubblici. Avevamo fatto alcune modifiche alla legge n. 3, quella
sui rifiuti del gennaio 2013, e avevamo previsto che per quanto riguarda i
servizi di raccolta, spazzamento e trasporto la competenza passasse ai comuni.
Questo era uno degli obiettivi del Governo Crocetta e chiaramente ci regolammo
sotto quel profilo.
Gli ATO sarebbero scaduti secondo l'ultima proroga a settembre 2013. Crocetta aveva in animo di fare liberi consorzi (sicuramente ne avrete letto sui giornali) e fra le competenze dei liberi consorzi vi era anche quella che riguardava la gestione degli ambiti ottimali sia per i rifiuti che per il servizio idrico integrato.
Gli ATO sarebbero scaduti secondo l'ultima proroga a settembre 2013. Crocetta aveva in animo di fare liberi consorzi (sicuramente ne avrete letto sui giornali) e fra le competenze dei liberi consorzi vi era anche quella che riguardava la gestione degli ambiti ottimali sia per i rifiuti che per il servizio idrico integrato.
Mi chiese quindi un'ulteriore proroga, ma
rifiutai, anche perché avevo capito che, così come era impostata, quella legge sul
riordino delle province e dei liberi consorzi non avrebbe potuto vedere la
luce, perché gli errori erano palesi, quindi non volevo ulteriormente sovraccaricare di debiti gli ATO e quindi i
comuni e quindi la regione siciliana.
Qui dobbiamo chiarire un
passaggio: la legge che regolamentava il passaggio dagli ATO ai nuovi ambiti che
erano le società di regolamentazione è la legge n. 9 del 2010 della Regione siciliana,
una legge purtroppo nata morta, perché
nasce quando neanche il piano rifiuti della Regione siciliana era stato
approvato (è datato 2012).
Tutta la tempistica che avrebbe
dovuto determinare il passaggio di quel tipo di personale dagli ATO alle SRR
(Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti) e i tempi di
realizzazione erano già saltati di sana pianta. Quella legge prevedeva di fare
i piani d'ambito, poi i singoli piani per ciascuna SRR. Noi cercammo di
invertire l'ordine perché era una violazione temporale, ma la legge era già
superata, quindi ci veniva più semplice approvare dei piani d'ambito dei comuni che in forma singola
o associata avessero deciso di presentarne qualcuno,
piuttosto che fare prima il piano d'ambito di una SRR che non poteva ancora
funzionare perché poi doveva essere acclarata con il passaggio del personale,
degli organi amministrativi.
Tenete conto che su 390 comuni per costituire la SRR ne abbiamo commissariati 250 o 270, quindi partivamo con grande ritardo. Compresi che non avremmo avuto la SRR e che sarebbe stato opportuno dare i piani d'ambito e poi la sommatoria dei piani d'ambito di ciascun comune presentato in forma singola o da più comuni in forma associata avrebbe potuto comporre il quadro. Capisco che la procedura anche lì è azzardata, ma ci muovevamo in un mondo surreale e ogni giorno bisognava inventarsi qualcosa da fare.
Tenete conto che su 390 comuni per costituire la SRR ne abbiamo commissariati 250 o 270, quindi partivamo con grande ritardo. Compresi che non avremmo avuto la SRR e che sarebbe stato opportuno dare i piani d'ambito e poi la sommatoria dei piani d'ambito di ciascun comune presentato in forma singola o da più comuni in forma associata avrebbe potuto comporre il quadro. Capisco che la procedura anche lì è azzardata, ma ci muovevamo in un mondo surreale e ogni giorno bisognava inventarsi qualcosa da fare.
Pongo quindi fino agli ATO e determino un passaggio nominando dei
commissari a costo zero (quasi tutti intranei alla pubblica
amministrazione, al massimo personale di prefettura o delle ASL che ci poteva
dare una mano perché poi in certi territori nessuno accettava l'incarico, a
Trapani abbiamo avuto grosse difficoltà), si ha uno scontro durissimo con molti sindaci che avevano creato la
surreale posizione degli ATO gonfiati con tanto personale (c’è stata una
promozione di cui ho trasmesso gli atti a diverse procure, per cui molti
raccoglitori sono diventati dirigenti nei 2-3 giorni prima del 30 settembre
2013), c’è una grande resistenza politica perché chi aveva riempito gli ATO
doveva rispondere del venir meno di parecchi posti lavoro.
Con il dottor Lupo decidemmo di fare un
accordo quadro con i sindacati, dicendo che secondo la legge n. 9 del 2010 avrebbe potuto transitare soltanto
il personale con determinate caratteristiche e tutto il resto sarebbe stato
inserito in un bacino dal quale attingere, perché poi magari i sindaci
avrebbero provato ad assumere personale diverso da quello che aveva già
lavorato. Questo accordo quadro avrebbe salvaguardato quello che rimaneva di
questi lavoratori, che fra l'altro erano un numero consistente.
Non potevamo costruire soltanto
impianti pubblici, puntavamo
sul riciclo, per cui costituii una commissione presso il mio assessorato
composta gratuitamente dal professor Angelini dell'Università di Palermo, dal
professor Guarnaccia dell'Università di Catania, dall'Architetto Greco della
VIA-VAS nazionale, dirigente della regione siciliana, e dal capo della
segreteria tecnica del mio assessorato,
l'ingegnere Pace. Dovevamo
puntare sul riciclo e supportare ulteriormente i vari passaggi per arrivare
alle SRR, perché Marco Lupo aveva poco personale valido e aveva bisogno del
massimo supporto.
Nella fase costruttiva puntiamo
quindi sul riciclo. Nel frattempo dovevo formalizzare lo stato dell'arte per le
quattro discariche private, quindi costituisco una commissione composta dal mio
vice capo gabinetto, il dottor Buceti, un vicequestore che era alla DIA a
Caltanissetta con cui avevo collaborato quando ero magistrato, dall'ingegnere
Pace e si avvale della presenza di una straordinaria dirigente dell'ARPA Palermo,
la dottoressa Di Franco, che sotto il profilo tecnico ha dato un apporto non
indifferente ai lavori della commissione.
Il Nucleo operativo ecologico (NOE) dei
Carabinieri di Palermo mi aveva già contattato mesi prima e il 29 ottobre
formalizza una richiesta di supporto tecnico, ci chiede una sorta di consulenza
tecnica nelle fasi di preliminari investigazioni (chiaramente erano delegati
dalla procura di Palermo) per quanto riguarda la discarica di Siculiana.
Stavamo parlando della vicenda della nota
alla Commissione ambiente del vicepresidente di Confindustria. Per quanto
riguarda Catanzaro, anni prima, quando io ero in procura a Caltanissetta un
collega si occupò di un'altra vicenda, perché il gruppo Catanzaro aveva chiesto
di costruire ad Astro, un
comune in provincia di Enna, una piattaforma privata. All'epoca era Ministro la
Prestigiacomo, il dottor Lupo era direttore generale, ci fu una levata di scudi
della popolazione perché era una zona agricola coltivata.
Ci fu un sopralluogo del ministro, del
colonnello Di Caprio, vice comandante del NOE, e del dottor Lupo per capire
cosa stesse accadendo. Questo sopralluogo fu fatto di venerdì o di sabato, il
lunedì successivo (sto parlando di 4-5 anni fa) chiesero gli atti e poi Catanzaro ritirò ogni richiesta. Ci fu
però una vicenda giudiziaria che io non conosco bene, ma mi ricordavo di
Catanzaro anche sotto questo profilo e lo abbinavo
al discorso che il NOE lo attenzionava da tempo anche per questa vicenda che aveva
visto la presenza di Di Caprio.
Cosa era accaduto per la
creazione di questa benedetta discarica ? Lo
troverete anche nella relazione della commissione che vi posso mettere a
disposizione, ma sicuramente il dottor Lupo ve ne potrà dare ulteriori copie.
Erano sorti dei problemi fra l'allora sindaco del comune di Siculiana e il
gruppo Catanzaro, perché
questa discarica su terreni di proprietà del comune (alcuni in corso di
espropriazione) la voleva fare il comune di Siculiana.
Lì nacque una delle tante surreali vicende antimafia siciliane, perché
il sindaco venne arrestato insieme al capo dell'ufficio tecnico e del
comandante dei vigili urbani perché accusato da Catanzaro di voler costruire e
gestire questa discarica per favorire dei mafiosi. Il sindaco verrà poi
assolto, quindi l'antimafia nasce con questo passaggio drammatico e surreale.
Ebbi poi modo di incontrare il sindaco, che credo sia tutt'oggi molto colpito
da quella vicenda giudiziaria.
Vengono assolti e il NOE ci chiede di svolgere degli accertamenti anche sulle particelle perché il giudice è molto duro in questi passaggi. Vi consegno la nota del NOE.
Vengono assolti e il NOE ci chiede di svolgere degli accertamenti anche sulle particelle perché il giudice è molto duro in questi passaggi. Vi consegno la nota del NOE.
PRESIDENTE. Il NOE
chiede di fare accertamenti alla procura...
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Questa parte dovremmo
segretarla.
PRESIDENTE. Dispongo
la disattivazione dell'impianto audio video.
(La Commissione prosegue in seduta segreta indi riprende in seduta
pubblica).
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. La Commissione quindi
parte sia dalla vicenda della nota che vi ho citato, sia da questa richiesta
urgente del NOE per
fare una disamina completa di tutte le autorizzazioni di cui aveva beneficiato
la Catanzaro costruzioni.
Ironia della sorte, chi voleva
criticare il Governo della Regione siciliana e chiedeva l'emergenza grazie solo
all'emergenza aveva avuto la possibilità di costruire e gestire questa
discarica: tutta la storia della discarica di Siculiana passa per l'emergenza,
anche con alcuni atti prefettizi in cui probabilmente ci sono degli errori. Non
voglio però dilungarmi sul contenuto tecnico, che potrete valutare
autonomamente.
Poniamoci sul problema
autorizzativo a monte con cui appunto avevo iniziato il mio intervento. Qui ci sono dei casi di scuola di palesi violazioni
della normativa, gravissime violazioni di leggi poste in essere dal territorio
e ambiente a favore della Catanzaro costruzioni. Farò due
passaggi di cui forse uno bisogna segretare.
In una delle tante autorizzazioni per
ampiamento sia VIA che AIA 2006, 2007 e 2008 trovate che a un certo punto
l'assessorato al territorio e ambiente correttamente impone per l'ampliamento
della vasca V3 gli impone di fare l'impianto di biostabilizzazione, che non
verrà mai fatto. A distanza di un anno Catanzaro chiede un altro ampliamento, e
lo chiede dove doveva sorgere l'impianto di biostabilizzazione, la Regione
siciliana se lo dimentica e gli dà l'ulteriore ampliamento.
Arriviamo al 2009. Se il Governo Lombardo fu
lungimirante sulla vicenda dei termovalorizzatori, perché la Sicilia sarebbe
diventata per la potenzialità di quei termovalorizzatori, così come erano stati impostati, la
discarica di Europa, fu responsabile in maniera preponderante di queste
violazioni amministrative.
Nel 2009 si hanno i più grossi ampliamenti, che noi paghiamo oggi,
delle discariche, con particolar riferimento a Siculiana e Oikos, 2,7 milioni
di metri cubi per Oikos, 3 milioni di metri cubi per Catanzaro costruzioni. Gli
istruttori della pratica correttamente si chiedono perché dare questa
volumetria così ampia in quel territorio, perché Trapani debba avvalersi di
questo, perché a Siculiana e non a Enna o in qualsiasi altro posto della
regione siciliana, in quanto non era motivato, perché questa volumetria
spaventosa, perché non ci fosse nulla sull'impianto di biostabilizzazione, che
nel 2003 era un obbligo di legge.
Purtroppo la storia italiana è fatta anche di
deroghe, e di anno in anno si andò avanti con deroghe all'applicabilità della
normativa europea sulla biostabilizzazione. Nel 2008 la Comunità europea si
arrabbia e dice basta all'Italia, quindi il dottor Lupo come direttore del
Ministero dell'ambiente emana una circolare in cui impone che non possa essere
rilasciata alcuna autorizzazione senza l'impianto di biostabilizzazione, a meno
che non si tratti soltanto di discariche in corso di gestione.
Come interpreta la regione siciliana questa
cosa ? Che quello è un ampliamento. Fra l'altro, questa vasca V4 è
anche fisicamente distinta dalle altre vasche, da cui è divisa da una strada
pubblica, e 3 milioni di metri cubi non possono mai essere un ampliamento di
discarica, come neanche i 2,7 milioni di Oikos. Nonostante quanto rilevato,
inoltre, ritiene di non imporre l'impianto di biostabilizzazione. Vi consegno
la relazione.
Avvengono due cose, ma forse è
meglio segretare questa parte.
PRESIDENTE. Dispongo
la disattivazione dell'impianto audio video.
(La Commissione prosegue in seduta segreta indi riprende in seduta
pubblica).
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Quello che era emerso e che ci aveva imposto il
trasferimento dell'AIA dall'assessorato territorio e ambiente al mio
assessorato era assolutamente corretto, e collegandomi con la vicenda di Astro
è chiaro che loro sapevano che, se non fosse intervenuto il Governo nazionale e
il Ministro dell'ambiente, avrebbero avuto l'ennesima autorizzazione, perché
tutte le procedure autorizzative, come vedrete anche per le relazioni di Oikos
e di Mazzarà, sono assolutamente surreali, dal mio punto di vista non solo
responsabilità amministrative, ma anche responsabilità penali, ma questo non
competeva a me valutarlo né allora, né oggi, è una mia valutazione extra
ordinem.
Passiamo a Oikos. Almeno Catanzaro gestiva la discarica in maniera
corretta nel rispetto della normativa ambientale, invece Oikos era un disastro,
tanto che trasmisi gli atti, perché se ne occupava la procura di Palermo perché
le autorizzazioni erano state rilasciate a Palermo, quindi la competenza
territoriale era di quella procura, ma per eventuali reati ambientali la
competenza è di Catania e infatti sia per Mazzarrà che per Oikos furono
trasmessi alla rispettiva autorità giudiziaria anche agli atti della relazione.
Credo ci siano dei procedimenti, però non posso aggiungere altro.
Per
quanto riguarda Oikos furono revocate tutte le autorizzazioni precedenti, c’è
un problema di post
mortem, una situazione gravissima anche sotto il
profilo della tutela ambientale. La Regione siciliana avrebbe dovuto esercitare
(questo vale anche per le vasche esaurite della Catanzaro costruzioni nella
discariche Siculiana) le azioni di risarcimento danni. Anche se non ci sono
responsabilità penali, non devi valutarle tu, in quanto non sei estraneo a quei
princìpi di terzietà e indipendenza, che appartengono non soltanto alla
magistratura, ma anche all'alta amministrazione, come cercavamo di far capire
ai dirigenti della Regione siciliana e anche ai politici, che pressano troppo
sui dirigenti. Alcuni dirigenti hanno avuto purtroppo la debolezza di cedere
alle richieste della politica e ne hanno anche pagato le spese.
La regione aveva il dovere di intraprendere azioni di risarcimento danni perché, ad esempio, l'impianto di biostabilizzazione è una condizione essenziale del contratto. Nessuno si è accorto nel 2007 che è stato violato il contratto e manca l'impianto di biostabilizzazione ?
La regione aveva il dovere di intraprendere azioni di risarcimento danni perché, ad esempio, l'impianto di biostabilizzazione è una condizione essenziale del contratto. Nessuno si è accorto nel 2007 che è stato violato il contratto e manca l'impianto di biostabilizzazione ?
Ci sarebbe un problema di
autorizzare ampliamenti alle discariche, come sono stati dati nel 2008 e nel
2009 ? No.
Quello che noi viviamo oggi, compreso l'esaurimento delle discariche,
è il frutto di una palese gestione illecita dell'amministrazione pubblica e,
leggendo tutte le relazioni, potrete verificarlo.
I prezzi di conferimento in discarica chiaramente si riversano sulla tariffa, ma nessuno aveva mai accertato e (non ci arriverò neanch'io perché sono costretto ad andar via) nessuno ha mai accertato se l'investimento dell'imprenditore in 100 autisti e 100 autobotti fosse gonfiato.
Nessuno l'ha mai verificato, e tutto questo modificava, unitamente ai prezzi di trasporto, i prezzi di conferimento in discarica. Questo è uno dei lavori della Commissione, non so se i miei successori abbiano spinto per questo accertamento, ma è essenziale compierlo e nessuno l'ha mai fatto.
I prezzi di conferimento in discarica chiaramente si riversano sulla tariffa, ma nessuno aveva mai accertato e (non ci arriverò neanch'io perché sono costretto ad andar via) nessuno ha mai accertato se l'investimento dell'imprenditore in 100 autisti e 100 autobotti fosse gonfiato.
Nessuno l'ha mai verificato, e tutto questo modificava, unitamente ai prezzi di trasporto, i prezzi di conferimento in discarica. Questo è uno dei lavori della Commissione, non so se i miei successori abbiano spinto per questo accertamento, ma è essenziale compierlo e nessuno l'ha mai fatto.
Mi hanno chiesto a volte se potremmo avere in
Sicilia problemi come nella Terra dei fuochi, ma non lo sappiamo perché sono
mancati in Sicilia (e questa è un'altra grande responsabilità) i veri controlli
di Arpa e provincia. Non sono i 3 carabinieri del NOE a Palermo e i 3-4 a
Catania, anche perché il processo penale deve essere residuale, ci deve essere
la capacità della pubblica amministrazione di ripristinare la legalità, non
possiamo delegare sempre al processo penale, alle indagini, perché il processo
penale può anche non raggiungere i suoi effetti per ragioni varie, ma c’è una
responsabilità morale, amministrativa, politica, penale, e sono concetti
assolutamente diversi, come si cercò di dimostrare.
Sono convinto che, se l'ipotesi investigativa
che i colleghi di Palermo seguono è quella di un pagamento di tangenti a monte
e poi per l'intervento della Corte di giustizia e per la gara deserta nel 2009
non fu possibile per i privati che si aggiudicarono e furono i firmatari delle
convenzioni rientrare in un'ipotesi investigativa di quel denaro, anche perché
la Catanzaro costruzioni faceva parte di una delle ATI che si aggiudicò,
l'ampliamento delle discariche è sospetto.
Mi sono chiesto perché Lombardo facesse due cose contrapposte, ma la verità è che quella dei termovalorizzatori dal mio punto di vista fu una guerra politica vera e propria con il senatore Firrarello che spingeva per il discorso dei termovalorizzatori. La guerra sui termovalorizzatori, più che essere una guerra di giustizia (poi magari i fini di giustizia coincidono casualmente con altri fini, come sempre capita), mi è sembrata una guerra politica, perché non si giustifica assolutamente l'ampliamento a dismisura delle discariche del 2009 proprio sotto la gestione Lombardo.
Mi sono chiesto perché Lombardo facesse due cose contrapposte, ma la verità è che quella dei termovalorizzatori dal mio punto di vista fu una guerra politica vera e propria con il senatore Firrarello che spingeva per il discorso dei termovalorizzatori. La guerra sui termovalorizzatori, più che essere una guerra di giustizia (poi magari i fini di giustizia coincidono casualmente con altri fini, come sempre capita), mi è sembrata una guerra politica, perché non si giustifica assolutamente l'ampliamento a dismisura delle discariche del 2009 proprio sotto la gestione Lombardo.
PRESIDENTE. Quella dei
termovalorizzatori, più che una guerra politica, era una guerra di interessi:
ballavano tanti soldi...
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. C'era anche
un'inchiesta a Catania per il problema dei terreni. Era a progetto libero: chi
presentava l'offerta...
PRESIDENTE. Se i
colleghi vogliono prendere visione dell'approfondimento sulla Sicilia, nella
relazione c'era anche scritto dell'unico notaio che aveva fatto tutta
l'operazione, c'era una serie di indizi (più che indizi) che facevano pensare a
una situazione che è ancora oggetto di un'indagine giudiziaria importante.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Presidente, vi do gli
atti che riguardano il sequestro preventivo di Bellolampo con le nomine. Per
ora mi fermerei qui, scusandomi per essere stato prolisso.
PRESIDENTE. Grazie. Do
la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare
osservazioni.
STEFANO VIGNAROLI.
Innanzitutto grazie. Vorrei chiederle un approfondimento per quanto riguarda la
discussa discarica di Siculiana, che è partita pubblica e poi è diventata
privata, per comprendere il passaggio da pubblica a privata. Pag. 32
Vorrei sapere dove siano finiti i 200 milioni dell'ordinanza
della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3887 per quanto riguarda
l'impiantistica pubblica e la raccolta differenziata, come
siano stati gestiti questi soldi e se sia possibile che funzionario come Canova abbia potuto agire da solo,
visto che comunque era un funzionario, e se fossero coinvolti altri dirigenti o
altri soggetti, se ritenga che qualcuno sia stato premiato da alcune scelte
politiche e amministrative.
GIUSEPPE
COMPAGNONE. Una cosa importante sono gli impianti di compostaggio. Il programma
del 2012 approvato dal ministero prevedeva tutta l'impiantistica, perché lei mi
insegna che senza quegli impianti non si può fare altro che ampliare le
discariche.
Il ciclo integrato dei rifiuti, così come previsto dal progetto della regione siciliana, metteva al centro la raccolta differenziata per la quale a monte ci devono essere soprattutto degli impianti di compostaggio, altrimenti viene vanificata e si deve ricorrere alle discariche.
La domanda è molto semplice e traspare dalle sue considerazioni. In Sicilia erano previsti ben 19 impianti di compostaggio, non ne è stato realizzato alcuno e sono sostanzialmente fermi. Lei ritiene che in ogni passaggio di questi impianti ci siano stati dei ritardi determinati da interessi vari, che hanno fatto sì che non partisse mai il piano di gestione dei rifiuti in Sicilia per continuare ad ampliare le discariche ? Il piano regionale fu infatti approvato dal Ministero nel 2012.
Dissento però dal suo ultimo appunto perché sono stato sindaco dell'unico posto in cui c’è un impianto di compostaggio pubblico e so quanti bastoni tra le ruote ci sono stati messi, perché si è fatto di tutto per farlo chiudere, ma alla fine ce l'abbiamo fatta ! Io ho conosciuto la regione siciliana e la capacità dei funzionari di frenare, di alterare, e vorrei ricordare che direttore di ARRA era un certo Crosta che poi denunciò il Presidente Lombardo. Credo che nel tessuto dei funzionari della regione siciliana sia allocato il vero cancro e che la politica non sempre abbia la forza di contrastarlo, anche perché cambia, si muove, e lei ne è un esempio perché alla fine è stato rimosso e non ha completato un percorso.
Il ciclo integrato dei rifiuti, così come previsto dal progetto della regione siciliana, metteva al centro la raccolta differenziata per la quale a monte ci devono essere soprattutto degli impianti di compostaggio, altrimenti viene vanificata e si deve ricorrere alle discariche.
La domanda è molto semplice e traspare dalle sue considerazioni. In Sicilia erano previsti ben 19 impianti di compostaggio, non ne è stato realizzato alcuno e sono sostanzialmente fermi. Lei ritiene che in ogni passaggio di questi impianti ci siano stati dei ritardi determinati da interessi vari, che hanno fatto sì che non partisse mai il piano di gestione dei rifiuti in Sicilia per continuare ad ampliare le discariche ? Il piano regionale fu infatti approvato dal Ministero nel 2012.
Dissento però dal suo ultimo appunto perché sono stato sindaco dell'unico posto in cui c’è un impianto di compostaggio pubblico e so quanti bastoni tra le ruote ci sono stati messi, perché si è fatto di tutto per farlo chiudere, ma alla fine ce l'abbiamo fatta ! Io ho conosciuto la regione siciliana e la capacità dei funzionari di frenare, di alterare, e vorrei ricordare che direttore di ARRA era un certo Crosta che poi denunciò il Presidente Lombardo. Credo che nel tessuto dei funzionari della regione siciliana sia allocato il vero cancro e che la politica non sempre abbia la forza di contrastarlo, anche perché cambia, si muove, e lei ne è un esempio perché alla fine è stato rimosso e non ha completato un percorso.
I politici passano, i funzionari restano e
spesso determinano gli atti, quindi la vedo diversamente sul discorso di
Lombardo, le posso garantire che dietro quella battaglia contro i
termovalorizzatori ci fu una battaglia di principio, perché si riteneva che
quello fosse un grande business, perché
anche dai miei calcoli, su un investimento
di circa 5 miliardi di euro, nell'arco dei 25 anni successivi ci sarebbero state entrate per circa 60
miliardi di euro, il che significa che averlo fermato con tanta determinazione non
fu una sciocchezza, fu una battaglia di principio.
Nei vari ampliamenti di discariche c’è invece la «buona volontà» di tanti funzionari che si prestavano a fare queste cose, alcuni probabilmente anche in buona fede perché immaginavano di ampliare per accogliere l'immondizia, qualcun altro in malafede (credo che qualcuno sia stato inquisito per questo motivo). Mentre quindi è acclarata la malafede di molti funzionari, non lo è quella dei politici. La verità è che spesso si fanno delle valutazioni sbagliate.
Le chiedo quindi se lei ritenga veramente che il sistema individuato nel piano dei rifiuti sia stato fermato appositamente e cosa intendesse attivare se non si fosse fermato, perché mi risulta che l'impiantistica sia sostanzialmente ferma.
Nei vari ampliamenti di discariche c’è invece la «buona volontà» di tanti funzionari che si prestavano a fare queste cose, alcuni probabilmente anche in buona fede perché immaginavano di ampliare per accogliere l'immondizia, qualcun altro in malafede (credo che qualcuno sia stato inquisito per questo motivo). Mentre quindi è acclarata la malafede di molti funzionari, non lo è quella dei politici. La verità è che spesso si fanno delle valutazioni sbagliate.
Le chiedo quindi se lei ritenga veramente che il sistema individuato nel piano dei rifiuti sia stato fermato appositamente e cosa intendesse attivare se non si fosse fermato, perché mi risulta che l'impiantistica sia sostanzialmente ferma.
PRESIDENTE.
Giustamente lei ha segnalato questa carenza di controlli, che può essere dovuta
a tanti motivi come l'insufficienza
del personale, perché probabilmente
l'Arpa è una struttura molto piccola rispetto a quelle che sono le esigenze e
le problematiche in Sicilia.
Visto che l'Arpa oggi con la regolamentazione vigente è fortemente incardinata dentro le politiche della regione, a chi risponde l'Arpa nella Regione Sicilia o almeno a chi rispondeva durante il suo mandato ? L'Arpa di fatto è un'agenzia regionale e il direttore viene nominato dalla regione. Noi stiamo facendo una battaglia per cercare di dividere la struttura tecnica da quella amministrativa regionale, però a legislazione vigente gli input vengono dati dalla regione.
I prezzi del conferimento venivano definiti sostanzialmente dal gestore. Non c’è una regolamentazione a livello regionale che tende a definire, almeno per quanto riguarda i rifiuti urbani, il costo del conferimento ? Questo è quello che dovrebbe succedere.
Visto che l'Arpa oggi con la regolamentazione vigente è fortemente incardinata dentro le politiche della regione, a chi risponde l'Arpa nella Regione Sicilia o almeno a chi rispondeva durante il suo mandato ? L'Arpa di fatto è un'agenzia regionale e il direttore viene nominato dalla regione. Noi stiamo facendo una battaglia per cercare di dividere la struttura tecnica da quella amministrativa regionale, però a legislazione vigente gli input vengono dati dalla regione.
I prezzi del conferimento venivano definiti sostanzialmente dal gestore. Non c’è una regolamentazione a livello regionale che tende a definire, almeno per quanto riguarda i rifiuti urbani, il costo del conferimento ? Questo è quello che dovrebbe succedere.
STEFANO VIGNAROLI. Cento euro a tonnellata, se non
sbaglio. È tra i più alti d'Italia dopo la Campania.
PRESIDENTE. No, questo
è troppo alto, però sui rifiuti urbani che sono in privativa non c’è una libera
contrattazione del gestore che decide che prezzo fare: normalmente nel nostro
ordinamento o c’è un'agenzia d'ambito che definisce i prezzi medi di
conferimento, tenendo conto degli investimenti delle aziende nelle realtà più
evolute, o la regione in qualche modo determina questi prezzi. Se sono
obbligato a portarlo perché sono in privativa e il gestore fa il prezzo che
vuole, questo si ripercuote sulle tasse o la tariffa dei cittadini, quindi
vorrei capire come funzioni.
Abbiamo parlato molto di questo gestore del gruppo Catanzaro, Sicula Trasporti, però nella scorsa legislatura (ma anche oggi rimangono problemi aperti) è emersa la questione di Mazzarrà Sant'Andrea ed i rapporti con la società Tirrenoambiente che dire discussa è poco. Abbiamo Sicula Trasporti, Oikos, Mazzarrà Sant'Andrea, Siculiana. Vorrei conoscere il suo punto di vista su questa di Mazzarrà Sant'Andrea e della Tirrenoambiente.
Abbiamo parlato molto di questo gestore del gruppo Catanzaro, Sicula Trasporti, però nella scorsa legislatura (ma anche oggi rimangono problemi aperti) è emersa la questione di Mazzarrà Sant'Andrea ed i rapporti con la società Tirrenoambiente che dire discussa è poco. Abbiamo Sicula Trasporti, Oikos, Mazzarrà Sant'Andrea, Siculiana. Vorrei conoscere il suo punto di vista su questa di Mazzarrà Sant'Andrea e della Tirrenoambiente.
Non so se ci siano delle indagini
in corso, si ipotizzano abnormi ampliamenti delle discariche che, come lei ha
segnalato, non sono ampliamenti, ma sono veri e propri nuovi invasi. Sarà cura
del nostro lavoro di approfondimento in Sicilia capire se questo fosse un modo
per rispondere a una situazione di emergenza o sotto vi fosse anche altro, come
mi sembra si ipotizzi anche da alcune sue dichiarazioni. Queste erano le cose
che tenevo a sottolineare.
STEFANO VIGNAROLI.
Faccio solo una precisazione: erano 294 euro non a tonnellata, ma per abitante.
È il secondo più alto dopo la Campania: 294 euro ad abitante.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Molte delle risposte
alle domande poste le troverete nelle relazioni che sono assolutamente tecniche
e molto importanti.
A proposito della proprietà delle discariche, vi
leggo alcuni passaggi per le vasche V1 e V2 di Catanzaro: «Il progetto per la
realizzazione delle vasche V1 e V2 in ampliamento della vasca esistente VE è
stato approvato dalla Prefettura di Agrigento in data 05/12/2001 in difformità
al divieto di autorizzare discariche che non fossero a titolarità e gestione
pubblica, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, dell'OPCM n. 2983 del 1999».Questa stessa cosa la troverete
anche per altre parti.
Nel 2005 o 2006 ci fu una modifica di questa norma che impediva di
autorizzare e far gestire discariche ai privati, quindi molte delle autorizzazioni furono
rilasciate palesemente in violazione dell'ordinanza della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
Lei chiedeva che fine abbiano
fatto i soldi dell'impiantistica. Le posso dire che quando abbiamo gestito i
sei mesi di emergenza, a parte che i fondi erano già stati destinati alla
Sicilia, quindi quando fu fatto il decreto-legge sull'emergenza non fu
necessario approntare nuovi fondi. I fondi
pregressi furono tutti destinati per ripianare i debiti degli ATO, è questa la
situazione. Fra l'altro...
STELLA BIANCHI. I fondi
destinati agli impianti sono andati a ripianare i debiti degli ATO...
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Parliamo dell'ultima
emergenza prima della nostra, tre anni
prima, circa 100 milioni di euro furono utilizzati soltanto per ripianare i
debiti degli ATO nei confronti dei gestori di discariche private, quindi
l'indebitamento continua.
Tra l'altro, una delle cose surreali della legge n. 9, che mi sono stupito che il
commissario non abbia impugnato, perché
l'ideatore della legge è sempre l'avvocato Pier Carmelo Russo, quello dei
termovalorizzatori, quindi magari è stata una sua capacità particolare,
prevedeva la liquidazione unica. Se per far venir meno gli ATO bisogna arrivare
alla liquidazione unica, significa che fallisce la Regione siciliana. Tra l'altro, una delle cose surreali della legge n.
Con l'allora collega Bianchi, che era
assessore al ramo dell'economia, si decise infatti di valutare con attenzione
questo passaggio, perché delle due l'una: o fallisce l'ATO o il Comune, o la regione siciliana, perché quando
hai un ATO con 50-60 milioni di debiti come li puoi ripianare mai ? Anche Comuni con questi debiti (Messina molto di più) come possono essere ripianati ? C’è il
rischio di un fallimento, non puoi più gestire.
Onorevole, mi aveva posto
un'altra domanda che ho scritto, ma non riesco a leggere la mia calligrafia, il
che è grave.
STEFANO VIGNAROLI. Se il funzionario Canova poteva aver agito da
solo, se ci fosse il coinvolgimento anche di gente tipo Sansone...
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Canova è una piccola ruota del carro: è tutta
la struttura che andrebbe cambiata. Canova è una pedina, ma personalmente non
credo neanche alla buonafede di Gullo, perché uno che firma un atto senza
neanche leggerlo (potrete verificare anche con il dottor Lupo questa riunione
surreale che c’è stata), tu
quantomeno lo cacci. Io ho chiesto più volte a Crocetta di cacciarlo. Alla fine
chi fa i controlli ?
Sapete cosa ha fatto Gullo ? Quando
iniziano i procedimenti per Oikos (ancora non avevano fatto gli
arresti a Palermo di Oikos) e anche per Catanzaro, nella conferenza di servizi scrive che tutto è a posto, poi ci sono
gli arresti e dopo due giorni modifica la linea. Fino al procedimento di
secondo livello di Catanzaro ha continuato a sostenere che la
biostabilizzazione non andava imposta. Solo Marco Lupo l'ha scritto
nella conferenza di servizi, ma io ero già andato via. Questa è la situazione.
Stiamo parlando della massima autorità
ambientale della regione siciliana, e ci volevano gli arresti per vedere queste
cose ? Poi il GIP di Palermo utilizzerà anche la relazione Oikos che
noi abbiamo scritto.
Il fatto contestato a Canova è in un
periodo successivo, i fatti
della procura di Palermo vanno dal 2010 al 2011 se li vedete come contestazioni, noi arretriamo sul
processo autorizzativo al 2009 anche per Oikos, quindi come fai ancora a negare
l'evidenza, se non sei incapace di intendere e di volere ? Mi sono anche stupido che i colleghi non abbiano attenzionato
questi fatti.
Sugli impianti di compostaggio,
la cosa più semplice da fare: se avessimo avuto la proroga dell'emergenza, che
poi non abbiamo avuto, li avremmo fatti, e 3 o 4 riuscimmo a farli con la
vecchia emergenza.
Certo che è tutto fermo, perché il nostro
passaggio graduale prevedeva: fine degli ATO, concorrenza alle discariche
private, impianti di compostaggio e riciclo. Questo era il nostro passaggio,
molto semplice, anche perché gli impianti di riciclo li fai subito, anche oggi
puoi trasformare la frazione organica in biometano e realizzare impianti in 8-9
mesi. Non è una cosa complicata, la puoi fare. Tra l'altro, prendi gli
incentivi del biometano, fai abbancare i rifiuti anziché a 90-100 euro li fai a
50-60. Ci sono mille soluzioni, fra l'altro è tutto il riciclo il meno
complicato, ma devi partire dall'impianto di compostaggio.
Sicula Trasporti. Possiamo secretare.
PRESIDENTE .
Dispongo la disattivazione dell'impianto audio video
(La Commissione prosegue in seduta segreta indi riprende in seduta
pubblica).
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. L'Arpa, come vi dicevo, ha anche dei funzionari
di polizia giudiziaria, ma tutti i dirigenti sono appannaggio di chi li nomina
(provincia di Palermo, Commissario della provincia di Palermo). Viene nominato un ufficiale dei carabinieri,
un ex generale, persona perbene che ha
avuto due ictus. Presidente, lei si dovrebbe far raccontare, quando scenderà in
Sicilia, dal sindaco Orlando, dai sindacati cos'erano le riunioni pubbliche.
Questo che doveva esercitare una serie di attività di controllo (noi l'avevamo
scomodato per il fallimento APS a Palermo, 52 comuni serviti da APS) aveva
avuto due ictus, presidente, e la Giunta rideva.
Non voglio segretare perché l'ho
anche scritto, mi spiace sotto il profilo umano perché è un uomo delle
istituzioni e la colpa è dei familiari che gli consentono di accettare un
incarico di questo tipo, ma quando lo conobbi chiamai Crocetta e gli dissi
allarmato: «Rosario, la Giunta ride». Mi rispose che la moglie era brava: aveva nominato questa
persona perché la moglie era stata revisore dei conti a Gela e quindi dovevamo
contattare la moglie per far ragionare questa persona.
Questa è la regione siciliana, Presidente, e questa è una delle tantissime cose che bisognava fronteggiare.
Voglio dire anche perché l'ho detto più volte che il referente in Sicilia di Renzi è l'onorevole Faraone, a cui nel febbraio 2014, poco prima di andare via, ancora assessore, dissi: «Se gli lasciate ancora nelle mani la Sicilia, finirà per distruggerla». Oggi finalmente lui sta litigando con Crocetta.
Questa è la regione siciliana, Presidente, e questa è una delle tantissime cose che bisognava fronteggiare.
Voglio dire anche perché l'ho detto più volte che il referente in Sicilia di Renzi è l'onorevole Faraone, a cui nel febbraio 2014, poco prima di andare via, ancora assessore, dissi: «Se gli lasciate ancora nelle mani la Sicilia, finirà per distruggerla». Oggi finalmente lui sta litigando con Crocetta.
Ho depositato alla Corte dei conti tutte le
note che avevo scritto a Crocetta su come venivano fatte le Giunte: non c'erano
ordini del giorno, erano convocate a minuti, a Palermo, quando tu potevi essere
in qualsiasi altra parte del mondo, nessuno studiava le cose, ed è tutto
documentato. La Corte dei conti, che ha rinviato a giudizio Crocetta e altri
colleghi per la vicenda dell'informatizzazione, trova scritte dichiarazioni mie
e di Luca Bianchi. Di che dobbiamo discutere ? Il
problema è che bisogna cacciare le persone.
PRESIDENTE. Non
compete ovviamente a noi.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Questo è il mio punto
di vista, come continuo a dire, come avevo anticipato la vicenda Montante...
PAMELA
GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. Lei si rende conto della gravità di quello che dice ?
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Assolutamente, ma io
l'ho già detto. Questa
macchina è assolutamente complessa, anche la migliore squadra avrebbe
difficoltà...
PRESIDENTE. Stiamo ai
temi nostri.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Nel settore dei
rifiuti la migliore squadra avrebbe grandi difficoltà a riprendere in mano
questa situazione. Nel momento in cui la gestione diventa approssimativa per
una serie di circostanze che ho ufficialmente comunicato in tutte le sedi
competenti (non è quindi una novità che dico a voi, l'ho già fatto in passato),
diventa impossibile recuperare questa situazione.
PAMELA
GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. Volevo precisare che quello che lei ha detto l'abbiamo
capito perfettamente. Siccome lei ha fatto un riferimento preciso a una nomina
e a come le persone vengono nominate, la mia battuta «lei si rende conto della gravità di quello
che dice ?» era in questo senso, non rispetto a tutto il resto. Già è grave
quello che è stato detto, questo è ancora più grave....
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Io sono andato via per questo.
PAMELA
GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. Un
commissario che viene nominato perché la moglie era brava è ancora più grave.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. È assolutamente così e
lo ribadisco, ma l'ho anche dichiarato e contestato. Non ci sono cose che non
abbia cercato di fare per rimettere in piedi la situazione.
PRESIDENTE. Va bene
(va bene per modo di dire). La ringraziamo per tutta la serie di indicazioni
che ci ha dato, adesso inizieremo il nostro approfondimento in Sicilia, riprendendo
anche in mano alcune questioni che qui abbiamo toccato relativamente, perché
tutta la vicenda della gestione della discarica di Mazzarrà ha tutta una serie
di aspetti che non riguardano solo la gestione dei rifiuti.
C’è anche la questione di Tirrenoambiente,
di alcune relazioni che questa società intrattiene e attività in ambito
internazionale. Sono cose che comunque approfondiremo con calma.
STELLA BIANCHI. Mi rimane
altrimenti questo dubbio. Lei diceva che come primo atto del suo insediamento
aveva chiesto lo spostamento
del potere di rilascio dell'AIA al suo assessorato piuttosto che
all'assessorato ambiente e territorio, e
che questa cosa però, è rimasta sospesa per quattordici mesi, perché non vi
sono stati consegnati i documenti. In questi quattordici mesi che cosa è
successo: nessuno dava le AIA o le davate voi ? E in
questi quattordici
mesi quali procedimenti erano in corso ?
STEFANO VIGNAROLI. E
soprattutto vorrei aggiungere: perché ha scelto questo trasferimento dell'AIA,
per quale motivo specifico ?
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana
L'AIA fu trasferita con la legge
n. 3 del 2013 e il motivo fu
assolutamente chiaro: con il mio capo
gabinetto, il dottor Pirillo, che oggi è direttore generale
all'urbanistica, e con il
dottor Lupo riscontrammo che la riprogrammazione del settore dei rifiuti non
poteva essere lasciata con l'AIA in mano a soggetti che l'avevano mal gestita.
Avevamo già capito, anche perché avevamo già monitorato la situazione delle
discariche. .
È vero che la Commissione venne costituita
dopo, e cominciò poi a relazionare successivamente in maniera molto
particolareggiata, come vedrete, però era già chiara la situazione sotto il
profilo amministrativo, quindi per controllare quello che avevano fatto o
quello che potevano ancora fare ci siamo presi l'AIA. L'assessore al ramo non
l'aveva capito ancora, l'ha capito dopo.
Per quanto riguarda i quattordici mesi, fu fatto un protocollo fra i due dipartimenti (su questo il dottor Lupo potrà essere molto preciso perché era il direttore generale): le AIA in corso dovevano essere completate dall'assessorato al territorio e ambiente, mentre le nuove richieste di AIA o quelle mai evase sarebbero immediatamente passate all'attenzione del dipartimento rifiuti. Questo non avvenne e noi non controllavamo niente, non sapevamo nulla, come è stato messo per scritto più volte.
Per quanto riguarda i quattordici mesi, fu fatto un protocollo fra i due dipartimenti (su questo il dottor Lupo potrà essere molto preciso perché era il direttore generale): le AIA in corso dovevano essere completate dall'assessorato al territorio e ambiente, mentre le nuove richieste di AIA o quelle mai evase sarebbero immediatamente passate all'attenzione del dipartimento rifiuti. Questo non avvenne e noi non controllavamo niente, non sapevamo nulla, come è stato messo per scritto più volte.
L'intervento del segretario
generale avvenne poco prima che andassi via (ci sono lettere di protocollo del
dottor Lupo sotto questo profilo).
STELLA BIANCHI. Se posso
chiedere ancora una precisazione, in questi
quattordici mesi l'assessorato al territorio e ambiente ha rilasciato delle AIA ?
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Io ritengo di sì, ma
non sapevo nulla, e, più che dirlo a Crocetta per supportare politicamente le richieste scritte di Marco Lupo nei confronti
sia di Gullo che del segretario generale, non potevo fare altro. Il nostro dipartimento non sapeva nulla.
Voglio darvi altri documenti e
una delle relazioni per la commissione antimafia dell'ARS, dove è ricompreso il
lavoro che riguarda anche Oikos. Questa è un'interrogazione scritta, la
risposta ve la potrà dare Marco Lupo, che
l'ha predisposta.
A proposito dei contratti per i prezzi di
conferimento, dall'ATO di Agrigento eravamo tempestati da richieste. Una nota
del sindaco di Casteltermini, che doveva subire l'ennesima variazione
contrattuale per il prezzo di conferimento, chiede un mio intervento, cosa che
io feci, ma era il leitmotiv della provincia di Agrigento. Ho delle
direttive in materia di rifiuti, che se volete vi posso lasciare.
PRESIDENTE. Se avremo
bisogno di eventuali documenti o approfondimenti, glieli chiederemo. È chiaro
che quando audiremo l'assessore in carica ovviamente chiederemo il quadro della
situazione, la percentuale di raccolta differenziata, tutte le domande che si
fanno alle regioni in carica.
Sono tante le cose che lasciano
perplessi, però che i costi dei rifiuti urbani siano lasciati alla libera
contrattazione del gestore è particolarmente strano.
NICOLÒ
MARINO, ex assessore all'energia e ai servizi
di pubblica utilità della regione siciliana. Chiaramente esistevano
i vecchi contratti, perché è una storia di gestioni commissariali. Troverete
anche nella relazione su Siculiana qualcosa sui prezzi.
PRESIDENTE. Per chi
come me è andato in Sicilia nel 2009 risentire alcune cose che lei dice sul
periodo dal 2009 al 2015 porta all'amara constatazione, al di là delle
problematiche che sta sollevando, di un sistema che è messo come prima, se non
peggio, a sei anni dalla relazione di una Commissione bicamerale che aveva
messo in evidenza alcune criticità (questo tema delle discariche, tutte cose note e arcinote,
discusse, dove c’è stato da parte della classe politica di allora un impegno
per risolvere).
Sono passati cinque anni ma sembra che non sia successo
assolutamente nulla, anzi alcune questioni sono peggiorate. Questa
come legislatori e uomini delle istituzioni è una triste e amarissima constatazione.
Nel ringraziare il nostro ospite, dichiaro
conclusa l'audizione.
La
seduta termina alle 19.10.
Seduta n. 24 di
Lunedì 23 febbraio 2015
Bozza non
corretta
INDICE
Sulla
pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2
Bratti Alessandro , Presidente ... 2
Audizione
dell'ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione
siciliana, Nicolò Marino:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 5
Bratti Alessandro , Presidente ... 5
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 5
Bratti Alessandro , Presidente ... 7
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 8
Bratti Alessandro , Presidente ... 9
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 9
Bratti Alessandro , Presidente ... 11
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 11
Bratti Alessandro , Presidente ... 13
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 13
Bratti Alessandro , Presidente ... 14
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 14
Bratti Alessandro , Presidente ... 15
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 15
Bratti Alessandro , Presidente ... 15
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 15
Bratti Alessandro , Presidente ... 15
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 15
Bratti Alessandro , Presidente ... 16
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 16
Bratti Alessandro , Presidente ... 17
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 17
Bratti Alessandro , Presidente ... 17
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 17
Bratti Alessandro , Presidente ... 18
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 18
Bratti Alessandro , Presidente ... 18
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 18
Bratti Alessandro , Presidente ... 19
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 19
Bratti Alessandro , Presidente ... 19
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 19
Bratti Alessandro , Presidente ... 20
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 20
Bratti Alessandro , Presidente ... 21
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 21
Bratti Alessandro , Presidente ... 21
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 21
Bratti Alessandro , Presidente ... 25
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 25
Bratti Alessandro , Presidente ... 25
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 26
Bratti Alessandro , Presidente ... 28
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 28
Bratti Alessandro , Presidente ... 31
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 31
Bratti Alessandro , Presidente ... 31
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 31
Bratti Alessandro , Presidente ... 31
Vignaroli Stefano (M5S) ... 31
Compagnone Giuseppe ... 32
Bratti Alessandro , Presidente ... 33
Vignaroli Stefano (M5S) ... 34
Bratti Alessandro , Presidente ... 34
Vignaroli Stefano (M5S) ... 35
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 35
Bianchi Stella (PD) ... 36
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 36
Vignaroli Stefano (M5S) ... 37
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 37
Bratti Alessandro , Presidente ... 38
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 38
Bratti Alessandro , Presidente ... 40
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 40
Orrù Pamela Giacoma Giovanna ... 40
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 40
Bratti Alessandro , Presidente ... 40
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 40
Orrù Pamela Giacoma Giovanna ... 40
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 41
Orrù Pamela Giacoma Giovanna ... 41
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 41
Bratti Alessandro , Presidente ... 41
Bianchi Stella (PD) ... 41
Vignaroli Stefano (M5S) ... 42
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 42
Bianchi Stella (PD) ... 43
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 43
Bratti Alessandro , Presidente ... 43
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 44
Bratti Alessandro , Presidente ... 44
Bratti Alessandro , Presidente ... 2
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 5
Bratti Alessandro , Presidente ... 5
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 5
Bratti Alessandro , Presidente ... 7
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 8
Bratti Alessandro , Presidente ... 9
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 9
Bratti Alessandro , Presidente ... 11
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 11
Bratti Alessandro , Presidente ... 13
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 13
Bratti Alessandro , Presidente ... 14
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 14
Bratti Alessandro , Presidente ... 15
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 15
Bratti Alessandro , Presidente ... 15
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 15
Bratti Alessandro , Presidente ... 15
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 15
Bratti Alessandro , Presidente ... 16
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 16
Bratti Alessandro , Presidente ... 17
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 17
Bratti Alessandro , Presidente ... 17
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 17
Bratti Alessandro , Presidente ... 18
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 18
Bratti Alessandro , Presidente ... 18
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 18
Bratti Alessandro , Presidente ... 19
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 19
Bratti Alessandro , Presidente ... 19
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 19
Bratti Alessandro , Presidente ... 20
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 20
Bratti Alessandro , Presidente ... 21
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 21
Bratti Alessandro , Presidente ... 21
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 21
Bratti Alessandro , Presidente ... 25
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 25
Bratti Alessandro , Presidente ... 25
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 26
Bratti Alessandro , Presidente ... 28
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 28
Bratti Alessandro , Presidente ... 31
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 31
Bratti Alessandro , Presidente ... 31
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 31
Bratti Alessandro , Presidente ... 31
Vignaroli Stefano (M5S) ... 31
Compagnone Giuseppe ... 32
Bratti Alessandro , Presidente ... 33
Vignaroli Stefano (M5S) ... 34
Bratti Alessandro , Presidente ... 34
Vignaroli Stefano (M5S) ... 35
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 35
Bianchi Stella (PD) ... 36
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 36
Vignaroli Stefano (M5S) ... 37
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 37
Bratti Alessandro , Presidente ... 38
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 38
Bratti Alessandro , Presidente ... 40
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 40
Orrù Pamela Giacoma Giovanna ... 40
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 40
Bratti Alessandro , Presidente ... 40
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 40
Orrù Pamela Giacoma Giovanna ... 40
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 41
Orrù Pamela Giacoma Giovanna ... 41
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 41
Bratti Alessandro , Presidente ... 41
Bianchi Stella (PD) ... 41
Vignaroli Stefano (M5S) ... 42
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 42
Bianchi Stella (PD) ... 43
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 43
Bratti Alessandro , Presidente ... 43
Marino Nicolò , ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana ... 44
Bratti Alessandro , Presidente ... 44
VANIA CONTRAFFATTO, MARCO LUPO, NICOLÒ MARINO.
BELLOLAMPO, AMIA, AIMERI, TERMOVALORIZZATORI, CATANZARO COSTRUZIONI, SICULIANA,
OIKOS, SICULA TRASPORTI,MAZZARRÀ SANT'ANDREA, AGUECI, CANNOVA. GULLO, MESSINEO,
SANSONE, TOLOMEO, TERESI, BANCHIERI, LOMBARDO, CROCETTA, LO BELLO, CUFFARO, CONFINDUSTRIA,
MONTANTE,LUMIA, TIRRENOAMBIENTE.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI
ISOLA DELLE FEMMINE
IL GRANDE
INGANNO DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE
DELLA LEGALITÀ METTE LE MANI SULL'EXPO
Montante, indagato assieme all'ex
governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di Caltanissetta "zona
franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di
un'impostura politica dietro la dittatura degli affari
dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA
CALTANISSETTA - Lo sapevate
che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli abitanti
più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un
governatore condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per
capirne di più bisogna andare a Caltanissetta, quella che è diventata la
capitale dell'impostura siciliana.
Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio, presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e stampa, imprese e forze di polizia, imprese e magistratura, hanno ammorbato l'aria e fatto calare una cappa irrespirabile sulla città.
UNA FINZIONE SOFFOCANTE
In Sicilia tutto si fonda su due parole magiche: legalità e antimafia. È una "legalità" costruita a tavolino e un'"antimafia padronale" che copre operazioni politiche opache e favorisce gruppi di interesse. Dopo la felice stagione iniziata con la "rivolta degli imprenditori" del 2007 guidata da Ivan Lo Bello contro il racket, trasformismo e ingordigia hanno snaturato l'iniziale esperienza e una consorteria si è impadronita di tutto.
La "zona franca" l'ha pretesa la Confindustria siciliana di Montante, l'unico "partito" che nel governo regionale siede ininterrottamente da sei anni con un proprio rappresentante. Quando governatore era Raffaele Lombardo - il 2 maggio del 2012 - fu istituita con un atto ufficiale la Provincia di Caltanissetta fu riconosciuta come "zona franca della legalità". L'obiettivo era quello di concedere benefici fiscali alle aziende che "si oppongono alle richieste estorsive della criminalità organizzata". Previsione di spesa: 50 milioni di euro.
Lombardo, che al momento della firma era già indagato per reati di mafia, due mesi più tardi si è dimesso e un anno dopo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi. Un (presunto) amico dei boss che concede agevolazioni a chi si batte contro il racket su richiesta di chi - Montante - è oggi a sua volta chiamato in causa da cinque pentiti per legami con le "famiglie". Trame di potere in una Sicilia che non ha mai temuto il paradosso.
SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO
La Confindustria di Montante ormai è ovunque. Guida l'Irsap, l'istituto che gestisce le aree industriali siciliane, ha un peso decisivo nel business dei rifiuti e ora ha messo le mani sull'Expo. Pochi giorni fa, l'assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, il rappresentante di Confindustria nella giunta di Rosario Crocetta, ha siglato una convenzione che assegna a Unioncamere un pacchetto di interventi per due milioni di euro. Chi guida Unioncamere in Sicilia? Antonello Montante. Sarà lui, malgrado l'inchiesta per concorso esterno, a decidere quali "eccellenze" siciliane del settore agro-alimentare dovranno figurare nella vetrina di Milano e in undici stand fra porti e aeroporti dell'isola. Materia d'indagine per almeno due procure (Palermo e Caltanissetta) e per Raffaele Cantone, il presidente dell'Authority contro la corruzione che, appena il 16 gennaio scorso, ha annunciato che su Expo è stato avviato "il più grande controllo antimafia di tutti i tempi".
MARKETING DI IMMAGINE
Una rete di interessi così fitta è protetta anche da una stampa a volte troppo compiacente con Montante e i suoi amici. Al punto da proporre (l'ha fatto La Sicilia in un lungo articolo) la notizia di una laurea honoris causa in Economia e Commercio riconosciuta dall'Università "La Sapienza" all'imprenditore. L'ateneo ha smentito il giorno dopo. Era falso.
Nelle sue molteplici vesti istituzionali Montante ha spesso offerto un "sostegno" a mezzi d'informazione e singoli giornalisti. Da presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ha erogato una pioggia di contributi, sotto la voce "azione di marketing territoriale". Ne hanno beneficiato cronisti-scrittori, ancora prima della pubblicazione dei loro libri e testate web. Una settimana fa Il Fatto Nisseno, uno dei siti favoriti, ha cancellato un'intervista di Michele Costa (il figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980) che manifestava perplessità sull'opportunità che Montante - sott'inchiesta - mantenesse le sue cariche.
L'intervista è sparita nella notte "dopo devastanti pressioni". Un altro clamoroso caso riguarda un contratto di collaborazione per due anni - 1.300 euro al mese - che Confindustria Centro Sicilia (sempre Montante presidente) ha firmato con il responsabile delle pagine di Caltanissetta de Il Giornale di Sicilia. Tutti episodi, quelli citati, che hanno spinto l'Ordine dei giornalisti ad aprire un'indagine conoscitiva.
UN ALTRO PALADINO
Oltre ad Antonello Montante, c'è un altro campione dell'antimafia a Caltanissetta. Si chiama Massimo Romano, socio e amico del Cavaliere, è il proprietario di 34 supermercati sparsi per la Sicilia e, qualche anno fa, era già finito nelle pieghe di un'indagine sui "pizzini" di Bernardo Provenzano molto interessato alla grande distribuzione. Romano da molto tempo siede a tavoli istituzionali con questori e prefetti, è il presidente del Confidi (un consorzio che cede prestiti a piccole e medie imprese) e il suo nome è scivolato in un'operazione antimafia dove il fratello Vincenzo - secondo il giudizio dei magistrati - l'avrebbe tenuto fuori dalla faccenda delle estorsioni "per preservarlo da possibili negative conseguenze sia di immagine che di carattere giudiziario". Il doppio volto di Caltanissetta zona franca per la legalità.
L'IMPASTO
C'è promiscuità fra investigatori
e magistrati e l'indagato di mafia Montante. A Roma e in Sicilia. A
Caltanissetta - visti i suoi rapporti intensi con Angelino Alfano
che poi l'ha designato anche all'Agenzia dei beni confiscati -
Antonello Montante è riuscito, il 21 ottobre del 2013, a far presiedere al
ministro dell'Interno il comitato nazionale per l'ordine pubblico e sicurezza.
Un organismo che, solo in casi straordinari, si riunisce lontano da Roma. In
Sicilia non accadeva dai tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Perché la
scelta di Caltanissetta? Per farla diventare quella che non è mai stata, cioè
una roccaforte dell'antimafia.
In Sicilia e a Caltanissetta c'è una vicinanza molesta fra imprenditori e rappresentanti dello Stato (si racconta di questori che si trasformano in tappetini al cospetto di Montante, di prefetti che hanno ricevuto esagerate regalie), ci sono investigatori che si fanno assumere parenti e amiche dalla cordata (è il caso di un ufficiale della Dia e di un maggiore della Finanza), ci sono uomini dei servizi segreti che sguazzano allegramente nell'ambiente "antimafioso", c'è una prossimità imbarazzante con molte toghe. Tanto evidente che ha portato il nuovo presidente dell'Associazione nazionale magistrati Fernando Asaro a invitare i suoi colleghi "a una ineludibile concreta distanza da centri di potere economici ". Più chiaro di così.
17 FEBBRAIO 2015
La provocazione di Montante:
"Burocrazia peggio della mafia, il pizzo si paga con un conto in
nero"
Le immagini si riferiscono
all'incontro del 25 febbraio 2014 a Catania tra Confindustria e la giunta
comunale di Enzo Bianco nel corso del quale il presidente dell'associazione
siciliana degli industriali Antonello Montante – attualmente indagato
per presunti contatti con i boss - parla a lungo di mafia e
burocrazia, asserendo che quest'ultima è più dannosa della mafia. E che il
pizzo si può pagare con un conto in nero (Immagini di Angelo Capuano)
LEGGI SU PALERMO.REPUBBLICA.IT
COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA PER
I BENI CONFISCATI
Il delegato per la legalità di
Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende
dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo
riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE
LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive
Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni
trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco
delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori
siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che
avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come
hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo
mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di
portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato
decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale,
anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi
mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le
associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco
della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
MONTANTE, L'INDUSTRIALE PALADINO
DELL'ANTIMAFIA SOTTO INCHIESTA IN SICILIA PER MAFIA
Leader in ascesa, presidente
degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria Ora
però tre pentiti lo accusano. E dal suo passato spuntano fuori amicizie
compromettenti
di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO
C'È UN pezzo grosso dell'Antimafia dell'ultima ora che
è finito sotto inchiesta per mafia. È uno dei volti nuovi dell'Italia che
combatte i boss, ha rapporti stretti con più di un ministro e con tanti
prefetti, è il presidente degli industriali siciliani e il delegato per la
"legalità" di Confindustria. Ci sono alcuni pentiti che parlano di
lui e delle sue "pericolose frequentazioni". Come si chiuderà questa
vicenda - se c'è solo fumo o anche molto arrosto -
nessuno ancora lo può dire, di sicuro però Antonello Montante, uno dei
cosiddetti paladini delle battaglie antimafia più recenti (troppo recenti,
maligna qualcuno) è al momento indagato per reati di mafia alla procura della
repubblica di Caltanissetta. All'anagrafe è registrato come Antonio Calogero
Montante, ha 52 anni, è un siciliano di Serradifalco, provincia di
Caltanissetta - dove è anche presidente della locale Camera di
Commercio - ed è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2008. È a
capo di un impero nato negli anni '20 del secolo scorso con una fabbrica di
biciclette, è fondatore della "Msa", Mediterr Shock Absorbers Spa,
azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali
presente in tutto il mondo.
Su di lui c'è l'inchiesta di Caltanissetta e poi ce n'è un'altra a Catania, su una denuncia presentata nei mesi scorsi. Indagini blindatissime, sia per il "peso" del personaggio coinvolto sia per gli effetti che le stesse indagini potrebbero provocare. Per esempio, dal 20 gennaio 2015, il governo - su proposta del ministero dell'Interno - ha designato Montante componente dell'Agenzia dei beni confiscati. Una postazione strategica, lì si decide il destino di patrimoni sporchi per miliardi di euro.
L'inchiesta è nella prima fase e nessuno è nelle condizioni di prevedere dove potrebbe portare, ma fra le pieghe di questa storia ci sono già tutte le incoerenze di un'antimafia di fresca nascita - con patenti rilasciate con assai disinvoltura - e il paradosso tutto italiano di come si possa tranquillamente navigare da una sponda all'altra senza incertezze e contraccolpi.
COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA
L'AGENZIA PER I BENI CONFISCATI
Il delegato
per la legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si
sospende dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini
che lo riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
MONTANTE, CONFINDUSTRIA E
LA FINE (IN)NATURALE E MORTALE DELLA LUNGA CORSA ALLA DELEGITTIMAZIONE
17 FEBBRAIO 2015
Ho sempre creduto nel dubbio. Lo
considero il principale pregio di un giornalista. Solo
il dubbio, infatti, consente di scavare nelle verità che, a piene mani,
vengono scaraventate addosso alla nostra categoria.
Le verità della magistratura, la
verità dei partiti, la verità della politica, la verità dei pentiti, quella dei
pentiti che si pentono di essersi pentiti e poi magari si ripentono, la verità
degli imprenditori che si abbeverano alla mangiatoia pubblica e sono poi i
primi a chiedere “più mercato”, la verità dei giornalisti schierati oppure
quella della quota parte di classe dirigente marcia che governa questo Paese.
Non ho
mai creduto alle verità come appaiono, quelle che Giuseppe Lombardo,
pm della Dda di Reggio Calabria chiama le “mezze
verità”. Quelle pronte da “bere” come la Milano dei bei (!) tempi che
furono. Non crediate sia facile non credere alle “mezze verità”: si pagano
prezzi altissimi.
Il legittimo dubbio ha fatto
ritenere ad una parte della stampa che il presidente di Confindustria
Sicilia, Antonello Montante sia o possa essere effettivamente quel
losco figuro che viene (o verrebbe) dipinto da alcuni pentiti di Cosa nostra
gestiti, non senza colpi di scena in fase di evoluzione, tra la Procura di
Caltanissetta e quella di Catania.
Nulla quaestio. Sarà la
magistratura a tentare di provare cosa c’è di vero, cosa c’è di falso, ma
soprattutto cosa c’è in quel “mondo di sopra” che a Roma stanno ancora
aspettando di scoprire, mentre in Sicilia, così come in Calabria, è in piena
evoluzione da decenni, come del resto sa chi, come l’attuale procuratore
generale di Palermo Roberto Scarpinato, quasi 20 anni fa provò a
dimostrare, senza successo, la realtà dei sistemi criminali che corrono ben
oltre un criminale mafioso. Toccherà, eventualmente, ad un aula di Tribunale
giudicare fino a eventuale terzo grado.
Il dubbio, amico di penna (ormai
si può dire di mouse e pc) mi spinge a continuare a scrivere del “caso
Montante” proprio ora che toccherà alla magistratura spegnere il ventilatore
che, dopo essersi acceso mediaticamente, da qualche giorno sembra in “pausa”.
Come? Chiudendo presto le indagini (a meno che una fila di batteria non
moltiplichi i 180 giorni a disposizione di ciascuno per raccontare la propria
verità e allora la graticola girerà a lungo con buona pace della Giustizia).
Sono fatto così. Quando gli altri
parlano taccio. Quando gli altri tacciono, scrivo. Non mi interessa
prendere parte a contese sulla pelle dell’antimafia (ho già scritto e detto che
non sta a me difendere Montante) ma provare a capire fino in fondo
esercitando e sublimando l’arte del dubbio (si veda anche link a fondo pagina
con precedente articolo) .
E così il dubbio mi porta a
scavare in una parola: delegittimazione, che declino in alcune delle varianti
possibili in quel della provincia nissena.
Forse abbiamo perso di vista un
fatto apparentemente secondario ma invece di primaria importanza. Questa
vicenda nasce nella culla di Cosa nostra, quel “vallone” nisseno dal quale
nobiluomini (spero si arguisca l’ironia) quali Giuseppe Genco
Russo e Calogero Vizzini dettavano legge alla Sicilia intera e
apparecchiavano la tavola (rectius: le battigie) agli alleati “ammerrecani”.
In altre parole, come si direbbe
nella mia amata Roma, «quando voi eravate ancora sugli alberi, noi eravamo già
froci», che tradotto vuol dire: a Cosa nostra nissena nessuno può insegnare
nulla.
E nessuno, dunque, può
dimenticare che nel 2007, subito dopo l’approvazione del codice etico, la sede
di Confindustria di Caltanissetta (proprio laddove nacque la rivolta contro i
“prenditori”, in casa propria, nella classe industriale siciliana) fu rivoltata
come un calzino per leggere (e fotocopiare e duplicare?) atti e documenti anche
riservati. Guarda tu la vita, proprio quando, nei tempi in cui la rivolta
suonava, alcuni notabili dell’associazionismo e della vita economica nissena
erano dediti a profondissime e minuziose attività di dossieraggio ad uso di
capi mafia dal colletto bianco e dall’anima nera.
Non ricordavo a memoria – per
riportarlo alla mente ho dovuto ricomporre le tessere di un puzzle che ho
ricostruito anche grazie a quella potenziale fonte che è Internet – che
in questi anni, ogni qual volta c’è stato un passo avanti decisivo della genia
industriale e imprenditoriale che si è mossa all’unisono (sarebbero dunque
tutti potenziale amici di presunti amici dei mafiosi? La domanda a me pare
legittima) dietro a Lo Bello eMontante e al loro grido di
rivolta contro l’omertà mafiosa (il primo nemico di Cosa nostra è la parola, dopo vengono, di
conseguenza, gli atti), c’è stata una reazione uguale e contraria a
quella alla quale pare di assistere in questi giorni. Pare: come vedete dubito.
Un’escalation che non poteva
portare (all’epoca) a omicidi per un riflesso condizionato e per una ragione
pratica. Il riflesso condizionato risiede nel fatto che ai pupi di Cosa nostra
manovrati dalle menti raffinate sembrava impossibile ricevere un “no” a
richieste che fino a quel momento non potevano essere rifiutate (pizzo e
protezione) e che addirittura sfociava in denunce in sede penale degli
affamatori aguzzini. Che succede? si saranno chiesti pupi e pupari.
La ragione pratica è che uccidere
chi si opponeva a Cosa nostra tra gli imprenditori era difficile: le scorte,
che talvolta sono messe a protezione degli inutili, questa volta erano messe a
disposizione di qualcuno utile alla causa di civiltà sociale ed economica.
Bisognava fare, dunque, troppo
rumore. Meglio lanciare la scia lunghissima e distillata della
delegittimazione.
Volete due-esempi-due
dell’escalation diffamatoria e delegittimante di questi anni? Quando
l’imprenditore che opera nel settore dell’ambiente Giuseppe
Catanzaro, attuale numero 2 di Confindustria Sicilia, denunciò ad
Agrigento i suoi carnefici, partì la crociata non contro – si badi bene – le
sue battaglie ma contro il suo passato e le presunte ombre che lo avvolgevano.
Quella scia non si è ancora spenta.
Lo schema – mutatis
mutandis – si ripropose con Ivanhoe Lo Bello, attuale vicepresidente
nazionale di Confindustria, che nel 2010, stufo della cappa di omertà e
ipocrisia che gravava (e grava oggi più di ieri) su Catania, scoperchiò anche
con un’intervista al Corriere della Sera il maleodorante pentolone
delle aree industriali, del movimento terra, dei trasporti e dell’edilizia. A
Palermo ci furono, in manifestazioni pubbliche, slogan, cori e striscioni
contro colui il quale voleva contribuire a cambiare, con i fatti, le cose. E i
fatti (non le chiacchiere) dicono che fu Lo Bello a mettere nero su
bianco una frase sconcertate (non per chi, come me, segue l’evoluzione delle
mafie) nella nota riservata di Confindustria per il vertice nazionale della
sicurezza svolto a Caltanissetta il 21 ottobre 2013 finita nelle mani del
ministro dell’Interno Angelino Alfano. Con riferimento ad un settore nel
quale oggi sono ancora in piena evoluzione le indagini della magistratura, (non
lo cito per non dare vantaggi a chi deve sentire invece il fiato sul collo
della Giustizia) Lo Bello scrisse testualmente
e Montante controfirmò, che «il territorio della provincia di
Catania ha un ruolo ancora più rilevante, in quanto Cosa nostra, ‘ndrangheta e
camorra lavorano congiuntamente e regolano il mercato a livello nazionale».
Precedevano e seguivano nomi e cognomi. Quella scia non si è ancora spenta.
Credo che la delegittimazione (l’ho scritto
mille volte su questo umile e umido blog con riferimento a tante altre vicende
inquietanti) sia la culla della morte. Più della morte fisica la
delegittimazione è in grado di uccidere, perché colpisce il luogo di una vita: la purezza dell’anima.
Ma attenzione: quando la
delegittimazione fallisce dopo aver usato, nella sua escalation, armi estreme e
radicali, quando non riesce nel proprio intento e quando la corsa non si può
arrestare, non resta che la morte. Quella fisica. Quella che uccide un uomo per
educare un popolo come, in Sicilia e nel Sud, è stato troppo spesso educato.
Non sono solo io a pensarlo. A
meno che nella genia dei soggetti pericolosi dell’antimafia parolaia non
rientri anche il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, fu proprio
lui, Salvatore Cardinale, il 24 gennaio 2015, in apertura di anno
giudiziario, ad affermare: «…in tal senso, da parte degli investigatori, sono
stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici confindustriali
siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della
diffamazione e del discredito mediatico, e l’accentuata campagna di
delegittimazione condotta a tutto campo contro vari protagonisti dell’antimafia
operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che potrebbe
tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due
“avvertimenti”, uno dei quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro
il Presidente dell’Irsap(Alfonso Cicero, ndr)».
Arrestate Montante, indagate Lo
Bello, braccate Cicero, crocifiggete chi si è schierato per tornaconto con
loro o fate l’esatto contrario, smontate le accuse e riabilitate un corso ma,
vi prego, fatelo presto, e mi rivolgo alla magistratura, perché, senza
Giustizia rapida, ci scapperà il morto. Il primo nome è già sulla lista.
Per educare un popolo.
IL GRANDE
INGANNO DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE
DELLA LEGALITÀ METTE LE MANI SULL'EXPO
Montante, indagato assieme all'ex
governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di Caltanissetta "zona
franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di
un'impostura politica dietro la dittatura degli affari
dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA
CALTANISSETTA - Lo sapevate
che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli abitanti
più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un
governatore condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per
capirne di più bisogna andare a Caltanissetta, quella che è diventata la
capitale dell'impostura siciliana.
Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio, presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e stampa, imprese e forze di polizia, imprese e magistratura, hanno ammorbato l'aria e fatto calare una cappa irrespirabile sulla città.
UNA FINZIONE SOFFOCANTE
In Sicilia tutto si fonda su due parole magiche: legalità e antimafia. È una "legalità" costruita a tavolino e un'"antimafia padronale" che copre operazioni politiche opache e favorisce gruppi di interesse. Dopo la felice stagione iniziata con la "rivolta degli imprenditori" del 2007 guidata da Ivan Lo Bello contro il racket, trasformismo e ingordigia hanno snaturato l'iniziale esperienza e una consorteria si è impadronita di tutto.
La "zona franca" l'ha pretesa la Confindustria siciliana di Montante, l'unico "partito" che nel governo regionale siede ininterrottamente da sei anni con un proprio rappresentante. Quando governatore era Raffaele Lombardo - il 2 maggio del 2012 - fu istituita con un atto ufficiale la Provincia di Caltanissetta fu riconosciuta come "zona franca della legalità". L'obiettivo era quello di concedere benefici fiscali alle aziende che "si oppongono alle richieste estorsive della criminalità organizzata". Previsione di spesa: 50 milioni di euro.
Lombardo, che al momento della firma era già indagato per reati di mafia, due mesi più tardi si è dimesso e un anno dopo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi. Un (presunto) amico dei boss che concede agevolazioni a chi si batte contro il racket su richiesta di chi - Montante - è oggi a sua volta chiamato in causa da cinque pentiti per legami con le "famiglie". Trame di potere in una Sicilia che non ha mai temuto il paradosso.
SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO
La Confindustria di Montante ormai è ovunque. Guida l'Irsap, l'istituto che gestisce le aree industriali siciliane, ha un peso decisivo nel business dei rifiuti e ora ha messo le mani sull'Expo. Pochi giorni fa, l'assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, il rappresentante di Confindustria nella giunta di Rosario Crocetta, ha siglato una convenzione che assegna a Unioncamere un pacchetto di interventi per due milioni di euro. Chi guida Unioncamere in Sicilia? Antonello Montante. Sarà lui, malgrado l'inchiesta per concorso esterno, a decidere quali "eccellenze" siciliane del settore agro-alimentare dovranno figurare nella vetrina di Milano e in undici stand fra porti e aeroporti dell'isola. Materia d'indagine per almeno due procure (Palermo e Caltanissetta) e per Raffaele Cantone, il presidente dell'Authority contro la corruzione che, appena il 16 gennaio scorso, ha annunciato che su Expo è stato avviato "il più grande controllo antimafia di tutti i tempi".
MARKETING DI IMMAGINE
Una rete di interessi così fitta è protetta anche da una stampa a volte troppo compiacente con Montante e i suoi amici. Al punto da proporre (l'ha fatto La Sicilia in un lungo articolo) la notizia di una laurea honoris causa in Economia e Commercio riconosciuta dall'Università "La Sapienza" all'imprenditore. L'ateneo ha smentito il giorno dopo. Era falso.
Nelle sue molteplici vesti istituzionali Montante ha spesso offerto un "sostegno" a mezzi d'informazione e singoli giornalisti. Da presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ha erogato una pioggia di contributi, sotto la voce "azione di marketing territoriale". Ne hanno beneficiato cronisti-scrittori, ancora prima della pubblicazione dei loro libri e testate web. Una settimana fa Il Fatto Nisseno, uno dei siti favoriti, ha cancellato un'intervista di Michele Costa (il figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980) che manifestava perplessità sull'opportunità che Montante - sott'inchiesta - mantenesse le sue cariche.
L'intervista è sparita nella notte "dopo devastanti pressioni". Un altro clamoroso caso riguarda un contratto di collaborazione per due anni - 1.300 euro al mese - che Confindustria Centro Sicilia (sempre Montante presidente) ha firmato con il responsabile delle pagine di Caltanissetta de Il Giornale di Sicilia. Tutti episodi, quelli citati, che hanno spinto l'Ordine dei giornalisti ad aprire un'indagine conoscitiva.
UN ALTRO PALADINO
Oltre ad Antonello Montante, c'è un altro campione dell'antimafia a Caltanissetta. Si chiama Massimo Romano, socio e amico del Cavaliere, è il proprietario di 34 supermercati sparsi per la Sicilia e, qualche anno fa, era già finito nelle pieghe di un'indagine sui "pizzini" di Bernardo Provenzano molto interessato alla grande distribuzione. Romano da molto tempo siede a tavoli istituzionali con questori e prefetti, è il presidente del Confidi (un consorzio che cede prestiti a piccole e medie imprese) e il suo nome è scivolato in un'operazione antimafia dove il fratello Vincenzo - secondo il giudizio dei magistrati - l'avrebbe tenuto fuori dalla faccenda delle estorsioni "per preservarlo da possibili negative conseguenze sia di immagine che di carattere giudiziario". Il doppio volto di Caltanissetta zona franca per la legalità.
L'IMPASTO
C'è promiscuità fra investigatori
e magistrati e l'indagato di mafia Montante. A Roma e in Sicilia. A
Caltanissetta - visti i suoi rapporti intensi con Angelino Alfano
che poi l'ha designato anche all'Agenzia dei beni confiscati -
Antonello Montante è riuscito, il 21 ottobre del 2013, a far presiedere al
ministro dell'Interno il comitato nazionale per l'ordine pubblico e sicurezza.
Un organismo che, solo in casi straordinari, si riunisce lontano da Roma. In
Sicilia non accadeva dai tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Perché la
scelta di Caltanissetta? Per farla diventare quella che non è mai stata, cioè
una roccaforte dell'antimafia.
In Sicilia e a Caltanissetta c'è una vicinanza molesta fra imprenditori e rappresentanti dello Stato (si racconta di questori che si trasformano in tappetini al cospetto di Montante, di prefetti che hanno ricevuto esagerate regalie), ci sono investigatori che si fanno assumere parenti e amiche dalla cordata (è il caso di un ufficiale della Dia e di un maggiore della Finanza), ci sono uomini dei servizi segreti che sguazzano allegramente nell'ambiente "antimafioso", c'è una prossimità imbarazzante con molte toghe. Tanto evidente che ha portato il nuovo presidente dell'Associazione nazionale magistrati Fernando Asaro a invitare i suoi colleghi "a una ineludibile concreta distanza da centri di potere economici ". Più chiaro di così.
17 FEBBRAIO 2015
La provocazione di Montante:
"Burocrazia peggio della mafia, il pizzo si paga con un conto in
nero"
Le immagini si riferiscono
all'incontro del 25 febbraio 2014 a Catania tra Confindustria e la giunta
comunale di Enzo Bianco nel corso del quale il presidente dell'associazione
siciliana degli industriali Antonello Montante – attualmente indagato
per presunti contatti con i boss - parla a lungo di mafia e
burocrazia, asserendo che quest'ultima è più dannosa della mafia. E che il
pizzo si può pagare con un conto in nero (Immagini di Angelo Capuano)
LEGGI SU PALERMO.REPUBBLICA.IT
COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA PER
I BENI CONFISCATI
Il delegato per la legalità di
Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende
dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo
riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE
LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive
Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni
trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco
delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori
siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che
avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come
hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo
mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di
portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato
decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale,
anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi
mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le
associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco
della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
MONTANTE, L'INDUSTRIALE PALADINO
DELL'ANTIMAFIA SOTTO INCHIESTA IN SICILIA PER MAFIA
Leader in ascesa, presidente
degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria Ora
però tre pentiti lo accusano. E dal suo passato spuntano fuori amicizie
compromettenti
di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO
C'È UN pezzo grosso dell'Antimafia dell'ultima ora che
è finito sotto inchiesta per mafia. È uno dei volti nuovi dell'Italia che
combatte i boss, ha rapporti stretti con più di un ministro e con tanti
prefetti, è il presidente degli industriali siciliani e il delegato per la
"legalità" di Confindustria. Ci sono alcuni pentiti che parlano di
lui e delle sue "pericolose frequentazioni". Come si chiuderà questa
vicenda - se c'è solo fumo o anche molto arrosto -
nessuno ancora lo può dire, di sicuro però Antonello Montante, uno dei
cosiddetti paladini delle battaglie antimafia più recenti (troppo recenti,
maligna qualcuno) è al momento indagato per reati di mafia alla procura della
repubblica di Caltanissetta. All'anagrafe è registrato come Antonio Calogero
Montante, ha 52 anni, è un siciliano di Serradifalco, provincia di
Caltanissetta - dove è anche presidente della locale Camera di
Commercio - ed è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2008. È a
capo di un impero nato negli anni '20 del secolo scorso con una fabbrica di
biciclette, è fondatore della "Msa", Mediterr Shock Absorbers Spa,
azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali
presente in tutto il mondo.
Su di lui c'è l'inchiesta di Caltanissetta e poi ce n'è un'altra a Catania, su una denuncia presentata nei mesi scorsi. Indagini blindatissime, sia per il "peso" del personaggio coinvolto sia per gli effetti che le stesse indagini potrebbero provocare. Per esempio, dal 20 gennaio 2015, il governo - su proposta del ministero dell'Interno - ha designato Montante componente dell'Agenzia dei beni confiscati. Una postazione strategica, lì si decide il destino di patrimoni sporchi per miliardi di euro.
L'inchiesta è nella prima fase e nessuno è nelle condizioni di prevedere dove potrebbe portare, ma fra le pieghe di questa storia ci sono già tutte le incoerenze di un'antimafia di fresca nascita - con patenti rilasciate con assai disinvoltura - e il paradosso tutto italiano di come si possa tranquillamente navigare da una sponda all'altra senza incertezze e contraccolpi.
COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA
L'AGENZIA PER I BENI CONFISCATI
Il delegato
per la legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si
sospende dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini
che lo riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA
DELLE FEMMINE
ANTONELLO
MONTANTE, BATTAGLIE (IGNORATE), DENUNCE (DIMENTICATE) DI MINISTRI E MAGISTRATI
E PAROLE (CALATE) DEI PENTITI
13
FEBBRAIO 2015
Il presidente di Confindustria Sicilia e delegato di
Confindustria nazionale sui temi della legalità Antonello
Montante sarebbe accusato da alcuni pentiti di essere in contatto o vicino
a mafiosi o ad ambienti mafiosi, dai quali avrebbe ricevuto favori ricambiati.
Ora, specificato che la magistratura (di Caltanissetta e
Catania che starebbero indagando) farà il suo corso (sul quale non mi permetto
di fare appunti), specificato che non mi permetto neppure di giudicare il
lavoro dei giornalisti che hanno scritto della vicenda, specificato che dei
pentiti (in generale) mi fido da sempre quanto un piranha negli slip e quando
ne ho trattato me ne sono dovuto pentire giurando a me stesso che si fottessero
tutti, ricordato che nessuno come i siciliani e i calabresi è
specializzato in “tragediate” (altresì chiamate “carrette”), specificato che
non compete a me prendere le difese di Antonello Montante (e infatti
non le prendo perché lo fa da solo e/o con i suoi avvocati), sottolineato che
fino a che ci sarà democrazia e libertà di opinione, stampa, giudizio, parola e
informazione, continuerò a ragionare con il mio cervello senza guardare in
faccia a nessuno, vi sottopongo, o cari lettori di questo umile e umido blog,
un mero contributo di riflessioni ad una vicenda nelle mani sacrosante della
magistratura.
1) Complimenti vivissimi alle menti
raffinatissime che, da alcuni mesi, stanno distillando le fughe di notizie
sulla (o sulle) indagini e/o procedimenti penali aperti nei confronti
di Montante. Gli ambienti investigativi e giudiziari, pronti, senza
scrupoli e contravvenendo ai principi costituzionali e a quelli scritti sulla
Carta europea dei diritti dell’Uomo, a indagare i giornalisti per concussione
(avete letto bene, con pene che arrivano a 7 anni di reclusione) quando danno
liberamente conto di procedimenti o indagini a loro sgradite, sono invece
rapidissimi nell’allungare la manina (a chi vogliono) con informazioni a
orologeria a qualcuno congeniali. Perché vedete, sia che si tratti di una
bufala accusatoria montata ad arte (dai pentiti suddetti che ovviamente
rappresenterebbero il braccio e non certo la mente), sia che si tratti di un
filone propizio per fare luce su presunti legami impropri tra mafia e
antimafia, queste fughe di notizie su indagini definite dai giornali
blindatissime (come? Blindatissime? Pensa te se non lo erano…) sono state
studiate a tavolino. Sono mesi, infatti, che si assiste ad un “distillato” di
voci e sussurri su Montante.
2) Un risultato immediato, le menti
raffinatissime che hanno cantato, l’hanno raggiunto: infliggere un colpo
durissimo all’antimafia. Non mi riferisco a quella dei nomi ma a quella dei
fatti e dei gesti. Ebbene, mi domando e vi domando: con quale forza e spirito
in Sicilia e al Sud (ma non solo) gli imprenditori vessati dalle mafie
continueranno a bussare alle porte delle forze dell’ordine e della stessa
Confindustria per denunciare i propri maledetti carnefici mafiosi? Credetemi
anche in questo caso: proprio questo è il momento più propizio. Denunciate la
mafia, perché è “merda”. Non solo quella fatta da picciotti e capibastone ma,
soprattutto, quella fatta di intelligenze al servizio del male. Chi denuncia è
sempre libero e ora più che mai, sono convinto, Forze dell’Ordine e
Confindustrie locali sono pronte ad accogliere e seminare legalità.
3) Ricordo che Francesco
Cossiga chiamava il sindaco di Palermo Leoluca Orlando,Leoluca Orlando
Cascio. Lo stesso Cossiga, che ovviamente era perennemente coperto da
immunità parlamentare e/o presidenziale, nel corso di una trasmissione
televisiva con Giuliano Ferrara, più di 20 anni or sono, spiegò che nella
prima relazione di minoranza della Commissione Antimafia degli anni ’70,
firmata dalla vittima della mafia, onorevole Pio La Torre, ammazzato nel
1982, il padre dell’allora onorevole Leoluca Orlando (Cascio),
celebre notabile Dc, era definito il collegamento tra la politici ed ambienti
salottieri palermitani del dopoguerra dove era facile che bianco e nero si
mischiassero.
Quando, oltre 20 anni fa, conobbi Leoluca, che non ricorreva
mai al doppio cognome (Orlando Cascio), di tutto mi preoccupai tranne che di
giudicarlo dalle gesta di suo padre. Ammesso e non concesso che fossero
nebulose. Un uomo politico – la stessa cosa, sublimata da poche settimane da un
elezione, si può dire per la famiglia Mattarella, di cui un membro è
diventato Presidente della Repubblica alla luce del sole e dell’ombra, visti gli
attacchi rivolti ai presunti trascorsi paterni – lo giudico dal momento e nel
momento in cui fa politica, cioè si prende cura di una collettività
amministrata. Il suo passato mi interessa ma solo se serve per dimostrare nel
presente e per il futuro, coerenza con i principi e i valori nei quali io
personalmente sono stato cresciuto e che insegno ai miei due figli. Se quei
valori sono contraddetti (onestà, probità, lealtà, legalità, incorruttibilità,
rispetto dei diritti e della legge e via di questo passo) me ne fotto di
passato, presente e futuro.
Bene. Mutatis mutandis, lo stesso discorso vale per chi
si oppone alla mafia tra gli imprenditori che (è il caso di Montante) ricoprono
anche fondamentali ruoli associazionistici.
Da quando io l’ho conosciuto (otto anni or sono iniziò la
battaglia confindustriale per l’etica d’impresa e la rivolta alla mafia prima
proprio a Caltanissetta e poi su per li rami in tutta Italia) i comportamenti e
il rigore di Montante mi sono apparsi conseguenziali a valori di dura
opposizione all’economia criminale e alla mafia sociale, che scorre a fiumi
nelle varie stanze dei bottoni di una classe dirigente sempre più corrotta.
Inutile ricordare le prese di posizione (tutti dobbiamo ricordare che è proprio
la parola il primo nemico della mafia, fondata non a caso sull’omertà) ma gli
atti sì: le espulsioni dei mafiosi o dei presunti mafiosi dalle associazioni, i
commissariamenti mai osati prima di alcune Confindustrie locali (do you
remember Reggio Calabria?), i protocolli d’intesa visti e rivisti per
renderli non chiacchere (di solito lo sono) ma concreti, l’azione di
rinnovamento nelle associazioni (comprese quelle camerali, o sono anche quelle
frutto di comparaggio?), l’obbligo di white list negli appalti pubblici, le
zone franche per attirare INVESTIMENTI nelle province palermitane e
nissene, la legalità al centro dell’azione degli industriali, il rating di
legalità per le imprese nei confronti delle banche e degli enti appaltatori, il
sostegno a quella magistratura che finalmente ha deciso di usare il
lanciafiamme contro le mafie e i sistemi criminali, le costituzioni di
Confindustria (proprio a Caltanissetta e poi ovunque) come parte civile nei
processi per mafia e la durissima lotta in Sicilia (poi ci torno) contro quei
centri di potere massonico deviato/mafioso che erano le aree di sviluppo
industriale.
Figuriamoci se, quando l’ho saputo, potevo e posso giudicare
le azioni di Montante per il fatto che quando aveva 17 anni un suo
testimone di nozze, venti anni dopo il matrimonio o giù di lì, da
incensurato passerà ad essere noto alla Giustizia, come suo padre che morirà
poi suicida in carcere nel 1992. Chi è senza peccato, scagli il primo
testimone.
4) C’è chi, in questi giorni, si sta prodigando
per srotolare “dietrologie” a giustificazione delle presunte dichiarazioni (da
riscontrare o pera della magistratura alla quale ci rimettiamo) dei pentiti (1,
5, 10, 100, boh!) contro Montante. E’ perché è stato nominato dal Governo
nella inutile (finora) Agenzia nazionale dei beni confiscati alle mafie! E’
perché il movimento antimafia si è sempre spaccato su tutto in Sicilia e dunque
è il risultato di una guerra intestina (ma intestina a chi?)! E’ perché chi
troppo vuole nulla stringe e, tranne la carica di sindaco, a Caltanissetta e a
Roma ormai lui è più di un papa! E’ perché queste cose entrano in campo mentre
si giocava (ma si gioca tuttora) la partita per occupare la poltrona di capo
della Procura di Palermo! E’ perché è amico di potenti troppo potenti in tutti
i campi: dalla politica alla magistratura! E’ così o cosà, lascio che ciascuno
dica la propria (rispetto tutti a maggior ragione, e lo dico in generale,
quando non sono d’accordo). Io aborro la dietrologia e faccio, umilmente,
riferimento ad un fatto, che sarà senza dubbio una coincidenza.
Se ho ben capito il capataz degli accusatori sarebbe
tal Salvatore Dario Di Francesco, che nell’area di sviluppo industriale di
Caltanissetta prestava lavoro.
Bene. Leggete quel che
denunciarono il 5 giugno 2014 anche (e sottolineo anche) in Commissione
parlamentare antimafia Montante e Ivanhoe Lo
Bello (vicepresidente nazionale di Confindustria) a proposito delle Asi
siciliane e non solo: «…ci troviamo, in Sicilia, in una situazione complessa,
che riguarda – voglio portarla all’attenzione della Commissione antimafia – il
ruolo dei consorzi di sviluppo industriale, che hanno dimostrato nel tempo di
essere un luogo di presenza capillare e diffusa di criminalità mafiosa. Oggi la
regione ha riportato al centro i consorzi, ma il presidente dei consorzi Asi,
oggi Irsap, è oggetto di continue intimidazioni. Peraltro, da tempo ha avuto un
aumento della scorta, il secondo livello, ed è costantemente attaccato da tanti
soggetti con minacce significative, su cui voglio richiamare l’attenzione della
Commissione antimafia. Mi riservo anche di fare arrivare alla Commissione
antimafia della documentazione sui temi dei consorzi di sviluppo industriale,
tema centralissimo anche nelle dinamiche nel rapporto tra cattiva impresa e
sistema mafioso» (Lo Bello).
«Abbiamo divulgato una cultura di
impresa nuova, sostenendo che forse era il caso di cambiare rotta, considerato
che nel 2005 e nel 2007 i presidenti delle Confindustrie siciliane erano stati
tutti indagati o arrestati per lo stesso problema, Palermo, Caltanissetta,
Enna. Il problema del consorzio Asi si conosceva, ma non era emerso.…
…Ha parlato il mio collega dei
consorzi Asi, che andavano oltre ogni immaginazione. Erano luoghi, come le
indagini e le condanne dimostrano, in cui le organizzazioni si riunivano. È
un’anomalia tutta nostra, tutta siciliana o del Mezzogiorno d’Italia. Erano
cose pazzesche.
Ricordiamo che e un imprenditore del nord, che doveva realizzare un opificio industriale, presidente, chiedeva l’autorizzazione al comune d’appartenenza, chiedendo la concessione Pag. 17edilizia per costruirlo. Parlo della Sicilia, ma possiamo anche parlare della Calabria e di altri luoghi. In Sicilia non era così. Bisognava andare prima al comune di appartenenza, chiedere l’autorizzazione alla costruzione dell’opificio, parlare con tutta la commissione edilizia, senza dimenticare nessuno, con l’ingegnere capo, ma non finiva lì.
Ricordiamo che e un imprenditore del nord, che doveva realizzare un opificio industriale, presidente, chiedeva l’autorizzazione al comune d’appartenenza, chiedendo la concessione Pag. 17edilizia per costruirlo. Parlo della Sicilia, ma possiamo anche parlare della Calabria e di altri luoghi. In Sicilia non era così. Bisognava andare prima al comune di appartenenza, chiedere l’autorizzazione alla costruzione dell’opificio, parlare con tutta la commissione edilizia, senza dimenticare nessuno, con l’ingegnere capo, ma non finiva lì.
Serviva il nulla osta del consorzio dell’area sviluppo industriale, un ente appaltante in contrapposizione al comune d’appartenenza. All’interno del consorzio Asi c’erano un presidente, un direttore generale, un ingegnere capo e una struttura infinita. Non lo ha citato Lo Bello, che ha fatto grandi cose, ma lascia il ruolo a me e mi fa fare bella figura, quindi racconto io che in una due diligence sempre a due abbiamo verificato che all’interno dei consorzi ASI c’erano insediate anche 30 aziende e il consiglio d’ammissione dello stesso consorzio era di 70 unità.
In Sicilia, ad esempio, il numero degli amministratori dei consorzi Asi era un totale di 800 persone, con circa 500 aziende insediate, quindi non è questo il problema. Oggi abbiamo copiato modello nazionale virtuoso. In realtà, lo ha fatto chi ha proposto la legge, in parte anche noi, e oggi un gruppo dirigente non è sostituito da un altro gruppo dirigente: si è sostituito quel modello e 800 persone sono sostituite da 5. Questo si è verificato.
Non vi ho detto cosa fossero i consorzi Asi dentro le Asi stesse, queste aree industriali: dei condomìni. Ho aziende da decenni al nord: ci si apre un’azienda in un’area a destinazione industriale e si chiede l’autorizzazione solo al comune. Poi c’è da versare ogni mese una quota per il giardinaggio esterno. Questo è un condominio, non con 30 aziende, bensì con 500 insediate.
I consorziati servivano, quindi, a controllare le aziende e poi diventavano i luoghi – parlo di inchieste e di condanne che vediamo ogni giorno – dove si incontravano i capimafia, non di nascosto, niente di segretato, bensì ufficialmente proprio lì nei consorzi. Facevano, quindi, riunioni con la mafia.
Non affidavano i terreni a veri imprenditori, ma a quelli a cui serviva il terreno, lo regalavano. Sono attive inchieste anche a Palermo, a Catania, a Caltanissetta, ad Agrigento. Non ne parliamo. Parlo, naturalmente, sempre della Sicilia.
L’attuale presidente Cicero è stato oggetto, e la notizia è pubblica, di inquietanti attentati. Gli stessi procuratori hanno sentito l’esigenza di esternarlo in maniera forte ricorrendo all’attività mediatica. Questo signore o questi signori vivano in uno stato di guerra vera.
Parliamo di ordigni, di commandi interi, sei persone, fortunatamente tutte fotografate, che arrivano con un mezzo perché volevano caricarlo o ammazzarlo. Fortunatamente, sono stati beccati dalle telecamere e quindi è stato sventato tutto. Non stiamo parlando, quindi, di fantasie, ma di cose serie. Queste sono le cose più grosse, poi ce sono si minori.
È saltato un sistema. Oggi le aree industriali danno a chi ha un progetto e anche subito. Oggi non ci sono più le consulenze, i vitalizi, non c’è spartizione politica e questo, naturalmente, ha fatto saltare i nervi. Oggi quell’organizzazione non controlla più le aziende, e quindi non sa a chi chiedere il pizzo e a chi non chiederlo. Questo è saltato.
Questo è ciò che fa Confindustria. Ho iniziato a dire che non siamo un’associazione antiracket, ma che dobbiamo dire al nostro associato che non gli conviene un certo comportamento. Se si è in un sistema malato, prima o poi si finisce come in quella due diligence mia e di Lo Bello, per cui dopo venti o trent’anni si crolla o lo Stato arriva e sequestra l’azienda o la sequestra la mafia o ti ammazzano comunque per strada. Penso che in parte ci siamo riusciti. Il problema è culturale, presidente, non di azioni o di legge, ma è un problema per cui bisogna comunque un po’ ancora forse aspettare» (Montante).
5) Il 24
gennaio 2015 il presidente della Corte di appello di
Caltanissetta, Salvatore Cardinale, in apertura di anno giudiziario dirà:
«ci sono ancora boss che impartiscono ordini dal carcere e che continuano a
mantenere e ad esercitare il loro antico potere. Il periodo preso in esame, è
stato caratterizzato da intimidazioni, minacce, insinuazioni e delegittimazioni
varie rivolte a magistrati, funzionari pubblici e rappresentanti di
organizzazioni private, specie quelli più esposti sul campo dell’antimafia e
della lotta all’illegalità.
Si tratta di segnali che sembrano
manifestare un parziale cambiamento della strategia fin qui perseguita del
cosiddetto “inabissamento” a favore della scelta di una maggiore visibilità
anche mediatica dell’insofferenza sempre più crescente verso l’azione di
contrasto che tuttora è condotta dallo Stato e che trova l’adesione in alcuni protagonisti
di un’imprenditoria libera e illuminata.
In tal senso, da parte degli
investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici
confindustriali siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo
subdolo della diffamazione e del discredito mediatico, e l’accentuata campagna
di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari protagonisti
dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che
potrebbe tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi
i due “avvertimenti”, uno dei quali consumato a Caltanissetta, posti in essere
contro il Presidente dell’Irsap».
La domanda sorge spontanea: è
impazzito il procuratore generale che parla di «imprenditoria libera e
illuminata…di intimidazioni, minacce, insinuazioni, delegittimazioni, metodi
subdoli e discrediti mediatici» in corso nei confronti anche dei vertici
confindustriali nisseni e siciliani oppure i pentiti? Non dico tanto ma se
avessi ricevuto io la soffiata sulle presunte indagini su Montante (a
quando Lo Bello?) questa domanda me la sarei fatta e quantomeno avrei
tenuto acceso il falò del dubbio.
6) Già perché, guardate voi come
è corta la memoria, il 21 ottobre 2013, a Caltanissetta, ci fu una
riunione straordinaria del Comitato nazionale per l’ordine pubblico per
fronteggiare il rischio di nuovi attentati di cui nessuno, i questi giorni, si
è ricordato. Senz’altro le menti raffinatissime hanno sperato nell’oblio.
Mai come in quei mesi, le
speranze di cambiamento, descritte sui media di tutto il mondo dopo la
decisione – di Confindustria Sicilia prima e Confindustria nazionale poi – di
mettere all’angolo gli imprenditori che non denunciavano pizzo e mafie,
apparivano lontane, sotto assedio e a rischio.
«A Caltanissetta è scesa in campo la squadra-Stato al massimo livello, dal Procuratore nazionale antimafia ai vertici delle Forze dell’ordine, dai prefetti alle Dda, al Governo», disse il ministro dell’Interno Angelino Alfano, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse il rischio che Cosa nostra alzi il tiro. «Non possiamo escludere – ha detto – che questo sia l’intendimento della mafia». Poi il ministro ribadì sostegno e vicinanza agli imprenditori, «a cominciare da Montante e Lo Bello che si sono ribellati al racket».
«A Caltanissetta è scesa in campo la squadra-Stato al massimo livello, dal Procuratore nazionale antimafia ai vertici delle Forze dell’ordine, dai prefetti alle Dda, al Governo», disse il ministro dell’Interno Angelino Alfano, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse il rischio che Cosa nostra alzi il tiro. «Non possiamo escludere – ha detto – che questo sia l’intendimento della mafia». Poi il ministro ribadì sostegno e vicinanza agli imprenditori, «a cominciare da Montante e Lo Bello che si sono ribellati al racket».
7) Ma attenzione ora
ad un’altra data: il 17 settembre 2013, il Comune di Chianciano Terme (Siena)
mise sul proprio sito istituzionale foto e cronaca di un convegno sulle stragi
di mafia del ’92 che si era tenuto due giorni prima nella sala Fellini delle
Terme e passato sotto drammatico silenzio a livello nazionale. Anch’esso
passato nel dimenticatoio della stampa e dalla speranza di oblio delle menti
raffinatissime. «È in corso una campagna di delegittimazione da parte di centri
di poteri occulti – dichiarò in quell’occasione il procuratore di
Caltanissetta Sergio Lari – che mirano a screditare chi in
Sicilia combatte con i fatti malaffare e mafia. Ci sono centri di potere,
collegati sicuramente con le organizzazioni mafiose, che utilizzando nuovi
mezzi di comunicazione come blog, social network o fantomatici giornali online
e gettano sospetti e fango su chi l’antimafia la fa davvero, ovvero con i
fatti. Hanno avviato una campagna di delegittimazione, oltre a proseguire con
gli avvertimenti. Continuano ad arrivare buste con proiettili, croci ed altri
messaggi inquietanti».
8) Dunque eravamo a
settembre 2013 e Lari, vale a dire il capo della Procura che ora con
quella di Catania starebbe indagando su Montante, un anno e mezzo fa
parlava di centri di potere che ordiscono campagne di delegittimazione e
discriminazione utilizzando ogni mezzo possibile e immaginabile. Certo, non
c’erano nomi e cognomi maLari, un mese dopo quelle frasi, a ottobre, sarà alla
riunione del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, con un ministro
dell’Interno che invece fece i nomi di coloro che si erano ribellati al racket,
a partire (i nomi li ha fatti Alfano, non io o voi) da Lo
Bello eMontante. E poche settimane fa, un procuratore
generale, Cardinale, metterà in fila gli avvenimenti senza peli sulla
lingua. Due più due fa ancora quattro?
Di questo incontro a Chianciano
Terme, a parte le cronache locali toscane e siciliane, la grande stampa si
disinteressò, perché un annuncio di morte non è una notizia. Quelle che
sgorgano dalle menti raffinatissime – che, ripeto, siano fondate o meno –
si.
Le mafie hanno memoria lunga e non basta una vita per cancellarla.
Tifo, come sempre, per la
Giustizia e spero, nel nome dell’Italia onesta nella quale senza se e senza ma
mi riconosco, di sapere prestissimo la verità. I miei principi non cambieranno.
Ne usciranno rafforzati.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO
ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE
CANNOVA GIANFRANCO ASCESA
E DECLINO DELL'ANTIMAFIA DEGLI AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE"
Giulio Ambrosetti
Un' inchiesta coinvolge la
dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici
antimafia che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi
"comitati d'affari". Mala gestione dei beni sequestrati alla
mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo
dei fondi europei, privatizzazione degli aereoporti... La
magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?
Tira un’aria pesante in questi giorni lungo l’asse
Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia e antimafia c’è un po’ di
‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie strane. E un’inchiesta
su presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente di Confindustria
Sicilia, Antonello Montante, considerato uno degli uomini di punta
dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di pentiti di Cosa
nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze, ovviamente. Ma
il fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’, nell’Isola,
stanno cambiando. Anche, anzi soprattutto per chi, dal 2008, di diritto o di rovescio,
esercita in Sicilia un potere pieno e, adesso, un po’ controllato: il senatore del
Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.
E’ lui, ormai da sette lunghi anni, l’uomo politico più potente della nuova e della
‘vecchia’ Sicilia. E’ lui il garante di tanti, forse troppi accordi in bilico
tra politica, economia e chissà cos’altro ancora. A lui fa
riferimento Antonello Montante, oggi sfiorato dal dubbio che dai tempi di
Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni illumina come un’ombra sinistra
tanti politici siciliani ascesi al soglio del potere. Dubbi che, nel caso
dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si sono trasformati in condanna
a sette anni per mafia. Dubbi che hanno accompagnato il suo successore,
Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una condanna di primo grado
sempre per mafia (in questi giorni dovrebbe iniziare il processo di secondo
grado). Ogni storia giudiziaria, ogni inchiesta dei magistrati inquirenti, si
sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in questa vicenda il contesto
politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che coinvolge Montante.
Proviamo a illustrarla.
In politica sono importanti i segnali. E il primo segnale
sinistro è arrivato circa una settimana prima del ‘siluro’ che ha colpito il
presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la scoperta che la Regione
siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente - anche lui,
neanche a dirlo, personaggio legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è
costituita parte civile in un procedimento giudiziario che coinvolge un
funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata
costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni,
potrebbe essere legata al fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova,
era il responsabile del procedimento amministrativo di importanti
autorizzazioni ambientali. La firma sui provvedimenti di autorizzazione
non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di un funzionario e non di un
dirigente.
Viene da chiedersi, a questo punto, perché hanno arrestato
lui, se a firmare erano, a norma di legge, altri dirigenti. E’ in
questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile da
parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è un comitato
di affari.
E questo comitato di affari che la Regione sta cercando di
proteggere non costituendosi parte civile?
E’ Cannova non sa nulla di questa storia?
Le domande sono più che legittime, perché quello che sta
succedendo è veramente strano.
In ogni caso, per il presidente Crocetta - un personaggio
che, a parole, si proclama sempre antimafioso e paladino della
cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso in cui avesse
semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel caso in cui si
dovesse venire a scoprire che dietro questa storia c’è un comitato di affari.
La cosa strana è che gli ultimi due dirigenti che stavano sopra
il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo - Vincenzo
Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’
Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo
politico siciliano, è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale
dei Rifiuti.
Una settimana dopo lo scivolone di Crocetta (che comunque,
come già accennato, non è nuovo a questo genere di ‘stranezze’, se è vero che
il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato le regole
sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non
sfugge che il presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni
confiscati e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla
politica italiana, della cui presenza in vita i cittadini del nostro Paese non
avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno.
Su questo punto è bene essere chiari. Dei beni sequestrati e confiscati alla mafia si
occupa già la magistratura. Ci sono state polemiche sul fatto che
chi va a gestire questi beni - che di solito sono avvocati e commercialisti
nominati dai magistrati - non avrebbe e competenze imprenditoriali per gestire
aziende confiscate che poi, magari, falliscono. Il problema esiste. Ma non si
capisce perché, a risolverlo, dovrebbero essere soggetti nominati da una
politica che spesso è collusa con la mafia.
Insomma, senza girarci tanto attorno, il dubbio, tutt’altro
che campato in aria, è che la politica stia provando a togliere ai magistrati
la gestione dei beni confiscati alla mafia. E siccome sono noti i rapporti tra
mafia e politica, non è da escludere che i politici, con questo stratagemma,
puntino a restituire, sottobanco, i beni confiscati ai mafiosi o ai loro
eventuali prestanome.
Nessuno, per carità!, vuole offendere i soggetti - Prefetti
in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i beni confiscati o sequestrati
alla mafia. Le nostre sono semplici considerazioni politiche che non
coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate, piaccia o no, alla storia del
nostro Paese. E’ un peccato di lesa maestà ricordare - lo faceva nei primi del
‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel Sud d’Italia, esercitava il suo potere
proprio con i Prefetti in combutta con i prepotenti e i mafiosi dell’epoca? E
ci sono dubbi sul fatto che, in Italia, ancora una volta, l’ultimo baluardo contro un’illegalità mai doma
è rappresentato dalla magistratura?
Detto questo, la politica farebbe bene a sbaraccare subito
questa inutile Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia. Quanto
ai problemi legati alla mancata gestione imprenditoriale delle aziende
confiscate alla criminalità organizzata, beh, è sufficiente affiancare ai commercialisti
e agli avvocati imprenditori o associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la
magistratura e non i politici attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla
politica!
Fine delle considerazioni sull’aria pesante che oggi si
respira nell’Isola? Niente affatto. I cambiamenti in corso sono ancora più
profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994, pensava di essere immune da
qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse in parte è stato così. Chi
scrive ricorda un sindaco di Corleone di sinistra che in quegli anni affidava e
rinnovava appalti a una società riconducibile a parenti stretti del boss
Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del miliardo di vecchie lire
messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI, affidati a soggetti dell’antimafia, di
cui non si è saputo più nulla.
Tra i personaggi che hanno sempre ‘navigato’ in un’Antimafia
molto discutibile c’è il già citato senatore Lumia. Che oggi non sembra più il
politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha creduto che lui e i
personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a rispondere del
proprio operato. Forse perché ha pensato, errando di grosso, che la
magistratura era assimilabile agli altri poteri dello Stato italiano, più o
meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la
magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar,
sigla che sta per Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la
Corte dei Conti stanno rispondendo ai prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi,
vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della legalità.
La vicenda che oggi coinvolge Montante - vicenda, lo
ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti ancora tutte da verificare -
arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata ad andare lontano.
Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008 tiene in pugno la
Sicilia. Chi scrive, già nei primi mesi dello scorso anno, sul quotidiano on
line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo strano caso di Patrizia Monterosso, segretario generale della
presidenza della Regione (in pratica, il più alto burocrate della Regione
siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della propria Autonomia, potrebbe essere
assimilato a uno Stato americano se la stessa Autonomia venisse applicata
correttamente: cosa che non avviene), e di suo marito, l’avvocato Claudio
Alongi. Con la prima che si pronunciava su un incarico del marito
presso la stessa amministrazione regionale! E con il secondo che
forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa
amministrazione regionale!
Entrambi in palese conflitto di interessi.
Quando abbiamo scritto queste cose ci hanno quasi presi per
matti. Non ci credevano. Ma oggi questa vicenda è diventata di dominio
pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle autorità competenti.
Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del senatore Lumia.
Il senatore Lumia - che è il vero presidente ‘ombra’ della
Regione siciliana, in quanto inventore della candidatura di Crocetta
insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via di decomposizione
politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del ‘siluro’ che in questi
giorni ha centrato Montante, lo stesso segretario generale della presidenza
della Regione, la già citata Patrizia Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei Conti al
pagamento di oltre un milione di euro (€
1.279.007,04) per fatti riguardanti il settore della formazione
professionale. ( Sent. n. 401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )
Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di potere di Lumia -
la dirigente generale del dipartimento Lavoro della Regione, Anna Rosa Corsello
- è stata di recente ‘bastonata’ dal Tar Sicilia, che ha dichiarato nullo un
atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del decreto di
accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto essere firmato
dal presidente della Regione e che, invece, è stato firmato dall’ex assessore
regionale, Nelli Scilabra). Il decreto dichiarato nullo dal Tar Sicilia
potrebbe avere effetti dirompenti, perché sui SOLDI già spesi sulla base di un decreto
nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione di responsabilità a carico
dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di euro).
Non solo. Sembra che, adesso, anche l’Unione europea si stia
svegliando. Fino ad oggi Bruxelles, sulla formazione professionale, ha fatto
finta di non vedere violazioni incredibili. I burocrati legati all’attuale
governo regionale hanno bloccato l’assegnazione di fondi europei per rivalersi
su errori commessi nell’erogazione di fondi pubblici. Solo che i fondi erogati
irregolarmente erano regionali, mentre quelli con i quali la Regione ha provato
a rivalersi erano europei. Due tipologie di fondi pubblici non sovrapponibili.
Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare l’erogazione
di fondi europei per recuperare fondi regionali erogati illegittimamente.
Ma c’è, nella gestione della formazione professionale
siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a monte. Una storia molto più
grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi europei, per definizione,
sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai fondi nazionali e regionali.
La Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i fondi europei sostituendoli
totalmente ai fondi regionali. E questo non si può fare. Non a caso è in corso
una class action da parte del mondo della formazione professionale siciliana
contro la Regione che, ormai da quattro anni, non si dota del Piano formativo
regionale della formazione professionale con fondi regionali, finanziando tutto
con le risorse del Fondo sociale europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe
fare perché a vietarlo è la stessa Unione europea che, fino ad oggi, violando
leggi e regolamenti che essa stessa si è data, fa finta di non vedere tutto
quello che succede in Sicilia in questo settore, rendendosi complice di
un’irregolarità ai danni di se stessa.
Tutto questo vale per il passato e per il presente. Ma il
‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema di potere del senatore Lumia
riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda caso in questi giorni, si
è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono gli aeroporti siciliani.
Sono la Sac, che gestisce gli aeroporti di Catania Fontanarossa e Comiso; la
Gesap, che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ di Palermo; e l’Airgest,
che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani. Per motivi ‘misteriosi’
queste tre società - fino ad oggi controllate da soggetti pubblici - dovrebbero
essere privatizzate. Si tratta di società che, se gestite con oculatezza,
potrebbero dare utili e ricchezza alla collettività. Ma siccome siamo in Italia
questa ricchezza se la debbono incamerare i privati. A questo sembra che punti
il governo Renzi che, non a caso, su questi e su altri argomenti è
perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della sinistra che lo stesso
Pd di Renzi dice di rappresentare!
L’affare più grosso è rappresentato dall’aeroporto di
Catania, il più importante della Sicilia, destinato a diventare un hub. Non a
caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco Ivan Lo Bello, altro
esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi prenderà il controllo
della Sac - società per azioni oggi controllata dalle Camere di Commercio di
Catania, Siracusa e Ragusa, dall’Istituto regionale per le attività produttive
e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà pure la gestione
dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il flusso turistico
verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta
l’ortofrutta prodotta nelle serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e
Licata.
Un po’ meno importanti - ma non per questo da tralasciare -
gli aeroporti di Palermo e Trapani. Nella Gesap - società che, come ricordato,
gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ - troviamo la Provincia di Palermo
come socio di maggioranza, poi il Comune e la Camera di Commercio, sempre di
Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per cento alla Provincia di Trapani,
per il 2 per cento alla Camera di Commercio, sempre di Trapani, e per il
restante 49 per cento a un gruppo di privati.
Non sfugge agli osservatori che Montante, oltre che
presiedere la Camera di Commercio di Caltanissetta, è presidente
dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della Sicilia. E
le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni delle
società aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso vale
per le Province siciliane, tutte commissariate e gestite dalla stessa Regione,
cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…
Insomma, i conti tornano. O meglio, cominciano a non tornare
per Lumia, per Montante e per Crocetta. Tre personaggi che hanno fatto fortuna
utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio per la politica (e per gli
affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in difficoltà.
Una caduta che non sembra risparmiare nemmeno il numero due
di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, titolare della più grande
discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in provincia di Agrigento. Sotto
scacco - non a caso sempre da parte della magistratura - è finita tutta la
gestione dei rifiuti in Sicilia imperniata ancora sulle discariche. Una follia
tutta siciliana che inquina l’ambiente.
Va ricordato che quasi tutte le discariche siciliane non
sono a norma di legge. Nelle discariche non possono essere sotterrati i residui
organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe lavorato a parte. Invece in
quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di immondizia entrano,
scaricano e vanno via. Ma questo non si può fare, la legge non lo consente. E
invece si fa. Ma adesso la festa sembra finita.
Non va meglio per la gestione dell’acqua. Tutti in Sicilia
sanno che, in due anni e oltre di legislatura, il Parlamento siciliano, di
fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa popolare per il ritorno
alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia, è sempre stata contro
l’acqua pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero Vizzini e Giuseppe Genco
Russo. Ed è così anche oggi che la mafia opera da Bruxelles, imponendo i
proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil dei Paesi dell’Unione
europea.
La mafia non vuole il ritorno all’acqua pubblica. E la
politica siciliana si sta adeguando alle ‘richieste della mafia che, come
insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono rifiutare. Questo spiega
perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana è mobilitata a
bloccare i tentativi di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse
dei cittadini. Un esempio ‘intollerabile’…
Insomma, tutto il mondo che gira attorno a Lumia, Montante,
Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è un mondo di politica legata agli affari,
dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla gestione della burocrazia,
dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino all’acqua - in un modo o nell’altro
non sembra più in sintonia con una certa idea di antimafia. La Giustizia da una
parte e i grandi interessi che si scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando
in Sicilia nuovi scenari.
BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA DECRETO-ACCREDITAMENTI
ANNULLATO
Venerdì 30 Gennaio 2015 -
17:27 di Accursio
Sabella
I giudici amministrativi hanno
accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto
dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti
pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal
governatore.
PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta.
Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo della Formazione. I
giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina tra enti e
associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina
gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei
confronti del passaggio in cui si prevede la revoca dell'accreditamento in caso
di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica amministrazione. Un
provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del
buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto,
l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e
sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il motivo è quasi grottesco:
quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva invece – stando allo
Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone
clamoroso.
Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.
In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.
I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.
Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.
L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI
MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
10 OTTOBRE 2014
FORMAZIONE
E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei
dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio
della procura della repubblica di palermo
Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei
tirocini formativi finanziati con le risorse del Piano Giovani e sul flop day
dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale
dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale ha esaminato, davanti ai
magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti
gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i
tirocini formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del
Ministero del lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno
focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della vicenda che la dottoressa
Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata dall'ampia
documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta
di Italia lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e
Sviluppo Italia Sicilia. Atti amministrativi effettuati dall'Amministrazione
regionale sulla base di un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di
Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i
problemi generati dall'utilizzo del sistema informatico che, inceppatosi lo
scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con le aziende
decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli
affidamenti diretti inerenti al sistema informatico Silav creato per gestire le
adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia Giovani Sicilia e
che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A
tal riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato
oggetto di confronto nel corso del citato interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è
destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che possono usufruire di un periodo
di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una somma pari a
500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso
di 250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS finale nel caso di assunzione a
tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.
Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora
assegnati per l'insipienza del Governo regionale. Anche per questo - e non solo
per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori della Formazione
professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da
parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività
amministrativa. L'Amministrazione regionale sta ancora valutando se validare il
click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova finestra per garantire
l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte'
assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che sono riusciti a collegarsi
al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non sono
riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in
redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della dottoressa Anna Rosa
Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente generale
dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di
assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse
specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie
e dettagliate spiegazioni in ordine agli articolati passaggi tecnici
che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da
magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima
stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me
richiesto e mi sono presentata accompagnata dai miei legali - racconta al
giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna
della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti
per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti
la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice
l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale - e
non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare gli atti
che producevo".
"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di
verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex dirigente generale dei
dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure
amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi
rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno seguita con molta
attenzione".
L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
24 SETTEMBRE 2013
POLITICA –
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di
giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio?
il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da
beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in
sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei
"professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso
della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di
palermo.
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani?
Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi,
prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A
generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a
Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo
Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di
Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in
corso al San Paolo Palace di Palermo.
Il Senatore, con la
sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo:
Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il
mondo come volontà e rappresentazione". Di che si
tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli
esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il filosofo
tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E, in
effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce
solo lui:
"Questo e' un partito che si
isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente
per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I
cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente
nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande
risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il
documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone
l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di
quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto
ci risulta, si parla di un Governo che si era
presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro
affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli
apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro
che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio
partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove
spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo
ma che tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno
schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di
Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il 21 Settembre scorso,
ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.
Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni
nell'Universo, e che magari, si è fermato anche al San
Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.
12 luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che
domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a
Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona
industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad
accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha
differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro
di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i
prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi
obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie
al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di
un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola,
di Marco Benanti
PENTITI
CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo
carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della
procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario
di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette
fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di
Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del
ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni
confiscati
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli
imprenditori siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa
Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di
Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello
Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo
l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe
sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta
top secret quella su Montante, indicato pochi giorni fa dal ministero dell’Interno come componente
dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari
confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio
Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di Francesco, mafioso
di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla
Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati
nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale,
dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato definito
‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della
provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di
quest’ultimo, Paolino
Arnone era un
boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno
del ’92 dopo una retata), che è stato compare
di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani:
in rete venne diffusa una foto di Montante
insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un
giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due
erano proprio Paolino
e Vincenzo Arnone. Anche
queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine,
rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il
leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro
non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che
parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con
una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr
Shock Absorbers spa,
un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il
mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria:
nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato
tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali
siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione
antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo,
gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati
vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via
definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è
limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari,
interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria
Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è
considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in
questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria
siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha
avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario
Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio
per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti
politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue
‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La
Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto
ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ
MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”
Praticamente Montante, siccome avevo
scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende
posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello
sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con
Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E
Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto
che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando
era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014
Dopo sette mesi dal suo
siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe
Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice
presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore
del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle
autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle
piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella
di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di
Confindustria Sicilia”.
Detto e sottoscritto
da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega
ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14
aprile scorso.
Oggi Marino rompe un
lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo
scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre
discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti
pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle
Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la
criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato
l’immondizia della Campania”.
È un fiume in piena l’ex
magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha
cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio
mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di
Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni
scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche
questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al
mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e
della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire
spazzatura” stanno venendo al pettine.
“La verità –
dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del
ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene
comune”.
A difendere l’ex assessore
scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino
Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di
Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore
Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
“Va ricordato al presidente
Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni
rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a
favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.
E poi: “Catanzaro è il primo
imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta.
Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza
rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di
vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione
ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in
legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in
quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata
la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è
che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito
nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza
rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un
attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con
dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.
Perché Crocetta difende Catanzaro
e attacca Marino?
“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.
Perché, dottor Marino, lei accusa
anche il presidente di Confindustria?
“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo
vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non
posso’.
‘Allora
veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel
Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi
di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando
Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato,
nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul
mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori
di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su di
te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di
questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti
di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione
contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque,
l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una
cosa del genere”.
E Crocetta?
“Cambiò discorso”.
Cosa avvenne a seguito della sua
inchiesta?
“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.
Qual è il ruolo del senatore
Lumia?
“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.
Perché Crocetta la nomina
assessore?
“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.
Un’operazione di facciata?
“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.
12 novembre 2014
RIFIUTI,
MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino,
in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La
Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino.
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello
Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il
dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,
“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre
che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e
completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa
nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e
all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato
destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime
per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo
stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino,
sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la
realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il
governatore della Sicilia Rosario Crocetta,
“protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe
Lumia (“ha sempre
sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante,
sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di
Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente
della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra
fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito
dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans.
A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per
la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea:
“Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una
seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio,
Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia:
“È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione
Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo
ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato
Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto
nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda –
aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che
rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta
storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si
dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”.
“Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle
scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non
potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di
attaccare l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle
discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi –
conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue
affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA
SOLO?
La notizia è “il Presidente di
Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la
magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9
Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per
mafia“.
Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad
essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della
legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla
mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia
È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria
siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era
puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma
non solo.
Marino ha indicando ciò che a suo parere
costituisce un sistema di potere e di collusioni formato
da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?),
Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come
sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione
siciliana.
Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato
Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito.
Anzi, ha rincarato la dose.
Questa Amministrazione – scrive
Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni
s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di
Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis
S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione
alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH”
della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per
discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta
culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per
il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in
rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe,
VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in
provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del
Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante
all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.
Montante indagato per mafia. Mah!
A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci
sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:
È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo
dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle mafie sia anche uno dei più
influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la gestione dei beni
confiscati a Cosa Nostra?
Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.
Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di
Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la Commissione nazionale
Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona l’ing. Domenico
(Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.
I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito
Guarrasi di Palermo2 .
Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).
Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.
Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione
del trattato di Cassibile, rappresentando gli interessi della mafia.
Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il
deputato comunista Emanuele Macaluso furono i fautori e i sostenitori
della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un
secondo governo, dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe
allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici
di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già
aveva rotto con Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.
La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso
Guarrasi) grande attore del “Caso Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo
stesso Enrico Mattei.
È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano
Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato
direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute dalla Commissione
parlamentare antimafia negli anni ’70.
Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata
dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo Siino, il gestore degli
affari economici di Cosa Nostra
Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera
erano “i ragazzi”.
Montante e Lo Bello (e Catanzaro)
son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e Sicilia
est al secondo.
Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al
primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e
Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal Governo Crocetta in
condizione di commissariamento di dubbia legittimità.
Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!
Dice il deputato regionale siciliano Leanza4
Lo Bello e Montante? Sono i padroni
della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati
dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole sostengono che sia tutto
“teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di Commercio
siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.
E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per
mafia.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE
FEMMINE
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA
DELLE FEMMINE
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