GIARDINELLO, IL TAR REINTEGRA IL SINDACO DEL COMUNE SCIOLTO PER
MAFIA
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 14464 del 2014, proposto da:
Giovanni Geloso, Brusca Gabriele
Nunzio, Candela Rosario, Caruso Andrea, Caruso Giacomo, Di Napoli Vito
Antonino, Polizzi Pietro Angelo, Provenzano Giuseppe, Donato Francesco, Abbate Giusi,
Gaio Lino, rappresentati e difesi dagli avv. Giovanni Immordino, Giuseppe
Immordino, Giuseppe Nicastro, con domicilio eletto presso Bruno Imbastaro in
Roma, Via dell'Acqua Traversa
N.185;
contro
Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Ministero dell'Interno, U.T.G. Prefettura di Palermo, rappresentati
e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei
Portoghesi, 12; Comune di Giardinello;
per l'annullamento
del decreto prot. n.
2462519/08/2014 dell'11.8.2014 con il quale il Presidente della Repubblica ha
disposto lo scioglimento del
consiglio comunale di Giardinello (Pa), nonchè la nomina della commissione
straordinaria con le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta
e al sindaco;
della proposta del Ministro
dell'Interno e della Relazione del 5.8.2014, allegata al medesimo decreto del presidente della Repubblica sopra
menzionato e che ne costituisce parte integrante;
della deliberazione del
Consiglio dei Ministri adottata nella riunione dell'8.8.2014, in parte qua;
della Relazione prot. n.
866/R/2014 del 14.5.2014 della Prefettura di Palermo Area II raccordo Enti Locali;
del decreto n. 1405/N.C./2014
dell'11.8.2014 del Prefetto della Provincia di Palermo con il quale è
stata disposta la sospensione
degli organi del Comune di Giardinello (PA) dalla carica ricoperta, nonchè da
ogni altro incarico ad essa connesso e la provvisoria gestione dell'ente ad una
commissione straordinaria ai sensi dell'art. 143 TUEL;
nonchè di tutti gli altri atti
presupposti, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in
giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero
dell'Interno e di U.T.G.
Prefettura di Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica
del giorno 14 gennaio 2015 il dott. Raffaello Sestini e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 I Signori Giovanni GELOSO,
Gabriele Nunzio BRUSCA, Rosario CANDELA, Andrea CARUSO, Giacomo CARUSO, Vito
Antonino NAPOLI, Pietro Angelo POLIZZI, Giuseppe PROVENZANO, Francesco DONATO,
Giusi ABBATE, Lino GAIO, ricorrono davanti a questo Tribunale per
l’annullamento dei provvedimenti che hanno portato allo scioglimento degli
organi di
governo del Comune di
Giardinello, in provincia di Palermo, chiedendo di essere reintegrati nelle funzioni precedentemente svolte.
2 In particolare, con il
ricorso in epigrafe chiedono l'annullamento, previa sospensione dell'esecutività, dei seguenti provvedimenti:
a) decreto prot.
n.2462518/9/2014 dell'11.8.2014 con il quale il Presidente della Repubblica ha
disposto lo scioglimento del
consiglio comunale di Giardinello (Pa), nonché la nomina della commissione
straordinaria con le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta
e al sindaco;
b) proposta del Ministro
dell'Interno e della Relazione del 5/8/2014, allegata al medesimo decretodel
Presedente della Repubblica sopra menzionato, e che ne costituisce parte
integrante;
c) deliberazione del Consiglio
dei Ministri adottata nella riunione dell'8.8.2014, in parte qua;
d) relazione prot. n. 866/R/2014
del 14.5.2014 della Prefettura di Palermo Area J1A Raccordo Enti Locali;
e) decreto n.1405/N.C. 2014
dell'11.8.2014 del Prefetto della Provincia di Palermo con il quale è stata
disposta la sospensione degli organi del Comune di Giardinello (PA) dalla
carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, e la
provvisoria gestione dell'ente ad una commissione straordinaria ai sensi
dell'art. 143 T.U.E.L.;
f) tutti gli atti presupposti,
connessi e consequenziali;
3 – In particolare, riferisce
l’Amministrazione dell’interno –costituitasi in giudizio con l’Avvocatura dello
Stato che nel quadro delle iniziative finalizzate alla prevenzione di fenomeni
riconducibili alle interferenze della criminalità organizzata all'interno degli
Enti locali, è stata svolta
un’indagine del Nucleo
Investigativo Carabinieri di Monreale, confermata dalle successive operazioni
di polizia giudiziaria denominate "Nuovo Mandamento" e "Nuovo
Mandamento 3", che
hanno portato all'arresto di
vertici ed affiliati della consorteria mafiosa, anche del territorio di
Giardinello, che avrebbero fatto emergere, tra l'altro, l'esistenza di
collegamenti diretti ed indiretti tra la criminalità organizzata ed amministratori
del Comune di Giardinello nell’ambito della riorganizzazione territoriale di
"Cosa Nostra" nella parte occidentale della provincia di Palermo.
Pertanto il Prefetto di Palermo,
con decreto n.69/14/ N.C. del 17 gennaio 2014, su delega del Ministro dell'Interno
(giusta D.M. n. 17102/128/56/19 emanato il 14 gennaio), ha disposto l'accesso
presso il Comune di Giardinello e
la contestuale nomina di una Commissione d'indagine, che ha redatto una
dettagliata relazione, classificata come documento riservato e trasmessa al
Ministero dell'interno. Il contenuto della suddetta relazione è stato
illustrato nel corso della riunione svoltasi il
14 maggio 2014 del Comitato
Provinciale per l'Ordine e Sicurezza Pubblica integrato, per l'occasione, con
la partecipazione del rappresentante della Procura della Repubblica DDA,
presso il Tribunale di Palermo che ha
convenuto sulla sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi
comprovanti collegamenti tra gli
amministratori di quel Comune e la criminalità organizzata, ai sensi dell'art.
143, comma 4, del decreto n. 267/2000. Quindi il Prefetto, con lettera n.
866/R/2014 del 14 maggio 2014, ha
trasmesso al Ministro dell'interno una dettagliata relazione e l’8 agosto 2014
il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha deliberato
lo scioglimento del Consiglio Comunale di Giardinello. Ha fatto seguito
l'emissione del Decreto del Presidente della
Repubblica dell'11 agosto 2014
con il quale è stata contestualmente nominata la Commissione Straordinaria per
la gestione di quel Comune.
Nelle more, con decreto
prefettizio dell'11 agosto 2014 è stata disposta, ai sensi dell'art. 143, comma
12, del T.U.E.L. la sospensione degli organi del Comune di Giardinello dalla
caricaricoperta, nonché di ogni altro incarico ad essa connesso, affidando la
provvisoria amministrazione dell'Ente locale ai Commissari Straordinari già
individuati.
4 Al riguardo i ricorrenti
propongono una pluralità di motivi di ricorso, concernenti sia censure formali,
concernenti presunte violazioni delle norme procedurali, sia censure
sostanziali, concernenti il merito e la fondatezza dei provvedimento impugnati.
5 A difesa del proprio operato,
l’Amministrazione confuta la fondatezza del primo tipo di censure
e, quanto alle seconde, premessi
gli assetti della criminalità organizzata nel territorio di riferimento attraverso
la descrizione dei profili criminali concernenti i principali esponenti del
sodalizio mafioso, argomenta come gli stessi avrebbero avuto una decisiva
influenza nel contesto socioambientale ed istituzionale del Comune di
Giardinello.
6 – In particolare, quanto alle
censure di ordine formale e procedurale, i ricorrenti lamentano anzitutto il
difetto di motivazione poiché l'atto richiamato per relationem (la relazione
prefettizia) sarebbe a sua volta, incomprensibile per i molti
"omissis", impedendosi così l'esercizio del diritto di
difesa.
Secondo l’Amministrazione il
motivo non è fondato, in quanto il vigente ordinamento classifica la relazione
prefettizia in esame come documento "riservato"e quindi sottratto
alla divulgazione ed all’accesso, consentendo tuttavia (art. 42, comma 8, legge
n. 127/2007) all'autorità giudiziaria di ordinare l'esibizione di documenti
classificati per i quali non sia opposto il segreto di stato, curandone la
conservazione con modalità che ne tutelino la riservatezza, garantendo il
diritto delle parti nel procedimento a prenderne visione senza estrarne copia,
ed è quanto avvenuto nel presente giudizio a mezzo di ordinanza istruttoria del
TAR. Volta a consentire un pieno e consapevole contraddittorio fra le parti;
7 – Viene inoltre dedotta
l’illegittimità della mancata comunicazione di avvio del procedimento e, comunque,
del mancato esame della memoria depositata "spontaneamente" dal
sindaco.
L’Amministrazione ribatte che,
per costante giurisprudenza, il procedimento previsto dall'art. 143 del
T.U.E.L. sfugge alle regole generali sulla partecipazione dei privati, dal che
consegue che non sussisterebbe alcun obbligo dell'amministrazione procedente di
garantire tale partecipazione, né sotto il profilo formale (mediante invio
della comunicazione di avvio) né sotto il profilo sostanziale, procedendo
all'esame dettagliato delle eventuali osservazioni presentate dal privato.
8 – Quanto alle censure di
merito, con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono che gli accordi
politici preelettorali sarebbero stati assunti solo tra il boss Giuseppe ABBATE
e i candidati della lista avversaria al Sindaco, tra i quali il precedente
sindaco, ed a tale riguardo trascrivono il contenuto delle intercettazioni
telefoniche effettuate dagli organi investigativi tra i due.
L’Amministrazione tuttavia
richiama le ulteriori intercettazioni telefoniche comprovanti i contatti tra il
boss ABBATE ed il sindaco, ed in particolare una comunicazione intercettata
l'11 aprile 2012, prima delle consultazioni elettorali, circa gli accordi per
recarsi quanto prima, unitamente ad altro candidato, presso l'anziano capo
famiglia di Giardinello Vito ABBATE, zio di Giuseppe ABBATE.
Il Collegio evidenzia peraltro
che dall’intercettazione, come ammesso dalla stessa Difesa erariale, non
emergono gli specifici motivi dell’incontro, solo presumibilmente connesso alla
competizione elettorale.
Ulteriori intercettazioni
evidenziano, prosegue l’Amministrazione, la soddisfazione per l’elezione del
sindaco da parte del boss, che subito dopo si sarebbe occupato della nomina
degli assessori da insediare nei posti chiave dell'apparato gestionale, per il
tramite di un neo eletto consigliere. Anche qui manca peraltro, osserva il
Collegio, un riscontro circa la condivisione da parte del sindaco.
9 I ricorrenti deducono inoltre
che l'azione di condizionamento dell'esito delle elezioni 2012 è avvenuta due
anni prima e che i presunti responsabili di tale condizionamento sono stati
arrestati in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare dell'8 aprile
2013.
L’Amministrazione evidenzia
tuttavia che, nonostante gli arresti, il Comitato Provinciale Ordine e Sicurezza
Pubblica, nella seduta svoltasi il 14 maggio 2014, ha all'unanimità convenuto
che il rischio di condizionamento fosse tuttora perdurante, mentre il richiamo
dei ricorrenti all'art. 7 CEDU non sarebbe conferente, trattandosi di un
provvedimento amministrativo (e non penale), che ha carattere essenzialmente
cautelare e che vede come destinatario non singoli soggetti bensì l’ente.
10 – I ricorrenti negano altresì
la sussistenza di una "linea di continuità con la precedente amministrazione,
ma per l’Amministrazione nel periodo preelettorale pressoché tutti i candidati,
poi
risultati eletti, avevano
direttamente intrattenuto rapporti con il capomafia ABBATE. La connessione
sarebbe stata poi confermata, afferma testualmente l’Amministrazione, dal conferimento
della nomina di Vicesindasco ed Assessore ai Lavori Pubblici ad un consigliere comunale
che aveva già svolto incarichi con la precedente Giunta e che sarebbe “cugino
dell'amante
del boss”.
Osservano peraltro i ricorrenti
che le predette circostanze, se pure evidenziano una certamente non positiva continuità
tra le due consiliature, non per questo dimostrano fenomeni di contiguità
diversi dal casuale ruolo di un singolo amministratore comunale quale
appartenente alla schiera di parenti di una persona che, per libera scelta di
adulto consenziente, avrebbe anche intrattenuto rapporti affettivi con il boss
locale.
11 Ancor meno conferenti,
deducono poi i ricorrenti, appaiono le ulteriori considerazioni circa la "continuità"
tra le due amministrazioni che discenderebbe dal precedente ruolo di consigliere
(peraltro di opposizione) svolto dal sindaco, nonché dalla presenza,
nell'Amministrazione disciolta, di taluni precedenti assessori, del figlio del
sindaco uscente e di altri dipendenti del Comune legati allo stesso o al boss
da rapporti di parentela, senza che peraltro l’Amministrazione provveda a chiarire
i tempi ed i modi di possibile risoluzione dei predetti rapporti pattizi
politici e contrattuali, e
soprattutto i relativi plausibili
motivi, che avrebbero dovuto essere evidentemente diversi dalla semplice
parentela con chicchessia, che comprenderebbe addirittura “cugini di decimo
grado”.
12 Inoltre, evidenziano i
ricorrenti, neppure i nuovi amministratori comunali straorinari sarebbero finora
riusciti a rimuovere le predette figure, ed al riguardo appare confessoria
–osservano la controdeduzione dell’Amministrazione secondo cui i responsabili,
rispettivamente, del Settore Tecnico e dell'Area Affari Generali (entrambi
ritenuti dalla predetta relazione espressione di continuità e possibile
contiguità) non sarebbero stati lasciati ai loro posti, bensì fatti ruotare con
decorrenza 11 novembre 2014 (si noti bene) “invertendo l'originaria
assegnazione dei predetti”.
13 – Più in generale, secondo i
ricorrenti, la stessa relazione prefettizia documenterebbe che tra il Sindaco,
gli Assessori i consiglieri di maggioranza e i presunti mafiosi non vi sono
stati incontri personali né telefonate", mentre la prognosi di pericolo di
condizionamento sarebbe fondata solo su rapporti di parentela non improbabili
in un paesino di circa 2.000 abitanti, e quanto alle indagini di polizia che
avrebbero accertato un interessamento del boss locale all’elezione del sindaco,
mancherebbe qualsiasi ulteriore riscontro quanto al parallelamente necessario
interessamento del candidato sindaco ai fini di un appoggio “contrattato” (voto
di scambio) alla sua elezione.
A tale riguardo l’Amministrazione
ribadisce il possibile peso anche delle parentele, a maggior ragione in
contesti di così limitate dimensioni, senza peraltro contestualizzare
l’affermazione –osservano i ricorrenti in riscontri concreti.
14 Lo scambio di memorie
prosegue osserva il Collegio in un serrato contraddittorio fra le parti circa
gli ulteriori elementi indiziari evidenziati dalla relazione prefettizia ma la
cui rilevanza è contestata dai ricorrenti, senza peraltro consentire al
Collegio di giungere a conclusioni univoche circa la presenza o meno di
infiltrazioni mafiose: così per la precedente posizione del già Vice Presidente
del Consiglio comunale nella società "Alimentari Provenzano s.r.l.,
peraltro già da tempo
sottoposta a misure interdittive
antimafia; così per i rapporti di affinità fra un dipendente comunale, addetto
all'Area tecnica, ed il già Presidente del Consiglio Comunale, che per
ammissione della stessa Amministrazione si risolverebbero in un proprio banale
errore per “omonimia”; così per i molti procedimenti amministrativi, gli
appalti ed il rilascio di concessioni edilizie presi in esame dal
provvedimento impugnato, senza
che peraltro l’Amministrazione riesca, secondo i ricorrenti, ad allegare
principi di prova idonei a far ragionevolmente ritener la sussistenza di
plausibili collusioni, connivenze o coperture dei nuovi vertici politici;
15 In sede cautelare, alla
camera di consiglio del 3 dicembre 2014 questa Sezione, con ordinanza n.
12285/2014, ha ordinato all’intimata Amministrazione dell’Interno di depositare
la relazione della Prefettura di Palermo in data 14.5.2014 in versione
integrale, secondo modalità idonee a garantire le esigenze di riservatezza che
avevano condotto all’apposizione, nel documento depositato, dei numerosi
“omissis” che non rendevano utilmente intellegibile il testo.
Peraltro, considerato che, già ad
una prima sommaria delibazione, gli atti impugnati palesavano profili
problematici, quanto alla congruenza, ragionevolezza e proporzionalità rispetto
alle circostanze di fatto evidenziate nella parte “in chiaro” della relazione,
il Collegio ha valutato il fumus boni juris del ricorso, rilevando in
particolare che i denunciati contatti con la criminalità organizzata sembrano
riguardare in primo luogo non l’amministrazione oggetto del provvedimento impugnato
e la relativa maggioranza consiliare, bensì ambiti politici vicini a precedenti
Amministrazioni ed oggi di minoranza, che potrebbero paradossalmente essere
“rimessi in gioco” in
nuove consultazioni elettorali;
La Sezione ha considerato altresì
che le denunciate frequentazioni apparivano almeno in parte riconducibili alla
“fisiologica” situazione di un piccolo Comune, e che le affermate irregolarità dell’attività
della struttura amministrativa comunale, comunque da contrastare, non
sembravano però riconducibili ad un disegno unitario da cui potessero evincersi
fenomeni in atto d’infiltrazione mafiosa presso gli organi di direzione
politica;
Pertanto la Sezione ha ritenuto
che, al fine di valutare la reale sussistenza delle speciali ed eccezionali
circostanze che consentono di derogare al fondamentale principio costituzionale
della rappresentanza politica democratica, fosse necessario fissare la
trattazione di merito del ricorso ai sensi dell’art. 55 c.p.a., comma 10.
16 A seguito del deposito della
citata relazione della Prefettura di Palermo in data 14.5.2014 in versione
integrale le parti hanno prodotto ulteriori ampie memorie per argomentare le
proprie ragioni, ed a seguito della pubblica udienza del 14 gennaio 2015 il
Collegio ha introitato il ricorso, che,è stato deciso nelle successive camere
di consiglio del 14 gennaio , dell’11 febbraio e dell’11 marzo 2015 in
relazione alla complessità ed articolazione del contenzioso e della sua
delicatezza istituzionale.
17 – Al Collegio non sfugge,
infatti, la delicatezza della fattispecie, che concerne una incisiva deroga al
fondamentale rapporto di rappresentanza democratica fra cittadini ed organi
elettivi di overno.
18 – In linea generale, quanto
alla possibile violazione dei principi costituzionali che presidiano il rapporto
fiduciario fra popolo e suoi rappresentanti democraticamente eletti, il
Collegio rileva infatti che il provvedimento di scioglimento degli organi
elettivi locali costituisce una misura che incide in maniera indicativa sulla
libertà di autogoverno delle comunità locali. Tuttavia, l'esercizio di tale
potere straordinario persegue il primario interesse pubblico alla salvaguardia
del principio di legalità sancito dall’articolo 1 della Costituzione, secondo
cui la sovranità popolare è esercitata “nelle forme e nei limiti della
Costituzione”, in quanto consente di contrastare una patologia del sistema
democratico: quella dell'infiltrazione della criminalità organizzata nelle
istituzioni. Si tratta, perciò, di una particolare misura di controllo sugli
organi posta dall'ordinamento a difesa dell'ordine
e della sicurezza pubblica, a
garanzia della sussistenza di quelle condizioni minimali che consentano
liberamente e legalmente lo svolgimento del dibattito e la partecipazione
politica dei cittadini e di tutte le forze espresse dall'attuale società
pluralistica. Le misure in oggetto pongono inoltre una linea di difesa degli
stessi componenti degli organi disciolti, che, seppur potenzialmente non
estranei alle irregolarità riscontrate, potrebbero essere stati, loro malgrado,
esposti a ricatti e a varie forme di condizionamento da parte della malavita
organizzata che, ai propri fini, ha tatticamente teso ad affievolire
l'esercizio del munus publicum loro conferito dalla volontà popolare (TAR
Sicilia, sez. I, 16 giugno 2000).
19 Il livello istituzionale
degli organi competenti (il provvedimento di scioglimento è disposto con
decreto del Presidente della
Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell'Interno, formulata con apposita relazione di cui forma parte
integrante quella inizialmente elaborata dal prefetto) garantisce
l'apprezzamento del merito e la ponderazione degli interessi coinvolti. La
giurisprudenza del Consiglio di Stato è andata oltre, rilevando che nello schema
della disposizione in oggetto non vi è contrapposizione, ma sostanziale
identità di tutela tra diritto costituzionale di elettorato e lotta alla
criminalità proprio perché la norma che legittima lo scioglimento dei consigli
lo condiziona al presupposto dell'emersione, da un'approfondita istruttoria, di
forme di pressione della criminalità che non consentono il libero esercizio del
mandato elettivo (Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 665).
20 – Ne consegue il valore non
dirimente, ai fini della decisione, dei dedotti vizi di ordine procedurale. In
particolare, quanto al dedotto mancato rispetto del principio di partecipazione
nel procedimento in esame, osserva il Collegio che la Corte Costituzionale ha
affermato che la partecipazione al procedimento preordinato allo scioglimento
del Consiglio comunale non solo non è prevista dall'art. 143 del D.lgs.
267/2000, ma la sua mancanza è ampiamente giustificata dalla circostanza che
trattasi di misura che, caratterizzandosi per il fatto di costituire la
reazione dell'ordinamento alle ipotesi di attentato all'ordine e alla sicurezza
pubblica, esige interventi rapidi e
decisivi. Si può ritenere,
dunque, che nel procedimento in questione ricorrano quelle particolari esigenze
di celerità che, come stabilito dallo stesso art. 7 della legge 241 del 1990,
giustificano l'esenzione dalle forme partecipative del soggetto privato (Cons.
Stato, sez. IV, 13 marzo 2007, n. 1222) e quindi, osserva il Collegio, rendono
non decisiva anche la mancata espressa motivazione circa la valutazione
riservata alle dichiarazioni spontaneamente rese dagli interessati Recentemente,
inoltre, il Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, 14 febbraio 2014, n 727)
ha confermato la non necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento,
considerando lo scioglimento del consiglio comunale un’attività di natura
preventiva e cautelare, per la quale non vi è necessità di alcuna
partecipazione, anche per il tipo di interessi coinvolti, che non concernono,
se non indirettamente, persone, ma gli interessi dell’intera collettività
comunale.
21 – Pertanto, le censure di
ordine procedurale e formale sopra indicate devono essere respinte.
22 – Quanto alle dedotte censure
di merito, volte a far constatare l’assenza di fenomeni d’infiltrazione
mafiosa, occorre premettere che il sindacato giurisdizionale sul corretto
esercizio del
potere di scioglimento per
infiltrazioni delinquenziali ha per oggetto il profilo di diritto amministrativo
concernente il procedimento che precede la decisione dell’organo politico
garante della legalità e dell’unità della Repubblica (il Presidente) e pertanto
non può spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un idoneo e
sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti
a fondamento della decisione, e
dell'esistenza di una giustificazione motivazionale logica, coerente e
ragionevole (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 665).
23 – A tale riguardo, la proposta
ministeriale dà adeguatamente conto di fatti storicamente verificatisi e
accertati e quindi concreti, che sono stati ritenuti manifestazione di un
quadro indiziario complessivo di situazioni di condizionamento e di ingerenza
nella gestione dell'ente comunale, tali da evidenziare una gestione
amministrativa poco lineare, che renderebbe ragionevolmente plausibile che
l'attività dell'ente possa non essere impermeabile a possibili ingerenze e
pressioni da parte della criminalità organizzata.
24 Dal provvedimento impugnato
non emerge, peraltro, il legame causale intercorrente tra i presupposti in
concreto riscontrati e la deviazione dell'azione dell'ente dal perseguimento
dei propri fini istituzionali. Tale legame costituisce invece, evidenzia il
Collegio, il punto nodale della motivazione del provvedimento. La motivazione
appare, pertanto non adeguata ed indice di un’attività istruttoria non in linea
con i requisiti richiesti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.
103/1993.
25 – Infatti, il provvedimento in esame deve essere la
risultante di una ponderazione comparativa tra valori costituzionali parimenti
garantiti, quali l'espressione della volontà popolare, da un lato, e la tutela,
dall'altro, dei principi di libertà, uguaglianza nella partecipazione alla vita
civile, nonché di
imparzialità, di buon andamento e di regolare svolgimento
dell'attività amministrativa, rafforzando
le garanzie offerte dall'ordinamento a tutela delle
autonomie locali.
26 – E’ vero che nell’ipotesi
dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose
l’amministrazione gode di ampia discrezionalità, considerato che non si
richiede né la prova della commissione di reati da parte degli amministratori,
né che i collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali
risultino da prove inconfutabili, ma occorrono in ogni caso sufficienti
elementi univoci e coerenti volti a far ritenere un collegamento tra
l’amministrazione e i gruppi criminali.
Ciò non si verifica nel caso di
specie, in quanto, così come osservato dal Collegio già in fase cautelare e
così come ulteriormente confermato da un attento e ponderato esame della
relazione integrale acquisita dall’Amministrazione, il materiale raccolto nel
corso dell’istruttoria amministrativa, pur di particolare ampiezza e di estrema
complessità, non consente di trarre un’univoca interpretazione delle
circostanze di fatto evidenziate, alla stregua di un criterio congruenza,
ragionevolezza e proporzionalità, quali indici di un fenomeno di infiltrazione
mafiosa in atto, considerato che i denunciati contatti con la criminalità
organizzata hanno riguardato in primo luogo non l’amministrazione oggetto del
provvedimento impugnato e la relativa maggioranza
consiliare, bensì ambiti politici
vicini a precedenti Gruppi politici oggi di minoranza, che le denunciate
frequentazioni –essenzialmente di tipo personale e privato e quindi
sostanzialmente estranee, salvo casuali ed occasionali momenti, all’esercizio
di funzioni pubbliche vanno inquadrate nella “fisiologica” possibilità di
rapporti personali ed affettivi nell’ambito della ristretta comunità presente
in un piccolo Comune, e che le affermate irregolarità dell’attività della
struttura amministrativa comunale, in parte ancora da accertare ma,
evidentemente, da contrastare in ogni caso, non sembrano però riconducibili ad
un disegno unitario da cui possano evincersi fenomeni in atto d’infiltrazione
mafiosa presso gli organi di direzione politica, ove non suffragate da ulteriori
specifiche circostanze atte a dimostrare la coltivazione, o comunque la
copertura, o comunque la mancata vigilanza, da parte dei nuovi vertici
politici, di eventuali derive di contiguità della gestione degli uffici
amministrativi comunali con la criminalità organizzata.
27 – Conclusivamente, il ricorso
deve essere accolto, avendo questo Tribunale accertato la mancata
verifica, da parte
dell’Amministrazione dell’Interno e dei suoi organi che hanno proceduto
all’istruttoria, di un ragionevole livello di certezza circa la sussistenza di
elementi almeno indiziari d’infiltrazione mafiosa idonei a consentire una così
drastica deroga dal principio di rappresentanza democratica, discendendone
l’annullamento di tutti gli atti extra ordinem impugnati e –quindi il
conseguente obbligo dei soggetti che, su tale base, sono attualmente preposti
al Governo dell’Ente locale in esame (ed i cui atti perfezionati medio tempore
restano validi, osserva il Collegio, secondo
il generale principio di
continuità dell’azione amministrativa, di cui è espressione anche la
salvaguardia a certe condizioni dell’operato del mero funzionario di fatto) di
consentire l’immediato
ripristino delle precedenti
condizioni di legalità democratica, mediante il tempestivo passaggio delle
consegne ai ricorrenti, ovvero ai
precedenti titolari, democraticamente investiti delle proprie funzioni ma
illegittimamente revocati dai propri incarichi.
28 La complessità e peculiarità della fattispecie
giustifica infine la compensazione delle spese di
giudizio fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul
ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i
provvedimenti impugnati, con il conseguente obbligo per l’attuale gestione
straordinaria dell’Amministrazione comunale intimata di disporre la piena
reintegrazione dei ricorrenti nelle proprie funzioni, con definitivo passaggio
delle consegne da effettuarsi entro il termine di giorni trenta dalla data della
comunicazione in via amministrativa –o della notifica a cura di parte se
anteriore della presente sentenza, ferma restando la validità ed efficacia
degli atti dagli stessi perfezionati medio termine e comunque non oltre la
predetta data.
Condanna la resistente
Amministrazione dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio in favore
dei ricorrenti, in solido,
complessivamente liquidate in Euro duemilacinquecento oltre IVA ed accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 14
gennaio, 11 febbraio e 11 marzo 2015
con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore
Ivo Correale, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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