Bertolt Brecht : “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”



Non mi piace pensare che esiste l’ingiustizia della legge, non mi piace perché è dura da digerire, mi rendo conto che spesso e volentieri si perde traccia degli eventi perché non sono più sensazionali e solo grazie alla diretta conoscenza delle persone coinvolte verrai a sapere che quella storia non è finita così. Ma…………..



Pino Ciampolillo

domenica 29 marzo 2015

LA TRUFFA AMBIENTALE DELLA SICILIA NUOVE SANZIONI UE ALLA REGIONE?


LA TRUFFA AMBIENTALE DELLA SICILIA NUOVE SANZIONI UE ALLA REGIONE?
GIULIO AMBROSETTI 5 NOVEMBRE 2014


La storia è quella del Piano per la tutela della qualità dell'aria e dell'ambiente che i tecnici dell'assessorato al Territorio hanno copiato dalla Regione Veneto. Sulla vicenda interrogazione dell'eurodeputato grillino Ignazio Corraro alla Commissione europea

«In Sicilia il piano ambientale è copiato da quello della Regione Veneto ed cittadini pagheranno di tasca propria l’inadempienza degli uffici regionali dato che l’Europa ha già avviato le procedure di infrazione». 
A riaccendere i riflettori su una questione che qualche anno fa ha sollevato un vespaio di polemiche è il capo delegazione del Movimento 5 stelle al Parlamento europeo, Ignazio Corrao. Il tema, come già accennato, è il Piano regionale di Coordinamento per la tutela della qualità dell'aria e dell'ambiente emanato dall'assessorato regionale al Territorio e Ambiente nel 2007. Una vicenda finita già sui tavoli dei Tribunali.  Questo perché il Piano sembra non avere molto a che vedere con la Sicilia, se è vero che, per l'85 per cento, è stato copiato dal Piano della Regione Veneto e da altre fonti. 

Sulla vicenda Corrao, europarlamentare eletto in Sicilia, ha presentato un'interrogazione alla Commissione europea. 

«Molti Comuni - si legge nell’interrogazione - che ricadono nei comprensori delle città siciliane di Gela, Messina e Siracusa (Aree dichiarate ad alto rischio ambientale dal 1990) da anni sono al centro di manifestazioni di protesta di cittadini, aziende e associazioni ambientaliste a causa dell'inquinamento ambientale. I risultati riguardanti le Aree a rischio, la tutela della qualità dell'aria e la salvaguardia della salute delle popolazioni si sintetizzano oggi in 2 ex presidenti della Regione e 4 ex assessori regionali al Territorio e Ambiente sotto processo per omessi interventi antismog e per il sistema di controlli deficitari, nonostante l'Unione europea abbia destinato risorse comunitarie per oltre 70 milioni di euro" (con molta probabilità, quando Corrao parla di Messina fa riferimento alla Valle del Mela, l'area del Messinese massacrata dall'elettrodotto di Terna). 

Corrao stigmatizza le continue rotazioni di dirigenti e personale operate dal presidente della Regione, Rosario Crocetta: «Rotazioni - sottolinea l'eurodeputato grillino - che non garantiscono un adeguato livello di esperienza e professionalità». 

Il capo delegazione del Movimento 5 Stelle chiede alla Commissione di valutare il caso alla LUCE della normativa europea. «E se è intenzione della Commissione valutare se l'assessorato regionale al Territorio e Ambiente è in grado di assicurare il rispetto del diritto comunitario». 
Dalla Commissione Europea intanto arriva già una prima risposta. «Nel luglio 2014 - si legge nel testo - è stata inviata al governo italiano una lettera di costituzione in mora, la quale evidenzia le varie carenze del Piano per la qualità dell’aria adottato dalla Regione Sicilia. In base alla risposta ricevuta dall’Italia, la Commissione deciderà sulle eventuali ulteriori azioni da intraprendere».

Commenti 

salvatore.anza 
7 Novembre 2014 
11:11:52

Gentile direttore, il vostro articolo, nella parte in cui sostiene che una sentenza avrebbe stabilito che il piano di qualità dell’aria della Sicilia “non risulta appropriato al territorio in questione perché per l’85% composto da righe interamente copiate dal Piano della Regione veneta e da altre fonti” costituisce un falso colossale, ai confini del codice penale. Posso dirle, nella qualità di coordinatore delle attività di pianificazione, da me iniziate nel 2007 e da me concluse nel 2010, che è vero l’esatto contrario. Il copia-incolla è dell'europarlamentare Corrao, che ha copiato, e ripete a pappagallo, alcune balle già censurate dalla magistratura. Poiché sono sicuro che il suo intento è fare una corretta informazione, le chiedo di pubblicare questo mio primo commento, e a darmi spazio analogo all’articolo che avete pubblicato per una replica, basata su atti veri e non su fandonie inventate da qualche stravagante buontempone. In attesa di un suo urgente riscontro le porgo i miei più cordiali saluti. Salvatore Anzà





IN ARRIVO LA CONDANNA DELL’UE  PER LA QUALITÀ DELL’ARIA IN SICILIA
Il Piano regionale è stato copiato in buona parte da quello del Veneto. Indagini della magistratura e anche un rinvio a giudizio disposto dal Gip presso il Tribunale di Palermo per tre dirigenti, uno dei quali ha ricoperto anche la carica di assessore
di Paolo Pataria
Polemiche. Lettere di fuoco dell’Unione europea. Un Piano della Regione siciliana copiato in buona parte dalla Regione Veneto. Indagini della magistratura. Lo spettro di una pesante condanna da parte di Bruxelles che lo Stato farà di certo pagare alle Regioni inadempienti, Sicilia in testa. E adesso anche un rinvio a giudizio disposto dal Gip presso il Tribunale di Palermo per tre dirigenti regionali, uno dei quali ha ricoperto anche la carica di assessore regionale.
C’è di tutto e di più nella telenovela dei controlli sulla qualità dell’aria nella nostra Isola. Verifiche che le Pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto effettuare per tutelare la salute di chi vive dalle nostre parti. Controlli che, invece, sono rimasti sulla carta, alla faccia della salute pubblica. Tutto questo senza informare minimamente gli ignari abitanti della Sicilia. Che rischiano una doppia fregatura. La prima l’hanno già scontata, se è vero che, in molti casi, respirano l’aria inquinata. A questo si aggiungerebbe la beffa di pagare, con un ulteriore aumento della tasse, la multa – molto probabile – dell’Unione europea.
E dire che, nel luglio scorso, Bruxelles ha inviato una lettera al Governo italiano sottolineando che alcune Regioni del nostro Paese, su questo delicato settore, sono fuori legge. E tra queste, neanche a dirlo, c’è la Sicilia. Adesso l’avvertimento si potrebbe trasformare in una procedura d’infrazione e, di conseguenza, in una condanna pecuniaria piuttosto salata per l’Italia. Che il Governo nazionale farebbe pagare alle Regioni inadempienti, Sicilia in testa, se è vero che la nostra regione, in materia di controlli sulla qualità dell’aria, è messa malissimo.
E mentre infuriano le polemiche sulla pesante contravvenzione che verrebbe e gravare sui bilanci già disastrati della Regione siciliana, arriva anche la notizia del rinvio a giudizio formulato dal Gip del Tribunale di Palermo, dottoressa Marina Pitruzzella, nei riguardi dei dirigenti regionali Salvatore Anzà, Pietro Tolomeo (quest’ultimo ha ricoperto la carica di dirigente generale all’assessorato al Territorio e Ambiente) e dell’ex assessore regionale e dirigente generale, Gianmaria Sparma. Il reato contestato è l’omissione di atti di ufficio in relazione, appunto, ad atti amministrativi legati alle verifiche sulla qualità dell’aria e, quindi, alla mancata tutela della salute pubblica.
Qui si apre, in modo molto più ampio, il capitolo già oggetto di un processo: le inadempienze della Regione siciliana in materia di controlli della qualità dell’aria. In questa storia non c’è soltanto la copiatura di ampi stralci, da parte di qualche dirigente dell’Amministrazione regionale, del Piano della Regione Veneto. Ci sono altre incredibili mancanze. Si scopre che, a tutt’oggi, mancano ancora i Piani di azione, ovvero le schede che dovrebbero contenere le indicazioni, zona per zona della Sicilia, sugli agenti inquinanti, e sulle azioni da intraprendere per tutelare i cittadini. In pratica, nella nostra Isola non è stato fatto nulla.
Insomma, la Regione è recidiva. E questo potrebbe rendere ancora più pesante (soprattutto per le “casse” regionali) la condanna di Bruxelles. Concetto, questo, che è stato espresso con chiarezza dal parlamentare europeo siciliano, Ignazio Corrao (Movimento 5 Stelle): “In Sicilia il piano ambientale è copiato da quello della Regione Veneto ed cittadini pagheranno di tasca propria l’inadempienza degli uffici regionali dato che l’Europa ha già avviato le procedure di infrazione”. Corrao ha rilasciato questa dichiarazione quando ha presentato, su tale vicenda, un’interrogazione alla Commissione europea. Oggi la storia si presenta in termini più gravi. Si sa, ad esempio, che nelle aree a rischio della Sicilia solo Milazzo ha messo a punto qualche azione che potrebbe porre questa cittadina al di fuori della procedura d’infrazione comunitaria. Per il resto, con riferimento a Gela, Melilli, Priolo e Augusta sarebbe stato fatto poco o nulla.
Il problema non riguarda solo le aree a rischio, ma un po’ tutta la Sicilia. Soprattutto per ciò che riguarda le Pm 10, cioè la presenza, nell’aria, di polveri con diametro inferiore a 10 micron (con riferimento alle automobili diesel e agli euro 4 che presentano problemi di particolato, cioè delle particelle di piccolissime dimensioni sospese nell’aria). Agenti inquinanti che sono considerati tra i più pericolosi in assoluto per la salute umana. Su questo tema non mancano gli interrogativi: queste polveri presenti in tante città dell’Isola sono prevalentemente terrigene (arrivano, cioè, grazie a giornate ventose) e quindi sono comunque dannose, ma con produzione di danni limitati? Oppure nella presenza di Pm 10 c’è una notevole componente di incobusti da traffico urbano? In questo secondo caso il problema sarebbe più grave.
Ancora: la concentrazione degli ossidi d’azoto segue l’andamento di quella delle polveri, oppure, a causa del vento, è bassa perché soggetta a maggiore dispersione? Da non sottovalutare, poi, l’inquinamento che si registra nei porti della Sicilia, quando i motori rimangono in funzione.
Insomma riguarda le aree urbane siciliane con intenso traffico automobilistico. L’esempio di Palermo potrebbe essere rappresentato dalla Circonvallazione, dove l’inquinamento è notevole.

Aree a rischio ambientale – Interrogazione M5S a Bruxelles sul piano regionale siciliano

PUBBLICATO IL 9 NOVEMBRE 2014

L’eurodeputato Ignazio Corrao: “Il copia incolla dell’ARTA costa caro ai siciliani che pagheranno le sanzioni all’Europa ”
 

In Sicilia il piano ambientale è copiato da quello della regione Veneto ed cittadini pagheranno di tasca propria l’inadempienza degli uffici regionali dato che l’Europa ha già avviato le procedure di infrazione.
In questi termini il capo delegazione del movimento 5 stelle al parlamento europeo Ignazio Corrao interroga l’esecutivo di Bruxelles anche sul caso siciliano del Piano Regionale di Coordinamento per la tutela della qualità dell’aria e dell’ambiente emanato dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente nel 2007, piano che secondo la sentenza di condanna del Tribunale di Palermo, non risulta appropriato al territorio in questione perché per l’85% composto da righe interamente copiate dal Piano della Regione veneta e da altre fonti. “Molti comuni  – si legge nell’interrogazione – ricadenti nel comprensorio delle città siciliane di Gela, Messina e Siracusa (Aree dichiarate ad alto rischio ambientale dal 1990) da anni sono al centro di manifestazioni di protesta di cittadini, aziende e associazioni ambientaliste a causa dell’inquinamento ambientale. I risultati riguardanti le Aree a rischio, la tutela della qualità dell’aria e la salvaguardia della salute delle popolazioni si sintetizzano oggi in 2 ex presidenti della Regione e 4 ex assessori ARTA sotto processo per omessi interventi antismog e per il sistema di controlli deficitari nonostante l’Unione europea abbia destinato risorse comunitarie per oltre 70 milioni di euro. Lo stato di torpore dell’Assessorato Regionale Territorio ambiente continua ancora oggi perché – continua l’eurodeputato – è colpito duramente dalle continue rotazione di dirigenti e personale operate dal presidente Crocetta, rotazioni che non garantiscono un adeguato livello di esperienza e professionalità”. Il capo delegazione del Movimento 5 Stelle chiede alla Commissione, valutazioni alla LUCE della normativa europea e se è intenzione della Commissione valutare se l’ARTA è in grado di assicurare il rispetto del diritto comunitario. Dalla Commissione Europea intanto arriva già una prima risposta. “Nel luglio 2014 – si legge nel testo – è stata inviata al governo italiano una lettera di costituzione in mora, la quale evidenzia le varie carenze del piano per la qualità dell’aria adottato dalla regione Sicilia. In base alla risposta ricevuta dall’Italia, la Commissione deciderà sulle eventuali ulteriori azioni da intraprendere”.


PRIOLO – COSA SI DEVE SAPERE SULL’INQUINAMENTO CHE UCCIDE.
Posted by: La Redazione Posted date: maggio 23, 2013

(*Mara Nicotra) Melilli, 23 maggio 2013 – La qualità dell’aria nella provincia di Siracusa non è per niente rassicurante. Oggi c’è pure scappato il morto all’Isab impianti Nord, la stessa azienda da cui sabato scorso proveniva quell’odore molesto di aglio tipico dei mercaptani, che ha messo in allarme la popolazione di Melilli. Domani potrebbero avanzare che possa essersi trattato di morte per infarto fulmineo o qualche aneurisma congenita. Potrebbero anche smentire le notizie riportate anche dal telegiornale della Rai: “incidente al petrolchimico di Priolo, muore giovane di 38 anni per inalazione di gas tossico”. Ma la verità è ormai quella che la popolazione sa.  Ieri sera c’erano in atto 2 sfiaccolamenti e a Melilli si respirava, anche se lievemente, la classica puzza di uova marce tipica dell’acido solfidrico. Salvatore Gangi, sposato con 2 figli, lavorava all’Isab impianti Nord da 10 anni,  tutto lascia supporre che è deceduto  perché l’impianto non funzionava bene, perché molto probabilmente si è esposto all’acido solfidrico o meglio ancora è stato lasciato  esporre senza dovute precauzioni a questo gas (H2S). Ma si può morire inalando l’acido solfidrico? O mercaptani? Certo che sì. L’H2S, gas estremamente tossico poiché irritante e asfissiante, a concentrazioni di 715.000 µg/Nm3, per inalazione, può causare la morte anche in 5 minuti (WHO 1981, Canadian Centre for Occupational Health and Safety 2001). Concentrazioni di oltre 1000 ppm (parti per milione) possono causare l’arresto cardiaco immediato. Nel polo petrolchimico siracusano dal mese di dicembre 2011 al mese di luglio 2012 è stato dimostrato dagli organi di controllo preposti, a seguito di diversi eventi e/o incidenti rilevanti, che l’H2S fuoriesce dalle raffinerie, in particolare: sistema torce, impianti di trattamento acque di scarico, linee e impianti che processano detto inquinante. Inoltre è stato rilevato che tutte le aziende del petrolchimico (Esso, Isab impianti sud, Isab impianti nord, Isab Energy) non sono dotate di analizzatori che h/24 svolgono funzione di sorveglianza dei livelli di questo gas negli ambienti di lavoro. In pratica sono carenti di sistemi di videosorveglianza in tutte le torce presenti di ciascun impianto. E ciò non consente di verificare costantemente la combustione dei gas di torcia. Manca anche un installatore di sistemi di termografia per il rilevamento del corretto funzionamento della fiamma pilota e sensori con attivazione di allarme acustico in sala controllo in caso di spegnimento della stessa; idonee coperture, sistemi di captazione e successivo convogliamento ad impianto di abbattimento dei vapori liberati dalle vasche degli impianti di trattamento degli effluenti liquidi. L’acido solfidrico in data 19/08/2011 con un picco 73.2 µg/Nm3 e in data 1/06/2012 con concentrazione 65.3 µg/Nm3 è stato riscontrato a Melilli (SR), un paesino arroccato sui M.ti Climiti, ma in linea d’aria distante dal petrochimico circa 2 Km. Il vento lo ha portato in maggior misura li. Ma è stato rilevato anche a Priolo e a Belvedere. Quantità che hanno destato allarme tra la popolazione considerato che l’inquinante fa puzza di uova marce e come da letteratura presenta una soglia olfattiva di circa 7 µg/Nm3 e un limite di esposizione consigliato dall’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) di 150 µg/Nm3 come media nelle 24 ore. I mercaptani invece appartengono ai solfuri. Sono composti incolori, con odore agliaceo sgradevole, derivati dall’acido solfidrico per sostituzione di un atomo di idrogeno con un gruppo metilico o etilico; sono poco solubili in acqua, ma miscibili con i principali solventi organici. Sono composti infiammabili e formano miscele esplosive, innescabili per scintilla; il gas è più pesante dell’aria e tende a diffondersi verso il basso a livello del pavimento o del terreno e può causare incendio in presenza di innesco, anche in punti lontani da quello di emissione. Per combustione il metilmercaptano svolge vapori tossici di anidride solforosa, mentre a contatto con acidi forma fumi di acido solfidrico, esplosivo e tossico. Viene anche impiegato come odorizzante per gas inodori, quali ad esempio metano e Gpl. Il forte e sgradevole odore dei mercaptani può provocare mal di testa, nausea, vomito. Tutti sintomi avvertiti sabato scorso dai melillesi. L’inalazione di vapori altamente concentrati può provocare raffreddamento delle estremità, tachicardia e perdita di coscienza con cianosi; il metile e l’etilmercaptano causano convulsioni e svolgono intensa azione irritante sulle vie respiratorie, fino a causare edema polmonare. E se Gangi fosse morto così? Non ci resta che aspettare l’esame autoptico. In Italia, a livello nazionale mancano completamente riferimenti normativi cogenti sui livelli accettabili di emissione di odore o di disagio olfattivo (salvo DM sulle BAT dei TMB in AIA). Secondo il T.U.LL.SS. 1934 n. n° 1265- Capo III “Delle lavorazioni insalubri” art. 216-217: Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possano riuscire di pericolo o danno per la salute pubblica, il Sindaco prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza. Nel caso di inadempimento, il Sindaco può provvedere d’ufficio nei modi e termini stabiliti. Il Sindaco può ordinare la chiusura di un impianto. Può anche intervenire la magistratura su richiesta del cittadino molestato dall’odore attraverso l’applicazione del codice penale … o del codice civile. Ma quando un sindaco del quadrilatero industriale Melilli, Priolo, Augusta, al verificarsi dell’evento, gli viene risposto dalle industrie che tutto va bene e che i parametri misurati sono a norma, cosa deve fare? Chiudere tutte le industrie lo stesso e in blocco? Oppure chiedersi come e perché si è arrivati a questo punto? Io dico solo una cosa. Che paghino con l’ergastolo gli assassini del popolo inquinato, a partire dalle forze politiche che financo hanno dormito tanto da non consentire  l’attivazione un Piano di Risanamento Ambientale sulla qualità dell’aria fermo al palo dal 1985, nonostante 100 miliardi delle vecchie lire stanziate con soldi pubblici. Piu’ di 5 anni fa, il 21 novembre 2007, Legambiente Sicilia denunciava in una conferenza stampa, che il Piano Regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente, approvato e adottato con il D.A. n. 176/Gab del 9 agosto 2007 dall’assessore al Territorio e Ambiente Rossana Interlandi, era un copiato dall’omologo Piano della Regione Veneto di alcuni anni addietro, nonché un collage di capitoli, paragrafi, ecc. integralmente trascritti da pubblicazioni già edite da altri Enti ed Amministrazioni. Gli autori coordinati dal dirigente responsabile del Servizio 3 “Tutela dall’inquinamento atmosferico” del Dipartimento Ambiente, Salvatore Anzà, non si erano neppure accorti che quel Piano del Veneto, cui avevano attinto, era già stato bocciato dalla Comunità Europea parecchi anni prima, né che nel copia e incolla si erano generate inedite “comunanze” e “similitudini” tra le caratteristiche ambientali del Veneto e della Sicilia, tipo il “sistema aerologico padano” della Regione Siciliana, la limitazione delle ore di utilizzo del riscaldamento domestico a causa della rigidità del clima, l’incremento delle piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti nei centri storici dei Comuni siciliani al fine del miglioramento del traffico urbano, la persistenza delle Comunità montane, ecc. La vicenda suscitava, a causa dei suoi risvolti paradossali, notevole clamore e turbamento a livello mediatico e nell’opinione pubblica regionale e nazionale, attirando persino l’attenzione della trasmissione satirica Striscia la notizia che vi dedicava un esilarante servizio, nel corso del quale il dirigente generale del Dipartimento Ambiente, Pietro Tolomeo, per giustificare l’abnormità dei fatti, arrivava a definirli frutto di “pochi refusi”, tuttavia lasciandosi scappare che “nel copiare può succedere”. L’assessore Interlandi nominava una commissione d’inchiesta per gli accertamenti del caso e delle responsabilità, ma la commissione, di fronte all’imbarazzante situazione, si trincerava dietro un’enigmatica astensione dal rilasciare una qualsiasi relazione. A distanza di circa 4 mesi l’Assessore Interlandi, con il decreto n. 43/Gab del 12 marzo 2008, riteneva di sanare le abnormità con la semplice eliminazione dal testo del Piano dei riferimenti più spiccatamente “padani”, ma lasciando inalterate le altre parti interamente copiate.Il c.d., Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente della Regione Siciliana, vale a dire un documento frutto di un mero assemblaggio, operato con il metodo del copia ed incolla, di porzioni di documenti di varia estrazione e provenienza, alcuni dei quali persino di scarsa attinenza e molti altri anche temporalmente superati (basti considerare che il Piano della Regione Veneto risaliva all’anno 2000 ed era stato bocciato dalla Comunità Europea), tutto può definirsi fuorché un documento di programmazione e pianificazione in materia di tutela e risanamento della qualità dell’aria. Nessun provvedimento risulta essere stato intrapreso nei confronti dei responsabili della redazione del Piano copiato. Detto Piano continua inspiegabilmente e poco decorosamente a risultare un documento ufficiale della Regione Siciliana e ad essere inserito nel sito istituzionale dell’Assessorato al Territorio e Ambiente, senza che i vertici politici dell’Assessorato, quelli burocratici del Dipartimento Ambiente ed i responsabili dell’ufficio competente che si sono succeduti abbiano ritenuto di intervenire al fine della sua revoca. A fine gennaio di quest’anno il Tribunale di Palermo ha depositato le motivazioni della sentenza n. 5455/2012, con la quale si sancisce che il c.d. Piano regionale per la tutela della qualità dell’aria contiene “vistose copiature di un piano di un’altra regione” e si condanna ad 1 anno e 8 mesi di reclusione l’allora responsabile del Servizio 3 del Dipartimento Ambiente e coordinatore del Piano copiato dott. Salvatore Anzà, poichè nell’esercizio delle sue funzioni aveva redatto e inviato a diversi Enti pubblici, regionali e ministeriali, una serie di note su carta intestata dell’Assessorato al Territorio e Ambiente dai contenuti opinabili in danno di Legambiente e del suo Presidente Regionale arch. Domenico Fontana per aver essi smascherato la copiatura del Piano. C’è chi ha chiesto (lo hanno fatto i deputati all’ARS del M5S) alla Regione di conoscere quali iniziative ritenga  la Regione Siciliana di voler adottare, ed in che tempi (dopo quasi 6 anni) per la revoca immediata del Piano copiato; come intende procedere per fare emergere le responsabilità degli autori e le coperture di cui gli stessi hanno potuto godere nel corso di questi anni, anche come segnale forte di abbandono di un deleterio modus operandi; per quali motivi il Piano copiato ha continuato fino ad ora a fare bella mostra sul sito istituzionale dell’Assessorato al Territorio e Ambiente senza che nessuno sia intervenuto al riguardo nonostante a conoscenza della copiatura e quindi della non conformità, il tutto ancor più aggravato dall’intervenuta condanna penale a carico del responsabile della redazione della copiatura del Piano; per quali motivi sono rimaste senza risposta, a distanza di oltre 4 mesi, le richieste di ritiro del Piano inoltrate all’attuale assessore al territorio da parte di Legambiente e della CGIL, ulteriormente sollecitate, anche con formale diffida, dalle associazioni Comitato Cittadino Isola Pulita, AugustAmbiente, Italia Nostra, WWF Palermo, disattendendo le norme sui procedimenti e sulla trasparenza amministrativa di cui alla L.R. 5/2011; se sono stati intrapresi provvedimenti nei confronti del dott. Salvatore Anzà a seguito della sua condanna e se il Governo intenda costituirsi parte civile nel processo contro gli ex Presidenti della Regione, Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, e gli ex assessori al territorio e ambiente, Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello e Roberto Di Mauro, che si aprirà il 3 giugno prossimo presso il Tribunale di Palermo; quando intende adottare un vero Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria.
* Esperta problematiche ambientali



Con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 è stata data attuazione alla direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa che ha...
presentato il: 03/10/2013
Interrogazione a risposta scritta 4-02066 presentato da MANNINO Claudia testo di Giovedì 3 ottobre 2013, seduta n. 90  

MANNINO, TERZONI, GRILLO, PARENTELA, DE ROSA, DE LORENZIS, NUTI e LOREFICE. — 
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. 



— Per sapere – premesso che:   
con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 è stata data attuazione alla direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa che ha abrogato, a partire dall'11 giugno 2010, le direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69/CE e 2002/3/CE;   

con il citato decreto legislativo 155 del 2010 sono state abrogate le norme con le quali l'Italia aveva recepito e dato attuazione alle citate direttive europee – in special modo i decreti legislativi n. 351 del 1999, n. 183 del 2004 e n. 152 del 2007 – stabilendo, all'articolo 19, apposite norme transitorie e prevedendo delle regioni e delle province autonome e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di provvedere al riesame e all'aggiornamento degli atti adottati in base alla normativa previgente;   
 l'articolo 3 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che per il riesame della zonizzazione del territorio nazionale in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, il progetto di zonizzazione e di classificazione – di competenza delle regioni e delle province autonome – deve essere trasmesso, per l'adozione, al Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare entro i successivi quattro mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, unitamente agli esiti dell'attività di monitoraggio e valutazione, in base ai quali vengono classificati le zone e gli agglomerati;   

l'articolo 4 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che la classificazione, in base alla presenza e ai livelli di inquinanti nell'aria ambiente, delle zone e degli agglomerati – di competenza delle regioni e delle province autonome – deve essere riesaminata almeno ogni cinque anni e, comunque, ogni volta che si registrino eventi che incidono sulle concentrazioni nell'aria ambiente degli stessi inquinanti;   

l'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare, all'ISPRA e all'ENEA – entro otto mesi dall'entrata in vigore del decreto – un progetto di adeguamento delle reti di misura, in conformità alla zonizzazione e alla classificazione risultanti dal primo riesame previsto dal citato articolo 3, che deve indicare anche la data prevista per l'adeguamento e il programma di valutazione da attuare nelle zone e negli agglomerati individuati;   

l'articolo 9 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano per la qualità dell'aria che assicuri il rispetto dei cosiddetti valori limite, quantificati nell'allegato XI dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati gli stessi valori limite vengano superati; 
  

l'articolo 9 ha stabilito l'obbligo a carico delle regioni e delle province autonome di adottare misure che assicurino il raggiungimento – entro il 31 dicembre 2012 – dei cosiddetti valori obiettivo relativi alle diverse sostanze inquinanti, quantificati nell'allegato XIII dello stesso decreto, nel caso in cui si registrino scostamenti rispetto agli stessi valori obiettivo;   

l'articolo 9 ha stabilito, altresì, l'obbligo a carico delle regioni e delle province autonome di adottare misure che assicurino il rispetto dei cosiddetti livelli critici relativi alle diverse sostanze inquinanti, quantificati nell'allegato XI dello stesso decreto, nel caso in cui gli stessi livelli critici vengono superati; 


in base all'articolo 9 del decreto legislativo 155 del 2010, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, spetta il compito di curare la procedura finalizzata ad ottenere, dalla Commissione europea, le deroghe previste dall'articolo 22 della Direttiva 2008/50/CE relativamente al superamento dei valori limite per il biossido di azoto e per il benzene in determinate zone e agglomerati presenti nel territorio nazionale;   

l'articolo 10 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano d'azione che contenga le misure da implementare a breve termine per prevenire il superamento delle cosiddette soglie di allarme, quantificate nell'allegato XII dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati si presenti il rischio che le stesse soglie di allarme vengano superate;   

l'articolo 10 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano d'azione che contenga le misure da implementare a breve termine per prevenire il superamento dei cosiddetti valori limite o dei valori obiettivo, quantificati negli allegati XI e XII dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati si presenti il rischio che gli stessi valori vengano superati, per effetto di specifiche circostanze contingenti che non siano strutturali e ricorrenti;   

l'articolo 13 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano – da integrare con i piani di qualità dell'aria di cui all'articolo 9 – che contenga le misure idonee a raggiungere, nei termini previsti, i cosiddetti valori obiettivo, di cui all'allegato XV dello stesso decreto, rispetto alla presenza di ozono nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati, gli stessi valori obiettivo vengano superati;   
 lo stesso articolo 13 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare misure idonee a raggiungere gli obiettivi a lungo termine concernenti la presenza di ozono nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati, i livelli dell'ozono superano gli stessi obiettivi a lungo termine, pur essendo inferiori o uguali ai cosiddetti valori obiettivo; 

l'articolo 14 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che, nel caso in cui i livelli degli inquinanti superino la cosiddetta soglia di informazione o la soglia di allarme, le regioni e le province autonome informano il pubblico e trasmettono informazioni circa i livelli misurati e la durata del superamento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ne da comunicazione alla Commissione;  

l'articolo 15 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, da parte delle regioni e delle province autonome, di comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – per l'approvazione e il successivo invio alfa Commissione – l'elenco delle zone e degli agglomerati in cui, relativamente ad un determinato anno, i livelli degli inquinanti superano i rispettivi valori limite o i livelli critici a causa del contributo di fonti naturali, corredato delle informazioni circa i livelli registrati e delle prove del contributo delle stesse fonti naturali;   

lo stesso articolo 15 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, da parte delle regioni e delle province autonome, di comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – per l'approvazione e il successivo invio alla Commissione – l'elenco delle zone e degli agglomerati in cui, i livelli del PM10 superano il rispettivo valore limite per effetto della risospensione del particolato a seguito della sabbiatura o della salatura delle strade nella stagione invernale;   


l'articolo 18 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito gli obblighi, a carico di tutti delle amministrazioni e degli enti che applicano lo stesso Decreto, concernenti l'informazione del pubblico prevedendo, tra le altre cose, che i piani per la qualità dell'aria e i piani di azione e un documento riepilogativo delle misure adottate dalle regioni e dalle province autonome in base all'articolo 9 comma 2 e all'articolo 13 comma 2 debbono essere, in tutti i casi, pubblicato su pagina web;   

l'articolo 19 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome, per le zone nelle quali si registri dei cosiddetti valori limite, trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:   

 a) i livelli degli inquinanti superiori ai valori limite che sono stati misurati, le date o i periodi in cui è stato rilevato il superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;   

 b) i piani per la qualità dell'aria, entro diciotto mesi dalla fine dell'anno durante il quale è stato rilevato il superamento dei valori limite;   

 c) le modifiche, le integrazioni e gli aggiornamenti dei piani per la qualità dell'aria entro due mesi dalla relativa adozione;   

 d) gli aggiornamenti dell'elenco delle zone e degli agglomerati nei quali vengono superati i valori limite e per i quali vengono adottati i piani per la qualità dell'aria, e di quelli nei quali i livelli degli inquinanti rispettano i valori limite e i valori obiettivo, per i quali le regioni adottano misure per la preservazione della qualità dell'aria;   

per le zone e gli agglomerati nei quali si registra il superamento dei cosiddetti valori obiettivo di cui all'allegato XIII, l'articolo 19 del decreto legislativo 165 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:   

 a) l'elenco di tali zone e agglomerati, con l'individuazione delle aree di superamento, i livelli di concentrazione degli inquinanti oggetto di valutazione, le informazioni sui motivi dei superamenti, con particolare riferimento alle fonti, e le informazioni sulla popolazione esposta ai superamenti, con cadenza annuale entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello a cui si riferiscono;   

 b) la documentazione relativa all'istruttoria effettuata al fine di individuare le misure necessarie a perseguire il raggiungimento dei valori obiettivo di cui all'allegato XIII e di individuare, tra le stesse, quelle che non comportano costi sproporzionati nei casi in cui l'istruttoria svolta dalla regione o provincia autonoma ha esito positivo, le misure adottate ai sensi dell'articolo 9, comma 2;   
per quel che concerne la presenza dell'ozono, l'articolo 19 del decreto legislativo 155 del 2010 stabilisce che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:   
 a) gli aggiornamenti dell'elenco delle zone e degli agglomerati, per i quali si rende necessario adottare piani per la gestione della, qualità dell'aria rispetto all'ozono, entro 6 mesi dalla fine di ciascun anno;   

b) i livelli dell'ozono superiori al valore obiettivo e all'obiettivo a lungo termine che sono stati misurati, le date o i periodi in cui è stato rilevato il Superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;   
c) i livelli dell'ozono superiori che hanno superato le soglie di informazioni e di allarme, le date in cui è stato rilevato il superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;   

 d) le informazioni sulla presenza dell'ozono e dei relativi precursori, relative a tutte le zone e gli agglomerati, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;   

 e) gli atti dell'istruttoria finalizzata ad individuare le misure necessarie ad assicurare il raggiungimento dell'obiettivo a lungo termine, con una cadenza triennale;   

 lo stesso articolo 19 prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni acquisite dalle regioni e dalle province autonome, in merito al superamento dei valori limite, dei valori obiettivo, della soglia di informazione e della soglia di allarme, ed ai piani per la qualità dell'aria, i piani di azione e le misure adottati per assicurare la qualità dell'aria ambiente;   
l'articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che i provvedimenti di zonizzazione e di classificazione, la rete di misura, i piani e le misure di qualità dell'aria – approvati in base alla normativa previgente – devono essere adeguati alle disposizioni dello stesso decreto 155 del 2010, in base alle procedure e secondo i termini fissati, e che, in caso di mancato adeguamento trova applicazione i poteri sostitutivi di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131;   

lo stesso articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che la reiterata violazione – da parte delle regioni e delle province autonome – degli obblighi di predisporre e di trasmettere informazioni e di adeguare i piani e le misure alle richieste del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, determina la mancata erogazione di finanziamenti previsti all'interno di provvedimenti ministeriali, e che lo stesso Ministero deve provvedere all'inserimento di una clausola analoga anche con riferimento a provvedimenti generali vigenti in materia;  

all'interno del portale del Ministero dell'ambiente, nella pagina dedicata alla gestione della qualità dell'aria, è pubblicato il link al Piano regionale di coordinamento per a qualità dell'aria ambiente approvato con decreto assessoriale n. 176/GAB del 9 agosto 2007 dalla regione siciliana;   

all'interno della banca dati «Misure di risanamento della qualità dell'aria» pubblicata all'interno del sito dell'Istituto Superiore per la PROTEZIONE e la ricerca ambientale – che costituisce un archivio delle informazioni trasmesse dalle regioni e dalle province autonome a partire dal 2005 in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa nazionale ed europea in materia di Piani di risanamento della qualità dell'aria – non sono reperibili informazioni concernenti le situazioni di superamento dei livelli stabiliti e le misure di risanamento dell'aria adottate dalla regione Siciliana;   
disattendere gli obblighi di comunicazione alla Commissione europea di cui in premessa può costituire circostanza idonea e sufficiente perché si realizzi la violazione del diritti comunitario esponendo così l'Italia ad ulteriori e gravose procedure di infrazione;   

come denunciato dall'associazione ambientalista Legambiente Sicilia, sin dal 2007, il Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente approvato con decreto assessoriale n. 176/GAB del 9/8/2007 è il frutto di un lavoro di «copiatura» del Piano regionale del Veneto che era stato approvato in precedenza;   

l'operazione di plagio è provata dal fatto che nel testo del Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente della Sicilia si faceva riferimento al sistema aerologico padano, alla rigidità del clima, alla realizzazione di piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti all'interno delle città siciliane;   

con decreto n. 43/Gab del 12 marzo 2008, l'assessore pro-tempore Interlandi ha provveduto ad eliminare dal testo le parti che risultavano palesemente «copiate» senza provvedere a una revoca integrale del Piano;   
a partire dalla fine del 2012, sono pervenute alla competente Regione Siciliana richieste di revoca del Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente del 2007, da parte di Legambiente, dalla CGIL e dalle associazioni Comitato Cittadino Isola Pulita, AugustAmbiente, Italia Nostra e WWF Palermo;   
nel mese di gennaio 2013, il tribunale di Palermo ha depositato le motivazioni dellasentenza n.5455 del 2012 con la quale l'allora responsabile del Servizio 3 del dipartimento ambiente, nonché coordinatore del Piano, è stato condannato per diffamazione in relazione alle dichiarazioni rese nei confronti del presidente regionale di legambiente che aveva scoperto e reso pubblica la notizia delle vistose copiature contenute nel pieno regionale del 2007 –:   

se risulti che la Regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente del territorio e del mare il progetto di zonizzazione e l'individuazione delle zone e degli se risulta che la Regione Sicilia abbia provveduto avvero stia provvedendo al riesame della classificazione delle zone e degli agglomerati, come previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010;  

se risulti che la Regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e dei mare, il progetto di adeguamento delle reti di misura dei livelli degli inquinanti nell'aria ambiente, come previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010;   

se, e in quali occasioni, risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informazioni in merito al superamento della soglia di informazione o della soglia di allarme, come stabilito dall'articolo 14 del decreto legislativo 155 del 2012;   

se risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'approvazione e il successivo invio alla Commissione, l'elenco delle zone e degli agglomerati nei quali, relativamente ad un determinato anno, i livelli degli inquinanti superano i rispettivi valori limite o i livelli critici a causa del contributo di fonti naturali, e di quelli nei quali i livelli del PM10 superano il rispettivo valore limite per effetto della nuova sospensione del particolato a seguito della sabbiatura o della salatura delle strade nella stagione invernale;   

se e quando risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le comunicazioni e le informazioni richieste, relativamente alle zone e agli agglomerati nei quali si sia registrato il superamento dei valori limite e dei valori obiettivo degli inquinanti rilevati nell'aria ambiente, e dei valori obiettivo e degli obiettivi di lungo termine relativi all'ozono, come previsto dall'articolo 15 decreto legislativo 155 del 2010;   

se e quando abbia provveduto a trasmettere alla Commissione europea le informazioni acquisite dalla regione siciliana in merito al superamento dei valori limite, dei valori obiettivo, della soglia di informazione e della soglia di allarme, ed ai piani per la qualità dell'aria, i piani di azione e le misure adottati per assicurare la qualità dell'aria ambiente;   

se qualora tali dati non siano stati trasmessi si sia provveduto a comunicare alla Commissione europea l'impossibilità di trasmissione di detti dati stante la «non collaborazione» della regione Siciliana, o se la Commissione europea abbia sollecitato e/o chiesto informazioni sul mancato invio delle informazioni ambientali relative alla qualità dell'aria siciliana;   

quale sia lo stato di avanzamento della procedura finalizzata ad ottenere, dalla Commissione europea, le deroghe previste dall'articolo 22 della Direttiva 2008/50/CE relativamente al superamento dei valori limite per il biossido di azoto e per il benzene in zone e agglomerati presenti in Sicilia;   

se il Governo non intenda attivare, con la necessaria urgenza e determinazione, la procedura di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e a (l'articolo 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, come previsto dall'articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010, in considerazione del fatto che la Regione Siciliana non ha provveduto ad adeguare i piani e le misure per la qualità dell'aria, ovvero sia venuta meno agli altri obblighi stabiliti dal decreto e richiamati nel citato articolo 22;   

se, e in quanti casi, sia stata sospesa l'erogazione di risorse previste da programmi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a beneficio della regione siciliana, in relazione alla mancata ottemperanza agli obblighi stabiliti dal decreto legislativo 155 del 2010, così come previsto dall'articolo 22, comma 2, dello stesso decreto. (4-02066) 





SICILIA. FUROR PERSECUTIONIS E PIANO REGIONALE DELL’ARIA SCOPIAZZATO

19 MAGGIO 2013

Il sistema consente di arrivare al potere col disprezzo;
ma è l'iniquità, l'esercizio dell'iniquità, che lo legittima
(Leonardo Sciascia)

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denuncia i mali che attanagliano la sua terra natale
e più in generale la società contemporanea
l'Adige - Francesco Roat, 11 aprile 2013


Riportiamo stralcio dall’interpellanza di alcuni cittadini siciliani sul “Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria”, che "continua inspiegabilmente e poco decorosamente a risultare un documento ufficiale della Regione Siciliana (a 5 anni dalla sua approvazione) e ad essere inserito nel sito istituzionale dell’Assessorato al Territorio e Ambiente". Qui l'elenco delle fonti copiate dall'analogo Piano del Veneto.

Intorno a questa vicenda si colloca il furor persecutionis nei confronti dei dirigenti Gioacchino Genchi e Alessandro Pellerito, “colpevoli” di aver fatto il proprio dovere, di cui riportiamo il dossier dell’ottobre 2010 di "Funzione pubblica Cgil" (leggi in fondo documento e sommario) e l'articolo del marzo 2011 di “S – Il mondo capovolto dei dirigenti regionali”.

È dello scorso marzo la notizia che “Il gup Marina Petruzzella ha rinviato a giudizio l'ex presidente della Regione siciliana e il suo predecessore per omissione d'atti d'ufficio. Stessa sorte anche per quattro ex assessori regionali all'Ambiente"; leggila sul Giornale di Sicilia e su Live Sicilia.
Redazione Ecce Terra Trento, 19 maggio 2013
Interpellenza di alcuni cittadini siciliani (stralcio)
15 aprile 2013
… più di 5 anni fa, il 21 novembre 2007, Legambiente Sicilia denunciava in una conferenza stampa, che il Piano Regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente, approvato ed adottato con il D.A. n. 176/Gab del 9 agosto 2007 dall’assessore al Territorio e Ambiente Rossana Interlandi, era un copiato dall’omologo Piano della Regione Veneto di alcuni anni addietro, nonché un collage di capitoli, paragrafi, ecc. integralmente trascritti da pubblicazioni già edite da altri Enti ed Amministrazioni;
gli autori, coordinati dal dirigente responsabile del Servizio 3 “Tutela dall’inquinamento atmosferico” del Dipartimento Ambiente, Salvatore Anzà, non si erano neppure accorti che quel Piano del Veneto, cui avevano attinto, era già stato bocciato dalla Comunità Europea parecchi anni prima, né che nel copia e incolla si erano generate inedite “comunanze” e “similitudini” tra le caratteristiche ambientali del Veneto e della Sicilia, tipo il “sistema aerologico padano” della Regione Siciliana, la limitazione delle ore di utilizzo del riscaldamento domestico a causa della rigidità del clima, l’incremento delle piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti nei centri storici dei Comuni siciliani al fine del miglioramento del traffico urbano, la persistenza delle Comunità montane, ecc.;
la vicenda suscitava, a causa dei suoi risvolti paradossali, notevole clamore e turbamento a livello mediatico e nell’opinione pubblica regionale e nazionale, attirando persino l’attenzione della trasmissione satirica Striscia la notizia che vi dedicava un esilarante servizio, nel corso del quale il dirigente generale del Dipartimento Ambiente, Pietro Tolomeo, per giustificare l’abnormità dei fatti, arrivava a definirli frutto di “pochi refusi”, tuttavia lasciandosi scappare che “nel copiare può succedere”;
l’Assessore Interlandi nominava una commissione d’inchiesta per gli accertamenti del caso e delle responsabilità, ma la commissione, di fronte all’imbarazzante situazione, si trincerava dietro un’enigmatica astensione dal rilasciare una qualsiasi relazione
a distanza di circa 4 mesi l’Assessore Interlandi, con il decreto n. 43/Gab del 12 marzo 2008, riteneva di sanare le abnormità con la semplice eliminazione dal testo del Piano dei riferimenti più spiccatamente “padani”, ma lasciando inalterate le altre parti interamente copiate.
Considerato che
il c.d. Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente della Regione Siciliana, vale a dire un documento frutto di un mero assemblaggio, operato con il metodo del copia ed incolla, di porzioni di documenti di varia estrazione e provenienza, alcuni dei quali persino di scarsa attinenza e molti altri anche temporalmente superati (basti considerare che il Piano della Regione Veneto risaliva all’anno 2000 ed era stato bocciato dalla Comunità Europea), tutto può definirsi fuorché un documento di programmazione e pianificazione in materia di tutela e risanamento della qualità dell’aria;
nessun provvedimento risulta essere stato intrapreso nei confronti dei responsabili della redazione del Piano copiato;
detto Piano continua inspiegabilmente e poco decorosamente a risultare un documento ufficiale della Regione Siciliana e ad essere inserito nel sito istituzionale dell’Assessorato al Territorio e Ambiente, senza che i vertici politici dell’Assessorato, quelli burocratici del Dipartimento Ambiente ed i responsabili dell’ufficio competente che si sono succeduti abbiano ritenuto di intervenire al fine della sua revoca;
a fine gennaio di quest’anno il Tribunale di Palermo ha depositato le motivazioni della sentenza n. 5455/2012, con la quale si sancisce che il c.d. Piano regionale per la tutela della qualità dell’aria contiene “vistose copiature di un piano di un’altra regione” e si condanna ad 1 anno e 8 mesi di reclusione l'allora responsabile del Servizio 3 del Dipartimento Ambiente e coordinatore del Piano copiato dott. Salvatore Anzà, poiché nell'esercizio delle sue funzioni aveva redatto e inviato a diversi Enti pubblici, regionali e ministeriali, una serie di note su carta intestata dell'Assessorato al Territorio e Ambiente dai contenuti opinabili in danno di Legambiente e del suo Presidente arch. Domenico Fontana per aver essi smascherato la copiatura del Piano;
lo scorso 13 marzo il GUP del Tribunale di Palermo ha rinviato a giudizio, proprio per non avere mai adottato un vero Piano di risanamento della qualità dell’aria, nonostante fossero a conoscenza dei dati allarmanti sulla qualità dell’aria, gli ex Presidenti della Regione, Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, assieme agli assessori pro tempore dell’Assessorato al Territorio e Ambiente, Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello e Roberto Di Mauro, ed il processo si aprirà il prossimo 3 giugno.
[...]
L’ANORMALE NORMALITÀ DELLE DELIBERE DI GIUNTA CONTRO I DIRIGENTI GIOACCHINO GENCHI E ALESSANDRO PELLERITO:  LA TRASPARENZA CALPESTATA ED IL FUROR PERSECUTIONIS
Dossier della CGIL FP su di un caso di malaburocrazia dai tanti ed inquietanti falsi, abusi ed omissioni
Ottobre 2010
 Sommario
Gioacchino Genchi ed Alessandro Pellerito, dirigenti chimici dell’Assessorato Territorio a Ambiente, da circa 3 anni e 10 mesi hanno avuto revocati gli incarichi dirigenziali con un atto di abuso, ormai accertato, del DG Pietro Tolomeo e da allora sono tenuti dall’Amministrazione Regionale in una condizione allucinante di annientamento lavorativo a non occuparsi più di nulla.
Non malleabili e non condizionabili nel lavoro d’ufficio, come testimoniato in varie vicende, ad esempio quelle riguardanti le emissioni da combustione del pet coke, la Distilleria Bertolino e, soprattutto, i 4 inceneritori dei RSU, nei loro confronti l’Amministrazione ha avviato deferimenti, sospensioni ed un crescendo di accuse rivelatesi tanto pretestuose quanto false.

Il 3 aprile 2009, alzando il tiro, l’Assessore al Territorio e Ambiente del Lombardo primo, Giuseppe Sorbello, andava in Giunta a riferire di valutazioni negative riportate da Genchi e Pellerito nell’attività d’ufficio e la Giunta, senza controllarne la veridicità e negando persino l’evidenza “aritmetica” che i punteggi delle schede valutative, 58 e 67, erano maggiori della soglia minima di 50, inibiva i dirigenti dal ricoprire incarichi per 4 e per 2 anni. Nel furore punitivo la Giunta travalicava finanche di 1 anno il limite dei 3 previsti dalle norme contrattuali. 

Alcuni mesi dopo, Sorbello e la Giunta venivano smentiti da una Commissione d’indagine del Dipartimento Ambiente, la quale accertava che la valutazione non si poteva definire “negativa” per la semplice ragione che il procedimento non si era neppure concluso (non c’era stato il previsto contraddittorio, i punteggi delle schede erano fasulli e le schede mancavano delle firme dei presunti valutati).
Ma, accertati i fatti, la stessa Amministrazione ometteva inspiegabilmente ogni azione consequenziale.
A luglio 2009, Genchi e Pellerito vincevano i ricorsi contro le revoche degli incarichi e Lombardo, con propri decreti, annullava i provvedimenti di abuso del DG Tolomeo.
Ancora una volta l’Amministrazione ometteva di eseguire gli atti consequenziali, cioè di dare corso al giudicato del Presidente e di reintegrare i due dirigenti. L’operato abusivo del DG Tolomeo restava impunito.
A marzo 2010, Genchi e Pellerito chiedevano alla Giunta di annullare in autotutela, anche a seguito degli accertamenti della stessa Amministrazione, le proprie delibere.
A fine giugno, contro ogni evidenza, la Giunta del Lombardo ter riconfermava, invece, le delibere precedenti, vale a dire che riconfermava le valutazioni e le schede ormai accertate come fasulle, le revoche degli incarichi ormai inesistenti perché annullate con decreti presidenziali e persino i 4 anni di inibizione non previsti dalle norme contrattuali, quando l’eventuale limite dei 3 anni era già trascorso da 14 giorni. Per ragioni ignote, la Delibera veniva conservata in qualche cassetto e notificata dopo 95 giorni, ma senza che a tuttora sia stato redatto ed approvato il verbale della seduta di Giunta.
Intanto, su esposto di Genchi e Pellerito, anche il neo costituito Ispettorato della Funzione Pubblica presso l’Assessorato alla Funzione Pubblica diretto dall’Assessore Chinnici accertava le irregolarità evidenziate mesi prima dalla Commissione d’indagine del Dipartimento Ambiente e chiedeva al DG del Dipartimento Ambiente di provvedere a chiudere il procedimento nel rispetto dei tempi e delle norme vigenti in materia di trasparenza amministrativa. Nulla di tutto ciò è ancora avvenuto.
Storia di malaburocrazia, infarcita da falsi, omissioni ed abusi, per di più male orchestrati, sotto una regia trasversale tesa a riaffermare in termini di delegittimazione, isolamento ed annientamento possibili sul posto di lavoro il monito a quanti restii e non facilmente allineabili agli ordini di scuderia.
http://www.ecceterra.org/index.php/ecce-italia/1256-sicilia-furor-persecutionis-e-piano-regionale-dellaria-scopiazzato

PIANO ARIA PULITA, FRA SCOPIAZZAMENTI  E ODISSEE PER LA CANCELLAZIONE
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 8 MARZO 2013

Copio, ergo sum. Parafrasando la celebre massima cartesiana, si potrebbe dire che in Sicilia alcuni funzionari regionali credano che basti copiare per potere esistere. Il caso in questione ha una storia lunga, portata alla LUCE dalle associazioni ambientaliste, che recentemente sono tornate ad insorgere contro l’amministrazione regionale per il mancato ritiro del Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria.
Un piano, quest’ultimo, che da anni è protagonista di una bufera mediatica, a causa di una serie di assonanze più che sospette con altri piani regionali per la tutela della qualità dell’aria, ad esempio quello della Regione Veneto. E’ così che nel piano siciliano si fa riferimento, per citare alcuni dei tanti casi, al “sistema aerologico padano” della Regione Siciliana, alle piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti nei centri storici dei Comuni siciliani, o all’esistenza delle Comunità montane. Insomma, tutte peculiarità tipiche del territorio siciliano, no?
Il piano, stilato nel 2007, nonostante le CONTINUE segnalazioni da parte di associazioni come il Wwf o Legambiente alle diverse amministrazioni regionali che nel frattempo si sono succedute, non è mai stato sostituito e campeggia ancora oggi sul sito dell’Arta, seppure questo dalla fine di gennaio 2013 non sia più aggiornato.
Insomma, le numerose denunce non hanno portato a niente e il Piano non solo è ancora online sul sito istituzionale, ma soprattutto – fatto ben più grave – un piano interamente copiato da altre fonti continua a non essere stato ritirato ufficialmente dall’amministrazione. C’è di più: la reazione alla pubblica denuncia delle associazioni da parte del dirigente responsabile, Salvatore Anzà, è stata corredata da una serie di epiteti come “banda di lestofanti, banda di cialtroni, esperti in truffe, ciarlatani, cricca di imbroglioni, cricca di mascalzoni” messi nero su bianco su carta intestata del Dipartimento Ambiente. Epiteti che sono costati al dirigente una condanna in sede penale perché “la vicenda presenta profili di indubbia gravità, ravvisabili nell’utilizzo da parte di un pubblico funzionario di ben tre atti amministrativi del suo ufficio, per formulare offese personali connotate da una fortissima violenza verbale, violenza di cui l’imputato non è sembrato neppure rendersi conto nel corso del suo esame dibattimentale”.
Ma si sa, morto – o dimesso – un papa, se ne fa un altro. Così, aspettata la fase di insediamento della nuova giunta regionale, alla fine dello scorso anno un cartello di associazioni composto da Legambiente Sicilia, Cgil Sicilia, AugustAmbiente, Decontaminazione Sicilia, Italia Nostra, Wwf Palermo e comitato cittadino Isola Pulita ha segnalato la vicenda alla nuova amministrazione, esortando l’assessore all’Ambiente Maria Lo Bello a porre fine a questa vicenda.
“A fronte di questa situazione a dir poco paradossale – si legge nella lettera firmata da Mimmo Fontana per Legambiente e Antonio Riolo per la Cgil Sicilia – che appare confliggere in modo insanabile, oltre che con il decoro ed il prestigio dell’Amministrazione, con le dichiarazioni programmatiche in materia di trasparenza e legalità del nuovo Governo della Regione, le scriventi Organizzazioni tornano a chiedere l’immediato ritiro del Piano copiato, anche come segnale forte di voler mettere la parola fine ad un deleterio modus operandi e ad un sistema di impunità tra i più oscuri dell’attività amministrativa della nostra Regione”.
Ma ancora nessuna risposta è giunta alla lettera, a distanza di quasi tre mesi. Così qualche settimana fa le associazioni AugustAmbiente, Decontaminazione Sicilia, Italia Nostra, Wwf Palermo e comitato cittadino Isola Pulita hanno inviato una diffida a provvedere con istanza in autotutela alla revoca e al ritiro dal sito web del piano.
E chissà che la nuova amministrazione regionale non decida finalmente di aprire un nuovo capitolo, è il caso di dirlo, che guardi davvero alla salute dell’aria che respirano i siciliani e non alle facili scorciatoie per chi deve redigere un documento di coordinamento regionale.
O forse basterebbe augurarsi che se mai si redigerà un nuovo Piano avvalendosi del “copia e incolla”, non si scopiazzi da un documento, come quello del Veneto, che già nel 2007 era stato bocciato dalla Comunità Europea.

INQUINAMENTO, TROPPI SFORAMENTI
di Rosario Battiato


L’Arpa Sicilia ha pubblicato i dati del 2012: a Melilli, Enna e Trapani i maggiori problemi per i livelli di ozono. Regione in colpevole ritardo sul Piano qualità dell’aria e sul controllo dei Comuni
PALERMO – Sulla qualità dell'aria si gioca una delle sfide più delicate a livello europeo e la Sicilia la sta perdendo su tutti i fronti. Nell'Isola il programma di controllo e riduzione delle emissioni è arenato in perfetto tempismo con la presenza di un piano regionale di risanamento della qualità dell'aria datato 2007 (Decreto Assessoriale n. 176/GAB del 9/8/2007), che appare come documento di riferimento anche sul sito del ministero dell'Ambiente, nonostante sia stato al centro dello scandalo scoppiato in Regione qualche anno fa perché copiato dal piano della Regione Veneto risalente al 2000 e a sua volta sonoramente bocciato dalla Comunità europea. Senza uno strumento di controllo e coordinamento della qualità dell'aria a livello regionale è difficile tenere sotto controllo le emissioni in atmosfera che giungono principalmente dal comparto energetico, dai trasporti e dalle raffinerie. L'aria siciliana, pertanto, continua a essere particolarmente insana per la salute umana e lo dimostrano i dati dell'ultimo monitoraggio Arpa pubblicati a metà maggio.

La presentazione del sistema di monitoraggio dell'aria siciliana si trova sul sito di Sirvia, il sistema informativo regionale per la valutazione integrata della qualità dell’aria in Sicilia, un progetto finanziato dalla misura 1.01 del Programma operativo regionale della Sicilia nell’ambito dei Fondi Strutturali Europei 2000-2006, allo scopo di gestire e valutare la qualità dell’aria nel territorio regionale. L'ultimo report è stato diffuso a metà maggio e copre l'intero 2012. Col bollino rosso ci sono diverse stazioni (si legga tabella per il dettaglio), alcune controllate direttamente dall'Arpa e altre interconnesse con il centro elaborazione dati (Ced) dell'Agenzia, e coinvolgono diversi centri urbani e alcuni tra i principali e più pericolosi inquinanti. Ci sono superamenti oltre il limite consentito per legge che vanno da Trapani a Enna fino alle aree metropolitane di Catania, Palermo e Messina. Gli inquinanti che hanno sforato la soglia di guardia e attentato alla salubrità umana sono diversi e hanno nomi poco rassicuranti: ozono, benzene, biossido di azoto e particolato (Pm10). Il sistema di monitoraggio siciliano, peraltro, non ha sempre una copertura adeguata perché i comuni, anche a causa di una gestione finanziaria non sempre inappuntabile, non mantengono le medesime reti di monitoraggio.

Ad esempio per l'area che copre Gela e Caltanissetta il report non fornisce alcun dato, eppure da quelle parti, come in generale nei pressi nelle aree industriali di Sicilia seppure non è stata attestata alcuna correlazione, ci sono valori abbastanza preoccupanti in termini di qualità della vita (vedi box).

In Italia le cose non vanno come dovrebbero e se ne è accorta anche la comunità europea che sul tema dell'inquinamento atmosferico sta portando avanti l'ennesima procedura d'infrazione (la 2008_2194 Qualità dell'aria: valori limite Pm10). L'ultimo atto si è consumato il 19 dicembre del 2012 quando è arrivata la sentenza da parte della Corte di Giustizia Europea,  che ha accolto il ricorso presentato dalla Commissione europea per l’inadempienza dell’Italia che avrebbe omesso “di provvedere, per gli anni 2006 – 2007, affinché le concentrazioni di Pm10 nell’aria ambiente non superassero, nelle 55 zone e agglomerati italiani considerati nella diffida della Commissione europea del 2 febbraio 2009, i valori limite fissati all’art.5, par. 1, della direttiva 1999/30CE”. Una procedura che la Commissione aveva aperto nel giugno del 2008 sui dati di qualità dell’aria forniti per gli anni 2006 e 2007, visto che i valori limite venivano superati per lunghi periodi e in molte zone.

La storia è proseguita con una lettera di diffida del febbraio del 2009, mentre nel marzo dello stesso anno è stata Stefania Prestigiacomo, all'epoca ministero dell'Ambiente del IV governo Berlusconi, a far pervenire ufficialmente a Raffaele Lombardo, che appena cinque mesi prima si era insediato sullo scranno di comando della Regione siciliana, le procedure d’infrazione avviate dalla Ue perché in alcune zone industriali dei comuni di Palermo, Catania, Messina e Siracusa, tra il 2005 e il 2006, erano state riscontrate concentrazioni di sostanze nocive notevolmente superiori a quelle indicati dalla normativa. L’Italia ha poi presentato 2 istanze di deroga relative rispettivamente a 67 zone (che coinvolgevano 12 regioni e due provincie autonome) e 12 zone (che riguardavano altre 3 regioni). La Commissione europea ha in seguito sollevato delle obiezioni su 62 delle 67 zone segnalate nella prima istanza, e su 11 delle 12 zone segnalate nella seconda istanza. In seconda istanza, tra le regioni coinvolte, figura appunto la Sicilia.

In altri termini la Sicilia rischia grosso, anche perché sulla qualità dell'aria è veramente all'anno zero. Lo sanno anhe all'Ars: a metà aprile è stata presentata un'interpellanza trasmessa al governo il 6 maggio, in merito alle inadempienze “riguardanti il Piano regionale di risanamento della qualità dell'aria”. A firmare l'atto sono stati i deputati del M5S, gli ultimi arrivati a Sala d'Ercole, che evidentemente non vogliono subire il peso di una gestione passata poco attenta. I buchi nel sistema sono diversi. La pattuglia dei grillini chiede, ad esempio, l'effettiva efficacia dei Decreti n. 155/2010 e del 888/17, due norme di riferimento per l'inquinamento atmosferico che però non fissano i limiti di intervento per la maggior parte degli inquinanti di origine petrolchimica. Alla base di tutto risiede, tuttavia, l'assenza di un piano di tutela e risanamento della qualità dell'aria e a tal proposito chiedono che “vengano individuate e censurate le responsabilità politiche e burocratiche", anche perché tale assenza "costituisce una grave 'omissione di soccorso' nei confronti dei cittadini e dell’ambiente intero”.

L'Europa comunque non molla la presa. Proprio sul fronte dello smog la Commissione europea ha intenzione di proseguire “la linea dura” con gli Stati membri e far rispettare le regole sulla qualità dell'aria. Lo ha ribadito il commissario Ue all'ambiente, Janez Potocnik, precisando di voler continuare “con una linea più forte sulle procedure di infrazione rispetto al passato: oggi abbiamo 18 Stati membri che non rispettano i limiti delle Pm10”. Tutto questo in attesa di cominciare con il biossido di azoto (NO2).



Inquinamento, alla sbarra ex amministratori regionali

PALERMO – L'aria siciliana è inguaiata con la magistratura. Il Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente della Regione siciliana, il famoso documento dello scandalo, assemblato col metodo del copia e incolla tramite porzioni di altri documenti, tra cui il piano della Regione Veneto che faceva, appunto, riferimento all'aria padana e che era stato comunque già bocciato dalla commissione, risulta ancora tra i documenti di riferimento per il controllo dell'aria presenti sul sito del ministero e dell'assessorato regionale. 

A fine dello scorso gennaio questa verità è stata acclarata con la Sentenza n. 5455/2012 emessa dal Tribunale penale di Palermo, Giudice monocratico, sez. quarta penale, nel proc. n. 4863/2010, all’udienza del 18.10.2012, dove tra le motivazioni di una condanna per diffamazione in una controversia sorta tra Regione e Legambiente, di cui abbiamo parlato diffusamente nei mesi scorsi, si è “accertato” che il piano conteneva se non errori, “comunque vistose copiature di un piano di altra Regione”.

Ma c'è un altro capitolo della vicenda aria finito in Tribunale, perché lo scorso 13 marzo il Gup del Tribunale di Palermo ha rinviato a giudizio gli ex presidenti della Regione, Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, assieme agli assessori pro tempore al Territorio e Ambiente - Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello e Roberto Di Mauro - perché non avrebbero mai adottato un vero Piano di risanamento della qualità dell’aria, nonostante fossero a conoscenza dei dati allarmanti sulla qualità dell’aria. 

Il processo che si è aperto ad inizio giugno davanti alla terza sezione è stato rinviato a lunedì prossimo per la dichiarazione di astensione di uno dei giudici a latere. Anche il ministero dell'Ambiente si è costituito parte civile al processo.



Le emissioni sono in calo tra crisi e provvedimenti

PALERMO – La Sicilia, a fronte di un tessuto produttivo poco sviluppato, resta una delle regioni sottoposte ai maggiori livelli di impatto ambientale data la presenza delle industrie ad elevata intensità energetica come raffinerie, stabilimenti petrolchimici, cementifici, centrali termoelettriche e industrie di materiali da costruzione. Tuttavia la crisi e una normativa più stringente stanno migliorando le performance ambientali di questi giganti dell'inquinanti. Dal confronto dei dati nel periodo 2009-2011, gli ultimi analizzati nel report di monitoraggio ambientale del Pears, si evince una riduzione del livello di emissioni di CO2, pari a circa il 3,8%. Sempre nel periodo 2009-2011, le emissioni di Nox (ossidi di azoto) nel settore delle raffinerie, presentano una lieve contrazione (-1,75%), con un valore stimato, nel 2011, pari a 10.372,24 t/anno, così come nel settore delle centrali elettriche, dove hanno subito un calo con un valore stimato nel 2011 pari a 5.541,68 t/anno. Nello stesso periodo le emissioni di Sox (ossidi di zolfo) nel settore delle raffinerie, presentano un incremento del 10,9%, con un valore stimato, nel 2011, pari a 35.928,5 t/anno, mentre nel settore delle centrali elettriche, hanno subìto una significativa riduzione del 19,4%, con un valore stimato, nel 2011, pari a 7.284,94 t/anno. 

La Regione, data l’emanazione del Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, attuazione della Direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, ha compiuto qualche passo in avanti. Dopo aver provveduto a rivedere la zonizzazione in atto, ha redatto un progetto volto ad adeguare la propria rete di misura alle disposizioni comunitarie.
Gli  adempimenti sono stati avviati e in particolare con D.A n. 97/GAB del 25 giugno 2012 è stata approvata la “Zonizzazione e classificazione del territorio della Regione siciliana ai fini della qualità dell’aria per la protezione della salute umana” ed è stata trasmessa al ministero dell’Ambiente per la valutazione di conformità.
Articolo pubblicato il 15 giugno 2013

SIRACUSA – “ARIA PULITA?” INTERROGAZIONE AL GOVERNO REGIONALE DI MARIKA DI MARCO. Commento e comunicato stampa
Posted by: La Redazione Posted date: marzo 04, 2013

(gregorio valvo)Siracusa, 4 marzo2013 –  Finalmente tra i tanti parlamentari che Siracusa elegge e nomina spunta qualcuno che non pensa solamente alle beghe di partito e alle strategie politiche “ ma anche”, come diceva Veltroni, alle cose che attengono al bene comune. Nella fattispecie quello dell’aria. L’assessore regionale all’ambiente e il governatore Crocetta leggeranno presto l’interrogazione presentata dall’onorevole Marika Cirone di Marco in merito alla qualità dell’aria che si respira in Sicilia. Ovviamente, il punctum dolens della richiesta avanzata è rappresentato dalla “scoperta” che faranno  i rappresentati del governo regionale sull’aria che respirano i siracusani. Cioè, la peggiore d’Italia. Non sappiamo come potrà incidere un’ interrogazione “regionale”, per mutare una situazione che neanche un ministro all’Ambiente come Stefania Prestigiacomo ha potuto cambiare. Sappiamo che mettersi contro le industrie multinazionali non è cosa facile per nessuno. E comprendiamo. Non sappiamo se l’on Cirone Di Marco ha informato i neo rappresentanti alla CAMERA del suo partito, il Pd, della battaglia che intende intraprendere a favore dell’aria più respirabile che i siracusani desiderano. Certamente, in questa battaglia, una grande mano di aiuto potrebbe fornirla l’on Pippo Zappulla che più di chiunque conosce dati tecnici e le vie per la soluzione possibile per i suoi trascorsi di massimo esponente  Cgil in Provincia. Se realmente un passo avanti a favore dell’ambiente disastrato siracusano sarà fatto,  vorrà dire che la politica comincia a pensare di cambiare. Spezzare gli inciuci che hanno portato i siracusani a respirare tumori allo stato gassoso, dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni cittadino e di ogni politico delegato a legiferare. Non per noi ma per la nuova generazione che ancora non è in condizione di rendersi conto della triste realtà che l’attende. Forza onorevole Marika, aspettiamo qualche risultato, in un modo o nell’altro veda di non deluderci.       

 (CS)Siracusa, 4 marzo 2013 – Il deputato regionale del PD, Marika Cirone Di Marco ha inviato un’interrogazione al presidente della Regione Siciliana e all’assessore regionale per il Territorio e l’Ambiente sulle condizioni della qualità dell’aria in Sicilia. L’iniziativa prende spunto dal recente report di Lega ambiente. L’interrogazione, in particolare, riguarda gli impianti industriali di Priolo e il polo petrolchimico di Gela. Si fa riferimento, inoltre, alle navi che approdano nei porti industriali e al Piano di tutela della qualità dell’aria, di cui la Regione Siciliana non si è ancora dotata. Nell’interrogazione viene chiesto di procedere alla revisione dei provvedimenti AIA finora concessi, per verificare la prescrizione e la reale adozione delle migliori tecnologie disponibili (BAT). Di realizzare sistemi tali da recuperare in tutto o in massima parte gli off-gas per evitarne l’invio alle torce. Di adeguare l’impianto IAS di Priolo per azzerare le sue emissioni. Di controllare e revisionare gli impianti di desolforazione nonché il divieto di utilizzo della H2S nei forni, la verifica straordinaria di tutti i serbatoi e delle condutture al fine di evitare fughe di gas incontrollate. Marika Cirone Di Marco chiede ancora quali misure s’intendono adottare per rendere più stringente il controllo sulle navi mercantili e sui terminali petroliferi, in particolare dove sussistono per di più aree di rispetto e tutela ambientale o di particolare pregio archeologico. Di censire le attività di bonifica con azoto presso i depositi gli impianti le linee e le navi gasiere e petroliere per valutarne le emissioni, per garantire costantemente l’accesso e la diffusione delle informazioni alla popolazione relative alla qualità dell’aria ambiente, così come previsto dal Decreto Legislativo 13.08.2010 n.155, e pubblicando i report giornalieri sui siti istituzionali dei comuni e dell’Arpa, Viene chiesto, infine, di accelerare l’approntamento e il varo del Piano di Tutela della Qualità dell’Aria per la Sicilia.
Al Presidente della Regione
all’Assessore per il territorio e l’ambiente

premesso che:   la Sicilia, in presenza dei numerosi impianti petrolchimici e termoelettrici attivi nel proprio territorio, si piazza ai primissimi posti nella poco onorevole classifica delle emissioni più ingenti e inquinanti di PM10 e di idrocarburi non metanici e che in alcune zone, come quelle del siracusano, riscontra un conclamato aumento delle patologie tumorali e delle ipospadie;
rilevato  che l’impianto cloro-soda di Priolo è stato chiuso solo alla fine del 2005  e che in questi giorni si sta celebrando il processo giudiziario per i danni sanitari subiti dai lavoratori di quegli impianti; per il polo di Gela la commissione per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ha concluso i lavori a metà dicembre e si è ancora in attesa del provvedimento definitivo che entro 24 mesi dovrebbe ridurre le emissioni di SO2 dagli attuali 900 mg/mc a 400 mg/mc; le navi che approdano nei porti industriali hanno l’obbligo di cambiare l’alimentazione di motori e apparati ausiliari solo all’interno delle rade e in prossimità dell’ormeggio ai pontili e che dunque il contributo delle navi ai fini dell’inquinamento è notevole, nonostante gli stringenti vincoli imposti dall’UE all’utilizzo di combustibili ad alto contenuto di zolfo all’interno dei porti, nelle aree limitrofe e nelle zone speciali
considerato che la qualità dell’aria delle città prossime alla zona industriale non è migliorata e che ripetuti blackout e il fermo di numerosi impianti industriali, soprattutto nell’area di Siracusa, hanno riproposto la carenza di trasparenza e informazioni verso le amministrazioni comunali e i cittadini oltre che l’uso improprio delle torce come primo rimedio (e non come estremo, quale dovrebbe essere) per fronteggiare l’emergenza e smaltire i gas;  visto che la Regione non si è ancora dotata del prescritto Piano di tutela dell’Aria, il polo petrolchimico di Gela  attende il provvedimento definitivo dell’AIA mentre gli impianti della Versalis di Priolo non sono ancora in possesso di tale autorizzazione per sapere  se non ritengano opportuno procedere alla revisione dei provvedimenti AIA finora concessi per verificare la prescrizione e la reale adozione delle migliori tecnologie disponibili (BAT); alla realizzazione di sistemi tali da recuperare in tutto o in massima parte gli off-gas per evitarne l’invio alle torce; all’adeguamento dell’impianto IAS di Priolo per azzerare le sue emissioni; al controllo e alla revisione degli impianti di desolforazione nonché al divieto di utilizzo della H2S nei forni, la verifica straordinaria di tutti i serbatoi e delle condutture al fine di evitare fughe di gas incontrollate; quali misure intendono adottare per rendere più stringente il controllo sulle navi mercantili e sui terminali petroliferi, in particolare dove sussistono per di più aree di rispetto e tutela ambientale o di particolare pregio archeologico; per censire le attività di bonifica con azoto presso i depositi gli impianti le linee e le navi gasiere e petroliere per valutarne le emissioni, per garantire costantemente l’accesso e la diffusione delle informazioni alla popolazione relative alla qualità dell’aria ambiente, così come previsto dal Decreto Legislativo 13.08.2010 n.155, e pubblicando i report giornalieri sui siti istituzionali dei comuni e dell’Arpa; se non ritengano di dovere accelerare l’approntamento e il varo del Piano di Tutela della Qualità dell’Aria per la Sicilia.
L’interrogante chiede  lo svolgimento  con urgenza    Cirone


INQUINAMENTO ATMOSFERICO, INDAGATI CUFFARO, LOMBARDO E ASSESSORI REGIONALI ALL’AMBIENTE
Si è conclusa l’indagine avviata dalla Procura di Palermo per individuare le responsabilità sulla mancata stesura del Piano di risanamento della qualità dell’aria in Sicilia.
Una vicenda che da anni ci ha visti impegnati sia sul fronte dell’informazione che adendo le vie giudiziarie.
A tal proposito, occorre precisare che una denuncia inerente le vicende agrigentine, fu a suo tempo presentata dall’Assessorato Ambiente del Comune di Agrigento.
Inoltre, nel corso di un incontro tenutosi all’Assessorato Regionale all’Ambiente, fu il funzionario del Comune arch. Domenico Savio Lo Presti, ad insistere affinchè si arrivasse alla  stesura del Piano di risanamento della qualità dell’aria, e che in detto Piano, rientrasse Agrigento, visto come i dati dei rilevamenti indicassero allarmanti superamenti di soglia massima degli inquinanti.
È anche doveroso ricordare come la Provincia Regionale di Agrigento, sospese, nonostante le vibrate proteste, il monitoraggio della qualità dell’aria, seppure i dati precedentemente rilevati non erano affatto tranquillizzanti.
Lo Presti, nonostante il ruolo di funzionario comunale al settore ambiente, stanco di non trovare riscontro alcuno alle denunce presentate, alle segnalazioni fatte agli organi competenti, esasperato dalla situazione, inscenò insieme ai propri figli una protesta dinanzi la Prefettura di Agrigento (clicca qui).
Nonostante ciò, così come riportato in un articolo di qualche giorno fa (clicca qui), quantomeno per Agrigento ben poco, o forse nulla, è cambiato.
Oggi, quantomeno per ciò che riguarda eventuali responsabilità a livello regionale, si è arrivati all’emissione di avvisi di conclusione delle indagini per “omissioni in atti d’ufficio”.
Gli avvisi di conclusione delle indagini, sono state notificate al presidente della Regione Raffaele Lombardo, all’ex governatore Salvatore Cuffaro e ai sette assessori all’Ambiente che si sono succeduti tra il 2003 e il 2010.
In attesa che anche le indagini per le vicende agrigentine possano portare all’individuazione di possibili responsabilità penali da parte di soggetti che avessero eventualmente compiuto atti omissivi, non ci resta che sperare che d’ora innanzi, si voglia quantomeno provvedere ad effettuare un maggiore controllo del territorio, individuando l’origine degli inquinanti che continuano ad ammorbare l’aria del territorio comunale agrigentino, ed in particolar modo quello delle frazioni di Monserrato e Villaseta.

In merito alla conclusione delle indagini che ha portato  all’iscrizione al registro degli indagati Cuffaro, Lombardo e gli Assessori regionali all’Ambiente, si registrano diversi interventi.
 “Le autorità giudiziarie hanno individuato le responsabilità degli amministratori regionali – dichiara Giuseppe Messina, coordinatore regionale Movimento difesa del cittadino, che negli anni non hanno ottemperato ad un dispositivo di legge che richiamava gli stessi ad un’attività di prevenzione per la salute pubblica. Studi dell’Organizzazione mondiale della sanità, hanno, infatti, sancito che le emissioni di fattori inquinanti nell’ambiente sono causa significativa di patologie e l’esposizione a fattori cancerogeni molto rischiosi per la salute”.
“In questi anni la Regione Siciliana non ha mai affrontato la vicenda – dichiara Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia – nonostante le nostre sollecitazioni. Sollecitazioni che si sono spinte fino alla denuncia del caso clamoroso della copiatura del Piano della Regione Veneto. In quel caso è stato significativo il fatto che la Regione Siciliana, piuttosto che prendere provvedimenti nei confronti di aveva gravemente danneggiato l’immagine dell’amministrazione regionale (si ricordino gli articoli ironici su tutti i quotidiani nazionali), ha perseverato nel sottovalutare l’importanza di uno strumento indispensabile per restituire qualità all’aria che respiriamo”.

MANCATA APPROVAZIONE DEL PIANO DI RISANAMENTO DELLA QUALITÀ DELL'ARIA

Dichiarazione di Giuseppe Messina, coordinatore regionale MDC Sicilia

Conclusa l’indagine della Procura di Palermo per individuare le responsabilità sulla mancata stesura del Piano di risanamento della qualità dell’aria in Sicilia, con la conseguente omissione delle procedure di tutela e salvaguardia della salute dei cittadini.
Dichiarazioni di Giuseppe Messina, coordinatore regionale Movimento difesa del cittadino e Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia.“Le autorità giudiziarie hanno individuato le responsabilità degli amministratori regionali – dichiara Giuseppe Messina, coordinatore regionale Movimento difesa del cittadino,  che negli anni non hanno ottemperato ad un dispositivo di legge che richiamava gli stessi ad un'attività di prevenzione per la salute pubblica. Studi dell'Organizzazione mondiale  della sanità, hanno, infatti, sancito che le emissioni di fattori inquinanti nell'ambiente sono causa significativa di patologie e l'esposizione a fattori cancerogeni molto rischiosi per la salute”.
“In questi anni la Regione Siciliana non ha mai affrontato la vicenda – dichiara Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia – nonostante le nostre sollecitazioni.
 Sollecitazioni che si sono spinte fino alla denuncia del caso clamoroso della copiatura del Piano della Regione Veneto. In quel caso è stato significativo il fatto che  la Regione Siciliana, piuttosto che prendere provvedimenti nei confronti di aveva gravemente danneggiato l’immagine dell’amministrazione regionale  (si ricordino gli articoli ironici su tutti i quotidiani nazionali), ha perseverato nel sottovalutare l’importanza di uno strumento indispensabile per restituire qualità all’aria che respiriamo”.
 



16/06/2011 -
SMOG, INDAGATI LOMBARDO E CUFFARO

Avviso di conclusione delle indagini anche per sette assessori all’Ambiente. “i contesta il non avere adottato le misure imposte dalla legge per il contrasto dell'inquinamento atmosferico nonostante fossero a conoscenza "dei risultati delle centraline di rilevamento poste sul territorio regionale"

PALERMO. La Procura di Palermo ha notificato un avviso di conclusione indagine al presidente della Regione Raffaele Lombardo, all'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro e ai sette assessori regionali all'Ambiente che si sono succeduti tra il 2003 e il 2010. Gli amministratori sono indagati di omissione d'atti d'ufficio e getto pericoloso di cose. L'inchiesta è stata coordinata dai procuratori aggiunti Leonardo Agueci e Nino Gatto e dai pm Geri Ferarra e Claudia Bevilacqua.

A Lombardo, Cuffaro e agli assessori si contesta il non avere adottato le misure imposte dalla legge per il contrasto dell'inquinamento atmosferico nonostante fossero a conoscenza "dei risultati delle centraline di rilevamento poste sul territorio regionale, dell'andamento della qualità dell'aria, del persistere dei fenomeni di inquinamento con superamento dei limiti di legge".

In particolare gli indagati non hanno mai adottato il piano di risanamento e mantenimento relativo all'inquinamento atmosferico, i programmi per il raggiungimento dei valori limite ai fini della PROTEZIONE della salute della popolazione, da predisporre entro 18 mesi, e i piani di risanamento della qualità dell'aria.

Gli assessori coinvolti sono Mario Parlavecchio, Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello, Mario Milone, Giovanni Di Mauro e Calogero Sparma.


 SICILIA, PIANO QUALITÀ ARIA COPIATO DAL VENETO

16 settembre 2010 | 

Il dirigente regionale Anzà condannato per diffamazione
di Giovanni Tornesi

Legambiente Sicilia aveva fatto una denuncia basata su fatti concreti ed oggettivi, e le rimostranze del dirigente della regione Siciliana, Salvatore Anzà, sono state giudicate diffamatorie dal Giudice monocratico di Palermo.
Tutto ha avuto inizio con la conferenza stampa di Legambiente del 21 novembre 2007, durante la quale i responsabili regionali dell’associazione Giuseppe Messina e Mimmo Fontana ed il dr. Gioacchino Genchi, avevano denunciato che il piano regionale di risanamento dell’aria era stato copiato da quello della regione Veneto.
La notizia rimbalzò sulla stampa nazionale, e “striscia la notizia” con Stefania Petyx andò ad intervistare l’arch. Pietro Tolomeo, allora dirigente generale del dipartimento dell’assessorato territorio e Salvo Anzà dirigente responsabile del progetto “aria siculo-padana”.
IN SICILIA SI RESPIRA ARIA DEL VENETO PADANO  In quella intervista l’Anzà e il Tolomeo cercarono di sminuire i fatti, anche se in un passo dell’intervista si conferma la consultazione del piano dell’aria del Veneto.
Proprio l’Anzà con note ufficiali, protocollate e pubblicate sul sito della Regione Siciliana, andò all’attacco dei responsabili regionali di Legambiente, che avevano osato criticare i notabili siciliani, accusandoli di far parte di “una banda di cialtroni “ “lestofanti”, ecc..
  Il Giudice monocratico di Palermo ha stabilito che Legambiente e Genchi hanno esercitato il diritto di cronaca ed hanno riportato solo fatti realmente accaduti, ed ha condannato Salvatore Anzà per il reato di diffamazione, imponendo il pagamento a favore di Giuseppe Messina di € 10.000,00 per risarcimento + € 1.450,00 per onorari  € 1.160,00 per competenze + € 300,00 per spese.
Le motivazioni della sentenza sono state depositate in questi giorni.
Per lo stesso motivo. sono in fase di conclusine i dibattimenti per la diffamazione da parte dell’Anzà nei confronti anche di Mimmo Fontana e Gioacchino Genchi.

 

LE CONSEGUENZE DEL COPIATO DEL PIANO ARIA REGIONE SICILIA



 Risposta data da Stavros Dimas a nome della Commissione

ALLA INTERROGAZIONE DI CATANIA
La Commissione segue dal 2001 l’attuazione delle direttive 96/62/CE(1) e 1999/30/CE(2) da parte dell’Italia, con particolare riguardo all’elaborazione dei piani per la qualità dell’aria per le zone in cui sono stati identificati livelli di inquinamento elevati. Come ha ricordato l’onorevole parlamentare, il piano per la qualità dell’aria presentato dalla Regione Veneto è stato inizialmente respinto dalla Commissione nel contesto del procedimento di infrazione dell'aprile 2006 riguardante la mancata notifica dei piani o programmi. In seguito l’Italia ha trasmesso un piano aggiornato per il Veneto che comprendeva tutti gli elementi essenziali previsti dall’allegato IV della direttiva 96/62/CE.
I piani per la qualità dell’aria della Regione Sicilia sono stati esaminati nell’ambito dei procedimenti di infrazione del 2007 riguardanti il superamento dei valore limite per il biossido di zolfo (SO2) fissati dalla direttiva 1999/30/CE. In tale occasione la Commissione aveva riscontrato, in particolare, che i piani non recavano sufficienti informazioni sulle misure strutturali intese a garantire in modo duraturo il rispetto dei valori limite per l’SO2. Anche il piano aggiornato della Sicilia trasmesso alla Commissione nel novembre 2008 destava perplessità riguardo all’effettiva capacità di conseguire gli obiettivi fissati dalla direttiva 1999/30/CE, benché presentasse tutti gli elementi essenziali descritti nell’allegato IV della direttiva 96/62/CE.
Secondo la pertinente normativa comunitaria, scopo principale del piano per la qualità dell’aria è consentire all’autorità competente di identificare il tipo di inquinamento e le misure di abbattimento necessarie per conformarsi alle norme. Il piano dovrebbe permettere di introdurre misure di abbattimento delle emissioni atmosferiche nell’ambito delle strategie in atto, agevolare l'acquisizione di FINANZIAMENTI adeguati e in particolare garantire l’attuazione del processo di consultazione e partecipazione del pubblico che costituisce, in ultima analisi, una garanzia della sua qualità. L’esperienza maturata nella Comunità dimostra che la qualità del piano e la conoscenza ed accettazione delle misure di abbattimento da parte del pubblico costituiscono due elementi essenziali per ridurre le emissioni in modo efficace.

La Commissione ha la facoltà di verificare che il piano sia conforme ai requisiti normativi e venga correttamente attuato; a tal fine essa ne VALUTA lo svolgimento ed esamina le tendenze dell’inquinamento atmosferico. La Commissione promuove inoltre lo scambio di buone pratiche tra le autorità competenti degli Stati membri attraverso l’organizzazione di gruppi di lavoro.
Una recente sentenza(3) della Corte di giustizia europea ha confermato che ai cittadini direttamente interessati è conferito un diritto individuale a chiedere dinanzi ai giudici nazionali che venga elaborato un piano e vengano adottate misure di abbattimento delle emissioni atmosferiche se sussiste il rischio di superamento delle soglie di allarme o dei valori limite.
Come è già stato precisato, la Commissione ha preso provvedimenti volti a garantire l’osservanza dei valori limite per la qualità dell’aria. Nel 2007 sono stati avviati procedimenti di infrazione contro l’Italia per il mancato rispetto, da parte della Regione Sicilia nel 2005 e nel 2006, dei valori limite orari per l’SO2 fissati dalla direttiva 1999/30/CE. Come dichiarato dall’Italia il 21 novembre 2008, il rispetto dei valori limite per l’SO2 è stato tuttavia conseguito nel 2007. La Commissione continua a monitorare attentamente i livelli di biossido di zolfo in Sicilia per verificare che sia effettivamente in atto un miglioramento duraturo e per valutare la possibilità di chiudere il caso.
Anche i valori limite giornalieri ed annuali per il particolato (PM10) sono stati ripetutamente superati, dalla loro entrata in vigore nel 2005, in diverse zone istituite in Sicilia ai fini del controllo e della gestione della qualità dell’aria. A fronte delle difficoltà riscontrate in tutta la Comunità in relazione ai valori limite del PM10, la nuova direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria(4) ha introdotto la possibilità per gli Stati membri di notificare una deroga all’obbligo di applicare tali valori limite in determinate zone fino al giugno 2011, subordinatamente al rispetto di alcune condizioni. Non avendo ricevuto alcuna richiesta in tal senso per la Sicilia dalle autorità italiane fino al gennaio 2009, la Commissione ha ritenuto che non sussistessero le condizioni per l’applicazione della deroga e, in data 29 gennaio 2009, ha avviato un procedimento di infrazione contro l’Italia.
Se in una fase successiva le sarà notificata una richiesta di deroga per il PM10, la Commissione, una volta accertato il rispetto dei pertinenti requisiti, esaminerà con attenzione i piani per la qualità dell’aria per sincerarsi che offrano sufficienti garanzie di conformarsi alle prescrizioni della direttiva entro il nuovo termine. La Commissione può sollevare obiezioni nei confronti della notifica e invitare lo Stato membro a modificare il piano in questione o a presentarne uno nuovo. Una valutazione approfondita del piano sarà realizzata anche nel caso in cui ad esso venga fatto esplicito riferimento nella risposta alla lettera di costituzione in mora attesa per la fine di marzo 2009.




OGGETTO: PIANO REGIONALE SICILIANO DI TUTELA DELL'ARIA DEL 2007, COPIATO DA QUELLO PRESENTATO DALLA REGIONE VENETO NEL 2000, ADOTTATTO DALLA REGIONE E PRESENTATO ALLA COMMISSIONE EUROPEA

4 FEBBRAIO 2009
Premesso che:
·        la Regione Sicilia ha approvato con delibera n.176 del 9.8.2007 il proprio Piano regionale per la tutela dell'aria, grazie ad un collage di diversi documenti provenienti dal Piano di Tutela e Risanamento della Regione Veneto dell'anno 2000, peraltro bocciato e rinviato al mittente dalla Commissione europea;
·        in particolare sono citate direttive comunitarie in vigore nel 2000, come ancora da recepire o che sono state persino modificate, gli stessi DOCUP, documenti di programmazione, si riferiscono alla Regione Veneto, come alcune misure di decongestione del traffico urbano quali «percorsi ciclabili protetti ... utilizzando gli argini dei fiumi e dei canali» che appartengono alla realtà veneta e non a quella siciliana, oppure condizioni ambientali come «l'intero territorio pianeggiante» o le comunità montane, dissolte in Sicilia da 20 anni, o misure per «limitare le ore di riscaldamento degli impianti termici civili»;
·        è stata copiata anche la documentazione bibliografica, nonché i riferimenti a progetti della Regione Lombardia del 2004, attribuiti al Comune di Palermo nel 2006: il capitolo 6 del Piano risulta un collage di misure venete e siciliane, in seguito alle correzioni maldestre dell'Assessorato che, dopo la denuncia alla stampa di Legambiente il 21.11.2007, ha ritoccato il Piano trasformando i refusi veneti in refusi siciliani;
·        il responsabile dell'assessorato Territorio ed Ambiente, dopo aver inveito nel dicembre 2007 contro la denuncia del Piano, eticamente e professionalmente inaccettabile per una Pubblica Amministrazione, lo ha modificato con delibera n. 43 del 12.3.2008, attribuendo i refusi ad errori di stampa e sviste redazionali;
·        nel novembre 2008, i responsabili di tale maldestra copiatura, peraltro inefficace per l'adozione e il FINANZIAMENTO delle misure idonee alla tutela della salute e della qualità dell'aria siciliana, sono stati citati in giudizio, in considerazione del fatto che, nonostante le modifiche tardive, i refusi incomprensibili compaiono comunque sul sito web dell'Assessorato: tale documentazione è stata inviata anche alla CE; 
Potrebbe la Commissione specificare se non ritiene di dover controllare congruità e attendibilità del Piano, nella versione che ha ricevuto eventualmente corretta, ma pur sempre con refusi, nel marzo 2008, e sollecitare quindi la Regione Sicilia alla redazione di un nuovo Piano di tutela dell'aria, deontologicamente accettabile ed efficace?

Martedì 24 Marzo 2009 23:46

AMBIENTE: BOCCIATO "PIANO ARIA" DA COMMISSARIO UE

Il Commissario europeo all'Ambiente boccia l'ultima versione del Piano per la qualità dell'aria della Regione Sicilia e promette attenti controlli sui livelli di inquinamento".
  E' quanto afferma Giusto Catania, europarlamentare di Rifondazione Comunista, dopo avere ricevuto una nota ufficiale di Stavros Dimas in risposta ad una sua interrogazione parlamentare. "Il piano esaminato dopo il procedimento di infrazione del 2007 per il superamento dei limiti di biossido di zolfo - si legge nel documento firmato venerdì scorso da Dimas - non riportava sufficienti informazioni sulle misure prese per garantire il rispetto dei valori massimi consentiti. Anche il piano aggiornato, trasmesso alla Commissione nel novembre 2008, desta perplessità riguardo all'effettiva capacità di conseguire gli obiettivi". Il Piano, ricorda il Commissario, dovrebbe identificare il livello di inquinamento ed individuare i provvedimenti da prendere. "La Commissione - aggiunge Dimas - continua a monitorare attentamente i livelli di biossido di zolfo in Sicilia per verificare che sia effettivamente in atto un miglioramento duraturo". Inoltre, secondo l'europarlamentare, la Commissione europea bacchetta la Regione Sicilia anche per le polveri sottili perché "l'isola non solo ha sforato i limiti previsti ma non è stata nemmeno capace di usufruire della deroga concessa recentemente. Incapacità che a fine gennaio ha fatto scattare una nuova procedura di infrazione". "Anche i valori limite giornalieri ed annuali per le polveri sottili sono stati ripetutamente superati in Sicilia - continua la nota di Dimas - A fronte delle difficoltà riscontrate in tutta Europa è stata concessa una deroga all'obbligo di applicare tali valori fino al giugno 2011. Ma non avendo ricevuto alcuna richiesta dalle autorità italiane per la Sicilia, la Commissione non ha potuto applicare la deroga ed il 29 gennaio scorso ha avviato un procedimento di infrazione". 







REALITY SU CASO GENCHI E ITALCEMENTI ISOLA DELLE FEMMINE

 

SICILIA, POLVERE E RANCORE

 

Un inceneritore bloccato, un cementificio in atesa dell'ok definitivo per l'uso di un certo combustibile, un piano regolatore per la tutela dell'ambiente copiato, in molte sue parti, da quello del Veneto, rancori e denunce: succede in Sicilia.
9 gennaio 2008


Nel PROGRAMMA Reality andato in onda oggi 9 dicembre 2007 si tenta di delineare un quadro, breve ma significativo, del problema ambientale di Isola delle Femmine e dei risvolti sociali ed occupazionali legati alla tutela dell’ambiente in Sicilia.

La nota problematica è legata all’uso, mai autorizzato, di un combustibile particolarmente tossico, il pet-coke, che può essere consentito non con un semplice confronto dell’eventuale rispetto dei limiti di legge, ma con una valutazione completa, che tenga conto della localizzazione, delle tecnologie applicate, delle vocazioni del luogo, dello sviluppo dello stesso.

Le immagini del filmato mostrano il cumulo a cielo aperto del pet-coke in località Raffo Rosso, ciò nonostante le diverse diffide operate dall’Assessorato territorio Ambiente che imtimano alla Italcementi di stoccare movimentare trasportare bruciare il pet-coke.

C’è da aggiungere che il deposito è limitrofa ad una vasta area considerata dalla Comunità Europea ad alta PROTEZIONE ambientale. Oltre al fatto che l’area ove sorge il deposito di pet-coke per il Piano Regolatore Generale adottato dal Comune di isola delle Femmine è classificata come area destinata a “VERDE AGRICOLO2. quindi la licenza concessa nel 2001 risulta essere illegittima.
In sostanza il pet-coke e’ l’ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell’oro nero tanto da guadagnarsi il nome di “feccia del petrolio”.
Per la sua composizione, comprendente oltre ad IPA (in particolare benzopirene), ossidi di zolfo e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio, va movimentato con cura per evitare di sollevare polveri respirabili. Il vanadio in polvere è infiammabile e tutti i suoi composti sono considerati altamente tossici, causa di cancro alle vie respiratorie quando vengono inalati. Il più pericoloso è il pentossido di vanadio.

Per questi motivi per esempio l’utilizzo del pet-coke è stato vietato in Giordania e l’Eni, che brucia il pet-coke nella raffineria di Gela ha riconosciuto che malformazioni e tumori numerosissimi nella popolazione locale sono causate dal pet-coke».

A fronte di questa situazione viene da chiedersi : “Cosa fanno le nostre istituzioni?”

Dalle immagini che vediamo nel filmato i dirigenti dell’Assessorato Territorio Ambiente che dovranno elaborare il loro parere all’interno dell’istruttoria A.I.A. della Italcementi, sono gli stessi dirigenti impegnati ad elaborare grandiosi piani per la qualità dell’aria, che secondo informazioni di stampa e televisioni sembrano copiati totalmente da piani elaborati in precedenza dall’Assessorato Regione Veneto.

Di fronte a siffata situazione il Comitato Cittadino Isola Pulita esprime forti preoccupazione circa la regolare e corretta prosecuzione dell’istruttoria dell’AIA richiesta dalla Italcementi.

Ci attendiamo che dopo la visione di queste immagini, dopo le diverse interrogazioni parlamentari e dopo l’interessamento diretto del Ministro dell’Ambiente che ha richiesto l’intervento dei Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, il nostro Sindaco Professore Gaspare Portobello immediatamente come primo atto verifichi la legittimità della licenza edilizia concessa nell’anno 2001 alla Italcementi per la costruzione di un deposito di pet-coke.
Comitato Cittadino Isola Pulita 
Note: Guarda il Video "Sicilia, polvere e rancore"
Aria. Mancato rispetto della normativa nazionale e europea sulla adozione dei piani di risanamento dell'aria da parte della Regione siciliana
Ordinanza che dispone il giudizio per violazione dell' art. 328 c.p. per la mancata adozione dei piani dell'Aria da parte di Dirigenti  del servizio tutela dall'inquinamento dell'aria, Direttori generali e Assessori all'ambiente della Regione siciliana



SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 25 luglio 2008 (*)
«DIRETTIVA 96/62/CE – VALUTAZIONE E GESTIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIA AMBIENTE – FISSAZIONE DEI VALORI LIMITE – DIRITTO DI UN TERZO VITTIMA DI DANNI ALLA SALUTE ALLA PREDISPOSIZIONE DI UN PIANO D’AZIONE»
Nel procedimento C‑237/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesverwaltungsgericht (Germania), con ordinanza 29 marzo 2007, pervenuta in cancelleria il 14 maggio 2007, nella causa tra Dieter Janecek e Freistaat Bayern,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. L. Bay Larsen, K. Schiemann, J. Makarczyk e J.‑C Bonichot (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. B. Fülop, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 giugno 2008,
considerate le osservazioni presentate:
–        per il sig. Janecek, dal sig. R. Klinger, Rechtsanwalt;
–        per il governo olandese, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. M. De Grave, in qualità di agenti;
–        per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;
–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. F. Erlbacher nonché dalle sig.re A. Alcover San Pedro e D. Recchia, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente (GU L 296, pag. 55), come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882 (GU L 284, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 96/62»).
2        Questa domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Janecek ed il Freistaat Bayern in merito ad una domanda diretta a che sia imposto a quest’ultimo di predisporre un piano di azione per la qualità dell’aria nel settore della Landshuter Allee, in Monaco di Baviera, dove risiede l’interessato; questo piano dovrebbe contenere le misure da adottare a breve termine per garantire l’osservanza del limite autorizzato dalla normativa comunitaria per quanto concerne le emissioni di particelle fini PM10 nell’aria ambiente.
 Contesto normativo
 La normativa comunitaria
3        Ai sensi del dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 96/62:
«(…) Per tutelare l’ambiente nel suo complesso e la salute umana, è necessario che gli Stati membri intervengano quando vengono superati i valori limite al fine di conformarsi a tali valori entro il termine stabilito».
4        L’allegato I alla direttiva 96/62 contiene un elenco degli inquinanti atmosferici da considerare nel quadro della valutazione e della gestione della qualità dell’aria ambiente. Il punto 3 di quest’elenco menziona le «particelle fini quali la fuliggine (ivi compreso PM10)».
5        L’art. 7 della direttiva 96/62, intitolato «Miglioramento della qualità dell’aria ambiente – Requisiti generali», così dispone:
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite.
(…)
3. Gli Stati membri predispongono piani d’azione che indicano le misure da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie d’allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. (…)».
6        L’art. 8 di questa direttiva, intitolato «Misure applicabili nelle zone in cui i livelli superano il valore limite», enuncia quanto segue:
«1. Gli Stati membri elaborano l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti superano i valori limite oltre il margine di superamento.
Allorché non è stato fissato un margine di superamento per un determinato inquinante, le zone e gli agglomerati in cui il livello di tale inquinante supera il valore limite sono equiparati alle zone e agli agglomerati di cui al primo comma e si applicano i paragrafi 3, 4 e 5.
2. Gli Stati membri elaborano l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti sono compresi tra il valore limite e il valore limite aumentato del margine di superamento.
3. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un PROGRAMMA che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito.
Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui all’allegato IV.
4. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1 in cui il livello di più inquinanti supera i valori limite, gli Stati membri predispongono un piano integrato che interessi tutti gli inquinanti in questione.
(…)».
7        L’art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 22 aprile 1999, 1999/30/CE, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (GU L 163, pag. 41), così dispone:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di particelle PM10 nell’aria ambiente, valutate a norma dell’articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell’allegato III a decorrere dalle date ivi indicate.
I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell’allegato III si applicano a norma dell’articolo 8 della direttiva 96/62/CE».
8        L’allegato III, fase 1, punto 1, alla direttiva 1999/30 presenta, in una tabella, i valori limite per le particelle fini PM10.
 La normativa nazionale
9        La direttiva 96/62 è stata recepita nell’ordinamento tedesco mediante la legge sulla protezione contro gli effetti nocivi sull’ambiente dell’inquinamento dell’aria, acustico, delle vibrazioni e di altro genere (Gesetz zum Schutz vor schädlichen Umwelteinwirkungen durch Luftverunreinigungen, Geräusche, Erschütterungen und änliche Vorgänge), nella versione pubblicata il 26 settembre 2002 (BGBl I, pag. 3830), quale modificata mediante legge 25 giugno 2005 (BGBl I, pag. 1865; in prosieguo: la «legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento»).
10      L’art. 45 della legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento, intitolato «Miglioramento della qualità dell’aria», così dispone:
«(1) Le autorità competenti devono adottare le misure necessarie per garantire l’osservanza dei valori delle emissioni stabiliti dall’art. 48 bis, in particolare mediante i piani previsti dall’art. 47.
(…)».
11      L’art. 47 della medesima legge, intitolato «Piani per la qualità dell’aria, piani d’azione, legislazione dei Land», così dispone:
«(1) In caso di superamento dei valori limite, aumentati dei margini di superamento legali e stabiliti mediante regolamento in forza dell’art. 48 bis, n. 1, le autorità competenti devono predisporre un piano per la qualità dell’aria, che indichi le misure necessarie per ridurre in modo duraturo gli inquinanti atmosferici in conformità a quanto imposto dal regolamento.
(2) In caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme delle emissioni definiti mediante regolamento in forza dell’art. 48 bis, n. 1, l’autorità competente deve predisporre un piano di azione che stabilisca le misure da adottare a breve termine, che devono essere in grado di ridurre il rischio di superamento e limitarne la durata. I piani di azione possono essere inseriti in un piano per la qualità dell’aria, ai sensi del n. 1.
(…)».
12      Le soglie massime di emissione menzionate dall’art. 47 della legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento sono stabilite dal ventiduesimo regolamento di esecuzione della detta legge, il cui art. 4, n. 1, così dispone:
«Per le PM10, il valore limite delle emissioni nelle 24 ore, in considerazione delle esigenze di tutela della salute umana, è pari a 50 µg/m3; i casi di superamento nel corso di un anno non possono superare il numero di 35 (…)».
 Causa principale e questioni pregiudiziali
13      Il sig. Janecek risiede lungo la Landshuter Allee, sulla circonvallazione interna di Monaco di Baviera, a circa m 900 a nord di una stazione di controllo della qualità dell’aria.
14      Le misurazioni effettuate in questa stazione hanno dimostrato che, nel corso del 2005 e del 2006, il valore massimo per le emissioni di particelle fini PM10 è stato superato ben più di 35 volte, laddove questo numero di violazioni rappresenta il massimo autorizzato dalla legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento.
15      È pacifico che, per quanto riguarda il territorio del comune di Monaco di Baviera, esiste un piano d’azione per la qualità dell’aria, dichiarato obbligatorio il 28 dicembre 2004.
16      Tuttavia, il ricorrente nella causa principale ha proposto ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht München, chiedendo che fosse ordinato al Freistaat Bayern di predisporre un piano di azione per la qualità dell’aria nel settore della Landshuter Allee, affinché vengano stabilite le misure da adottare a breve termine per garantire l’osservanza del numero massimo autorizzato di 35 violazioni annuali del valore stabilito come soglia massima per le emissioni di particelle fini PM10. Il detto giudice ha dichiarato il ricorso infondato.
17      Il Verwaltungsgerichtshof, adito in appello, ha adottato una posizione differente, giudicando che i residenti interessati possono pretendere dalle autorità competenti la predisposizione di un piano di azione, ma che essi non possono chiedere che quest’ultimo contenga le misure idonee a garantire l’osservanza a breve termine dei valori massimi di emissione di particelle fini PM10. Secondo questo giudice, le autorità nazionali sono obbligate soltanto a garantire che quest’obiettivo venga perseguito mediante un piano di tal genere, nei limiti del possibile e di quanto risulti proporzionato allo scopo. Di conseguenza, esso ha ingiunto al Freistaat Bayern di predisporre un piano di azione che rispettasse i suddetti obblighi.
18      Il sig. Janecek e il Freistaat Bayern hanno impugnato la sentenza del Verwaltungsgerichtshof dinanzi al Bundesverwaltungsgericht. Secondo quest’ultimo giudice, il ricorrente nella causa principale non può invocare nessun diritto alla predisposizione di un piano di azione in forza dell’art. 47, n. 2, della legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento. Il detto giudice ritiene inoltre che né lo spirito né la lettera dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 attribuiscano un diritto soggettivo alla predisposizione di un piano del genere.
19      Il giudice del rinvio spiega che, malgrado l’omessa adozione, persino illecita, di un piano di azione non violi, secondo l’ordinamento nazionale, i diritti del ricorrente nella causa principale, quest’ultimo non è sprovvisto di strumenti per far rispettare la normativa. Infatti, la tutela contro gli effetti nocivi delle particelle fini PM10 dovrebbe essere garantita con misure indipendenti da un piano del genere, di cui gli interessati hanno il diritto di pretendere la realizzazione da parte delle autorità competenti. In questo modo sarebbe garantita una protezione effettiva, in condizioni equivalenti a quelle risultanti dalla formulazione di un piano di azione.
20      Il Bundesverwaltungsgericht riconosce tuttavia che una parte della dottrina trae conclusioni differenti dalle disposizioni comunitarie in questione, secondo le quali i terzi interessati avrebbero il diritto alla predisposizione di un piano di azione; tale tesi parrebbe confermata dalla sentenza 30 maggio 1991, causa C‑59/89, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑2607).
21      Alla luce di ciò, il Bundesverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se l’art. 7, n. 3, della direttiva (…) 96/62(…), sia da interpretare nel senso che ad un terzo, che abbia subito danni alla salute, viene conferito un diritto soggettivo all’adozione di un piano d’azione anche allorquando, indipendentemente dal piano d’azione, lo stesso è in grado di far valere il suo diritto alla difesa contro gli effetti nocivi per la salute dovuti al superamento del valore massimo di emissione fissato per le particelle di polveri fini PM10, agendo in giudizio per ottenere l’intervento delle autorità competenti.
2)      Qualora la prima questione debba essere risolta in senso affermativo: se un terzo, esposto agli effetti nocivi per la salute prodotti dalle particelle di polveri fini PM10, abbia diritto all’adozione di detto piano d’azione recante misure da applicare a breve termine, atte a garantire la stretta osservanza del valore massimo di emissione fissato per le particelle di polveri fini PM10.
3)      Qualora la seconda questione debba essere risolta in senso negativo: in che misura, grazie ai provvedimenti definiti nel piano d’azione, il rischio di superamento del valore massimo debba essere ridotto e la sua durata circoscritta. Se il piano d’azione possa limitarsi, alla stregua di un programma graduale, a misure che, pur non garantendo il rispetto del valore massimo, contribuiscano ciò nondimeno al miglioramento a breve termine della qualità dell’aria».
 Sulle questioni pregiudiziali
 Osservazioni presentate alla Corte
22      Il ricorrente nella causa principale asserisce che, in tutti i casi in cui l’inosservanza, da parte delle autorità nazionali, delle disposizioni di una direttiva diretta a proteggere la sanità pubblica possa mettere a rischio la salute delle persone, queste ultime devono poter invocare le norme di ordine pubblico che esse contengono [v., per quanto riguarda la direttiva del Consiglio 15 luglio 1980, 80/779/CEE, relativa ai valori limite e ai valori guida di qualità dell’aria per l’anidride solforosa e le particelle in sospensione (GU L 229, pag. 30), sentenza 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2567, punto 16, e, per quanto concerne le direttive del Consiglio 16 giugno 1975, 75/440/CEE, concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (GU L 194, pag. 26) e 9 ottobre 1979, 79/869/CEE, relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (GU L 271, pag. 44) sentenza 17 ottobre 1991, causa C‑58/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑4983, punto 14].
23      Poiché ritiene che la direttiva 96/62 miri a proteggere la salute umana, il ricorrente nella causa principale sostiene che l’art. 7, n. 3, della detta direttiva costituisce una norma di ordine pubblico, la quale impone la predisposizione di un piano di azione una volta che esista anche solo il semplice rischio di superamento di un valore massimo. L’obbligo di predisporre un piano del genere in tale ipotesi, la cui esistenza è pacifica nella controversia principale, costituirebbe di conseguenza una norma di cui egli potrebbe valersi, in base alla giurisprudenza citata nel punto precedente della presente motivazione.
24      Per quanto concerne il contenuto del piano di azione, il ricorrente nella causa principale sostiene che esso deve prevedere tutte le misure idonee affinché il periodo di superamento dei valori massimi sia il più breve possibile. Ciò si ricaverebbe in particolare dall’economia dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, il quale indica chiaramente che i piani di azione devono essere redatti una volta che esista anche solo il semplice rischio di superamento di questi valori, e dell’art. 8, n. 3, della medesima direttiva, secondo il quale, quando i valori massimi sono già superati, gli Stati membri devono adottare misure per elaborare o porre in esecuzione un piano o un programma, che consenta di raggiungere il valore massimo entro il termine stabilito.
25      Il governo olandese sostiene che l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 non conferisce ai terzi un diritto soggettivo alla predisposizione di un piano di azione. Gli Stati membri disporrebbero di un’ampia discrezionalità tanto per l’adozione dei piani di azione, quanto per la determinazione dei loro contenuti.
26      Dalla medesima disposizione si ricaverebbe che il legislatore comunitario ha inteso lasciare agli Stati membri il potere di porre in esecuzione un piano di azione e di adottare le misure accessorie, che essi giudichino necessarie e adeguate per raggiungere il risultato programmato.
27      Di conseguenza, l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 non imporrebbe agli Stati membri nessun obbligo di risultato. L’ampia discrezionalità di cui disporrebbero consentirebbe loro di ponderare diversi interessi e di adottare provvedimenti concreti, i quali tengano conto tanto dell’osservanza dei valori massimi quanto di altri interessi ed obblighi, quali la libera circolazione all’interno dell’Unione europea.
28      Pertanto, gli Stati membri sarebbero obbligati unicamente a porre in esecuzione piani di azione, i quali indichino le misure da adottare a breve termine per ridurre il rischio di superamento dei detti valori o limitarne la durata.
29      Il governo austriaco ricorda che la Corte ha dichiarato che le disposizioni del diritto comunitario, che stabiliscono valori massimi al fine di tutelare la salute umana, conferiscono parimenti agli interessati un diritto all’osservanza di questi valori, che essi possono far valere in giudizio (sentenza 30 maggio 1991, causa C‑59/89, Commissione/Germania, cit.).
30      Questo governo ritiene tuttavia che, sebbene l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 possa ritenersi direttamente efficace, da ciò non deriva che questa disposizione stabilisca, a vantaggio dei soggetti dell’ordinamento, un diritto soggettivo alla predisposizione di piani di azione, dal momento che, a suo parere, essa mira unicamente all’adozione di misure in grado di contribuire a garantire l’osservanza dei valori massimi nel quadro dei programmi nazionali.
31      La Commissione asserisce che dalla lettera della direttiva 96/62, in particolare dal combinato disposto degli artt. 7, n. 3, e 2, punto 5, nonché dal dodicesimo ‘considerando’ di quest’ultima, si ricava che la fissazione dei valori massimi per le particelle fini PM10 mira alla tutela della salute umana. Ebbene, la Corte avrebbe dichiarato, con riferimento a disposizioni analoghe, che, in tutti i casi in cui il superamento dei valori massimi possa mettere a rischio la salute delle persone, queste ultime potevano invocare tali norme al fine di affermare i loro diritti (citate sentenze 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, punto 16, e causa C‑59/89, Commissione/Germania, punto 19, nonché 17 ottobre 1991, Commissione/Germania, punto 14).
32      I principi fissati in tali sentenze si applicherebbero ai piani di azione di cui alla direttiva 96/62. Pertanto, l’autorità competente sarebbe obbligata a predisporre piani del genere quando le condizioni stabilite da questa direttiva sono soddisfatte. Ne discenderebbe che un terzo interessato dal superamento di valori massimi potrebbe invocare il suo diritto a che venga predisposto un piano di azione, necessario per raggiungere l’obiettivo relativo a questi valori massimi fissato dalla detta direttiva.
33      Per quanto concerne il contenuto dei piani di azione, la Commissione basa la sua risposta sui termini dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, secondo i quali questi piani di azione devono prevedere misure «da adottare a breve termine (…) al fine di ridurre il rischio [di un superamento] e di limitarne la durata». Essa ritiene che l’autorità competente disponga di un potere discrezionale per adottare le misure che le sembrino più adeguate, a condizione che queste ultime siano concepite alla luce di quanto sia effettivamente possibile e giuridicamente adeguato realizzare, in modo da consentire un ritorno, nel più breve tempo possibile, a livelli inferiori ai valori massimi stabiliti.
 Risposta della Corte
 Per quanto concerne la predisposizione dei piani di azione
34      Con la sua prima questione, il Bundesverwaltungsgericht chiede se un soggetto dell’ordinamento possa pretendere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione nell’ipotesi, prevista dall’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, di un rischio di superamento dei valori massimi o delle soglie di allarme.
35      Questa disposizione impone agli Stati membri un chiaro obbligo di predisporre piani di azione sia in caso di rischio di superamento dei valori massimi, sia in caso di rischio di superamento delle soglie di allarme. Questa interpretazione, che deriva dalla semplice lettura dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, è confermata del resto dal dodicesimo ‘considerando’ di quest’ultima. Quanto enunciato in merito ai valori massimi vale a fortiori per quanto riguarda le soglie di allarme relativamente alle quali, del resto, l’art. 2 di questa stessa direttiva, il quale definisce le varie nozioni impiegate in quest’ultima, dispone che gli Stati membri «devono immediatamente intervenire a norma della presente direttiva».
36      Inoltre, in forza di una giurisprudenza consolidata della Corte, i soggetti dell’ordinamento possono far valere nei confronti delle autorità pubbliche disposizioni categoriche e sufficientemente precise di una direttiva (v., in tal senso, sentenza 5 aprile 1979, causa 148/78, Ratti, Racc. pag. 1629, punto 20). È compito delle autorità e dei giudici nazionali interpretare le disposizioni dell’ordinamento nazionale in un senso che sia compatibile, nella maggiore misura possibile, con gli obiettivi di questa direttiva (v., in tal senso, sentenza 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing, Racc. pag. I‑4135, punto 8). Qualora non sia possibile formulare un’interpretazione del genere, è loro compito disapplicare le norme dell’ordinamento nazionale incompatibili con la detta direttiva.
37      Come ha ricordato più volte la Corte, è incompatibile con il carattere vincolante che l’art. 249 CE riconosce alla direttiva escludere, in linea di principio, che l’obbligo che essa impone possa essere invocato dagli interessati. Questa considerazione vale in modo particolare per una direttiva, il cui scopo è quello di controllare nonché ridurre l’inquinamento atmosferico e che mira, di conseguenza, a tutelare la sanità pubblica.
38      Per tali ragioni la Corte ha dichiarato che, in tutti i casi in cui l’inosservanza dei provvedimenti imposti dalle direttive relative alla qualità dell’aria e a quella dell’acqua potabile, e che mirano a tutelare la sanità pubblica, possa mettere in pericolo la salute delle persone, queste ultime devono poter invocare le norme di ordine pubblico che esse contengono (v. citate sentenze 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, e causa C‑59/89, Commissione/Germania, nonché 17 ottobre 1991, Commissione/Germania).
39      Da quanto sin qui esposto deriva che le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate da un rischio di superamento di valori massimi o di soglie di allarme devono poter ottenere dalle autorità competenti, eventualmente adendo i giudici competenti, la predisposizione di un piano di azione una volta che esista un rischio del genere.
40      La circostanza che queste persone dispongano di altre procedure, in particolare del potere di pretendere dalle competenti autorità l’adozione di misure concrete per ridurre l’inquinamento, come previsto dall’ordinamento tedesco, in base a quanto indicato dal giudice del rinvio, è irrilevante a tal riguardo.
41      Infatti, da un lato, la direttiva 96/62 non contiene nessuna riserva relativa a provvedimenti che possano essere adottati in forza di altre disposizioni dell’ordinamento nazionale; dall’altro, essa istituisce una procedura del tutto specifica di pianificazione che mira, come enunciato dal suo dodicesimo ‘considerando’, alla tutela dell’ambiente «nel suo complesso», tenendo conto dell’insieme degli elementi da prendere in considerazione quali, in particolare, le esigenze collegate al funzionamento degli impianti industriali o agli spostamenti.
42      Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 dev’essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell’ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell’ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l’inquinamento atmosferico.
 Per quanto concerne il contenuto dei piani di azione
43      Con le sue questioni seconda e terza, il Bundesverwaltungsgericht chiede se le competenti autorità nazionali abbiano l’obbligo di adottare misure le quali, a breve termine, consentano di raggiungere il valore massimo o se le stesse possano limitarsi ad adottare quelle che consentano di ridurre l’entità del superamento nonché di limitarne la durata e che siano tali, di conseguenza, da consentire un miglioramento progressivo della situazione.
44      Ai sensi dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, i piani di azione devono contenere le misure «da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie di allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata». Dalla lettera stessa risulta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adottare misure tali da scongiurare qualsiasi superamento.
45      Al contrario, dall’economia della detta direttiva, la quale mira a una riduzione integrata dell’inquinamento, si ricava che spetta agli Stati membri adottare misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento e la sua durata, tenendo conto di tutte le circostanze presenti e degli interessi in gioco.
46      In questa prospettiva occorre rilevare che, sebbene gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale, l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 fissa alcuni limiti all’esercizio di quest’ultimo, i quali possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali (v., in tal senso, sentenza 24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I‑5403, punto 59), in relazione al carattere adeguato delle misure che il piano di azione deve contenere nei confronti dell’obiettivo di riduzione del rischio di superamento e di limitazione della sua durata, in considerazione dell’equilibrio che occorre garantire tra tale obiettivo e i diversi interessi pubblici e privati in gioco.
47      Di conseguenza, occorre risolvere le questioni seconda e terza dichiarando che gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell’insieme degli interessi in gioco.
 Sulle spese
48      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
1)      L’art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, dev’essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell’ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell’ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l’inquinamento atmosferico.
2)      Gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell’insieme degli interessi in gioco.
Firme

 
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