DARPA FRANCESCO CGA PARERE 388 2013 VIALE DELLA TORRE ISOLA DELLE
FEMMINE SANATORIA PARENTE DIPENDENTE COMUNE
REPUBBLICA ITALIANA
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Consiglio di Giustizia Amministrativa
per la Regione Siciliana
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ADUNANZA DEL 18 GIUGNO 2013
SEZIONI RIUNITE
Parere
N. 388/13 Il Consiglio_____
OGGETTO:
Ricorso straordinario
proposto dal signor D’ARPA
Francesco per
l’annullamento del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di sanatoria
presentata al Comune di Isola delleFemmine il 17 dicembre 2010.
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Vista la relazione n. 2913/429.11.8
dell’1 febbraio 2013, con la quale la Presidenza della Regione Siciliana –
Ufficio legislativo e legale - ha chiesto il parere di questo Consiglio sul
ricorso straordinario indicato in oggetto.
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Esaminati
gli atti e udito il relatore, Consigliere Simonetta Vaccari.
PREMESSO
E CONSIDERATO
1.
Con atto notificato al Comune di Isola delle Femmine in data 11 giugno 2011 e depositato
presso l’Ufficio riferente il 16 giugno successivo, il signor D’Arpa Francesco
ha proposto ricorso straordinario per l’annullamento del silenzio-rifiuto
formatosi sull’istanza di concessione edilizia in sanatoria presentata al
Comune di Isola delle Femmine in data 17 dicembre 2010, ai sensi
degli artt. 12 e 13 L. n. 47/85 (oggi art. 36 D.P.R. n. 380/2001) e dell’art.
10 l.r. n. 26/86 e per l’annullamento di tutti gli atti presupposti, connessi e
consequenziali.
In
punto di fatto il ricorrente (usufruttuario) premette che comunicava, il 12
ottobre 2005 al Comune di Isola delle Femmine,
che avrebbe dato inizio a taluni lavori di manutenzione ordinaria e a talune
modifiche interne relative al manufatto sito in Viale della Torre n. 24, primo
piano, interni 1 e 2.
Con
ordinanza n. 59 del 15 settembre 2010, il predetto Comune intimava ai signori
D’Arpa Francesco (usufruttuario) e D’Arpa Pietro e Maria (nudi proprietari) “la
rimessa in pristino dello STATO dei
luoghi a propria cura e spese di quanto realizzato in assenza di concessione
edilizia (ampliamento delle unità abitative poste al 1° piano)”.
In
data 17 dicembre 2010, i signori D’Arpa presentavano un’istanza (assunta al
protocollo del Comune al n. 17658) chiedendo il rilascio della concessione
edilizia in sanatoria ai sensi degli artt. 12 e 13 L. n. 47/85 (oggi artt. 34 e
36 D.P.R. n. 380/2001) e dell’art. 10 l.r. n. 26/86, per piccoli ampliamenti su
terrazzi esistenti di due appartamenti posti al primo piano dell’immobile in
questione, allegando relazione tecnica, con la quale si asseriva, sinteticamente,
che rispetto al progetto approvato, il volume computabile era STATO aumentato
di mc. 76,38, inferiore al 10% del volume dell’intero fabbricato assentito
originariamente, mentre era stata aumentata la superficie utile calpestabile di
mq. 19,60, inferiore al 10% di quella assentita originariamente nei sessanta
giorni previsti (art. 36 del D.P.R. n. 380/2001) il Comune non ha adottato
alcun provvedimento espresso.
2.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
I.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 L. n. 241/90 e 3 l.r. n.
10/91; degli artt. 4 e 7 della l.r. 37/85; degli artt. 12 e 13 L. n. 47/85 e
degli artt. 34 e 36 D.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 10 della l.r. n.
26/86; difetto di motivazione.
L’immobile
non è ubicato in zona di interesse archeologico, né si tratta di edificio di
“interesse storico, artistico o architettonico” sussistono tutti i requisiti
previsti dall’art. 10 della l.r. n. 26/86 per ottenere il titolo abilitativo in
sanatoria, posto che l’ampliamento non supera il 10% di quello preesistente.
I
lavori realizzati soddisfano anche gli articoli 4 e 7 della l.r. 37/85, poiché
un aumento di volume inferiore al 20% di quanto assentito non costituisce
variazione essenziale al progetto approvato, rientrando invece tra le opere
realizzate in parziale difformità ai titoli abilitativi rilasciati.
Inoltre,
non essendo possibile demolire le parti abusive, senza pregiudizio per le parti
regolari, il Comune avrebbe dovuto applicare l’art. 12 della L. 47/85, come
sostituito dall’art. 34 del D.P.R. 380/2001.
II.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 L. n. 241/90 e 2, 3 e 11 l.r.
n. 10/91; degli artt. 4 e 7della l.r. 37/85; degli artt. 12 e 13 L. n. 47/85 e
degli artt. 34 e 36 D.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 10 della l.r. n.
26/86; eccesso di potere per difetto di motivazione, erroneità dei presupposti,
difetto di istruttoria, mancata valutazione dell’apporto partecipativo dei
privati.
La
norma di cui all’art. 36 del T.U. in materia edilizia, che prevede un caso c.d.
di silenzio-significativo, deve essere coordinata con la L. n. 241/90 che ha
introdotto il principio che obbliga la P.A. a rispondere in modo espresso e
motivato alle richieste formulate dai privati; il privato può sempre pretendere
che la P.A. si pronunci in modo espresso sulla sua istanza, esplicitando le
ragioni che eventualmente ne determinano il rigetto.
Il
silenzio-rigetto impugnato è dunque illegittimo per difetto di motivazione e di
istruttoria, poiché, omettendo di provvedere, l’Amministrazione non ha valutato
le osservazioni contenute nella relazione tecnica presentata a corredo della
domanda di sanatoria.
III.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 bis L. n. 241/90 e 11 bis l.r.
n. 10/1991. Carenza di istruttoria; difetto di motivazione.
Il
Comune, in violazione all’art. 10 bis della L. n. 241/90 che prevede, nei
procedimenti ad istanza di parte, la comunicazione di preavviso del provvedimento
negativo, ha rigettato per
silentium l’istanza di
sanatoria, senza preventivamente comunicare al ricorrente i presunti motivi
ostativi alla realizzazione ed al mantenimento delle opere.
3.
Con nota prot. n. 15517 del 19 novembre 2012 il Comune di Isola delle Femmine ha trasmesso tutta la documentazione
relativa al ricorso, compresa la relazione tecnica e gli elaborati grafici
allegati alla richiesta di concessione edilizia in sanatoria presentata il 17
dicembre 2010.
4.
Il ricorso è ricevibile poiché proposto entro 120 giorni dalla formazione del
silenzio-diniego, avvenuta il 15 febbraio 2011, cioè sessanta giorni dopo la
richiesta di permesso in sanatoria presentata il 17 dicembre 2010.
Nel
merito, tuttavia, il ricorso si ritiene infondato.
In
ordine al primo motivo di gravame con il quale il ricorrente afferma la
sussistenza di tutti i requisiti previsti dall’art. 10 della l.r. 26/86 per
ottenere il titolo abilitativo in sanatoria si rileva che tale norma consente
una deroga alla regola della inedificabilità assoluta nella fascia di 150 m.
dalla battigia, introdotta dall’art. 15 lett. a) l.r. n. 78/76, per la
sanatoria di opere di ampliamento entro l’ambito del 10% dell’originario corpo
di fabbrica.
Come
riferito nella stessa relazione tecnica allegata al ricorso, la licenza
edilizia originaria ed i successivi nullaosta hanno autorizzato una superficie
coperta al primo piano (nel quale si trovano le due unità immobiliari per le
quali è stata presentata la domanda di sanatoria in argomento) di mq. 119,50.
Dunque, la superficie utile realizzata a seguito dell’ampliamento di mq. 19,60,
ha comportato un aumento della superficie del 16,47% rispetto alla preesistente
e quindi superiore a quella consentita da tale norma.
Parimenti
priva di pregio si rivela l’affermazione di parte ricorrente che il volume
edificato abusivamente è inferiore al 20% del volume assentito, per cui i
lavori soddisfano i requisiti dell’art. 4 della l.r. 37/85 e non costituiscono
variante essenziale al progetto approvato.
Infatti
l’unica norma cui fare riferimento per derogare al divieto di inedificabilità
assoluta nella suddetta fascia di rispetto è il citato art. 10 l.r. n. 26/86;
in ogni caso, anche l’invocato art. 4 della l.r. 37/85 prescrive che “costituiscono
variazioni essenziali rispetto al progetto approvato, le opere aggiuntive
abusivamente eseguite quando si verifichi una o più delle seguenti condizioni
….
b)
un aumento della cubatura dell’immobile superiore al 20 per cento;
c)
un aumento della superficie utile calpestabile e dell’altezza dell’immobile
superiore al 10 per cento; …”.
Essendosi
quindi verificata, come sopra detto, la condizione di cui alla predetta lettera
c) (aumento della superficie calpestabile superiore al 10 per cento) tale norma
non sarebbe stata comunque applicabile alla fattispecie.
L’esecuzione
dei lavori di ampliamento con variazioni essenziali, precludono poi
l’applicazione dell’art. 34 del T.U. n. 380/2001, che reca la più favorevole
disciplina sanzionatoria degli interventi eseguiti in parziale difformità dal
permesso di costruire (Cons. di STATO, Sez. IV, sent. n. 2227 del 10
aprile 2009).
Alla
luce di quanto sopra detto, pertanto, il primo motivo di ricorso è infondato.
Anche
il secondo e terzo motivo, che si esaminano congiuntamente, risultano
infondati.
Non
può condividersi la tesi prospettata sul punto, secondo cui l’entrata in vigore
della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 10 bis (nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi), introdotto con la L. 11 febbraio 2005, n. 15, art. 6, laddove
ha stabilito che “nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del
procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un
provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che
ostano all’accoglimento della domanda”, ha implicitamente abrogato tutte quelle
disposizioni che collegano alla decorrenza di un termine l’automatico rigetto
della istanza di parte, che cioè – in altri termini – stabiliscono fattispecie
di silenzio-diniego.
Infatti,
occorre osservare che la disposizione, per la sua formulazione letterale,
esclude dal suo ambito di applicabilità proprio i procedimenti amministrativi
che prevedono ipotesi di silenzio-assenso o di silenzio-diniego (o rigetto o
rifiuto). Invero, l’obbligo di comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento della domanda è imposto solo per i casi in cui l’Autorità
amministrativa intenda adottare un provvedimento “formale” di diniego della
domanda, e quindi non è applicabile in tutti quei casi in cui il provvedimento
finale si forma solo in modo “tacito” attraverso il silenzio tenuto dalla
Pubblica Amministrazione per un determinato periodo di TEMPO (Cassazione
Penale, Sent. n. 17954 del 6 maggio 2008).
Infine,
non è condivisibile la tesi sostenuta dal ricorrente, che ritiene applicabile
al procedimento per sanatoria urbanistica l’obbligo di concludere il
procedimento con un espresso provvedimento formale, stabilito dalla L. n. 241
del 1990, art. 2. Questo principio generale, infatti, deve ritenersi derogato
dalla norma speciale che prevede il silenzio-diniego, cioè dalla L. n. 47 del
1985, art. 13, che ha trovato conferma anche dopo la L. n. 241 del 1990, con il
D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36 (cfr., Cassazione Penale, sent. n. 17954 del 6
maggio 2008).
P. Q. M.
Esprime
il parere che il ricorso debba essere respinto.
IL
SEGRETARIO
F.to:
Giuseppe Chiofalo
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IL
PRESIDENTE
F.to:
Claudio Zucchelli
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A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE
FEMMINE
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