Bertolt Brecht : “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”



Non mi piace pensare che esiste l’ingiustizia della legge, non mi piace perché è dura da digerire, mi rendo conto che spesso e volentieri si perde traccia degli eventi perché non sono più sensazionali e solo grazie alla diretta conoscenza delle persone coinvolte verrai a sapere che quella storia non è finita così. Ma…………..



Pino Ciampolillo

lunedì 30 marzo 2015

QUALITA DELL ARIA LA RPOCURA CONTINUA A INDAGARE


LA TRUFFA AMBIENTALE DELLA SICILIA NUOVE SANZIONI UE ALLA REGIONE?
GIULIO AMBROSETTI 5 NOVEMBRE 2014
POLITICA La storia è quella del Piano per la tutela della qualità dell'aria e dell'ambiente che i tecnici dell'assessorato al Territorio hanno copiato dalla Regione Veneto. Sulla vicenda interrogazione dell'eurodeputato grillino Ignazio Corraro alla Commissione europea
«In Sicilia il piano ambientale è copiato da quello della Regione Veneto ed cittadini pagheranno di tasca propria l’inadempienza degli uffici regionali dato che l’Europa ha già avviato le procedure di infrazione». 
A riaccendere i riflettori su una questione che qualche anno fa ha sollevato un vespaio di polemiche è il capo delegazione del Movimento 5 stelle al Parlamento europeo, Ignazio Corrao. Il tema, come già accennato, è il Piano regionale di Coordinamento per la tutela della qualità dell'aria e dell'ambiente emanato dall'assessorato regionale al Territorio e Ambiente nel 2007. Una vicenda finita già sui tavoli dei Tribunali.  Questo perché il Piano sembra non avere molto a che vedere con la Sicilia, se è vero che, per l'85 per cento, è stato copiato dal Piano della Regione Veneto e da altre fonti. 
Sulla vicenda Corrao, europarlamentare eletto in Sicilia, ha presentato un'interrogazione alla Commissione europea. 
«Molti Comuni - si legge nell’interrogazione - che ricadono nei comprensori delle città siciliane di Gela, Messina e Siracusa (Aree dichiarate ad alto rischio ambientale dal 1990) da anni sono al centro di manifestazioni di protesta di cittadini, aziende e associazioni ambientaliste a causa dell'inquinamento ambientale. I risultati riguardanti le Aree a rischio, la tutela della qualità dell'aria e la salvaguardia della salute delle popolazioni si sintetizzano oggi in 2 ex presidenti della Regione e 4 ex assessori regionali al Territorio e Ambiente sotto processo per omessi interventi antismog e per il sistema di controlli deficitari, nonostante l'Unione europea abbia destinato risorse comunitarie per oltre 70 milioni di euro" (con molta probabilità, quando Corrao parla di Messina fa riferimento alla Valle del Mela, l'area del Messinese massacrata dall'elettrodotto di Terna). 
Corrao stigmatizza le continue rotazioni di dirigenti e personale operate dal presidente della Regione, Rosario Crocetta: «Rotazioni - sottolinea l'eurodeputato grillino - che non garantiscono un adeguato livello di esperienza e professionalità». 
Il capo delegazione del Movimento 5 Stelle chiede alla Commissione di valutare il caso alla LUCE della normativa europea. «E se è intenzione della Commissione valutare se l'assessorato regionale al Territorio e Ambiente è in grado di assicurare il rispetto del diritto comunitario». 
Dalla Commissione Europea intanto arriva già una prima risposta. «Nel luglio 2014 - si legge nel testo - è stata inviata al governo italiano una lettera di costituzione in mora, la quale evidenzia le varie carenze del Piano per la qualità dell’aria adottato dalla Regione Sicilia. In base alla risposta ricevuta dall’Italia, la Commissione deciderà sulle eventuali ulteriori azioni da intraprendere».

Commenti 

salvatore.anza
7 Novembre 2014
11:11:52
Gentile direttore, il vostro articolo, nella parte in cui sostiene che una sentenza avrebbe stabilito che il piano di qualità dell’aria della Sicilia “non risulta appropriato al territorio in questione perché per l’85% composto da righe interamente copiate dal Piano della Regione veneta e da altre fonti” costituisce un falso colossale, ai confini del codice penale. Posso dirle, nella qualità di coordinatore delle attività di pianificazione, da me iniziate nel 2007 e da me concluse nel 2010, che è vero l’esatto contrario. Il copia-incolla è dell'europarlamentare Corrao, che ha copiato, e ripete a pappagallo, alcune balle già censurate dalla magistratura. Poiché sono sicuro che il suo intento è fare una corretta informazione, le chiedo di pubblicare questo mio primo commento, e a darmi spazio analogo all’articolo che avete pubblicato per una replica, basata su atti veri e non su fandonie inventate da qualche stravagante buontempone. In attesa di un suo urgente riscontro le porgo i miei più cordiali saluti. Salvatore Anzà





IN ARRIVO LA CONDANNA DELL’UE  PER LA QUALITÀ DELL’ARIA IN SICILIA
Il Piano regionale è stato copiato in buona parte da quello del Veneto. Indagini della magistratura e anche un rinvio a giudizio disposto dal Gip presso il Tribunale di Palermo per tre dirigenti, uno dei quali ha ricoperto anche la carica di assessore
di Paolo Pataria
Polemiche. Lettere di fuoco dell’Unione europea. Un Piano della Regione siciliana copiato in buona parte dalla Regione Veneto. Indagini della magistratura. Lo spettro di una pesante condanna da parte di Bruxelles che lo Stato farà di certo pagare alle Regioni inadempienti, Sicilia in testa. E adesso anche un rinvio a giudizio disposto dal Gip presso il Tribunale di Palermo per tre dirigenti regionali, uno dei quali ha ricoperto anche la carica di assessore regionale.
C’è di tutto e di più nella telenovela dei controlli sulla qualità dell’aria nella nostra Isola. Verifiche che le Pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto effettuare per tutelare la salute di chi vive dalle nostre parti. Controlli che, invece, sono rimasti sulla carta, alla faccia della salute pubblica. Tutto questo senza informare minimamente gli ignari abitanti della Sicilia. Che rischiano una doppia fregatura. La prima l’hanno già scontata, se è vero che, in molti casi, respirano l’aria inquinata. A questo si aggiungerebbe la beffa di pagare, con un ulteriore aumento della tasse, la multa – molto probabile – dell’Unione europea.
E dire che, nel luglio scorso, Bruxelles ha inviato una lettera al Governo italiano sottolineando che alcune Regioni del nostro Paese, su questo delicato settore, sono fuori legge. E tra queste, neanche a dirlo, c’è la Sicilia. Adesso l’avvertimento si potrebbe trasformare in una procedura d’infrazione e, di conseguenza, in una condanna pecuniaria piuttosto salata per l’Italia. Che il Governo nazionale farebbe pagare alle Regioni inadempienti, Sicilia in testa, se è vero che la nostra regione, in materia di controlli sulla qualità dell’aria, è messa malissimo.
E mentre infuriano le polemiche sulla pesante contravvenzione che verrebbe e gravare sui bilanci già disastrati della Regione siciliana, arriva anche la notizia del rinvio a giudizio formulato dal Gip del Tribunale di Palermo, dottoressa Marina Pitruzzella, nei riguardi dei dirigenti regionali Salvatore Anzà, Pietro Tolomeo (quest’ultimo ha ricoperto la carica di dirigente generale all’assessorato al Territorio e Ambiente) e dell’ex assessore regionale e dirigente generale, Gianmaria Sparma. Il reato contestato è l’omissione di atti di ufficio in relazione, appunto, ad atti amministrativi legati alle verifiche sulla qualità dell’aria e, quindi, alla mancata tutela della salute pubblica.
Qui si apre, in modo molto più ampio, il capitolo già oggetto di un processo: le inadempienze della Regione siciliana in materia di controlli della qualità dell’aria. In questa storia non c’è soltanto la copiatura di ampi stralci, da parte di qualche dirigente dell’Amministrazione regionale, del Piano della Regione Veneto. Ci sono altre incredibili mancanze. Si scopre che, a tutt’oggi, mancano ancora i Piani di azione, ovvero le schede che dovrebbero contenere le indicazioni, zona per zona della Sicilia, sugli agenti inquinanti, e sulle azioni da intraprendere per tutelare i cittadini. In pratica, nella nostra Isola non è stato fatto nulla.
Insomma, la Regione è recidiva. E questo potrebbe rendere ancora più pesante (soprattutto per le “casse” regionali) la condanna di Bruxelles. Concetto, questo, che è stato espresso con chiarezza dal parlamentare europeo siciliano, Ignazio Corrao (Movimento 5 Stelle): “In Sicilia il piano ambientale è copiato da quello della Regione Veneto ed cittadini pagheranno di tasca propria l’inadempienza degli uffici regionali dato che l’Europa ha già avviato le procedure di infrazione”. Corrao ha rilasciato questa dichiarazione quando ha presentato, su tale vicenda, un’interrogazione alla Commissione europea. Oggi la storia si presenta in termini più gravi. Si sa, ad esempio, che nelle aree a rischio della Sicilia solo Milazzo ha messo a punto qualche azione che potrebbe porre questa cittadina al di fuori della procedura d’infrazione comunitaria. Per il resto, con riferimento a Gela, Melilli, Priolo e Augusta sarebbe stato fatto poco o nulla.
Il problema non riguarda solo le aree a rischio, ma un po’ tutta la Sicilia. Soprattutto per ciò che riguarda le Pm 10, cioè la presenza, nell’aria, di polveri con diametro inferiore a 10 micron (con riferimento alle automobili diesel e agli euro 4 che presentano problemi di particolato, cioè delle particelle di piccolissime dimensioni sospese nell’aria). Agenti inquinanti che sono considerati tra i più pericolosi in assoluto per la salute umana. Su questo tema non mancano gli interrogativi: queste polveri presenti in tante città dell’Isola sono prevalentemente terrigene (arrivano, cioè, grazie a giornate ventose) e quindi sono comunque dannose, ma con produzione di danni limitati? Oppure nella presenza di Pm 10 c’è una notevole componente di incobusti da traffico urbano? In questo secondo caso il problema sarebbe più grave.
Ancora: la concentrazione degli ossidi d’azoto segue l’andamento di quella delle polveri, oppure, a causa del vento, è bassa perché soggetta a maggiore dispersione? Da non sottovalutare, poi, l’inquinamento che si registra nei porti della Sicilia, quando i motori rimangono in funzione.
Insomma riguarda le aree urbane siciliane con intenso traffico automobilistico. L’esempio di Palermo potrebbe essere rappresentato dalla Circonvallazione, dove l’inquinamento è notevole.

Aree a rischio ambientale – Interrogazione M5S a Bruxelles sul piano regionale siciliano

PUBBLICATO IL 9 NOVEMBRE 2014

L’eurodeputato Ignazio Corrao: “Il copia incolla dell’ARTA costa caro ai siciliani che pagheranno le sanzioni all’Europa ”
 
In Sicilia il piano ambientale è copiato da quello della regione Veneto ed cittadini pagheranno di tasca propria l’inadempienza degli uffici regionali dato che l’Europa ha già avviato le procedure di infrazione.
In questi termini il capo delegazione del movimento 5 stelle al parlamento europeo Ignazio Corrao interroga l’esecutivo di Bruxelles anche sul caso siciliano del Piano Regionale di Coordinamento per la tutela della qualità dell’aria e dell’ambiente emanato dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente nel 2007, piano che secondo la sentenza di condanna del Tribunale di Palermo, non risulta appropriato al territorio in questione perché per l’85% composto da righe interamente copiate dal Piano della Regione veneta e da altre fonti. “Molti comuni  – si legge nell’interrogazione – ricadenti nel comprensorio delle città siciliane di Gela, Messina e Siracusa (Aree dichiarate ad alto rischio ambientale dal 1990) da anni sono al centro di manifestazioni di protesta di cittadini, aziende e associazioni ambientaliste a causa dell’inquinamento ambientale. I risultati riguardanti le Aree a rischio, la tutela della qualità dell’aria e la salvaguardia della salute delle popolazioni si sintetizzano oggi in 2 ex presidenti della Regione e 4 ex assessori ARTA sotto processo per omessi interventi antismog e per il sistema di controlli deficitari nonostante l’Unione europea abbia destinato risorse comunitarie per oltre 70 milioni di euro. Lo stato di torpore dell’Assessorato Regionale Territorio ambiente continua ancora oggi perché – continua l’eurodeputato – è colpito duramente dalle continue rotazione di dirigenti e personale operate dal presidente Crocetta, rotazioni che non garantiscono un adeguato livello di esperienza e professionalità”. Il capo delegazione del Movimento 5 Stelle chiede alla Commissione, valutazioni alla LUCE della normativa europea e se è intenzione della Commissione valutare se l’ARTA è in grado di assicurare il rispetto del diritto comunitario. Dalla Commissione Europea intanto arriva già una prima risposta. “Nel luglio 2014 – si legge nel testo – è stata inviata al governo italiano una lettera di costituzione in mora, la quale evidenzia le varie carenze del piano per la qualità dell’aria adottato dalla regione Sicilia. In base alla risposta ricevuta dall’Italia, la Commissione deciderà sulle eventuali ulteriori azioni da intraprendere”.


PRIOLO – COSA SI DEVE SAPERE SULL’INQUINAMENTO CHE UCCIDE.
Posted by: La Redazione Posted date: maggio 23, 2013

(*Mara Nicotra) Melilli, 23 maggio 2013 – La qualità dell’aria nella provincia di Siracusa non è per niente rassicurante. Oggi c’è pure scappato il morto all’Isab impianti Nord, la stessa azienda da cui sabato scorso proveniva quell’odore molesto di aglio tipico dei mercaptani, che ha messo in allarme la popolazione di Melilli. Domani potrebbero avanzare che possa essersi trattato di morte per infarto fulmineo o qualche aneurisma congenita. Potrebbero anche smentire le notizie riportate anche dal telegiornale della Rai: “incidente al petrolchimico di Priolo, muore giovane di 38 anni per inalazione di gas tossico”. Ma la verità è ormai quella che la popolazione sa.  Ieri sera c’erano in atto 2 sfiaccolamenti e a Melilli si respirava, anche se lievemente, la classica puzza di uova marce tipica dell’acido solfidrico. Salvatore Gangi, sposato con 2 figli, lavorava all’Isab impianti Nord da 10 anni,  tutto lascia supporre che è deceduto  perché l’impianto non funzionava bene, perché molto probabilmente si è esposto all’acido solfidrico o meglio ancora è stato lasciato  esporre senza dovute precauzioni a questo gas (H2S). Ma si può morire inalando l’acido solfidrico? O mercaptani? Certo che sì. L’H2S, gas estremamente tossico poiché irritante e asfissiante, a concentrazioni di 715.000 µg/Nm3, per inalazione, può causare la morte anche in 5 minuti (WHO 1981, Canadian Centre for Occupational Health and Safety 2001). Concentrazioni di oltre 1000 ppm (parti per milione) possono causare l’arresto cardiaco immediato. Nel polo petrolchimico siracusano dal mese di dicembre 2011 al mese di luglio 2012 è stato dimostrato dagli organi di controllo preposti, a seguito di diversi eventi e/o incidenti rilevanti, che l’H2S fuoriesce dalle raffinerie, in particolare: sistema torce, impianti di trattamento acque di scarico, linee e impianti che processano detto inquinante. Inoltre è stato rilevato che tutte le aziende del petrolchimico (Esso, Isab impianti sud, Isab impianti nord, Isab Energy) non sono dotate di analizzatori che h/24 svolgono funzione di sorveglianza dei livelli di questo gas negli ambienti di lavoro. In pratica sono carenti di sistemi di videosorveglianza in tutte le torce presenti di ciascun impianto. E ciò non consente di verificare costantemente la combustione dei gas di torcia. Manca anche un installatore di sistemi di termografia per il rilevamento del corretto funzionamento della fiamma pilota e sensori con attivazione di allarme acustico in sala controllo in caso di spegnimento della stessa; idonee coperture, sistemi di captazione e successivo convogliamento ad impianto di abbattimento dei vapori liberati dalle vasche degli impianti di trattamento degli effluenti liquidi. L’acido solfidrico in data 19/08/2011 con un picco 73.2 µg/Nm3 e in data 1/06/2012 con concentrazione 65.3 µg/Nm3 è stato riscontrato a Melilli (SR), un paesino arroccato sui M.ti Climiti, ma in linea d’aria distante dal petrochimico circa 2 Km. Il vento lo ha portato in maggior misura li. Ma è stato rilevato anche a Priolo e a Belvedere. Quantità che hanno destato allarme tra la popolazione considerato che l’inquinante fa puzza di uova marce e come da letteratura presenta una soglia olfattiva di circa 7 µg/Nm3 e un limite di esposizione consigliato dall’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) di 150 µg/Nm3 come media nelle 24 ore. I mercaptani invece appartengono ai solfuri. Sono composti incolori, con odore agliaceo sgradevole, derivati dall’acido solfidrico per sostituzione di un atomo di idrogeno con un gruppo metilico o etilico; sono poco solubili in acqua, ma miscibili con i principali solventi organici. Sono composti infiammabili e formano miscele esplosive, innescabili per scintilla; il gas è più pesante dell’aria e tende a diffondersi verso il basso a livello del pavimento o del terreno e può causare incendio in presenza di innesco, anche in punti lontani da quello di emissione. Per combustione il metilmercaptano svolge vapori tossici di anidride solforosa, mentre a contatto con acidi forma fumi di acido solfidrico, esplosivo e tossico. Viene anche impiegato come odorizzante per gas inodori, quali ad esempio metano e Gpl. Il forte e sgradevole odore dei mercaptani può provocare mal di testa, nausea, vomito. Tutti sintomi avvertiti sabato scorso dai melillesi. L’inalazione di vapori altamente concentrati può provocare raffreddamento delle estremità, tachicardia e perdita di coscienza con cianosi; il metile e l’etilmercaptano causano convulsioni e svolgono intensa azione irritante sulle vie respiratorie, fino a causare edema polmonare. E se Gangi fosse morto così? Non ci resta che aspettare l’esame autoptico. In Italia, a livello nazionale mancano completamente riferimenti normativi cogenti sui livelli accettabili di emissione di odore o di disagio olfattivo (salvo DM sulle BAT dei TMB in AIA). Secondo il T.U.LL.SS. 1934 n. n° 1265- Capo III “Delle lavorazioni insalubri” art. 216-217: Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possano riuscire di pericolo o danno per la salute pubblica, il Sindaco prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza. Nel caso di inadempimento, il Sindaco può provvedere d’ufficio nei modi e termini stabiliti. Il Sindaco può ordinare la chiusura di un impianto. Può anche intervenire la magistratura su richiesta del cittadino molestato dall’odore attraverso l’applicazione del codice penale … o del codice civile. Ma quando un sindaco del quadrilatero industriale Melilli, Priolo, Augusta, al verificarsi dell’evento, gli viene risposto dalle industrie che tutto va bene e che i parametri misurati sono a norma, cosa deve fare? Chiudere tutte le industrie lo stesso e in blocco? Oppure chiedersi come e perché si è arrivati a questo punto? Io dico solo una cosa. Che paghino con l’ergastolo gli assassini del popolo inquinato, a partire dalle forze politiche che financo hanno dormito tanto da non consentire  l’attivazione un Piano di Risanamento Ambientale sulla qualità dell’aria fermo al palo dal 1985, nonostante 100 miliardi delle vecchie lire stanziate con soldi pubblici. Piu’ di 5 anni fa, il 21 novembre 2007, Legambiente Sicilia denunciava in una conferenza stampa, che il Piano Regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente, approvato e adottato con il D.A. n. 176/Gab del 9 agosto 2007 dall’assessore al Territorio e Ambiente Rossana Interlandi, era un copiato dall’omologo Piano della Regione Veneto di alcuni anni addietro, nonché un collage di capitoli, paragrafi, ecc. integralmente trascritti da pubblicazioni già edite da altri Enti ed Amministrazioni. Gli autori coordinati dal dirigente responsabile del Servizio 3 “Tutela dall’inquinamento atmosferico” del Dipartimento Ambiente, Salvatore Anzà, non si erano neppure accorti che quel Piano del Veneto, cui avevano attinto, era già stato bocciato dalla Comunità Europea parecchi anni prima, né che nel copia e incolla si erano generate inedite “comunanze” e “similitudini” tra le caratteristiche ambientali del Veneto e della Sicilia, tipo il “sistema aerologico padano” della Regione Siciliana, la limitazione delle ore di utilizzo del riscaldamento domestico a causa della rigidità del clima, l’incremento delle piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti nei centri storici dei Comuni siciliani al fine del miglioramento del traffico urbano, la persistenza delle Comunità montane, ecc. La vicenda suscitava, a causa dei suoi risvolti paradossali, notevole clamore e turbamento a livello mediatico e nell’opinione pubblica regionale e nazionale, attirando persino l’attenzione della trasmissione satirica Striscia la notizia che vi dedicava un esilarante servizio, nel corso del quale il dirigente generale del Dipartimento Ambiente, Pietro Tolomeo, per giustificare l’abnormità dei fatti, arrivava a definirli frutto di “pochi refusi”, tuttavia lasciandosi scappare che “nel copiare può succedere”. L’assessore Interlandi nominava una commissione d’inchiesta per gli accertamenti del caso e delle responsabilità, ma la commissione, di fronte all’imbarazzante situazione, si trincerava dietro un’enigmatica astensione dal rilasciare una qualsiasi relazione. A distanza di circa 4 mesi l’Assessore Interlandi, con il decreto n. 43/Gab del 12 marzo 2008, riteneva di sanare le abnormità con la semplice eliminazione dal testo del Piano dei riferimenti più spiccatamente “padani”, ma lasciando inalterate le altre parti interamente copiate.Il c.d., Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente della Regione Siciliana, vale a dire un documento frutto di un mero assemblaggio, operato con il metodo del copia ed incolla, di porzioni di documenti di varia estrazione e provenienza, alcuni dei quali persino di scarsa attinenza e molti altri anche temporalmente superati (basti considerare che il Piano della Regione Veneto risaliva all’anno 2000 ed era stato bocciato dalla Comunità Europea), tutto può definirsi fuorché un documento di programmazione e pianificazione in materia di tutela e risanamento della qualità dell’aria. Nessun provvedimento risulta essere stato intrapreso nei confronti dei responsabili della redazione del Piano copiato. Detto Piano continua inspiegabilmente e poco decorosamente a risultare un documento ufficiale della Regione Siciliana e ad essere inserito nel sito istituzionale dell’Assessorato al Territorio e Ambiente, senza che i vertici politici dell’Assessorato, quelli burocratici del Dipartimento Ambiente ed i responsabili dell’ufficio competente che si sono succeduti abbiano ritenuto di intervenire al fine della sua revoca. A fine gennaio di quest’anno il Tribunale di Palermo ha depositato le motivazioni della sentenza n. 5455/2012, con la quale si sancisce che il c.d. Piano regionale per la tutela della qualità dell’aria contiene “vistose copiature di un piano di un’altra regione” e si condanna ad 1 anno e 8 mesi di reclusione l’allora responsabile del Servizio 3 del Dipartimento Ambiente e coordinatore del Piano copiato dott. Salvatore Anzà, poichè nell’esercizio delle sue funzioni aveva redatto e inviato a diversi Enti pubblici, regionali e ministeriali, una serie di note su carta intestata dell’Assessorato al Territorio e Ambiente dai contenuti opinabili in danno di Legambiente e del suo Presidente Regionale arch. Domenico Fontana per aver essi smascherato la copiatura del Piano. C’è chi ha chiesto (lo hanno fatto i deputati all’ARS del M5S) alla Regione di conoscere quali iniziative ritenga  la Regione Siciliana di voler adottare, ed in che tempi (dopo quasi 6 anni) per la revoca immediata del Piano copiato; come intende procedere per fare emergere le responsabilità degli autori e le coperture di cui gli stessi hanno potuto godere nel corso di questi anni, anche come segnale forte di abbandono di un deleterio modus operandi; per quali motivi il Piano copiato ha continuato fino ad ora a fare bella mostra sul sito istituzionale dell’Assessorato al Territorio e Ambiente senza che nessuno sia intervenuto al riguardo nonostante a conoscenza della copiatura e quindi della non conformità, il tutto ancor più aggravato dall’intervenuta condanna penale a carico del responsabile della redazione della copiatura del Piano; per quali motivi sono rimaste senza risposta, a distanza di oltre 4 mesi, le richieste di ritiro del Piano inoltrate all’attuale assessore al territorio da parte di Legambiente e della CGIL, ulteriormente sollecitate, anche con formale diffida, dalle associazioni Comitato Cittadino Isola Pulita, AugustAmbiente, Italia Nostra, WWF Palermo, disattendendo le norme sui procedimenti e sulla trasparenza amministrativa di cui alla L.R. 5/2011; se sono stati intrapresi provvedimenti nei confronti del dott. Salvatore Anzà a seguito della sua condanna e se il Governo intenda costituirsi parte civile nel processo contro gli ex Presidenti della Regione, Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, e gli ex assessori al territorio e ambiente, Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello e Roberto Di Mauro, che si aprirà il 3 giugno prossimo presso il Tribunale di Palermo; quando intende adottare un vero Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria.
* Esperta problematiche ambientali



Con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 è stata data attuazione alla direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa che ha...
presentato il: 03/10/2013
Interrogazione a risposta scritta 4-02066 presentato da MANNINO Claudia testo di Giovedì 3 ottobre 2013, seduta n. 90  
MANNINO, TERZONI, GRILLO, PARENTELA, DE ROSA, DE LORENZIS, NUTI e LOREFICE. — 
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. 


— Per sapere – premesso che:   
con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 è stata data attuazione alla direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa che ha abrogato, a partire dall'11 giugno 2010, le direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69/CE e 2002/3/CE;   

con il citato decreto legislativo 155 del 2010 sono state abrogate le norme con le quali l'Italia aveva recepito e dato attuazione alle citate direttive europee – in special modo i decreti legislativi n. 351 del 1999, n. 183 del 2004 e n. 152 del 2007 – stabilendo, all'articolo 19, apposite norme transitorie e prevedendo delle regioni e delle province autonome e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di provvedere al riesame e all'aggiornamento degli atti adottati in base alla normativa previgente;   
 l'articolo 3 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che per il riesame della zonizzazione del territorio nazionale in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, il progetto di zonizzazione e di classificazione – di competenza delle regioni e delle province autonome – deve essere trasmesso, per l'adozione, al Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare entro i successivi quattro mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, unitamente agli esiti dell'attività di monitoraggio e valutazione, in base ai quali vengono classificati le zone e gli agglomerati;   

l'articolo 4 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che la classificazione, in base alla presenza e ai livelli di inquinanti nell'aria ambiente, delle zone e degli agglomerati – di competenza delle regioni e delle province autonome – deve essere riesaminata almeno ogni cinque anni e, comunque, ogni volta che si registrino eventi che incidono sulle concentrazioni nell'aria ambiente degli stessi inquinanti;   

l'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare, all'ISPRA e all'ENEA – entro otto mesi dall'entrata in vigore del decreto – un progetto di adeguamento delle reti di misura, in conformità alla zonizzazione e alla classificazione risultanti dal primo riesame previsto dal citato articolo 3, che deve indicare anche la data prevista per l'adeguamento e il programma di valutazione da attuare nelle zone e negli agglomerati individuati;   

l'articolo 9 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano per la qualità dell'aria che assicuri il rispetto dei cosiddetti valori limite, quantificati nell'allegato XI dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati gli stessi valori limite vengano superati;
  
l'articolo 9 ha stabilito l'obbligo a carico delle regioni e delle province autonome di adottare misure che assicurino il raggiungimento – entro il 31 dicembre 2012 – dei cosiddetti valori obiettivo relativi alle diverse sostanze inquinanti, quantificati nell'allegato XIII dello stesso decreto, nel caso in cui si registrino scostamenti rispetto agli stessi valori obiettivo;   

l'articolo 9 ha stabilito, altresì, l'obbligo a carico delle regioni e delle province autonome di adottare misure che assicurino il rispetto dei cosiddetti livelli critici relativi alle diverse sostanze inquinanti, quantificati nell'allegato XI dello stesso decreto, nel caso in cui gli stessi livelli critici vengono superati;

in base all'articolo 9 del decreto legislativo 155 del 2010, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, spetta il compito di curare la procedura finalizzata ad ottenere, dalla Commissione europea, le deroghe previste dall'articolo 22 della Direttiva 2008/50/CE relativamente al superamento dei valori limite per il biossido di azoto e per il benzene in determinate zone e agglomerati presenti nel territorio nazionale;   

l'articolo 10 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano d'azione che contenga le misure da implementare a breve termine per prevenire il superamento delle cosiddette soglie di allarme, quantificate nell'allegato XII dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati si presenti il rischio che le stesse soglie di allarme vengano superate;   

l'articolo 10 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano d'azione che contenga le misure da implementare a breve termine per prevenire il superamento dei cosiddetti valori limite o dei valori obiettivo, quantificati negli allegati XI e XII dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati si presenti il rischio che gli stessi valori vengano superati, per effetto di specifiche circostanze contingenti che non siano strutturali e ricorrenti;   

l'articolo 13 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano – da integrare con i piani di qualità dell'aria di cui all'articolo 9 – che contenga le misure idonee a raggiungere, nei termini previsti, i cosiddetti valori obiettivo, di cui all'allegato XV dello stesso decreto, rispetto alla presenza di ozono nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati, gli stessi valori obiettivo vengano superati;   
 lo stesso articolo 13 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare misure idonee a raggiungere gli obiettivi a lungo termine concernenti la presenza di ozono nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati, i livelli dell'ozono superano gli stessi obiettivi a lungo termine, pur essendo inferiori o uguali ai cosiddetti valori obiettivo; 

l'articolo 14 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che, nel caso in cui i livelli degli inquinanti superino la cosiddetta soglia di informazione o la soglia di allarme, le regioni e le province autonome informano il pubblico e trasmettono informazioni circa i livelli misurati e la durata del superamento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ne da comunicazione alla Commissione;  

l'articolo 15 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, da parte delle regioni e delle province autonome, di comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – per l'approvazione e il successivo invio alfa Commissione – l'elenco delle zone e degli agglomerati in cui, relativamente ad un determinato anno, i livelli degli inquinanti superano i rispettivi valori limite o i livelli critici a causa del contributo di fonti naturali, corredato delle informazioni circa i livelli registrati e delle prove del contributo delle stesse fonti naturali;   

lo stesso articolo 15 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, da parte delle regioni e delle province autonome, di comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – per l'approvazione e il successivo invio alla Commissione – l'elenco delle zone e degli agglomerati in cui, i livelli del PM10 superano il rispettivo valore limite per effetto della risospensione del particolato a seguito della sabbiatura o della salatura delle strade nella stagione invernale;   


l'articolo 18 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito gli obblighi, a carico di tutti delle amministrazioni e degli enti che applicano lo stesso Decreto, concernenti l'informazione del pubblico prevedendo, tra le altre cose, che i piani per la qualità dell'aria e i piani di azione e un documento riepilogativo delle misure adottate dalle regioni e dalle province autonome in base all'articolo 9 comma 2 e all'articolo 13 comma 2 debbono essere, in tutti i casi, pubblicato su pagina web;   

l'articolo 19 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome, per le zone nelle quali si registri dei cosiddetti valori limite, trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:   

 a) i livelli degli inquinanti superiori ai valori limite che sono stati misurati, le date o i periodi in cui è stato rilevato il superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;   

 b) i piani per la qualità dell'aria, entro diciotto mesi dalla fine dell'anno durante il quale è stato rilevato il superamento dei valori limite;   

 c) le modifiche, le integrazioni e gli aggiornamenti dei piani per la qualità dell'aria entro due mesi dalla relativa adozione;   

 d) gli aggiornamenti dell'elenco delle zone e degli agglomerati nei quali vengono superati i valori limite e per i quali vengono adottati i piani per la qualità dell'aria, e di quelli nei quali i livelli degli inquinanti rispettano i valori limite e i valori obiettivo, per i quali le regioni adottano misure per la preservazione della qualità dell'aria;   

per le zone e gli agglomerati nei quali si registra il superamento dei cosiddetti valori obiettivo di cui all'allegato XIII, l'articolo 19 del decreto legislativo 165 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:   

 a) l'elenco di tali zone e agglomerati, con l'individuazione delle aree di superamento, i livelli di concentrazione degli inquinanti oggetto di valutazione, le informazioni sui motivi dei superamenti, con particolare riferimento alle fonti, e le informazioni sulla popolazione esposta ai superamenti, con cadenza annuale entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello a cui si riferiscono;   

 b) la documentazione relativa all'istruttoria effettuata al fine di individuare le misure necessarie a perseguire il raggiungimento dei valori obiettivo di cui all'allegato XIII e di individuare, tra le stesse, quelle che non comportano costi sproporzionati nei casi in cui l'istruttoria svolta dalla regione o provincia autonoma ha esito positivo, le misure adottate ai sensi dell'articolo 9, comma 2;   
per quel che concerne la presenza dell'ozono, l'articolo 19 del decreto legislativo 155 del 2010 stabilisce che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:   
 a) gli aggiornamenti dell'elenco delle zone e degli agglomerati, per i quali si rende necessario adottare piani per la gestione della, qualità dell'aria rispetto all'ozono, entro 6 mesi dalla fine di ciascun anno;   

b) i livelli dell'ozono superiori al valore obiettivo e all'obiettivo a lungo termine che sono stati misurati, le date o i periodi in cui è stato rilevato il Superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;   
c) i livelli dell'ozono superiori che hanno superato le soglie di informazioni e di allarme, le date in cui è stato rilevato il superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;   

 d) le informazioni sulla presenza dell'ozono e dei relativi precursori, relative a tutte le zone e gli agglomerati, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;   

 e) gli atti dell'istruttoria finalizzata ad individuare le misure necessarie ad assicurare il raggiungimento dell'obiettivo a lungo termine, con una cadenza triennale;   

 lo stesso articolo 19 prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni acquisite dalle regioni e dalle province autonome, in merito al superamento dei valori limite, dei valori obiettivo, della soglia di informazione e della soglia di allarme, ed ai piani per la qualità dell'aria, i piani di azione e le misure adottati per assicurare la qualità dell'aria ambiente;   
l'articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che i provvedimenti di zonizzazione e di classificazione, la rete di misura, i piani e le misure di qualità dell'aria – approvati in base alla normativa previgente – devono essere adeguati alle disposizioni dello stesso decreto 155 del 2010, in base alle procedure e secondo i termini fissati, e che, in caso di mancato adeguamento trova applicazione i poteri sostitutivi di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131;   

lo stesso articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che la reiterata violazione – da parte delle regioni e delle province autonome – degli obblighi di predisporre e di trasmettere informazioni e di adeguare i piani e le misure alle richieste del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, determina la mancata erogazione di finanziamenti previsti all'interno di provvedimenti ministeriali, e che lo stesso Ministero deve provvedere all'inserimento di una clausola analoga anche con riferimento a provvedimenti generali vigenti in materia;  

all'interno del portale del Ministero dell'ambiente, nella pagina dedicata alla gestione della qualità dell'aria, è pubblicato il link al Piano regionale di coordinamento per a qualità dell'aria ambiente approvato con decreto assessoriale n. 176/GAB del 9 agosto 2007 dalla regione siciliana;   

all'interno della banca dati «Misure di risanamento della qualità dell'aria» pubblicata all'interno del sito dell'Istituto Superiore per la PROTEZIONE e la ricerca ambientale – che costituisce un archivio delle informazioni trasmesse dalle regioni e dalle province autonome a partire dal 2005 in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa nazionale ed europea in materia di Piani di risanamento della qualità dell'aria – non sono reperibili informazioni concernenti le situazioni di superamento dei livelli stabiliti e le misure di risanamento dell'aria adottate dalla regione Siciliana;   
disattendere gli obblighi di comunicazione alla Commissione europea di cui in premessa può costituire circostanza idonea e sufficiente perché si realizzi la violazione del diritti comunitario esponendo così l'Italia ad ulteriori e gravose procedure di infrazione;   

come denunciato dall'associazione ambientalista Legambiente Sicilia, sin dal 2007, il Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente approvato con decreto assessoriale n. 176/GAB del 9/8/2007 è il frutto di un lavoro di «copiatura» del Piano regionale del Veneto che era stato approvato in precedenza;   

l'operazione di plagio è provata dal fatto che nel testo del Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente della Sicilia si faceva riferimento al sistema aerologico padano, alla rigidità del clima, alla realizzazione di piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti all'interno delle città siciliane;   

con decreto n. 43/Gab del 12 marzo 2008, l'assessore pro-tempore Interlandi ha provveduto ad eliminare dal testo le parti che risultavano palesemente «copiate» senza provvedere a una revoca integrale del Piano;   
a partire dalla fine del 2012, sono pervenute alla competente Regione Siciliana richieste di revoca del Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente del 2007, da parte di Legambiente, dalla CGIL e dalle associazioni Comitato Cittadino Isola Pulita, AugustAmbiente, Italia Nostra e WWF Palermo;   
nel mese di gennaio 2013, il tribunale di Palermo ha depositato le motivazioni dellasentenza n.5455 del 2012 con la quale l'allora responsabile del Servizio 3 del dipartimento ambiente, nonché coordinatore del Piano, è stato condannato per diffamazione in relazione alle dichiarazioni rese nei confronti del presidente regionale di legambiente che aveva scoperto e reso pubblica la notizia delle vistose copiature contenute nel pieno regionale del 2007 –:   

se risulti che la Regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente del territorio e del mare il progetto di zonizzazione e l'individuazione delle zone e degli se risulta che la Regione Sicilia abbia provveduto avvero stia provvedendo al riesame della classificazione delle zone e degli agglomerati, come previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010;  

se risulti che la Regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e dei mare, il progetto di adeguamento delle reti di misura dei livelli degli inquinanti nell'aria ambiente, come previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010;   

se, e in quali occasioni, risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informazioni in merito al superamento della soglia di informazione o della soglia di allarme, come stabilito dall'articolo 14 del decreto legislativo 155 del 2012;   

se risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'approvazione e il successivo invio alla Commissione, l'elenco delle zone e degli agglomerati nei quali, relativamente ad un determinato anno, i livelli degli inquinanti superano i rispettivi valori limite o i livelli critici a causa del contributo di fonti naturali, e di quelli nei quali i livelli del PM10 superano il rispettivo valore limite per effetto della nuova sospensione del particolato a seguito della sabbiatura o della salatura delle strade nella stagione invernale;   

se e quando risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le comunicazioni e le informazioni richieste, relativamente alle zone e agli agglomerati nei quali si sia registrato il superamento dei valori limite e dei valori obiettivo degli inquinanti rilevati nell'aria ambiente, e dei valori obiettivo e degli obiettivi di lungo termine relativi all'ozono, come previsto dall'articolo 15 decreto legislativo 155 del 2010;   

se e quando abbia provveduto a trasmettere alla Commissione europea le informazioni acquisite dalla regione siciliana in merito al superamento dei valori limite, dei valori obiettivo, della soglia di informazione e della soglia di allarme, ed ai piani per la qualità dell'aria, i piani di azione e le misure adottati per assicurare la qualità dell'aria ambiente;   

se qualora tali dati non siano stati trasmessi si sia provveduto a comunicare alla Commissione europea l'impossibilità di trasmissione di detti dati stante la «non collaborazione» della regione Siciliana, o se la Commissione europea abbia sollecitato e/o chiesto informazioni sul mancato invio delle informazioni ambientali relative alla qualità dell'aria siciliana;   

quale sia lo stato di avanzamento della procedura finalizzata ad ottenere, dalla Commissione europea, le deroghe previste dall'articolo 22 della Direttiva 2008/50/CE relativamente al superamento dei valori limite per il biossido di azoto e per il benzene in zone e agglomerati presenti in Sicilia;   

se il Governo non intenda attivare, con la necessaria urgenza e determinazione, la procedura di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e a (l'articolo 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, come previsto dall'articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010, in considerazione del fatto che la Regione Siciliana non ha provveduto ad adeguare i piani e le misure per la qualità dell'aria, ovvero sia venuta meno agli altri obblighi stabiliti dal decreto e richiamati nel citato articolo 22;   

se, e in quanti casi, sia stata sospesa l'erogazione di risorse previste da programmi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a beneficio della regione siciliana, in relazione alla mancata ottemperanza agli obblighi stabiliti dal decreto legislativo 155 del 2010, così come previsto dall'articolo 22, comma 2, dello stesso decreto. (4-02066) 



SICILIA. FUROR PERSECUTIONIS E PIANO REGIONALE DELL’ARIA SCOPIAZZATO

19 MAGGIO 2013

Il sistema consente di arrivare al potere col disprezzo;
ma è l'iniquità, l'esercizio dell'iniquità, che lo legittima
(Leonardo Sciascia)

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denuncia i mali che attanagliano la sua terra natale
e più in generale la società contemporanea
l'Adige - Francesco Roat, 11 aprile 2013


Riportiamo stralcio dall’interpellanza di alcuni cittadini siciliani sul “Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria”, che "continua inspiegabilmente e poco decorosamente a risultare un documento ufficiale della Regione Siciliana (a 5 anni dalla sua approvazione) e ad essere inserito nel sito istituzionale dell’Assessorato al Territorio e Ambiente". Qui l'elenco delle fonti copiate dall'analogo Piano del Veneto.

Intorno a questa vicenda si colloca il furor persecutionis nei confronti dei dirigenti Gioacchino Genchi e Alessandro Pellerito, “colpevoli” di aver fatto il proprio dovere, di cui riportiamo il dossier dell’ottobre 2010 di "Funzione pubblica Cgil" (leggi in fondo documento e sommario) e l'articolo del marzo 2011 di “S – Il mondo capovolto dei dirigenti regionali”.

È dello scorso marzo la notizia che “Il gup Marina Petruzzella ha rinviato a giudizio l'ex presidente della Regione siciliana e il suo predecessore per omissione d'atti d'ufficio. Stessa sorte anche per quattro ex assessori regionali all'Ambiente"; leggila sul Giornale di Sicilia e su Live Sicilia.
Redazione Ecce Terra Trento, 19 maggio 2013
Interpellenza di alcuni cittadini siciliani (stralcio)
15 aprile 2013
… più di 5 anni fa, il 21 novembre 2007, Legambiente Sicilia denunciava in una conferenza stampa, che il Piano Regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente, approvato ed adottato con il D.A. n. 176/Gab del 9 agosto 2007 dall’assessore al Territorio e Ambiente Rossana Interlandi, era un copiato dall’omologo Piano della Regione Veneto di alcuni anni addietro, nonché un collage di capitoli, paragrafi, ecc. integralmente trascritti da pubblicazioni già edite da altri Enti ed Amministrazioni;
gli autori, coordinati dal dirigente responsabile del Servizio 3 “Tutela dall’inquinamento atmosferico” del Dipartimento Ambiente, Salvatore Anzà, non si erano neppure accorti che quel Piano del Veneto, cui avevano attinto, era già stato bocciato dalla Comunità Europea parecchi anni prima, né che nel copia e incolla si erano generate inedite “comunanze” e “similitudini” tra le caratteristiche ambientali del Veneto e della Sicilia, tipo il “sistema aerologico padano” della Regione Siciliana, la limitazione delle ore di utilizzo del riscaldamento domestico a causa della rigidità del clima, l’incremento delle piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti nei centri storici dei Comuni siciliani al fine del miglioramento del traffico urbano, la persistenza delle Comunità montane, ecc.;
la vicenda suscitava, a causa dei suoi risvolti paradossali, notevole clamore e turbamento a livello mediatico e nell’opinione pubblica regionale e nazionale, attirando persino l’attenzione della trasmissione satirica Striscia la notizia che vi dedicava un esilarante servizio, nel corso del quale il dirigente generale del Dipartimento Ambiente, Pietro Tolomeo, per giustificare l’abnormità dei fatti, arrivava a definirli frutto di “pochi refusi”, tuttavia lasciandosi scappare che “nel copiare può succedere”;
l’Assessore Interlandi nominava una commissione d’inchiesta per gli accertamenti del caso e delle responsabilità, ma la commissione, di fronte all’imbarazzante situazione, si trincerava dietro un’enigmatica astensione dal rilasciare una qualsiasi relazione
a distanza di circa 4 mesi l’Assessore Interlandi, con il decreto n. 43/Gab del 12 marzo 2008, riteneva di sanare le abnormità con la semplice eliminazione dal testo del Piano dei riferimenti più spiccatamente “padani”, ma lasciando inalterate le altre parti interamente copiate.
Considerato che
il c.d. Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente della Regione Siciliana, vale a dire un documento frutto di un mero assemblaggio, operato con il metodo del copia ed incolla, di porzioni di documenti di varia estrazione e provenienza, alcuni dei quali persino di scarsa attinenza e molti altri anche temporalmente superati (basti considerare che il Piano della Regione Veneto risaliva all’anno 2000 ed era stato bocciato dalla Comunità Europea), tutto può definirsi fuorché un documento di programmazione e pianificazione in materia di tutela e risanamento della qualità dell’aria;
nessun provvedimento risulta essere stato intrapreso nei confronti dei responsabili della redazione del Piano copiato;
detto Piano continua inspiegabilmente e poco decorosamente a risultare un documento ufficiale della Regione Siciliana e ad essere inserito nel sito istituzionale dell’Assessorato al Territorio e Ambiente, senza che i vertici politici dell’Assessorato, quelli burocratici del Dipartimento Ambiente ed i responsabili dell’ufficio competente che si sono succeduti abbiano ritenuto di intervenire al fine della sua revoca;
a fine gennaio di quest’anno il Tribunale di Palermo ha depositato le motivazioni della sentenza n. 5455/2012, con la quale si sancisce che il c.d. Piano regionale per la tutela della qualità dell’aria contiene “vistose copiature di un piano di un’altra regione” e si condanna ad 1 anno e 8 mesi di reclusione l'allora responsabile del Servizio 3 del Dipartimento Ambiente e coordinatore del Piano copiato dott. Salvatore Anzà, poiché nell'esercizio delle sue funzioni aveva redatto e inviato a diversi Enti pubblici, regionali e ministeriali, una serie di note su carta intestata dell'Assessorato al Territorio e Ambiente dai contenuti opinabili in danno di Legambiente e del suo Presidente arch. Domenico Fontana per aver essi smascherato la copiatura del Piano;
lo scorso 13 marzo il GUP del Tribunale di Palermo ha rinviato a giudizio, proprio per non avere mai adottato un vero Piano di risanamento della qualità dell’aria, nonostante fossero a conoscenza dei dati allarmanti sulla qualità dell’aria, gli ex Presidenti della Regione, Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, assieme agli assessori pro tempore dell’Assessorato al Territorio e Ambiente, Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello e Roberto Di Mauro, ed il processo si aprirà il prossimo 3 giugno.
[...]
L’ANORMALE NORMALITÀ DELLE DELIBERE DI GIUNTA CONTRO I DIRIGENTI GIOACCHINO GENCHI E ALESSANDRO PELLERITO:  LA TRASPARENZA CALPESTATA ED IL FUROR PERSECUTIONIS
Dossier della CGIL FP su di un caso di malaburocrazia dai tanti ed inquietanti falsi, abusi ed omissioni
Ottobre 2010
 Sommario
Gioacchino Genchi ed Alessandro Pellerito, dirigenti chimici dell’Assessorato Territorio a Ambiente, da circa 3 anni e 10 mesi hanno avuto revocati gli incarichi dirigenziali con un atto di abuso, ormai accertato, del DG Pietro Tolomeo e da allora sono tenuti dall’Amministrazione Regionale in una condizione allucinante di annientamento lavorativo a non occuparsi più di nulla.
Non malleabili e non condizionabili nel lavoro d’ufficio, come testimoniato in varie vicende, ad esempio quelle riguardanti le emissioni da combustione del pet coke, la Distilleria Bertolino e, soprattutto, i 4 inceneritori dei RSU, nei loro confronti l’Amministrazione ha avviato deferimenti, sospensioni ed un crescendo di accuse rivelatesi tanto pretestuose quanto false.

Il 3 aprile 2009, alzando il tiro, l’Assessore al Territorio e Ambiente del Lombardo primo, Giuseppe Sorbello, andava in Giunta a riferire di valutazioni negative riportate da Genchi e Pellerito nell’attività d’ufficio e la Giunta, senza controllarne la veridicità e negando persino l’evidenza “aritmetica” che i punteggi delle schede valutative, 58 e 67, erano maggiori della soglia minima di 50, inibiva i dirigenti dal ricoprire incarichi per 4 e per 2 anni. Nel furore punitivo la Giunta travalicava finanche di 1 anno il limite dei 3 previsti dalle norme contrattuali. 

Alcuni mesi dopo, Sorbello e la Giunta venivano smentiti da una Commissione d’indagine del Dipartimento Ambiente, la quale accertava che la valutazione non si poteva definire “negativa” per la semplice ragione che il procedimento non si era neppure concluso (non c’era stato il previsto contraddittorio, i punteggi delle schede erano fasulli e le schede mancavano delle firme dei presunti valutati).
Ma, accertati i fatti, la stessa Amministrazione ometteva inspiegabilmente ogni azione consequenziale.
A luglio 2009, Genchi e Pellerito vincevano i ricorsi contro le revoche degli incarichi e Lombardo, con propri decreti, annullava i provvedimenti di abuso del DG Tolomeo.
Ancora una volta l’Amministrazione ometteva di eseguire gli atti consequenziali, cioè di dare corso al giudicato del Presidente e di reintegrare i due dirigenti. L’operato abusivo del DG Tolomeo restava impunito.
A marzo 2010, Genchi e Pellerito chiedevano alla Giunta di annullare in autotutela, anche a seguito degli accertamenti della stessa Amministrazione, le proprie delibere.
A fine giugno, contro ogni evidenza, la Giunta del Lombardo ter riconfermava, invece, le delibere precedenti, vale a dire che riconfermava le valutazioni e le schede ormai accertate come fasulle, le revoche degli incarichi ormai inesistenti perché annullate con decreti presidenziali e persino i 4 anni di inibizione non previsti dalle norme contrattuali, quando l’eventuale limite dei 3 anni era già trascorso da 14 giorni. Per ragioni ignote, la Delibera veniva conservata in qualche cassetto e notificata dopo 95 giorni, ma senza che a tuttora sia stato redatto ed approvato il verbale della seduta di Giunta.
Intanto, su esposto di Genchi e Pellerito, anche il neo costituito Ispettorato della Funzione Pubblica presso l’Assessorato alla Funzione Pubblica diretto dall’Assessore Chinnici accertava le irregolarità evidenziate mesi prima dalla Commissione d’indagine del Dipartimento Ambiente e chiedeva al DG del Dipartimento Ambiente di provvedere a chiudere il procedimento nel rispetto dei tempi e delle norme vigenti in materia di trasparenza amministrativa. Nulla di tutto ciò è ancora avvenuto.
Storia di malaburocrazia, infarcita da falsi, omissioni ed abusi, per di più male orchestrati, sotto una regia trasversale tesa a riaffermare in termini di delegittimazione, isolamento ed annientamento possibili sul posto di lavoro il monito a quanti restii e non facilmente allineabili agli ordini di scuderia.
http://www.ecceterra.org/index.php/ecce-italia/1256-sicilia-furor-persecutionis-e-piano-regionale-dellaria-scopiazzato

PIANO ARIA PULITA, FRA SCOPIAZZAMENTI  E ODISSEE PER LA CANCELLAZIONE
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 8 MARZO 2013

Copio, ergo sum. Parafrasando la celebre massima cartesiana, si potrebbe dire che in Sicilia alcuni funzionari regionali credano che basti copiare per potere esistere. Il caso in questione ha una storia lunga, portata alla LUCE dalle associazioni ambientaliste, che recentemente sono tornate ad insorgere contro l’amministrazione regionale per il mancato ritiro del Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria.
Un piano, quest’ultimo, che da anni è protagonista di una bufera mediatica, a causa di una serie di assonanze più che sospette con altri piani regionali per la tutela della qualità dell’aria, ad esempio quello della Regione Veneto. E’ così che nel piano siciliano si fa riferimento, per citare alcuni dei tanti casi, al “sistema aerologico padano” della Regione Siciliana, alle piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti nei centri storici dei Comuni siciliani, o all’esistenza delle Comunità montane. Insomma, tutte peculiarità tipiche del territorio siciliano, no?
Il piano, stilato nel 2007, nonostante le CONTINUE segnalazioni da parte di associazioni come il Wwf o Legambiente alle diverse amministrazioni regionali che nel frattempo si sono succedute, non è mai stato sostituito e campeggia ancora oggi sul sito dell’Arta, seppure questo dalla fine di gennaio 2013 non sia più aggiornato.
Insomma, le numerose denunce non hanno portato a niente e il Piano non solo è ancora online sul sito istituzionale, ma soprattutto – fatto ben più grave – un piano interamente copiato da altre fonti continua a non essere stato ritirato ufficialmente dall’amministrazione. C’è di più: la reazione alla pubblica denuncia delle associazioni da parte del dirigente responsabile, Salvatore Anzà, è stata corredata da una serie di epiteti come “banda di lestofanti, banda di cialtroni, esperti in truffe, ciarlatani, cricca di imbroglioni, cricca di mascalzoni” messi nero su bianco su carta intestata del Dipartimento Ambiente. Epiteti che sono costati al dirigente una condanna in sede penale perché “la vicenda presenta profili di indubbia gravità, ravvisabili nell’utilizzo da parte di un pubblico funzionario di ben tre atti amministrativi del suo ufficio, per formulare offese personali connotate da una fortissima violenza verbale, violenza di cui l’imputato non è sembrato neppure rendersi conto nel corso del suo esame dibattimentale”.
Ma si sa, morto – o dimesso – un papa, se ne fa un altro. Così, aspettata la fase di insediamento della nuova giunta regionale, alla fine dello scorso anno un cartello di associazioni composto da Legambiente Sicilia, Cgil Sicilia, AugustAmbiente, Decontaminazione Sicilia, Italia Nostra, Wwf Palermo e comitato cittadino Isola Pulita ha segnalato la vicenda alla nuova amministrazione, esortando l’assessore all’Ambiente Maria Lo Bello a porre fine a questa vicenda.
“A fronte di questa situazione a dir poco paradossale – si legge nella lettera firmata da Mimmo Fontana per Legambiente e Antonio Riolo per la Cgil Sicilia – che appare confliggere in modo insanabile, oltre che con il decoro ed il prestigio dell’Amministrazione, con le dichiarazioni programmatiche in materia di trasparenza e legalità del nuovo Governo della Regione, le scriventi Organizzazioni tornano a chiedere l’immediato ritiro del Piano copiato, anche come segnale forte di voler mettere la parola fine ad un deleterio modus operandi e ad un sistema di impunità tra i più oscuri dell’attività amministrativa della nostra Regione”.
Ma ancora nessuna risposta è giunta alla lettera, a distanza di quasi tre mesi. Così qualche settimana fa le associazioni AugustAmbiente, Decontaminazione Sicilia, Italia Nostra, Wwf Palermo e comitato cittadino Isola Pulita hanno inviato una diffida a provvedere con istanza in autotutela alla revoca e al ritiro dal sito web del piano.
E chissà che la nuova amministrazione regionale non decida finalmente di aprire un nuovo capitolo, è il caso di dirlo, che guardi davvero alla salute dell’aria che respirano i siciliani e non alle facili scorciatoie per chi deve redigere un documento di coordinamento regionale.
O forse basterebbe augurarsi che se mai si redigerà un nuovo Piano avvalendosi del “copia e incolla”, non si scopiazzi da un documento, come quello del Veneto, che già nel 2007 era stato bocciato dalla Comunità Europea.

INQUINAMENTO, TROPPI SFORAMENTI
di Rosario Battiato

L’Arpa Sicilia ha pubblicato i dati del 2012: a Melilli, Enna e Trapani i maggiori problemi per i livelli di ozono. Regione in colpevole ritardo sul Piano qualità dell’aria e sul controllo dei Comuni
PALERMO – Sulla qualità dell'aria si gioca una delle sfide più delicate a livello europeo e la Sicilia la sta perdendo su tutti i fronti. Nell'Isola il programma di controllo e riduzione delle emissioni è arenato in perfetto tempismo con la presenza di un piano regionale di risanamento della qualità dell'aria datato 2007 (Decreto Assessoriale n. 176/GAB del 9/8/2007), che appare come documento di riferimento anche sul sito del ministero dell'Ambiente, nonostante sia stato al centro dello scandalo scoppiato in Regione qualche anno fa perché copiato dal piano della Regione Veneto risalente al 2000 e a sua volta sonoramente bocciato dalla Comunità europea. Senza uno strumento di controllo e coordinamento della qualità dell'aria a livello regionale è difficile tenere sotto controllo le emissioni in atmosfera che giungono principalmente dal comparto energetico, dai trasporti e dalle raffinerie. L'aria siciliana, pertanto, continua a essere particolarmente insana per la salute umana e lo dimostrano i dati dell'ultimo monitoraggio Arpa pubblicati a metà maggio.

La presentazione del sistema di monitoraggio dell'aria siciliana si trova sul sito di Sirvia, il sistema informativo regionale per la valutazione integrata della qualità dell’aria in Sicilia, un progetto finanziato dalla misura 1.01 del Programma operativo regionale della Sicilia nell’ambito dei Fondi Strutturali Europei 2000-2006, allo scopo di gestire e valutare la qualità dell’aria nel territorio regionale. L'ultimo report è stato diffuso a metà maggio e copre l'intero 2012. Col bollino rosso ci sono diverse stazioni (si legga tabella per il dettaglio), alcune controllate direttamente dall'Arpa e altre interconnesse con il centro elaborazione dati (Ced) dell'Agenzia, e coinvolgono diversi centri urbani e alcuni tra i principali e più pericolosi inquinanti. Ci sono superamenti oltre il limite consentito per legge che vanno da Trapani a Enna fino alle aree metropolitane di Catania, Palermo e Messina. Gli inquinanti che hanno sforato la soglia di guardia e attentato alla salubrità umana sono diversi e hanno nomi poco rassicuranti: ozono, benzene, biossido di azoto e particolato (Pm10). Il sistema di monitoraggio siciliano, peraltro, non ha sempre una copertura adeguata perché i comuni, anche a causa di una gestione finanziaria non sempre inappuntabile, non mantengono le medesime reti di monitoraggio.

Ad esempio per l'area che copre Gela e Caltanissetta il report non fornisce alcun dato, eppure da quelle parti, come in generale nei pressi nelle aree industriali di Sicilia seppure non è stata attestata alcuna correlazione, ci sono valori abbastanza preoccupanti in termini di qualità della vita (vedi box).

In Italia le cose non vanno come dovrebbero e se ne è accorta anche la comunità europea che sul tema dell'inquinamento atmosferico sta portando avanti l'ennesima procedura d'infrazione (la 2008_2194 Qualità dell'aria: valori limite Pm10). L'ultimo atto si è consumato il 19 dicembre del 2012 quando è arrivata la sentenza da parte della Corte di Giustizia Europea,  che ha accolto il ricorso presentato dalla Commissione europea per l’inadempienza dell’Italia che avrebbe omesso “di provvedere, per gli anni 2006 – 2007, affinché le concentrazioni di Pm10 nell’aria ambiente non superassero, nelle 55 zone e agglomerati italiani considerati nella diffida della Commissione europea del 2 febbraio 2009, i valori limite fissati all’art.5, par. 1, della direttiva 1999/30CE”. Una procedura che la Commissione aveva aperto nel giugno del 2008 sui dati di qualità dell’aria forniti per gli anni 2006 e 2007, visto che i valori limite venivano superati per lunghi periodi e in molte zone.

La storia è proseguita con una lettera di diffida del febbraio del 2009, mentre nel marzo dello stesso anno è stata Stefania Prestigiacomo, all'epoca ministero dell'Ambiente del IV governo Berlusconi, a far pervenire ufficialmente a Raffaele Lombardo, che appena cinque mesi prima si era insediato sullo scranno di comando della Regione siciliana, le procedure d’infrazione avviate dalla Ue perché in alcune zone industriali dei comuni di Palermo, Catania, Messina e Siracusa, tra il 2005 e il 2006, erano state riscontrate concentrazioni di sostanze nocive notevolmente superiori a quelle indicati dalla normativa. L’Italia ha poi presentato 2 istanze di deroga relative rispettivamente a 67 zone (che coinvolgevano 12 regioni e due provincie autonome) e 12 zone (che riguardavano altre 3 regioni). La Commissione europea ha in seguito sollevato delle obiezioni su 62 delle 67 zone segnalate nella prima istanza, e su 11 delle 12 zone segnalate nella seconda istanza. In seconda istanza, tra le regioni coinvolte, figura appunto la Sicilia.

In altri termini la Sicilia rischia grosso, anche perché sulla qualità dell'aria è veramente all'anno zero. Lo sanno anhe all'Ars: a metà aprile è stata presentata un'interpellanza trasmessa al governo il 6 maggio, in merito alle inadempienze “riguardanti il Piano regionale di risanamento della qualità dell'aria”. A firmare l'atto sono stati i deputati del M5S, gli ultimi arrivati a Sala d'Ercole, che evidentemente non vogliono subire il peso di una gestione passata poco attenta. I buchi nel sistema sono diversi. La pattuglia dei grillini chiede, ad esempio, l'effettiva efficacia dei Decreti n. 155/2010 e del 888/17, due norme di riferimento per l'inquinamento atmosferico che però non fissano i limiti di intervento per la maggior parte degli inquinanti di origine petrolchimica. Alla base di tutto risiede, tuttavia, l'assenza di un piano di tutela e risanamento della qualità dell'aria e a tal proposito chiedono che “vengano individuate e censurate le responsabilità politiche e burocratiche", anche perché tale assenza "costituisce una grave 'omissione di soccorso' nei confronti dei cittadini e dell’ambiente intero”.

L'Europa comunque non molla la presa. Proprio sul fronte dello smog la Commissione europea ha intenzione di proseguire “la linea dura” con gli Stati membri e far rispettare le regole sulla qualità dell'aria. Lo ha ribadito il commissario Ue all'ambiente, Janez Potocnik, precisando di voler continuare “con una linea più forte sulle procedure di infrazione rispetto al passato: oggi abbiamo 18 Stati membri che non rispettano i limiti delle Pm10”. Tutto questo in attesa di cominciare con il biossido di azoto (NO2).



Inquinamento, alla sbarra ex amministratori regionali

PALERMO – L'aria siciliana è inguaiata con la magistratura. Il Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente della Regione siciliana, il famoso documento dello scandalo, assemblato col metodo del copia e incolla tramite porzioni di altri documenti, tra cui il piano della Regione Veneto che faceva, appunto, riferimento all'aria padana e che era stato comunque già bocciato dalla commissione, risulta ancora tra i documenti di riferimento per il controllo dell'aria presenti sul sito del ministero e dell'assessorato regionale. 

A fine dello scorso gennaio questa verità è stata acclarata con la Sentenza n. 5455/2012 emessa dal Tribunale penale di Palermo, Giudice monocratico, sez. quarta penale, nel proc. n. 4863/2010, all’udienza del 18.10.2012, dove tra le motivazioni di una condanna per diffamazione in una controversia sorta tra Regione e Legambiente, di cui abbiamo parlato diffusamente nei mesi scorsi, si è “accertato” che il piano conteneva se non errori, “comunque vistose copiature di un piano di altra Regione”.

Ma c'è un altro capitolo della vicenda aria finito in Tribunale, perché lo scorso 13 marzo il Gup del Tribunale di Palermo ha rinviato a giudizio gli ex presidenti della Regione, Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, assieme agli assessori pro tempore al Territorio e Ambiente - Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello e Roberto Di Mauro - perché non avrebbero mai adottato un vero Piano di risanamento della qualità dell’aria, nonostante fossero a conoscenza dei dati allarmanti sulla qualità dell’aria. 

Il processo che si è aperto ad inizio giugno davanti alla terza sezione è stato rinviato a lunedì prossimo per la dichiarazione di astensione di uno dei giudici a latere. Anche il ministero dell'Ambiente si è costituito parte civile al processo.



Le emissioni sono in calo tra crisi e provvedimenti

PALERMO – La Sicilia, a fronte di un tessuto produttivo poco sviluppato, resta una delle regioni sottoposte ai maggiori livelli di impatto ambientale data la presenza delle industrie ad elevata intensità energetica come raffinerie, stabilimenti petrolchimici, cementifici, centrali termoelettriche e industrie di materiali da costruzione. Tuttavia la crisi e una normativa più stringente stanno migliorando le performance ambientali di questi giganti dell'inquinanti. Dal confronto dei dati nel periodo 2009-2011, gli ultimi analizzati nel report di monitoraggio ambientale del Pears, si evince una riduzione del livello di emissioni di CO2, pari a circa il 3,8%. Sempre nel periodo 2009-2011, le emissioni di Nox (ossidi di azoto) nel settore delle raffinerie, presentano una lieve contrazione (-1,75%), con un valore stimato, nel 2011, pari a 10.372,24 t/anno, così come nel settore delle centrali elettriche, dove hanno subito un calo con un valore stimato nel 2011 pari a 5.541,68 t/anno. Nello stesso periodo le emissioni di Sox (ossidi di zolfo) nel settore delle raffinerie, presentano un incremento del 10,9%, con un valore stimato, nel 2011, pari a 35.928,5 t/anno, mentre nel settore delle centrali elettriche, hanno subìto una significativa riduzione del 19,4%, con un valore stimato, nel 2011, pari a 7.284,94 t/anno. 

La Regione, data l’emanazione del Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, attuazione della Direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, ha compiuto qualche passo in avanti. Dopo aver provveduto a rivedere la zonizzazione in atto, ha redatto un progetto volto ad adeguare la propria rete di misura alle disposizioni comunitarie.
Gli  adempimenti sono stati avviati e in particolare con D.A n. 97/GAB del 25 giugno 2012 è stata approvata la “Zonizzazione e classificazione del territorio della Regione siciliana ai fini della qualità dell’aria per la protezione della salute umana” ed è stata trasmessa al ministero dell’Ambiente per la valutazione di conformità.
Articolo pubblicato il 15 giugno 2013

SIRACUSA – “ARIA PULITA?” INTERROGAZIONE AL GOVERNO REGIONALE DI MARIKA DI MARCO. Commento e comunicato stampa
Posted by: La Redazione Posted date: marzo 04, 2013

(gregorio valvo)Siracusa, 4 marzo2013 –  Finalmente tra i tanti parlamentari che Siracusa elegge e nomina spunta qualcuno che non pensa solamente alle beghe di partito e alle strategie politiche “ ma anche”, come diceva Veltroni, alle cose che attengono al bene comune. Nella fattispecie quello dell’aria. L’assessore regionale all’ambiente e il governatore Crocetta leggeranno presto l’interrogazione presentata dall’onorevole Marika Cirone di Marco in merito alla qualità dell’aria che si respira in Sicilia. Ovviamente, il punctum dolens della richiesta avanzata è rappresentato dalla “scoperta” che faranno  i rappresentati del governo regionale sull’aria che respirano i siracusani. Cioè, la peggiore d’Italia. Non sappiamo come potrà incidere un’ interrogazione “regionale”, per mutare una situazione che neanche un ministro all’Ambiente come Stefania Prestigiacomo ha potuto cambiare. Sappiamo che mettersi contro le industrie multinazionali non è cosa facile per nessuno. E comprendiamo. Non sappiamo se l’on Cirone Di Marco ha informato i neo rappresentanti alla CAMERA del suo partito, il Pd, della battaglia che intende intraprendere a favore dell’aria più respirabile che i siracusani desiderano. Certamente, in questa battaglia, una grande mano di aiuto potrebbe fornirla l’on Pippo Zappulla che più di chiunque conosce dati tecnici e le vie per la soluzione possibile per i suoi trascorsi di massimo esponente  Cgil in Provincia. Se realmente un passo avanti a favore dell’ambiente disastrato siracusano sarà fatto,  vorrà dire che la politica comincia a pensare di cambiare. Spezzare gli inciuci che hanno portato i siracusani a respirare tumori allo stato gassoso, dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni cittadino e di ogni politico delegato a legiferare. Non per noi ma per la nuova generazione che ancora non è in condizione di rendersi conto della triste realtà che l’attende. Forza onorevole Marika, aspettiamo qualche risultato, in un modo o nell’altro veda di non deluderci.       

 (CS)Siracusa, 4 marzo 2013 – Il deputato regionale del PD, Marika Cirone Di Marco ha inviato un’interrogazione al presidente della Regione Siciliana e all’assessore regionale per il Territorio e l’Ambiente sulle condizioni della qualità dell’aria in Sicilia. L’iniziativa prende spunto dal recente report di Lega ambiente. L’interrogazione, in particolare, riguarda gli impianti industriali di Priolo e il polo petrolchimico di Gela. Si fa riferimento, inoltre, alle navi che approdano nei porti industriali e al Piano di tutela della qualità dell’aria, di cui la Regione Siciliana non si è ancora dotata. Nell’interrogazione viene chiesto di procedere alla revisione dei provvedimenti AIA finora concessi, per verificare la prescrizione e la reale adozione delle migliori tecnologie disponibili (BAT). Di realizzare sistemi tali da recuperare in tutto o in massima parte gli off-gas per evitarne l’invio alle torce. Di adeguare l’impianto IAS di Priolo per azzerare le sue emissioni. Di controllare e revisionare gli impianti di desolforazione nonché il divieto di utilizzo della H2S nei forni, la verifica straordinaria di tutti i serbatoi e delle condutture al fine di evitare fughe di gas incontrollate. Marika Cirone Di Marco chiede ancora quali misure s’intendono adottare per rendere più stringente il controllo sulle navi mercantili e sui terminali petroliferi, in particolare dove sussistono per di più aree di rispetto e tutela ambientale o di particolare pregio archeologico. Di censire le attività di bonifica con azoto presso i depositi gli impianti le linee e le navi gasiere e petroliere per valutarne le emissioni, per garantire costantemente l’accesso e la diffusione delle informazioni alla popolazione relative alla qualità dell’aria ambiente, così come previsto dal Decreto Legislativo 13.08.2010 n.155, e pubblicando i report giornalieri sui siti istituzionali dei comuni e dell’Arpa, Viene chiesto, infine, di accelerare l’approntamento e il varo del Piano di Tutela della Qualità dell’Aria per la Sicilia.
Al Presidente della Regione
all’Assessore per il territorio e l’ambiente

premesso che:   la Sicilia, in presenza dei numerosi impianti petrolchimici e termoelettrici attivi nel proprio territorio, si piazza ai primissimi posti nella poco onorevole classifica delle emissioni più ingenti e inquinanti di PM10 e di idrocarburi non metanici e che in alcune zone, come quelle del siracusano, riscontra un conclamato aumento delle patologie tumorali e delle ipospadie;
rilevato  che l’impianto cloro-soda di Priolo è stato chiuso solo alla fine del 2005  e che in questi giorni si sta celebrando il processo giudiziario per i danni sanitari subiti dai lavoratori di quegli impianti; per il polo di Gela la commissione per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ha concluso i lavori a metà dicembre e si è ancora in attesa del provvedimento definitivo che entro 24 mesi dovrebbe ridurre le emissioni di SO2 dagli attuali 900 mg/mc a 400 mg/mc; le navi che approdano nei porti industriali hanno l’obbligo di cambiare l’alimentazione di motori e apparati ausiliari solo all’interno delle rade e in prossimità dell’ormeggio ai pontili e che dunque il contributo delle navi ai fini dell’inquinamento è notevole, nonostante gli stringenti vincoli imposti dall’UE all’utilizzo di combustibili ad alto contenuto di zolfo all’interno dei porti, nelle aree limitrofe e nelle zone speciali
considerato che la qualità dell’aria delle città prossime alla zona industriale non è migliorata e che ripetuti blackout e il fermo di numerosi impianti industriali, soprattutto nell’area di Siracusa, hanno riproposto la carenza di trasparenza e informazioni verso le amministrazioni comunali e i cittadini oltre che l’uso improprio delle torce come primo rimedio (e non come estremo, quale dovrebbe essere) per fronteggiare l’emergenza e smaltire i gas;  visto che la Regione non si è ancora dotata del prescritto Piano di tutela dell’Aria, il polo petrolchimico di Gela  attende il provvedimento definitivo dell’AIA mentre gli impianti della Versalis di Priolo non sono ancora in possesso di tale autorizzazione per sapere  se non ritengano opportuno procedere alla revisione dei provvedimenti AIA finora concessi per verificare la prescrizione e la reale adozione delle migliori tecnologie disponibili (BAT); alla realizzazione di sistemi tali da recuperare in tutto o in massima parte gli off-gas per evitarne l’invio alle torce; all’adeguamento dell’impianto IAS di Priolo per azzerare le sue emissioni; al controllo e alla revisione degli impianti di desolforazione nonché al divieto di utilizzo della H2S nei forni, la verifica straordinaria di tutti i serbatoi e delle condutture al fine di evitare fughe di gas incontrollate; quali misure intendono adottare per rendere più stringente il controllo sulle navi mercantili e sui terminali petroliferi, in particolare dove sussistono per di più aree di rispetto e tutela ambientale o di particolare pregio archeologico; per censire le attività di bonifica con azoto presso i depositi gli impianti le linee e le navi gasiere e petroliere per valutarne le emissioni, per garantire costantemente l’accesso e la diffusione delle informazioni alla popolazione relative alla qualità dell’aria ambiente, così come previsto dal Decreto Legislativo 13.08.2010 n.155, e pubblicando i report giornalieri sui siti istituzionali dei comuni e dell’Arpa; se non ritengano di dovere accelerare l’approntamento e il varo del Piano di Tutela della Qualità dell’Aria per la Sicilia.
L’interrogante chiede  lo svolgimento  con urgenza    Cirone


INQUINAMENTO ATMOSFERICO, INDAGATI CUFFARO, LOMBARDO E ASSESSORI REGIONALI ALL’AMBIENTE
Si è conclusa l’indagine avviata dalla Procura di Palermo per individuare le responsabilità sulla mancata stesura del Piano di risanamento della qualità dell’aria in Sicilia.
Una vicenda che da anni ci ha visti impegnati sia sul fronte dell’informazione che adendo le vie giudiziarie.
A tal proposito, occorre precisare che una denuncia inerente le vicende agrigentine, fu a suo tempo presentata dall’Assessorato Ambiente del Comune di Agrigento.
Inoltre, nel corso di un incontro tenutosi all’Assessorato Regionale all’Ambiente, fu il funzionario del Comune arch. Domenico Savio Lo Presti, ad insistere affinchè si arrivasse alla  stesura del Piano di risanamento della qualità dell’aria, e che in detto Piano, rientrasse Agrigento, visto come i dati dei rilevamenti indicassero allarmanti superamenti di soglia massima degli inquinanti.
È anche doveroso ricordare come la Provincia Regionale di Agrigento, sospese, nonostante le vibrate proteste, il monitoraggio della qualità dell’aria, seppure i dati precedentemente rilevati non erano affatto tranquillizzanti.
Lo Presti, nonostante il ruolo di funzionario comunale al settore ambiente, stanco di non trovare riscontro alcuno alle denunce presentate, alle segnalazioni fatte agli organi competenti, esasperato dalla situazione, inscenò insieme ai propri figli una protesta dinanzi la Prefettura di Agrigento (clicca qui).
Nonostante ciò, così come riportato in un articolo di qualche giorno fa (clicca qui), quantomeno per Agrigento ben poco, o forse nulla, è cambiato.
Oggi, quantomeno per ciò che riguarda eventuali responsabilità a livello regionale, si è arrivati all’emissione di avvisi di conclusione delle indagini per “omissioni in atti d’ufficio”.
Gli avvisi di conclusione delle indagini, sono state notificate al presidente della Regione Raffaele Lombardo, all’ex governatore Salvatore Cuffaro e ai sette assessori all’Ambiente che si sono succeduti tra il 2003 e il 2010.
In attesa che anche le indagini per le vicende agrigentine possano portare all’individuazione di possibili responsabilità penali da parte di soggetti che avessero eventualmente compiuto atti omissivi, non ci resta che sperare che d’ora innanzi, si voglia quantomeno provvedere ad effettuare un maggiore controllo del territorio, individuando l’origine degli inquinanti che continuano ad ammorbare l’aria del territorio comunale agrigentino, ed in particolar modo quello delle frazioni di Monserrato e Villaseta.

In merito alla conclusione delle indagini che ha portato  all’iscrizione al registro degli indagati Cuffaro, Lombardo e gli Assessori regionali all’Ambiente, si registrano diversi interventi.
 “Le autorità giudiziarie hanno individuato le responsabilità degli amministratori regionali – dichiara Giuseppe Messina, coordinatore regionale Movimento difesa del cittadino, che negli anni non hanno ottemperato ad un dispositivo di legge che richiamava gli stessi ad un’attività di prevenzione per la salute pubblica. Studi dell’Organizzazione mondiale della sanità, hanno, infatti, sancito che le emissioni di fattori inquinanti nell’ambiente sono causa significativa di patologie e l’esposizione a fattori cancerogeni molto rischiosi per la salute”.
“In questi anni la Regione Siciliana non ha mai affrontato la vicenda – dichiara Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia – nonostante le nostre sollecitazioni. Sollecitazioni che si sono spinte fino alla denuncia del caso clamoroso della copiatura del Piano della Regione Veneto. In quel caso è stato significativo il fatto che la Regione Siciliana, piuttosto che prendere provvedimenti nei confronti di aveva gravemente danneggiato l’immagine dell’amministrazione regionale (si ricordino gli articoli ironici su tutti i quotidiani nazionali), ha perseverato nel sottovalutare l’importanza di uno strumento indispensabile per restituire qualità all’aria che respiriamo”.

MANCATA APPROVAZIONE DEL PIANO DI RISANAMENTO DELLA QUALITÀ DELL'ARIA

Dichiarazione di Giuseppe Messina, coordinatore regionale MDC Sicilia

Conclusa l’indagine della Procura di Palermo per individuare le responsabilità sulla mancata stesura del Piano di risanamento della qualità dell’aria in Sicilia, con la conseguente omissione delle procedure di tutela e salvaguardia della salute dei cittadini.
Dichiarazioni di Giuseppe Messina, coordinatore regionale Movimento difesa del cittadino e Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia.“Le autorità giudiziarie hanno individuato le responsabilità degli amministratori regionali – dichiara Giuseppe Messina, coordinatore regionale Movimento difesa del cittadino,  che negli anni non hanno ottemperato ad un dispositivo di legge che richiamava gli stessi ad un'attività di prevenzione per la salute pubblica. Studi dell'Organizzazione mondiale  della sanità, hanno, infatti, sancito che le emissioni di fattori inquinanti nell'ambiente sono causa significativa di patologie e l'esposizione a fattori cancerogeni molto rischiosi per la salute”.
“In questi anni la Regione Siciliana non ha mai affrontato la vicenda – dichiara Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia – nonostante le nostre sollecitazioni.
 Sollecitazioni che si sono spinte fino alla denuncia del caso clamoroso della copiatura del Piano della Regione Veneto. In quel caso è stato significativo il fatto che  la Regione Siciliana, piuttosto che prendere provvedimenti nei confronti di aveva gravemente danneggiato l’immagine dell’amministrazione regionale  (si ricordino gli articoli ironici su tutti i quotidiani nazionali), ha perseverato nel sottovalutare l’importanza di uno strumento indispensabile per restituire qualità all’aria che respiriamo”.
 



16/06/2011 -
SMOG, INDAGATI LOMBARDO E CUFFARO

Avviso di conclusione delle indagini anche per sette assessori all’Ambiente. “i contesta il non avere adottato le misure imposte dalla legge per il contrasto dell'inquinamento atmosferico nonostante fossero a conoscenza "dei risultati delle centraline di rilevamento poste sul territorio regionale"

PALERMO. La Procura di Palermo ha notificato un avviso di conclusione indagine al presidente della Regione Raffaele Lombardo, all'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro e ai sette assessori regionali all'Ambiente che si sono succeduti tra il 2003 e il 2010. Gli amministratori sono indagati di omissione d'atti d'ufficio e getto pericoloso di cose. L'inchiesta è stata coordinata dai procuratori aggiunti Leonardo Agueci e Nino Gatto e dai pm Geri Ferarra e Claudia Bevilacqua.

A Lombardo, Cuffaro e agli assessori si contesta il non avere adottato le misure imposte dalla legge per il contrasto dell'inquinamento atmosferico nonostante fossero a conoscenza "dei risultati delle centraline di rilevamento poste sul territorio regionale, dell'andamento della qualità dell'aria, del persistere dei fenomeni di inquinamento con superamento dei limiti di legge".

In particolare gli indagati non hanno mai adottato il piano di risanamento e mantenimento relativo all'inquinamento atmosferico, i programmi per il raggiungimento dei valori limite ai fini della PROTEZIONE della salute della popolazione, da predisporre entro 18 mesi, e i piani di risanamento della qualità dell'aria.

Gli assessori coinvolti sono Mario Parlavecchio, Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello, Mario Milone, Giovanni Di Mauro e Calogero Sparma.


 SICILIA, PIANO QUALITÀ ARIA COPIATO DAL VENETO

16 settembre 2010 | 

Il dirigente regionale Anzà condannato per diffamazione
di Giovanni Tornesi

Legambiente Sicilia aveva fatto una denuncia basata su fatti concreti ed oggettivi, e le rimostranze del dirigente della regione Siciliana, Salvatore Anzà, sono state giudicate diffamatorie dal Giudice monocratico di Palermo.
Tutto ha avuto inizio con la conferenza stampa di Legambiente del 21 novembre 2007, durante la quale i responsabili regionali dell’associazione Giuseppe Messina e Mimmo Fontana ed il dr. Gioacchino Genchi, avevano denunciato che il piano regionale di risanamento dell’aria era stato copiato da quello della regione Veneto.
La notizia rimbalzò sulla stampa nazionale, e “striscia la notizia” con Stefania Petyx andò ad intervistare l’arch. Pietro Tolomeo, allora dirigente generale del dipartimento dell’assessorato territorio e Salvo Anzà dirigente responsabile del progetto “aria siculo-padana”.
IN SICILIA SI RESPIRA ARIA DEL VENETO PADANO  In quella intervista l’Anzà e il Tolomeo cercarono di sminuire i fatti, anche se in un passo dell’intervista si conferma la consultazione del piano dell’aria del Veneto.
Proprio l’Anzà con note ufficiali, protocollate e pubblicate sul sito della Regione Siciliana, andò all’attacco dei responsabili regionali di Legambiente, che avevano osato criticare i notabili siciliani, accusandoli di far parte di “una banda di cialtroni “ “lestofanti”, ecc..
  Il Giudice monocratico di Palermo ha stabilito che Legambiente e Genchi hanno esercitato il diritto di cronaca ed hanno riportato solo fatti realmente accaduti, ed ha condannato Salvatore Anzà per il reato di diffamazione, imponendo il pagamento a favore di Giuseppe Messina di € 10.000,00 per risarcimento + € 1.450,00 per onorari  € 1.160,00 per competenze + € 300,00 per spese.
Le motivazioni della sentenza sono state depositate in questi giorni.
Per lo stesso motivo. sono in fase di conclusine i dibattimenti per la diffamazione da parte dell’Anzà nei confronti anche di Mimmo Fontana e Gioacchino Genchi.

 
LE CONSEGUENZE DEL COPIATO DEL PIANO ARIA REGIONE SICILIA

Maggiori informazioni http://cronacaisolana.webnode.it/news/le-conseguenze-del-copiato-del-piano-aria-regione-sicilia-/

 Risposta data da Stavros Dimas a nome della Commissione

ALLA INTERROGAZIONE DI CATANIA
La Commissione segue dal 2001 l’attuazione delle direttive 96/62/CE(1) e 1999/30/CE(2) da parte dell’Italia, con particolare riguardo all’elaborazione dei piani per la qualità dell’aria per le zone in cui sono stati identificati livelli di inquinamento elevati. Come ha ricordato l’onorevole parlamentare, il piano per la qualità dell’aria presentato dalla Regione Veneto è stato inizialmente respinto dalla Commissione nel contesto del procedimento di infrazione dell'aprile 2006 riguardante la mancata notifica dei piani o programmi. In seguito l’Italia ha trasmesso un piano aggiornato per il Veneto che comprendeva tutti gli elementi essenziali previsti dall’allegato IV della direttiva 96/62/CE.
I piani per la qualità dell’aria della Regione Sicilia sono stati esaminati nell’ambito dei procedimenti di infrazione del 2007 riguardanti il superamento dei valore limite per il biossido di zolfo (SO2) fissati dalla direttiva 1999/30/CE. In tale occasione la Commissione aveva riscontrato, in particolare, che i piani non recavano sufficienti informazioni sulle misure strutturali intese a garantire in modo duraturo il rispetto dei valori limite per l’SO2. Anche il piano aggiornato della Sicilia trasmesso alla Commissione nel novembre 2008 destava perplessità riguardo all’effettiva capacità di conseguire gli obiettivi fissati dalla direttiva 1999/30/CE, benché presentasse tutti gli elementi essenziali descritti nell’allegato IV della direttiva 96/62/CE.
Secondo la pertinente normativa comunitaria, scopo principale del piano per la qualità dell’aria è consentire all’autorità competente di identificare il tipo di inquinamento e le misure di abbattimento necessarie per conformarsi alle norme. Il piano dovrebbe permettere di introdurre misure di abbattimento delle emissioni atmosferiche nell’ambito delle strategie in atto, agevolare l'acquisizione di FINANZIAMENTI adeguati e in particolare garantire l’attuazione del processo di consultazione e partecipazione del pubblico che costituisce, in ultima analisi, una garanzia della sua qualità. L’esperienza maturata nella Comunità dimostra che la qualità del piano e la conoscenza ed accettazione delle misure di abbattimento da parte del pubblico costituiscono due elementi essenziali per ridurre le emissioni in modo efficace.

La Commissione ha la facoltà di verificare che il piano sia conforme ai requisiti normativi e venga correttamente attuato; a tal fine essa ne VALUTA lo svolgimento ed esamina le tendenze dell’inquinamento atmosferico. La Commissione promuove inoltre lo scambio di buone pratiche tra le autorità competenti degli Stati membri attraverso l’organizzazione di gruppi di lavoro.
Una recente sentenza(3) della Corte di giustizia europea ha confermato che ai cittadini direttamente interessati è conferito un diritto individuale a chiedere dinanzi ai giudici nazionali che venga elaborato un piano e vengano adottate misure di abbattimento delle emissioni atmosferiche se sussiste il rischio di superamento delle soglie di allarme o dei valori limite.
Come è già stato precisato, la Commissione ha preso provvedimenti volti a garantire l’osservanza dei valori limite per la qualità dell’aria. Nel 2007 sono stati avviati procedimenti di infrazione contro l’Italia per il mancato rispetto, da parte della Regione Sicilia nel 2005 e nel 2006, dei valori limite orari per l’SO2 fissati dalla direttiva 1999/30/CE. Come dichiarato dall’Italia il 21 novembre 2008, il rispetto dei valori limite per l’SO2 è stato tuttavia conseguito nel 2007. La Commissione continua a monitorare attentamente i livelli di biossido di zolfo in Sicilia per verificare che sia effettivamente in atto un miglioramento duraturo e per valutare la possibilità di chiudere il caso.
Anche i valori limite giornalieri ed annuali per il particolato (PM10) sono stati ripetutamente superati, dalla loro entrata in vigore nel 2005, in diverse zone istituite in Sicilia ai fini del controllo e della gestione della qualità dell’aria. A fronte delle difficoltà riscontrate in tutta la Comunità in relazione ai valori limite del PM10, la nuova direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria(4) ha introdotto la possibilità per gli Stati membri di notificare una deroga all’obbligo di applicare tali valori limite in determinate zone fino al giugno 2011, subordinatamente al rispetto di alcune condizioni. Non avendo ricevuto alcuna richiesta in tal senso per la Sicilia dalle autorità italiane fino al gennaio 2009, la Commissione ha ritenuto che non sussistessero le condizioni per l’applicazione della deroga e, in data 29 gennaio 2009, ha avviato un procedimento di infrazione contro l’Italia.
Se in una fase successiva le sarà notificata una richiesta di deroga per il PM10, la Commissione, una volta accertato il rispetto dei pertinenti requisiti, esaminerà con attenzione i piani per la qualità dell’aria per sincerarsi che offrano sufficienti garanzie di conformarsi alle prescrizioni della direttiva entro il nuovo termine. La Commissione può sollevare obiezioni nei confronti della notifica e invitare lo Stato membro a modificare il piano in questione o a presentarne uno nuovo. Una valutazione approfondita del piano sarà realizzata anche nel caso in cui ad esso venga fatto esplicito riferimento nella risposta alla lettera di costituzione in mora attesa per la fine di marzo 2009.




OGGETTO: PIANO REGIONALE SICILIANO DI TUTELA DELL'ARIA DEL 2007, COPIATO DA QUELLO PRESENTATO DALLA REGIONE VENETO NEL 2000, ADOTTATTO DALLA REGIONE E PRESENTATO ALLA COMMISSIONE EUROPEA

4 FEBBRAIO 2009
Premesso che:
·        la Regione Sicilia ha approvato con delibera n.176 del 9.8.2007 il proprio Piano regionale per la tutela dell'aria, grazie ad un collage di diversi documenti provenienti dal Piano di Tutela e Risanamento della Regione Veneto dell'anno 2000, peraltro bocciato e rinviato al mittente dalla Commissione europea;
·        in particolare sono citate direttive comunitarie in vigore nel 2000, come ancora da recepire o che sono state persino modificate, gli stessi DOCUP, documenti di programmazione, si riferiscono alla Regione Veneto, come alcune misure di decongestione del traffico urbano quali «percorsi ciclabili protetti ... utilizzando gli argini dei fiumi e dei canali» che appartengono alla realtà veneta e non a quella siciliana, oppure condizioni ambientali come «l'intero territorio pianeggiante» o le comunità montane, dissolte in Sicilia da 20 anni, o misure per «limitare le ore di riscaldamento degli impianti termici civili»;
·        è stata copiata anche la documentazione bibliografica, nonché i riferimenti a progetti della Regione Lombardia del 2004, attribuiti al Comune di Palermo nel 2006: il capitolo 6 del Piano risulta un collage di misure venete e siciliane, in seguito alle correzioni maldestre dell'Assessorato che, dopo la denuncia alla stampa di Legambiente il 21.11.2007, ha ritoccato il Piano trasformando i refusi veneti in refusi siciliani;
·        il responsabile dell'assessorato Territorio ed Ambiente, dopo aver inveito nel dicembre 2007 contro la denuncia del Piano, eticamente e professionalmente inaccettabile per una Pubblica Amministrazione, lo ha modificato con delibera n. 43 del 12.3.2008, attribuendo i refusi ad errori di stampa e sviste redazionali;
·        nel novembre 2008, i responsabili di tale maldestra copiatura, peraltro inefficace per l'adozione e il FINANZIAMENTO delle misure idonee alla tutela della salute e della qualità dell'aria siciliana, sono stati citati in giudizio, in considerazione del fatto che, nonostante le modifiche tardive, i refusi incomprensibili compaiono comunque sul sito web dell'Assessorato: tale documentazione è stata inviata anche alla CE; 
Potrebbe la Commissione specificare se non ritiene di dover controllare congruità e attendibilità del Piano, nella versione che ha ricevuto eventualmente corretta, ma pur sempre con refusi, nel marzo 2008, e sollecitare quindi la Regione Sicilia alla redazione di un nuovo Piano di tutela dell'aria, deontologicamente accettabile ed efficace?

Martedì 24 Marzo 2009 23:46

AMBIENTE: BOCCIATO "PIANO ARIA" DA COMMISSARIO UE

Il Commissario europeo all'Ambiente boccia l'ultima versione del Piano per la qualità dell'aria della Regione Sicilia e promette attenti controlli sui livelli di inquinamento".
  E' quanto afferma Giusto Catania, europarlamentare di Rifondazione Comunista, dopo avere ricevuto una nota ufficiale di Stavros Dimas in risposta ad una sua interrogazione parlamentare. "Il piano esaminato dopo il procedimento di infrazione del 2007 per il superamento dei limiti di biossido di zolfo - si legge nel documento firmato venerdì scorso da Dimas - non riportava sufficienti informazioni sulle misure prese per garantire il rispetto dei valori massimi consentiti. Anche il piano aggiornato, trasmesso alla Commissione nel novembre 2008, desta perplessità riguardo all'effettiva capacità di conseguire gli obiettivi". Il Piano, ricorda il Commissario, dovrebbe identificare il livello di inquinamento ed individuare i provvedimenti da prendere. "La Commissione - aggiunge Dimas - continua a monitorare attentamente i livelli di biossido di zolfo in Sicilia per verificare che sia effettivamente in atto un miglioramento duraturo". Inoltre, secondo l'europarlamentare, la Commissione europea bacchetta la Regione Sicilia anche per le polveri sottili perché "l'isola non solo ha sforato i limiti previsti ma non è stata nemmeno capace di usufruire della deroga concessa recentemente. Incapacità che a fine gennaio ha fatto scattare una nuova procedura di infrazione". "Anche i valori limite giornalieri ed annuali per le polveri sottili sono stati ripetutamente superati in Sicilia - continua la nota di Dimas - A fronte delle difficoltà riscontrate in tutta Europa è stata concessa una deroga all'obbligo di applicare tali valori fino al giugno 2011. Ma non avendo ricevuto alcuna richiesta dalle autorità italiane per la Sicilia, la Commissione non ha potuto applicare la deroga ed il 29 gennaio scorso ha avviato un procedimento di infrazione". 




REALITY SU CASO GENCHI E ITALCEMENTI ISOLA DELLE FEMMINE

 

SICILIA, POLVERE E RANCORE

 

Un inceneritore bloccato, un cementificio in atesa dell'ok definitivo per l'uso di un certo combustibile, un piano regolatore per la tutela dell'ambiente copiato, in molte sue parti, da quello del Veneto, rancori e denunce: succede in Sicilia.
9 gennaio 2008


Nel PROGRAMMA Reality andato in onda oggi 9 dicembre 2007 si tenta di delineare un quadro, breve ma significativo, del problema ambientale di Isola delle Femmine e dei risvolti sociali ed occupazionali legati alla tutela dell’ambiente in Sicilia.

La nota problematica è legata all’uso, mai autorizzato, di un combustibile particolarmente tossico, il pet-coke, che può essere consentito non con un semplice confronto dell’eventuale rispetto dei limiti di legge, ma con una valutazione completa, che tenga conto della localizzazione, delle tecnologie applicate, delle vocazioni del luogo, dello sviluppo dello stesso.

Le immagini del filmato mostrano il cumulo a cielo aperto del pet-coke in località Raffo Rosso, ciò nonostante le diverse diffide operate dall’Assessorato territorio Ambiente che imtimano alla Italcementi di stoccare movimentare trasportare bruciare il pet-coke.

C’è da aggiungere che il deposito è limitrofa ad una vasta area considerata dalla Comunità Europea ad alta PROTEZIONE ambientale. Oltre al fatto che l’area ove sorge il deposito di pet-coke per il Piano Regolatore Generale adottato dal Comune di isola delle Femmine è classificata come area destinata a “VERDE AGRICOLO2. quindi la licenza concessa nel 2001 risulta essere illegittima.
In sostanza il pet-coke e’ l’ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell’oro nero tanto da guadagnarsi il nome di “feccia del petrolio”.
Per la sua composizione, comprendente oltre ad IPA (in particolare benzopirene), ossidi di zolfo e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio, va movimentato con cura per evitare di sollevare polveri respirabili. Il vanadio in polvere è infiammabile e tutti i suoi composti sono considerati altamente tossici, causa di cancro alle vie respiratorie quando vengono inalati. Il più pericoloso è il pentossido di vanadio.

Per questi motivi per esempio l’utilizzo del pet-coke è stato vietato in Giordania e l’Eni, che brucia il pet-coke nella raffineria di Gela ha riconosciuto che malformazioni e tumori numerosissimi nella popolazione locale sono causate dal pet-coke».

A fronte di questa situazione viene da chiedersi : “Cosa fanno le nostre istituzioni?”

Dalle immagini che vediamo nel filmato i dirigenti dell’Assessorato Territorio Ambiente che dovranno elaborare il loro parere all’interno dell’istruttoria A.I.A. della Italcementi, sono gli stessi dirigenti impegnati ad elaborare grandiosi piani per la qualità dell’aria, che secondo informazioni di stampa e televisioni sembrano copiati totalmente da piani elaborati in precedenza dall’Assessorato Regione Veneto.

Di fronte a siffata situazione il Comitato Cittadino Isola Pulita esprime forti preoccupazione circa la regolare e corretta prosecuzione dell’istruttoria dell’AIA richiesta dalla Italcementi.

Ci attendiamo che dopo la visione di queste immagini, dopo le diverse interrogazioni parlamentari e dopo l’interessamento diretto del Ministro dell’Ambiente che ha richiesto l’intervento dei Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, il nostro Sindaco Professore Gaspare Portobello immediatamente come primo atto verifichi la legittimità della licenza edilizia concessa nell’anno 2001 alla Italcementi per la costruzione di un deposito di pet-coke.
Comitato Cittadino Isola Pulita 
Note: Guarda il Video "Sicilia, polvere e rancore"
Aria. Mancato rispetto della normativa nazionale e europea sulla adozione dei piani di risanamento dell'aria da parte della Regione siciliana
Ordinanza che dispone il giudizio per violazione dell' art. 328 c.p. per la mancata adozione dei piani dell'Aria da parte di Dirigenti  del servizio tutela dall'inquinamento dell'aria, Direttori generali e Assessori all'ambiente della Regione siciliana



SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 25 luglio 2008 (*)
«DIRETTIVA 96/62/CE – VALUTAZIONE E GESTIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIA AMBIENTE – FISSAZIONE DEI VALORI LIMITE – DIRITTO DI UN TERZO VITTIMA DI DANNI ALLA SALUTE ALLA PREDISPOSIZIONE DI UN PIANO D’AZIONE»
Nel procedimento C‑237/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesverwaltungsgericht (Germania), con ordinanza 29 marzo 2007, pervenuta in cancelleria il 14 maggio 2007, nella causa tra Dieter Janecek e Freistaat Bayern,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. L. Bay Larsen, K. Schiemann, J. Makarczyk e J.‑C Bonichot (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. B. Fülop, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 giugno 2008,
considerate le osservazioni presentate:
–        per il sig. Janecek, dal sig. R. Klinger, Rechtsanwalt;
–        per il governo olandese, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. M. De Grave, in qualità di agenti;
–        per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;
–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. F. Erlbacher nonché dalle sig.re A. Alcover San Pedro e D. Recchia, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente (GU L 296, pag. 55), come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882 (GU L 284, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 96/62»).
2        Questa domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Janecek ed il Freistaat Bayern in merito ad una domanda diretta a che sia imposto a quest’ultimo di predisporre un piano di azione per la qualità dell’aria nel settore della Landshuter Allee, in Monaco di Baviera, dove risiede l’interessato; questo piano dovrebbe contenere le misure da adottare a breve termine per garantire l’osservanza del limite autorizzato dalla normativa comunitaria per quanto concerne le emissioni di particelle fini PM10 nell’aria ambiente.
 Contesto normativo
 La normativa comunitaria
3        Ai sensi del dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 96/62:
«(…) Per tutelare l’ambiente nel suo complesso e la salute umana, è necessario che gli Stati membri intervengano quando vengono superati i valori limite al fine di conformarsi a tali valori entro il termine stabilito».
4        L’allegato I alla direttiva 96/62 contiene un elenco degli inquinanti atmosferici da considerare nel quadro della valutazione e della gestione della qualità dell’aria ambiente. Il punto 3 di quest’elenco menziona le «particelle fini quali la fuliggine (ivi compreso PM10)».
5        L’art. 7 della direttiva 96/62, intitolato «Miglioramento della qualità dell’aria ambiente – Requisiti generali», così dispone:
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite.
(…)
3. Gli Stati membri predispongono piani d’azione che indicano le misure da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie d’allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. (…)».
6        L’art. 8 di questa direttiva, intitolato «Misure applicabili nelle zone in cui i livelli superano il valore limite», enuncia quanto segue:
«1. Gli Stati membri elaborano l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti superano i valori limite oltre il margine di superamento.
Allorché non è stato fissato un margine di superamento per un determinato inquinante, le zone e gli agglomerati in cui il livello di tale inquinante supera il valore limite sono equiparati alle zone e agli agglomerati di cui al primo comma e si applicano i paragrafi 3, 4 e 5.
2. Gli Stati membri elaborano l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti sono compresi tra il valore limite e il valore limite aumentato del margine di superamento.
3. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un PROGRAMMA che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito.
Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui all’allegato IV.
4. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1 in cui il livello di più inquinanti supera i valori limite, gli Stati membri predispongono un piano integrato che interessi tutti gli inquinanti in questione.
(…)».
7        L’art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 22 aprile 1999, 1999/30/CE, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (GU L 163, pag. 41), così dispone:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di particelle PM10 nell’aria ambiente, valutate a norma dell’articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell’allegato III a decorrere dalle date ivi indicate.
I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell’allegato III si applicano a norma dell’articolo 8 della direttiva 96/62/CE».
8        L’allegato III, fase 1, punto 1, alla direttiva 1999/30 presenta, in una tabella, i valori limite per le particelle fini PM10.
 La normativa nazionale
9        La direttiva 96/62 è stata recepita nell’ordinamento tedesco mediante la legge sulla protezione contro gli effetti nocivi sull’ambiente dell’inquinamento dell’aria, acustico, delle vibrazioni e di altro genere (Gesetz zum Schutz vor schädlichen Umwelteinwirkungen durch Luftverunreinigungen, Geräusche, Erschütterungen und änliche Vorgänge), nella versione pubblicata il 26 settembre 2002 (BGBl I, pag. 3830), quale modificata mediante legge 25 giugno 2005 (BGBl I, pag. 1865; in prosieguo: la «legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento»).
10      L’art. 45 della legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento, intitolato «Miglioramento della qualità dell’aria», così dispone:
«(1) Le autorità competenti devono adottare le misure necessarie per garantire l’osservanza dei valori delle emissioni stabiliti dall’art. 48 bis, in particolare mediante i piani previsti dall’art. 47.
(…)».
11      L’art. 47 della medesima legge, intitolato «Piani per la qualità dell’aria, piani d’azione, legislazione dei Land», così dispone:
«(1) In caso di superamento dei valori limite, aumentati dei margini di superamento legali e stabiliti mediante regolamento in forza dell’art. 48 bis, n. 1, le autorità competenti devono predisporre un piano per la qualità dell’aria, che indichi le misure necessarie per ridurre in modo duraturo gli inquinanti atmosferici in conformità a quanto imposto dal regolamento.
(2) In caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme delle emissioni definiti mediante regolamento in forza dell’art. 48 bis, n. 1, l’autorità competente deve predisporre un piano di azione che stabilisca le misure da adottare a breve termine, che devono essere in grado di ridurre il rischio di superamento e limitarne la durata. I piani di azione possono essere inseriti in un piano per la qualità dell’aria, ai sensi del n. 1.
(…)».
12      Le soglie massime di emissione menzionate dall’art. 47 della legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento sono stabilite dal ventiduesimo regolamento di esecuzione della detta legge, il cui art. 4, n. 1, così dispone:
«Per le PM10, il valore limite delle emissioni nelle 24 ore, in considerazione delle esigenze di tutela della salute umana, è pari a 50 µg/m3; i casi di superamento nel corso di un anno non possono superare il numero di 35 (…)».
 Causa principale e questioni pregiudiziali
13      Il sig. Janecek risiede lungo la Landshuter Allee, sulla circonvallazione interna di Monaco di Baviera, a circa m 900 a nord di una stazione di controllo della qualità dell’aria.
14      Le misurazioni effettuate in questa stazione hanno dimostrato che, nel corso del 2005 e del 2006, il valore massimo per le emissioni di particelle fini PM10 è stato superato ben più di 35 volte, laddove questo numero di violazioni rappresenta il massimo autorizzato dalla legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento.
15      È pacifico che, per quanto riguarda il territorio del comune di Monaco di Baviera, esiste un piano d’azione per la qualità dell’aria, dichiarato obbligatorio il 28 dicembre 2004.
16      Tuttavia, il ricorrente nella causa principale ha proposto ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht München, chiedendo che fosse ordinato al Freistaat Bayern di predisporre un piano di azione per la qualità dell’aria nel settore della Landshuter Allee, affinché vengano stabilite le misure da adottare a breve termine per garantire l’osservanza del numero massimo autorizzato di 35 violazioni annuali del valore stabilito come soglia massima per le emissioni di particelle fini PM10. Il detto giudice ha dichiarato il ricorso infondato.
17      Il Verwaltungsgerichtshof, adito in appello, ha adottato una posizione differente, giudicando che i residenti interessati possono pretendere dalle autorità competenti la predisposizione di un piano di azione, ma che essi non possono chiedere che quest’ultimo contenga le misure idonee a garantire l’osservanza a breve termine dei valori massimi di emissione di particelle fini PM10. Secondo questo giudice, le autorità nazionali sono obbligate soltanto a garantire che quest’obiettivo venga perseguito mediante un piano di tal genere, nei limiti del possibile e di quanto risulti proporzionato allo scopo. Di conseguenza, esso ha ingiunto al Freistaat Bayern di predisporre un piano di azione che rispettasse i suddetti obblighi.
18      Il sig. Janecek e il Freistaat Bayern hanno impugnato la sentenza del Verwaltungsgerichtshof dinanzi al Bundesverwaltungsgericht. Secondo quest’ultimo giudice, il ricorrente nella causa principale non può invocare nessun diritto alla predisposizione di un piano di azione in forza dell’art. 47, n. 2, della legge tedesca in materia di lotta all’inquinamento. Il detto giudice ritiene inoltre che né lo spirito né la lettera dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 attribuiscano un diritto soggettivo alla predisposizione di un piano del genere.
19      Il giudice del rinvio spiega che, malgrado l’omessa adozione, persino illecita, di un piano di azione non violi, secondo l’ordinamento nazionale, i diritti del ricorrente nella causa principale, quest’ultimo non è sprovvisto di strumenti per far rispettare la normativa. Infatti, la tutela contro gli effetti nocivi delle particelle fini PM10 dovrebbe essere garantita con misure indipendenti da un piano del genere, di cui gli interessati hanno il diritto di pretendere la realizzazione da parte delle autorità competenti. In questo modo sarebbe garantita una protezione effettiva, in condizioni equivalenti a quelle risultanti dalla formulazione di un piano di azione.
20      Il Bundesverwaltungsgericht riconosce tuttavia che una parte della dottrina trae conclusioni differenti dalle disposizioni comunitarie in questione, secondo le quali i terzi interessati avrebbero il diritto alla predisposizione di un piano di azione; tale tesi parrebbe confermata dalla sentenza 30 maggio 1991, causa C‑59/89, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑2607).
21      Alla luce di ciò, il Bundesverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se l’art. 7, n. 3, della direttiva (…) 96/62(…), sia da interpretare nel senso che ad un terzo, che abbia subito danni alla salute, viene conferito un diritto soggettivo all’adozione di un piano d’azione anche allorquando, indipendentemente dal piano d’azione, lo stesso è in grado di far valere il suo diritto alla difesa contro gli effetti nocivi per la salute dovuti al superamento del valore massimo di emissione fissato per le particelle di polveri fini PM10, agendo in giudizio per ottenere l’intervento delle autorità competenti.
2)      Qualora la prima questione debba essere risolta in senso affermativo: se un terzo, esposto agli effetti nocivi per la salute prodotti dalle particelle di polveri fini PM10, abbia diritto all’adozione di detto piano d’azione recante misure da applicare a breve termine, atte a garantire la stretta osservanza del valore massimo di emissione fissato per le particelle di polveri fini PM10.
3)      Qualora la seconda questione debba essere risolta in senso negativo: in che misura, grazie ai provvedimenti definiti nel piano d’azione, il rischio di superamento del valore massimo debba essere ridotto e la sua durata circoscritta. Se il piano d’azione possa limitarsi, alla stregua di un programma graduale, a misure che, pur non garantendo il rispetto del valore massimo, contribuiscano ciò nondimeno al miglioramento a breve termine della qualità dell’aria».
 Sulle questioni pregiudiziali
 Osservazioni presentate alla Corte
22      Il ricorrente nella causa principale asserisce che, in tutti i casi in cui l’inosservanza, da parte delle autorità nazionali, delle disposizioni di una direttiva diretta a proteggere la sanità pubblica possa mettere a rischio la salute delle persone, queste ultime devono poter invocare le norme di ordine pubblico che esse contengono [v., per quanto riguarda la direttiva del Consiglio 15 luglio 1980, 80/779/CEE, relativa ai valori limite e ai valori guida di qualità dell’aria per l’anidride solforosa e le particelle in sospensione (GU L 229, pag. 30), sentenza 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2567, punto 16, e, per quanto concerne le direttive del Consiglio 16 giugno 1975, 75/440/CEE, concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (GU L 194, pag. 26) e 9 ottobre 1979, 79/869/CEE, relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (GU L 271, pag. 44) sentenza 17 ottobre 1991, causa C‑58/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑4983, punto 14].
23      Poiché ritiene che la direttiva 96/62 miri a proteggere la salute umana, il ricorrente nella causa principale sostiene che l’art. 7, n. 3, della detta direttiva costituisce una norma di ordine pubblico, la quale impone la predisposizione di un piano di azione una volta che esista anche solo il semplice rischio di superamento di un valore massimo. L’obbligo di predisporre un piano del genere in tale ipotesi, la cui esistenza è pacifica nella controversia principale, costituirebbe di conseguenza una norma di cui egli potrebbe valersi, in base alla giurisprudenza citata nel punto precedente della presente motivazione.
24      Per quanto concerne il contenuto del piano di azione, il ricorrente nella causa principale sostiene che esso deve prevedere tutte le misure idonee affinché il periodo di superamento dei valori massimi sia il più breve possibile. Ciò si ricaverebbe in particolare dall’economia dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, il quale indica chiaramente che i piani di azione devono essere redatti una volta che esista anche solo il semplice rischio di superamento di questi valori, e dell’art. 8, n. 3, della medesima direttiva, secondo il quale, quando i valori massimi sono già superati, gli Stati membri devono adottare misure per elaborare o porre in esecuzione un piano o un programma, che consenta di raggiungere il valore massimo entro il termine stabilito.
25      Il governo olandese sostiene che l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 non conferisce ai terzi un diritto soggettivo alla predisposizione di un piano di azione. Gli Stati membri disporrebbero di un’ampia discrezionalità tanto per l’adozione dei piani di azione, quanto per la determinazione dei loro contenuti.
26      Dalla medesima disposizione si ricaverebbe che il legislatore comunitario ha inteso lasciare agli Stati membri il potere di porre in esecuzione un piano di azione e di adottare le misure accessorie, che essi giudichino necessarie e adeguate per raggiungere il risultato programmato.
27      Di conseguenza, l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 non imporrebbe agli Stati membri nessun obbligo di risultato. L’ampia discrezionalità di cui disporrebbero consentirebbe loro di ponderare diversi interessi e di adottare provvedimenti concreti, i quali tengano conto tanto dell’osservanza dei valori massimi quanto di altri interessi ed obblighi, quali la libera circolazione all’interno dell’Unione europea.
28      Pertanto, gli Stati membri sarebbero obbligati unicamente a porre in esecuzione piani di azione, i quali indichino le misure da adottare a breve termine per ridurre il rischio di superamento dei detti valori o limitarne la durata.
29      Il governo austriaco ricorda che la Corte ha dichiarato che le disposizioni del diritto comunitario, che stabiliscono valori massimi al fine di tutelare la salute umana, conferiscono parimenti agli interessati un diritto all’osservanza di questi valori, che essi possono far valere in giudizio (sentenza 30 maggio 1991, causa C‑59/89, Commissione/Germania, cit.).
30      Questo governo ritiene tuttavia che, sebbene l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 possa ritenersi direttamente efficace, da ciò non deriva che questa disposizione stabilisca, a vantaggio dei soggetti dell’ordinamento, un diritto soggettivo alla predisposizione di piani di azione, dal momento che, a suo parere, essa mira unicamente all’adozione di misure in grado di contribuire a garantire l’osservanza dei valori massimi nel quadro dei programmi nazionali.
31      La Commissione asserisce che dalla lettera della direttiva 96/62, in particolare dal combinato disposto degli artt. 7, n. 3, e 2, punto 5, nonché dal dodicesimo ‘considerando’ di quest’ultima, si ricava che la fissazione dei valori massimi per le particelle fini PM10 mira alla tutela della salute umana. Ebbene, la Corte avrebbe dichiarato, con riferimento a disposizioni analoghe, che, in tutti i casi in cui il superamento dei valori massimi possa mettere a rischio la salute delle persone, queste ultime potevano invocare tali norme al fine di affermare i loro diritti (citate sentenze 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, punto 16, e causa C‑59/89, Commissione/Germania, punto 19, nonché 17 ottobre 1991, Commissione/Germania, punto 14).
32      I principi fissati in tali sentenze si applicherebbero ai piani di azione di cui alla direttiva 96/62. Pertanto, l’autorità competente sarebbe obbligata a predisporre piani del genere quando le condizioni stabilite da questa direttiva sono soddisfatte. Ne discenderebbe che un terzo interessato dal superamento di valori massimi potrebbe invocare il suo diritto a che venga predisposto un piano di azione, necessario per raggiungere l’obiettivo relativo a questi valori massimi fissato dalla detta direttiva.
33      Per quanto concerne il contenuto dei piani di azione, la Commissione basa la sua risposta sui termini dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, secondo i quali questi piani di azione devono prevedere misure «da adottare a breve termine (…) al fine di ridurre il rischio [di un superamento] e di limitarne la durata». Essa ritiene che l’autorità competente disponga di un potere discrezionale per adottare le misure che le sembrino più adeguate, a condizione che queste ultime siano concepite alla luce di quanto sia effettivamente possibile e giuridicamente adeguato realizzare, in modo da consentire un ritorno, nel più breve tempo possibile, a livelli inferiori ai valori massimi stabiliti.
 Risposta della Corte
 Per quanto concerne la predisposizione dei piani di azione
34      Con la sua prima questione, il Bundesverwaltungsgericht chiede se un soggetto dell’ordinamento possa pretendere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione nell’ipotesi, prevista dall’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, di un rischio di superamento dei valori massimi o delle soglie di allarme.
35      Questa disposizione impone agli Stati membri un chiaro obbligo di predisporre piani di azione sia in caso di rischio di superamento dei valori massimi, sia in caso di rischio di superamento delle soglie di allarme. Questa interpretazione, che deriva dalla semplice lettura dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, è confermata del resto dal dodicesimo ‘considerando’ di quest’ultima. Quanto enunciato in merito ai valori massimi vale a fortiori per quanto riguarda le soglie di allarme relativamente alle quali, del resto, l’art. 2 di questa stessa direttiva, il quale definisce le varie nozioni impiegate in quest’ultima, dispone che gli Stati membri «devono immediatamente intervenire a norma della presente direttiva».
36      Inoltre, in forza di una giurisprudenza consolidata della Corte, i soggetti dell’ordinamento possono far valere nei confronti delle autorità pubbliche disposizioni categoriche e sufficientemente precise di una direttiva (v., in tal senso, sentenza 5 aprile 1979, causa 148/78, Ratti, Racc. pag. 1629, punto 20). È compito delle autorità e dei giudici nazionali interpretare le disposizioni dell’ordinamento nazionale in un senso che sia compatibile, nella maggiore misura possibile, con gli obiettivi di questa direttiva (v., in tal senso, sentenza 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing, Racc. pag. I‑4135, punto 8). Qualora non sia possibile formulare un’interpretazione del genere, è loro compito disapplicare le norme dell’ordinamento nazionale incompatibili con la detta direttiva.
37      Come ha ricordato più volte la Corte, è incompatibile con il carattere vincolante che l’art. 249 CE riconosce alla direttiva escludere, in linea di principio, che l’obbligo che essa impone possa essere invocato dagli interessati. Questa considerazione vale in modo particolare per una direttiva, il cui scopo è quello di controllare nonché ridurre l’inquinamento atmosferico e che mira, di conseguenza, a tutelare la sanità pubblica.
38      Per tali ragioni la Corte ha dichiarato che, in tutti i casi in cui l’inosservanza dei provvedimenti imposti dalle direttive relative alla qualità dell’aria e a quella dell’acqua potabile, e che mirano a tutelare la sanità pubblica, possa mettere in pericolo la salute delle persone, queste ultime devono poter invocare le norme di ordine pubblico che esse contengono (v. citate sentenze 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, e causa C‑59/89, Commissione/Germania, nonché 17 ottobre 1991, Commissione/Germania).
39      Da quanto sin qui esposto deriva che le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate da un rischio di superamento di valori massimi o di soglie di allarme devono poter ottenere dalle autorità competenti, eventualmente adendo i giudici competenti, la predisposizione di un piano di azione una volta che esista un rischio del genere.
40      La circostanza che queste persone dispongano di altre procedure, in particolare del potere di pretendere dalle competenti autorità l’adozione di misure concrete per ridurre l’inquinamento, come previsto dall’ordinamento tedesco, in base a quanto indicato dal giudice del rinvio, è irrilevante a tal riguardo.
41      Infatti, da un lato, la direttiva 96/62 non contiene nessuna riserva relativa a provvedimenti che possano essere adottati in forza di altre disposizioni dell’ordinamento nazionale; dall’altro, essa istituisce una procedura del tutto specifica di pianificazione che mira, come enunciato dal suo dodicesimo ‘considerando’, alla tutela dell’ambiente «nel suo complesso», tenendo conto dell’insieme degli elementi da prendere in considerazione quali, in particolare, le esigenze collegate al funzionamento degli impianti industriali o agli spostamenti.
42      Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 dev’essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell’ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell’ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l’inquinamento atmosferico.
 Per quanto concerne il contenuto dei piani di azione
43      Con le sue questioni seconda e terza, il Bundesverwaltungsgericht chiede se le competenti autorità nazionali abbiano l’obbligo di adottare misure le quali, a breve termine, consentano di raggiungere il valore massimo o se le stesse possano limitarsi ad adottare quelle che consentano di ridurre l’entità del superamento nonché di limitarne la durata e che siano tali, di conseguenza, da consentire un miglioramento progressivo della situazione.
44      Ai sensi dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, i piani di azione devono contenere le misure «da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie di allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata». Dalla lettera stessa risulta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adottare misure tali da scongiurare qualsiasi superamento.
45      Al contrario, dall’economia della detta direttiva, la quale mira a una riduzione integrata dell’inquinamento, si ricava che spetta agli Stati membri adottare misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento e la sua durata, tenendo conto di tutte le circostanze presenti e degli interessi in gioco.
46      In questa prospettiva occorre rilevare che, sebbene gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale, l’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 fissa alcuni limiti all’esercizio di quest’ultimo, i quali possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali (v., in tal senso, sentenza 24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I‑5403, punto 59), in relazione al carattere adeguato delle misure che il piano di azione deve contenere nei confronti dell’obiettivo di riduzione del rischio di superamento e di limitazione della sua durata, in considerazione dell’equilibrio che occorre garantire tra tale obiettivo e i diversi interessi pubblici e privati in gioco.
47      Di conseguenza, occorre risolvere le questioni seconda e terza dichiarando che gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell’insieme degli interessi in gioco.
 Sulle spese
48      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
1)      L’art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, dev’essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell’ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell’ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l’inquinamento atmosferico.
2)      Gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell’insieme degli interessi in gioco.
Firme

 
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A CURA DEL COMITATO Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femmine
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DELLA QUESTIONE ECOLOGICO-AMBIENTALE
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ESPLOSIONE POWER FORMER 500

Siracusa, perito del tribunale avvicina vertici dell'Isab per sistemare la perizia: arrestato

E' finito ai domiciliari Alberto Geraci di 69 anni, professore alla Facoltà di ingegneria dell’Università di Catania in pensione dal 2015, residente ad Aci Castello
Nella giornata di ieri 23 febbraio, i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Siracusa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misura cautelare agli arresti domiciliari emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Messina, nei confronti di Alberto Geraci di 69 anni, professore alla Facoltà di ingegneria presso l’Università di Catania in quiescenza dall’inizio del 2015, residente ad Aci castello.
L’indagine, denominata “Stige”, consentiva di accertare la responsabilità di Geraci il quale, nominato componente del collegio di consulenti tecnici individuati quali C.T.U. dalla Procura della Repubblica di Siracusa con l’incarico di procedere all’accertamento delle cause di esplosione di un impianto dello stabilimento ISAB di Priolo Gargallo verificatasi in data 26.02.2014, in cui un violento incendio interessava un impianto di raffinazione senza fortunatamente provocare feriti, avvicinava i vertici dell’azienda ai quali proponeva di nominare, quali difensore e consulente dell’ISAB per la vicenda, soggetti a lui vicini, in cambio di una perizia favorevole che avrebbe permesso allo stabilimento di non fermare la produzione. A seguito dell’incidente di un anno fa nello stabilimento di “Isab Sud” dove intervenivano anche i Carabinieri della locale Stazione, la Procura della Repubblica di Siracusa disponeva il sequestro dell’impianto “Power Former 500” per la lavorazione delle benzine.
24 FEBBRAIO 2015

BONIFICHE AMIANTO, IL GOVERNO STANZIA 135 MLN DI EURO IN 3 ANNI
di Rosario Battiato

Il ministero dell’Ambiente ha diffuso il decreto che ripartisce le risorse previste nella legge di Stabilità. Fondi per Biancavilla: il centro etneo percepirà 12 milioni nel triennio considerato

PALERMO – C’è anche Biancavilla tra i poli nazionali contaminati dall’amianto e ancora in attesa delle bonifiche a distanza di quasi quindici anni dalla sua istituzione in sito di interesse nazionale. E, infatti, il centro catanese riceverà una porzione dei fondi della Legge di Stabilità individuati da un decreto della Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del ministero dell’Ambiente, così come confermato in una nota dal ministero dell’Ambiente.

Ci sono 135 milioni di euro stanziati come “segnale di solidarietà concreta per le comunità che vivono il dramma amianto – ha spiegato Galletti - e la conferma dell’assunzione di responsabilità dello stato per le bonifiche”. La distribuzione dei fondi premia soprattutto Casale Monferrato con 65 milioni di euro (più altri 19,7 per i due anni successivi), oltre dieci a Bagnoli (cinque all’anno tra 2016 e 2017), più sessanta complessivi per altri siti d’interesse nazionale che saranno tripartiti con 20 milioni all’anno. Complessivamente ci sono 19,2 milioni per Broni in Lombardia, 14 milioni e 600 mila euro al Piemonte per Balangero, 13 milioni e 600 per Emarese (Val d’Aosta), 12 milioni per il sito di Biancavilla in Sicilia, 568 mila euro al Sin di Bari Fibronit.

“Le Regioni e i comuni interessati – ha scritto il ministero in una nota - erano state invitate a segnalare, entro il 15 gennaio scorso, gli interventi di bonifica di particolare urgenza da proporre a FINANZIAMENTO: le risorse rese disponibili coprono interamente il fabbisogno indicato per i prossimi tre anni”. Galletti ha sottolineato che il ministero, quindi lo Stato, vuole prendersi le sue responsabilità “per eliminare tutto il veleno amianto dall’Italia”, un percorso definito “lungo e inevitabilmente minuzioso data la diffusione di questo materiale”.

Una fame di bonifiche che a Biancavilla è particolarmente sentita, anche a fronte dei passati stanziamenti e dei pochi risultati ottenuti. Una stima di Federambiente e Legambiente ha calcolato che tra i fondi passati per l’Isola ci sono stati anche 20 milioni di euro per Biancavilla, il più piccolo sin isolano noto per la presenza della fluoro-edenite, un materiale assai simile all’amianto per le patologie correlate che provocano l’esposizione. Una cifra probabilmente non adeguata visto che il sin etneo, istituto con dm 468/01 per 330 ettari a terra, attualmente (dati Arpa) ha appena un’area sottoposta all’indagine di caratterizzazione e un progetto definitivo approvato. L’ultimo dossier del ministero dell’Ambiente sulla bonifica dei siti, aggiornato allo scorso giugno, ha confermato lo stato fallimentare apponendo un eloquente zero nella casella sulle “aree non contaminate”.

Il problema, tuttavia, è assai più complesso, soprattutto in Sicilia. Nove mesi fa è stata approvata la legge del 29 aprile 2014 n. 10 “Norme per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto”, ma ad oggi nessun atto concreto, se escludiamo la nomina in ritardo dei primi componenti dell’Ufficio amianto del 21 novembre del 2014, è stato compiuto per avviare il processo di mappatura del territorio regionale. In quell’occasione erano stati stanziati 22 milioni di euro per avviare una prima fase di censimento per un materiale che in Italia è fuorilegge dal 1992.
Articolo pubblicato il 21 febbraio 2015
Aria, Sicilia tra infrazione e superamenti
di Rosario Battiato

Rapporto Mal'aria 2015 di Legambiente: Palermo e Siracusa tra i primi 20 capoluoghi urbani per i valori di PM10. L’Isola è tra le regioni italiane in procedura a causa della cattiva applicazione della direttiva Ue

PALERMO – Nel tumultuoso torrente dei problemi siciliani, c'è una corrente sotterranea eppure vivace, problematica, sebbene spesso ignorata. A farci da promemoria ci ha pensato Legambiente, l'associazione ambientalista che, nel suo rapporto Mal'aria 2015 pubblicato lo scorso 30 gennaio, ha ripreso gli ultimi dati sull'inquinamento atmosferico nelle prime settimane di quest'anno, realizzando, inoltre, una ricognizione dei superamenti registrati negli anni passati.

Nel primo mese dell'anno ci sono già 32 capoluoghi che hanno fatto registrare oltre 10 giorni di superamento della soglia massima giornaliera consentita di PM10 e in 14 si è registrato un superamento un giorno su due. Tra queste città non figurano siciliane, mentre si rintracciano tutti i principali centri urbani dell’area padana e alcune grandi città del centro sud, come Roma (12 giorni di superamento) e Napoli (11). 

Dati che non possono farci tirare un sospiro di sollievo. Nel 2014, infatti, sono stati monitorati 88 capoluoghi di provincia (per la Sicilia, ad eccezione di Catania e Palermo, non è stato possibile risalire ai dati aggiornati a fine 2014) e ben 33 centraline urbane in tutta Italia hanno evidenziato superamenti della soglia del limite di polveri sottili consentite in un anno. Il dlgs 155/2010 prevede, infatti, un numero massimo di 35 giorni/anno con concentrazioni superiori a 50 μg/m3. Le siciliane in classifica sono ben due: Palermo (Di Blasi) con 65 superamenti che viene piazzata al dodicesimo posto nazionale e Siracusa (viale Teracati) con 57 superamenti e diciassettesima piazza.

Altri risultati negativi si sono registrati nel 2013 per un inquinante come il biossido di azoto (NO2), per il quale il dlgs 155 del 2010 ha fissato una concentrazione annua massima di 40 μg/m3 e un valore medio orario di 200 μg/m3 che non deve essere superato per più di 18 giorni all’anno. Le prima delle siciliane fuorilegge è Messina al quinto posto nazionale (media di 47,1), seguita da Palermo (media di 45,4).

Anche per l'ozono troposferico (O3) ci sono i limiti previsti dalla normativa (D.Lgs. 155 del 2010), che consentono un massimo di 25 giorni di superamento della soglia giornaliera pari a 120 μg/m3 mediata su otto ore. Al venticinquesimo posto, davanti a città come Milano e Roma, si piazza Siracusa (48 giorni di superamento) che resta l'unica siciliana nella classifica dei fuorilegge.

I pericoli non si fermano qui. In attesa dell'aggiornamento del piano dell'aria della Regione, un altro dei grandi ritardi registrati dalla giunta Crocetta, sull'Isola pende una procedura d'infrazione a causa della cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente – Superamento dei valori limite di PM10 in Italia. Nel mirino dell'Ue ci sono 19 zone e agglomerati suddivisi in 10 regioni italiane distribuite da nord a sud (ci sono anche Veneto, Lombardia, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Molise, Campania e Umbria) e porteranno, se l’Italia non riuscirà a porre rimedio, “a una condanna – scrivono gli esperti dell'associazione ambientalista - con conseguenti sanzioni, come già avvenuto nel 2012”. Quell'anno, infatti, l'Italia era stata condannata relativamente ai superamenti di PM10 per il periodo 2006-2007 in 55 diverse zone ed agglomerati italiani. “Il dato più scoraggiante e preoccupante in merito alla nuova procedura di infrazione – si continua a legge sul rapporto - è che 13 delle 55 aree già condannate hanno continuato a superare costantemente i limiti per il PM10 anche nel periodo 2008-2012 e si ritrovano per questo di nuovo sotto indagine, insieme ad altre 6 nuove zone”.
Articolo pubblicato il 18 febbraio 2015

REVISIONE AIA ALLE IMPRESE DI PRIOLO, SONO TRE LE RICHIESTE DEGLI ENTI LOCALI
di Giuseppe Solarino

Per la prima volta il Comune di Siracusa presente alla conferenza dei servizi del ministero dell’Ambiente. “Bolla unica per impianti Isab, revisione per un altro, eliminare le molestie olfattive”
SIRACUSA - Si è svolta presso il ministero dell’Ambiente una conferenza dei servizi avente come ordine del giorno la revisione delle concessioni Aia (Autorizzazione integrata ambientale) alle aziende Esso, Isab, Isab Energy, rilasciate nel 2011 e nel 2012. Per la prima volta, con diritto di voto, vi ha preso parte anche il Comune di Siracusa. L’Ente è stato rappresentato dall’assessore Pietro Coppa, accompagnato dall’esperto del sindaco per la qualità dell’aria, Giuseppe Raimondo. All’incontro, presieduto da Giuseppe Lo Presti (presidente commissione Aia), erano presenti anche i rappresentanti ministeriali, della Regione, dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale), delle aziende, dei Comuni di Melilli e Priolo Gargallo.

Le Amministrazioni comunali hanno richiesto un sistema di bolla unica per i differenti impianti di Isab Nord e Isab Sud, e la revisione nel calcolo di bolla del contributo del turbogas negli impianti dell'Isab Energy e, infine, la questione delle concentrazioni di benzene e di NMHC (idrocarburi non metanici), in quanto si devono eliminare definitivamente le molestie olfattive percepite quasi quotidianamente dalle popolazioni residenti. Una decisione definitiva su tutte queste richieste verrà presa nella conferenza dei servizi che si terrà entro il mese di febbraio. In quell’occasione, le aziende dovranno presentare le loro osservazioni che saranno vagliate dalla stessa commissione Aia.

La revisione del rilascio dell'Aia, che dura 5 anni, prima della naturale scadenza venne chiesta dal Comune di Melilli, in seguito alla nube tossica di idrogeno solforato che si registrò nel novembre 2013. Per quel fenomeno inquinante, l'Arpa specificò che "dai dati di monitoraggio, con particolare riguardo all'area siracusana, emerge la necessità di integrare i decreti di autorizzazione perché, si evince, che sarebbero mancanti in passaggi chiave per la salvaguardia della salute pubblica". Insomma, per l'Arpa, servivano prescrizioni più rigide.

Le aziende che avevano impugnato il provvedimento di revisione Aia al Tar, però, hanno mostrato uno spirito collaborativo e quindi sono pronte, nei tempi dovuti, ad eseguire le prescrizioni che, eventualmente, saranno impartite nella conferenza decisoria dei servizi. Queste le prescrizioni che le aziende dovranno mettere in atto, alcune delle quali sono state già realizzate, come l’installazione di sistemi di videosorveglianza con possibilità di registrazione e archiviazione delle immagini, per periodi non inferiori a 3 mesi, al fine di verificare la combustione dei gas di torcia.

E ancora, l'installazione di sistemi termografici per il rilevamento del corretto funzionamento della fiamma pilota e, dove non esistenti, di sensori con attivazione di allarme acustico in sala di controllo in caso di spegnimento della stessa; dotare di idonee coperture le vasche degli impianti di trattamento degli effluenti liquidi e installare, contestualmente, sistemi di captazione e successivo convogliamento ad impianto di abbattimento dei vapori liberati; dotare di analizzatore in continuo per l'idrogeno solforato le condotte dei fumi in uscita dagli impianti di recupero zolfo.

L’assessore Coppa, alla fine della conferenza, ha dichiarato che “il diritto riconosciuto al Comune di Siracusa, di partecipare a pieno titolo al procedimento di riesame, ci ha consentito di portare all’attenzione del ministero e della commissione istruttoria alcuni elementi che riteniamo essenziali per un corretto svolgimento del procedimento di riesame dell’Aia, invero la revisione del sistema di bolla unica per i differenti impianti di Isab – impianti Nord e Sud, la revisione nel calcolo di bolla del contributo del turbogas (E22 impianto 2000A) ed infine la questione delle concentrazioni significative di benzene e NMHC che indicano la necessità di intervenire per eliminare definitivamente le molestie olfattive”.
28 GENNAIO 2015

Bonifiche dei siti inquinati, spesi soltanto gli spiccioli
di Rosario Battiato

In Sicilia previsto oltre un miliardo per ripulire i siti inquinati, spesi soltanto gli spiccioli e le aree sono ancora contaminate. A fine dicembre l’accusa di associazioni e M5S, nei giorni scorsi la denuncia del ministro Galletti

PALERMO – Nei giorni scorsi la versione online del Corriere della Sera, edizione di Brescia, ha elencato il quadro dei fondi stanziati per le bonifiche nei vari siti italiani, lamentando la poca disponibilità accordata ad alcuni siti lombardi per avviare le operazioni di ripristino dei luoghi.

Non è molto diversa la situazione siciliana che, a fronte di un FINANZIAMENTO complessivo da circa un miliardo per i quattro siti di interesse nazionale isolani (308 milioni quelli effettivi), si trova ancora all’anno zero anche per i ritardi dovuti alla macchina burocratica regionale.

Incrociando i dati del ministero dell’Ambiente con quelli di Federambiente e Legambiente scopriamo che in Sicilia sono stati stanziati centinaia di milioni di euro di fondi statali nel corso degli anni: 774 per Priolo, anche se poi soltanto 106 milioni erano nell’immediata disponibilità di spesa, 127 per Gela, 55 per Milazzo e 20 per Biancavilla. Sulla carta la Sicilia sarebbe una delle regioni più finanziate d’Italia, peccato che in realtà lo stato reale delle bonifiche sia ancora all’anno zero.

L’ultimo quadro è stato realizzato dai tecnici dell’Arpa Sicilia nell’ultimo annuario dei dati ambientali della fine dello scorso anno. Lo stato di avanzamento delle attività negli interventi di bonifica relativi all’anno 2013 per aree (un’analisi che però non distingue tra inquinamento del suolo e delle acque) vede Gela, Sin istituito con legge 426/98 per una perimetrazione da 4.563 ettari a mare e 795 a terra, con 6 piani di caratterizzazione approvati, 20 indagini di caratterizzazione, 2 progetti definitivi approvati e 25 bonifiche completate; Priolo, sito che lo stesso riferimento normativo del centro nisseno per oltre 10mila ettari a mare e 5.815 ettari a terra di perimetro, con 6 piani di caratterizzazione approvati, 12 indagini di caratterizzazione, 20 progetti definitivi approvati e zero bonifiche completate; Biancavilla, istituto con dm 468/01 per 330 ettari a terra, con un’area sottoposta all’indagine di caratterizzazione e un progetto definitivo approvato, e quindi Milazzo, istituito con la legge 266/05 per 2.190 ettari a mare e 549 ettari a terra, con 20 piani di caratterizzazione approvati, 14 indagini di caratterizzazione e 6 progetti definitivi approvati. 

Che fine hanno fatto questi fondi? Alla fine di dicembre un rapporto redatto da diverse associazioni, con l’unica firma politica del M5S, ha calcolato in oltre 70 milioni di euro il buco dei fondi stanziati e scomparsi per Siracusa, Gela e la Valle del Mela. 

Del sito aretuseo, in particolare, hanno parlato il sottosegretario Silvia Velo, verso la metà di dicembre, e il ministro Gian Luca Galletti, la scorsa settimana.Il riferimento corre all’accordo di programma quadro del 2008 (Interventi di riqualificazione ambientali funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel sito di interesse nazionale di Priolo), integrato successivamente nel 2009, che aveva previsto un fabbisogno finanziario da 774 milioni di euro di cui 106 milioni coperti con risorse immediatamente disponibili.

Ad oggi, dati del ministero, risultano spesi circa 3,7 milioni di euro mentre resta ancora congelato l’aggiornamento di quel protocollo che è stato definito come accordo di programma quadro “rafforzato” che prevede uno stanziamento da 82 milioni di euro, che però restano congelati in attesa che la Regione fornisca “il testo di accordo con le schede intervento richieste dal ministero dell’Ambiente e dal ministero dello Sviluppo economico”. A Roma aspettano ormai da diversi mesi.
Articolo pubblicato il 20 gennaio 2015


SIRACUSA - QUALITÀ DELL’ARIA, LA PROCURA CONTINUA A INDAGARE
di Redazione

Coinvolti dei consulenti per analizzare i numerosi documenti acquisiti

SIRACUSA - Prosegue l’inchiesta della Procura della Repubblica di Siracusa sulla qualità dell’aria della zona industriale, già avviata da qualche mese dopo numerose denunce e segnalazioni da parte di associazioni e semplici cittadini e residenti della zona.

I magistrati, come spiegato dallo stesso procuratore capo Francesco Paolo Giordano, “stanno passando al setaccio tutti i dati e documenti acquisiti dalla Polizia giudiziaria in alcune aziende del Petrolchimico, la Provincia di Siracusa, l’assessorato regionale Territorio e Ambiente e gli uffici del REGISTRO tumori di Siracusa”.

Nell’ambito dell’inchiesta la Procura ha anche dato incarico ad alcuni consulenti tecnici di analizzare la rilevante mole di documentazione acquisita.

Il procuratore Francesco Paolao Giordano, titolare del fascicolo, ha provveduto personalmente ad ascoltare dirigenti della Provincia e dell’Arpa e a breve attende al Palazzo di giustizia funzionari della Regione e del Ministero.

Come sottolineato dagli investigatori, inoltre, “la Polizia giudiziaria del Nictas dall’avvio delle indagini monitora, direttamente dagli uffici della Procura, i dati provenienti dalle centraline dislocate sul territorio, grazie all’accesso diretto al sito Ecomanager”.
“Ciò consente – come si legge in una nota della Procura della Repubblica del capoluogo aretuseo - non soltanto di verificare in tempo reale tutti i valori registrati, ma anche di analizzare tutti quelli degli anni passati”.
15 GENNAIO 2015

IL FUTURO DELL’ENI A GELA SE CROCETTA DÀ AUTORIZZAZIONI
di Rosario Battiato

Descalzi ha deciso di virare sulla produzione, ma il governatore può fare leva sugli accordi di giugno. Salvare la raffineria condizione necessaria per ottenere lo snellimento dei permessi

PALERMO – A Gela i sindacalisti affilano le armi in attesa della ripresa degli incontri con l'Eni previsti per il prossimo settembre. E non sarà facile raggiungere l'obiettivo perché il piano del colosso energetico italiano è preciso e Claudio Descalzi, da maggio l'uomo al comando voluto da Renzi in quanto erede legittimo e continuatore della politica di Paolo Scaroni, ha già messo le carte in tavola: l'Eni punterà sulla ricerca petrolifera e ridurrà sensibilmente le partecipazioni nella raffinazione. Un messaggio chiaro e tondo, anzi una vera e propria cesura rispetto alla tradizione di una delle più importanti AZIENDE DI Stato italiane, che in Sicilia dovrà scontrarsi con tutta la forza d'impatto di un settore che complessivamente offre lavoro a circa 10mila addetti (non tutti dell'Eni).

L'analisi completa del futuro secondo l'Eni l'ha fatta ieri la versione online dell'Espresso in un articolo di Stefano Vergine, che ha ricordato come lo scorso 31 luglio, davanti agli analisti arrivati a Londra per l'annuncio del piano triennale, Descalzi avesse annunciato una chiara virata nelle operazioni FUTURE della società. Il dirigente meneghino pare infatti deciso a tagliare definitivamente i rami secchi e ha dei modelli in testa che si chiamano, ad esempio, British Petroleum, ovvero ricerca petrolifera ed estrazione. Produzione di idrocarburi. La raffinazione è ormai una scommessa persa e un affare in perdita. 

 L'inversione di rotta dell'Eni, l'aveva prevista e denunciata Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli. “In Europa le raffinerie ristrutturano, - ha spiegato - in Italia chiudono: queste sono barzellette. Il nuovo managment dell'Eni ci dia delle spiegazioni sulle politiche industriali del Gruppo, altrimenti rischiamo il FALLIMENTO del 60% delle aziende che lavorano nell'indotto di raffinazione”. 
In questo quadro abbastanza inquietante che lascia intendere poco spazio di manovra per la trattativa su Gela – nonostante gli accordi di fine luglio avessero soddisfatto i sindacati nell'ottica di un ripristino del piano del 2013 (quando c'era ancora Scaroni) con annesso INVESTIMENTO da 700 milioni di euro e avvio della linea 1 della Raffineria – si agganciano gli accordi dello scorso giugno (su queste pagine ne abbiamo parlato abbondantemente) quando la sete di petrolio dell'Eni aveva partorito un protocollo con la Regione siciliana per rilanciare le estrazioni in terra e in mare.
 
Tuttavia bisogna fare attenzione alle date. L'accordo del 4 giugno con Assomineraria, che aveva scatenato un putiferio su Crocetta da parte di ambientalisti e comitati locali per il piano di potenziamento di attività petrolifere in cambio di INVESTIMENTI e occupazione, è avvenuto prima dell'annuncio shock di Eni di chiudere la Raffineria di Gela. I fatti di luglio hanno poi visto il governatore prodursi in tonanti dichiarazioni contro l'Eni, facendo intendere che senza Raffineria le promesse di bucherellare ancora l'Isola possono considerarsi carta straccia. Certo che estrarre è un vero affare, soprattutto con le nostre convenienti royalties e una legislazione assai tenera con i petrolieri, mentre per raffinare servono impianti all'altezza della competizione internazionale. Una sfida tra la fermezza e la capacità di contrattazione di Crocetta e la forza dell'Eni. Stando così le cose non dovrebbe esserci partita.
Articolo pubblicato il 28 agosto 2014


Accelerazione sulle bonifiche, qualcosa si muove anche in Sicilia
di Redazione

Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti: “Risultati dagli iter più veloci nelle attività istruttorie”. Completata caratterizzazione per Gela e Biancavilla, ok al 13% del progetto di Priolo

ROMA- Nei primi sette mesi del 2014 il ministero dell'Ambiente ha accelerato e impresso una marcia sostenuta alle attività istruttorie per la bonifica dei Siti di INTERESSE Nazionale, tenendo quasi una conferenza dei servizi al giorno e predisponendo 62 decreti per 600 ettari, oltre il doppio rispetto all'intero 2013. è quanto rileva una nota del ministero dell'Ambiente, precisando che dall'1 gennaio all'1 agosto di quest'anno "sono stati predisposti 51 decreti di approvazione, 8 di autorizzazione di avvio dei lavori, tre di approvazione dei progetti di dragaggio. Oltre il doppio, dunque, rispetto ai 26 decreti dell'intero 2013". E ancora più significativo, secondo il ministero, è il confronto dal 2000 ad oggi: in questi primi sette mesi, infatti, è stato predisposto il 23% della totalità dei decreti dell'intero periodo.

"Sulla sicurezza ambientale, che vuol dire salute per i cittadini e difesa del nostro territorio - spiega il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti nella nota - vogliamo andare veloci e fare bene. Nel decreto-legge 91 abbiamo introdotto una procedura accelerata e facilitata per le bonifiche, nel pieno rispetto degli standard ambientali". Per il ministro Galletti, "C'è bisogno di regole più semplici, e su questo il governo sta mettendo massimo impegno, ma anche di una maggiore collaborazione e RESPONSABILITÀ da parte di tutti i protagonisti del procedimento, visto che non sempre alle decisioni prese corrisponde un incremento delle attività di bonifica, come del numero delle aree risanate e restituite agli usi legittimi". L'attività svolta, continua la nota del ministero dell'Ambiente, ha consentito di completare le caratterizzazioni in alcuni Siti di Interesse Nazionale (Sin), di incrementare le percentuali sia delle aree a terra per le quali sono stati approvati progetti di bonifica sia delle aree liberate e restituite agli usi legittimi. La caratterizzazione è stata completata per i Sin di Manfredonia; Cengio e Saliceto; Massa e Carrara; Balangero; Pieve Vergonte; Sesto San Giovanni; Fidenza; Laguna di Grado e Marano; Cogoleto; Bari Fibronit; Biancavilla; Livorno; Emarese; Broni; Gela e Pioltello - Rodano. 


Sono stati approvati progetti di bonifica per la totalità delle aree di Cengio-Saliceto e Pieve Vergonte; per il 93% di Broni; per il 92% di Fidenza; per il 73% di Bari Fibronit; per il 55% di Venezia- Porto Marghera; per il 47% di Sesto San Giovanni; per il 46% di Trento Nord; per il 40% di Emarese; per il 36% di Pioltello - Rodano; per il 26% di Crotone; per il 24% di Napoli Bagnoli-Coroglio; per il 22% di Massa e Carrara e Cogoleto; per il 16% di Napoli Orientale; per il 15% di Laguna di Grado e Marano eTrieste; per il 13% di Priolo ed, infine, per il 12% di Brescia Caffaro.

Le aree liberate e restituite agli usi legittimi, rileva il ministero, sono circa 4.290 ettari: l'85% delle aree della Val Basento; il 19% di Milazzo; il 18% di Manfredonia; l'11% di Crotone; l'8% di Fidenza; il 7% di Priolo, Taranto e Trieste; il 6% di Sesto San Giovanni; il 5% di Venezia- Porto Marghera; il 4% di Piombino e Porto Torres; il 3% di Laghi di Mantova e il 2% di Laguna di Grado e Marano. 


All'attività istruttoria sulle bonifiche prodotta dal ministero dell'Ambiente, sottolinea infine la nota, va "aggiunta anche quella, altrettanto importante, che ha riguardato la riperimetrazione, su richiesta delle Regioni INTERESSATE, delle aree di 5 Sin: 'Laguna di Grado e Marano', 'Venezia (Porto Marghera)', 'Massa e Carrara';'Livorno' e 'Napoli Bagnoli Coroglio'".
Articolo pubblicato il 20 agosto 2014

PER LE BONIFICHE SERVIRANNO 100 ANNI
di Rosario Battiato

Il ministero dell’Ambiente fornisce il quadro desolante: dal 1998, nei 4 Sin siciliani ripuliti soltanto 500 ettari su 7mila. Miglior risultato conseguito finora a Milazzo, peggiore a Biancavilla e Gela

PALERMO - Non è ancora possibile calcolare una media definitiva dell’avanzamento annuale delle bonifiche dei siti inquinati di Sicilia, ma di certo ci vorrà ancora molto tempo. A Milazzo, che è il più bonificato di tutti, in otto anni hanno provveduto a liberare quasi il 20% dell’intera area, una media di poco più del 2% all’anno. 

All’anno zero, o quasi, sono invece Priolo, Gela e soprattutto Biancavilla che risulta uno dei sin più arretrati a livello nazionale. Facendo una stima tra l’avanzamento record del centro peloritano e l’attuale media registrata negli altri siti industriali di Sicilia si dovrà attendere ancora un secolo per vedere questi luoghi devastati dall’inquinamento completamente risanati e destinati ad attività sostenibili, sempre nella speranza che l’accelerazione impressa dal ministero dell’Ambiente non sia un fuoco di paglia. Fare in fretta è indispensabile, la grande crisi INDUSTRIALE di Sicilia non aspetta più nessuno.
Articolo pubblicato il 27 agosto 2014

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02066 PIANO ARIA REGIONE SICILIA
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 90 del 03/10/2013
Firmatari
Primo firmatario: MANNINO CLAUDIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 03/10/2013
Destinatari
Ministero destinatario:
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 03/10/2013
Stato iter: 
IN CORSO
Fasi iter:
SOLLECITO IL 31/10/2013
SOLLECITO IL 19/11/2013
SOLLECITO IL 20/12/2013
SOLLECITO IL 27/01/2014
SOLLECITO IL 28/02/2014
SOLLECITO IL 24/03/2014
SOLLECITO IL 23/04/2014
SOLLECITO IL 15/05/2014
SOLLECITO IL 05/06/2014
SOLLECITO IL 04/07/2014
SOLLECITO IL 05/08/2014
SOLLECITO IL 15/09/2014
SOLLECITO IL 20/11/2014
SOLLECITO IL 17/12/2014
SOLLECITO IL 15/01/2015
SOLLECITO IL 12/02/2015
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-02066
presentato da
MANNINO Claudia
testo di
Giovedì 3 ottobre 2013, seduta n. 90
MANNINOTERZONIGRILLOPARENTELADE ROSADE LORENZISNUTI e LOREFICE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 è stata data attuazione alla direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa che ha abrogato, a partire dall'11 giugno 2010, le direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69/CE e 2002/3/CE;
con il citato decreto legislativo 155 del 2010 sono state abrogate le norme con le quali l'Italia aveva recepito e dato attuazione alle citate direttive europee – in special modo i decreti legislativi n. 351 del 1999, n. 183 del 2004 e n. 152 del 2007 – stabilendo, all'articolo 19, apposite norme transitorie e prevedendo delle regioni e delle province autonome e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di provvedere al riesame e all'aggiornamento degli atti adottati in base alla normativa previgente;
l'articolo 3 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che per il riesame della zonizzazione del territorio nazionale in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, il progetto di zonizzazione e di classificazione – di competenza delle regioni e delle province autonome – deve essere trasmesso, per l'adozione, al Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare entro i successivi quattro mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, unitamente agli esiti dell'attività di monitoraggio e valutazione, in base ai quali vengono classificati le zone e gli agglomerati;
l'articolo 4 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che la classificazione, in base alla presenza e ai livelli di inquinanti nell'aria ambiente, delle zone e degli agglomerati – di competenza delle regioni e delle province autonome – deve essere riesaminata almeno ogni cinque anni e, comunque, ogni volta che si registrino eventi che incidono sulle concentrazioni nell'aria ambiente degli stessi inquinanti;
l'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare, all'ISPRA e all'ENEA – entro otto mesi dall'entrata in vigore del decreto – un progetto di adeguamento delle reti di misura, in conformità alla zonizzazione e alla classificazione risultanti dal primo riesame previsto dal citato articolo 3, che deve indicare anche la data prevista per l'adeguamento e il programma di valutazione da attuare nelle zone e negli agglomerati individuati;
l'articolo 9 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano per la qualità dell'aria che assicuri il rispetto dei cosiddetti valori limite, quantificati nell'allegato XI dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati gli stessi valori limite vengano superati;
l'articolo 9 ha stabilito l'obbligo a carico delle regioni e delle province autonome di adottare misure che assicurino il raggiungimento – entro il 31 dicembre 2012 – dei cosiddetti valori obiettivo relativi alle diverse sostanze inquinanti, quantificati nell'allegato XIII dello stesso decreto, nel caso in cui si registrino scostamenti rispetto agli stessi valori obiettivo;
l'articolo 9 ha stabilito, altresì, l'obbligo a carico delle regioni e delle province autonome di adottare misure che assicurino il rispetto dei cosiddetti livelli critici relativi alle diverse sostanze inquinanti, quantificati nell'allegato XI dello stesso decreto, nel caso in cui gli stessi livelli critici vengono superati;
in base all'articolo 9 del decreto legislativo 155 del 2010, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, spetta il compito di curare la procedura finalizzata ad ottenere, dalla Commissione europea, le deroghe previste dall'articolo 22 della Direttiva 2008/50/CE relativamente al superamento dei valori limite per il biossido di azoto e per il benzene in determinate zone e agglomerati presenti nel territorio nazionale;
l'articolo 10 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano d'azione che contenga le misure da implementare a breve termine per prevenire il superamento delle cosiddette soglie di allarme, quantificate nell'allegato XII dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati si presenti il rischio che le stesse soglie di allarme vengano superate;
l'articolo 10 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano d'azione che contenga le misure da implementare a breve termine per prevenire il superamento dei cosiddetti valori limite o dei valori obiettivo, quantificati negli allegati XI e XII dello stesso Decreto, rispetto alla concentrazione di sostanze inquinanti nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati si presenti il rischio che gli stessi valori vengano superati, per effetto di specifiche circostanze contingenti che non siano strutturali e ricorrenti;
l'articolo 13 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare un piano – da integrare con i piani di qualità dell'aria di cui all'articolo 9 – che contenga le misure idonee a raggiungere, nei termini previsti, i cosiddetti valori obiettivo, di cui all'allegato XV dello stesso decreto, rispetto alla presenza di ozono nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati, gli stessi valori obiettivo vengano superati;
lo stesso articolo 13 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome, di adottare misure idonee a raggiungere gli obiettivi a lungo termine concernenti la presenza di ozono nell'aria ambiente, nel caso in cui all'interno di una o più aree comprese negli agglomerati o nelle zone classificati, i livelli dell'ozono superano gli stessi obiettivi a lungo termine, pur essendo inferiori o uguali ai cosiddetti valori obiettivo;
l'articolo 14 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che, nel caso in cui i livelli degli inquinanti superino la cosiddetta soglia di informazione o la soglia di allarme, le regioni e le province autonome informano il pubblico e trasmettono informazioni circa i livelli misurati e la durata del superamento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ne da comunicazione alla Commissione;
l'articolo 15 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, da parte delle regioni e delle province autonome, di comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – per l'approvazione e il successivo invio alfa Commissione – l'elenco delle zone e degli agglomerati in cui, relativamente ad un determinato anno, i livelli degli inquinanti superano i rispettivi valori limite o i livelli critici a causa del contributo di fonti naturali, corredato delle informazioni circa i livelli registrati e delle prove del contributo delle stesse fonti naturali;
lo stesso articolo 15 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito l'obbligo, da parte delle regioni e delle province autonome, di comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – per l'approvazione e il successivo invio alla Commissione – l'elenco delle zone e degli agglomerati in cui, i livelli del PM10 superano il rispettivo valore limite per effetto della risospensione del particolato a seguito della sabbiatura o della salatura delle strade nella stagione invernale;
l'articolo 18 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito gli obblighi, a carico di tutti delle amministrazioni e degli enti che applicano lo stesso Decreto, concernenti l'informazione del pubblico prevedendo, tra le altre cose, che i piani per la qualità dell'aria e i piani di azione e un documento riepilogativo delle misure adottate dalle regioni e dalle province autonome in base all'articolo 9 comma 2 e all'articolo 13 comma 2 debbono essere, in tutti i casi, pubblicato su pagina web;
l'articolo 19 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome, per le zone nelle quali si registri dei cosiddetti valori limite, trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:
a) i livelli degli inquinanti superiori ai valori limite che sono stati misurati, le date o i periodi in cui è stato rilevato il superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;
b) i piani per la qualità dell'aria, entro diciotto mesi dalla fine dell'anno durante il quale è stato rilevato il superamento dei valori limite;
c) le modifiche, le integrazioni e gli aggiornamenti dei piani per la qualità dell'aria entro due mesi dalla relativa adozione;
d) gli aggiornamenti dell'elenco delle zone e degli agglomerati nei quali vengono superati i valori limite e per i quali vengono adottati i piani per la qualità dell'aria, e di quelli nei quali i livelli degli inquinanti rispettano i valori limite e i valori obiettivo, per i quali le regioni adottano misure per la preservazione della qualità dell'aria;
per le zone e gli agglomerati nei quali si registra il superamento dei cosiddetti valori obiettivo di cui all'allegato XIII, l'articolo 19 del decreto legislativo 165 del 2010 ha stabilito che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:
a) l'elenco di tali zone e agglomerati, con l'individuazione delle aree di superamento, i livelli di concentrazione degli inquinanti oggetto di valutazione, le informazioni sui motivi dei superamenti, con particolare riferimento alle fonti, e le informazioni sulla popolazione esposta ai superamenti, con cadenza annuale entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello a cui si riferiscono;
b) la documentazione relativa all'istruttoria effettuata al fine di individuare le misure necessarie a perseguire il raggiungimento dei valori obiettivo di cui all'allegato XIII e di individuare, tra le stesse, quelle che non comportano costi sproporzionati nei casi in cui l'istruttoria svolta dalla regione o provincia autonoma ha esito positivo, le misure adottate ai sensi dell'articolo 9, comma 2;
per quel che concerne la presenza dell'ozono, l'articolo 19 del decreto legislativo 155 del 2010 stabilisce che le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare le seguenti informazioni:
a) gli aggiornamenti dell'elenco delle zone e degli agglomerati, per i quali si rende necessario adottare piani per la gestione della, qualità dell'aria rispetto all'ozono, entro 6 mesi dalla fine di ciascun anno;
b) i livelli dell'ozono superiori al valore obiettivo e all'obiettivo a lungo termine che sono stati misurati, le date o i periodi in cui è stato rilevato il Superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;
c) i livelli dell'ozono superiori che hanno superato le soglie di informazioni e di allarme, le date in cui è stato rilevato il superamento, e i motivi di ciascun superamento, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;
d) le informazioni sulla presenza dell'ozono e dei relativi precursori, relative a tutte le zone e gli agglomerati, entro sei mesi dalla fine di ciascun anno;
e) gli atti dell'istruttoria finalizzata ad individuare le misure necessarie ad assicurare il raggiungimento dell'obiettivo a lungo termine, con una cadenza triennale;
lo stesso articolo 19 prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni acquisite dalle regioni e dalle province autonome, in merito al superamento dei valori limite, dei valori obiettivo, della soglia di informazione e della soglia di allarme, ed ai piani per la qualità dell'aria, i piani di azione e le misure adottati per assicurare la qualità dell'aria ambiente;
l'articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che i provvedimenti di zonizzazione e di classificazione, la rete di misura, i piani e le misure di qualità dell'aria – approvati in base alla normativa previgente – devono essere adeguati alle disposizioni dello stesso decreto 155 del 2010, in base alle procedure e secondo i termini fissati, e che, in caso di mancato adeguamento trova applicazione i poteri sostitutivi di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131;
lo stesso articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010 ha stabilito che la reiterata violazione – da parte delle regioni e delle province autonome – degli obblighi di predisporre e di trasmettere informazioni e di adeguare i piani e le misure alle richieste del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, determina la mancata erogazione di finanziamenti previsti all'interno di provvedimenti ministeriali, e che lo stesso Ministero deve provvedere all'inserimento di una clausola analoga anche con riferimento a provvedimenti generali vigenti in materia;
all'interno del portale del Ministero dell'ambiente, nella pagina dedicata alla gestione della qualità dell'aria, è pubblicato il link al Piano regionale di coordinamento per a qualità dell'aria ambiente approvato con decreto assessoriale n. 176/GAB del 9 agosto 2007 dalla regione siciliana;
all'interno della banca dati «Misure di risanamento della qualità dell'aria» pubblicata all'interno del sito dell'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale – che costituisce un archivio delle informazioni trasmesse dalle regioni e dalle province autonome a partire dal 2005 in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa nazionale ed europea in materia di Piani di risanamento della qualità dell'aria – non sono reperibili informazioni concernenti le situazioni di superamento dei livelli stabiliti e le misure di risanamento dell'aria adottate dalla regione Siciliana;
disattendere gli obblighi di comunicazione alla Commissione europea di cui in premessa può costituire circostanza idonea e sufficiente perché si realizzi la violazione del diritti comunitario esponendo così l'Italia ad ulteriori e gravose procedure di infrazione;
come denunciato dall'associazione ambientalista Legambiente Sicilia, sin dal 2007, il Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente approvato con decreto assessoriale n. 176/GAB del 9/8/2007 è il frutto di un lavoro di «copiatura» del Piano regionale del Veneto che era stato approvato in precedenza;
l'operazione di plagio è provata dal fatto che nel testo del Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente della Sicilia si faceva riferimento al sistema aerologico padano, alla rigidità del clima, alla realizzazione di piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi e dei canali presenti all'interno delle città siciliane;
con decreto n. 43/Gab del 12 marzo 2008, l'assessore pro-tempore Interlandi ha provveduto ad eliminare dal testo le parti che risultavano palesemente «copiate» senza provvedere a una revoca integrale del Piano;
a partire dalla fine del 2012, sono pervenute alla competente Regione Siciliana richieste di revoca del Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell'aria ambiente del 2007, da parte di Legambiente, dalla CGIL e dalle associazioni Comitato Cittadino Isola Pulita, AugustAmbiente, Italia Nostra e WWF Palermo;
nel mese di gennaio 2013, il tribunale di Palermo ha depositato le motivazioni della sentenza n.5455 del 2012 con la quale l'allora responsabile del Servizio 3 del dipartimento ambiente, nonché coordinatore del Piano, è stato condannato per diffamazione in relazione alle dichiarazioni rese nei confronti del presidente regionale di legambiente che aveva scoperto e reso pubblica la notizia delle vistose copiature contenute nel pieno regionale del 2007 –:
se risulti che la Regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente del territorio e del mare il progetto di zonizzazione e l'individuazione delle zone e degli se risulta che la Regione Sicilia abbia provveduto avvero stia provvedendo al riesame della classificazione delle zone e degli agglomerati, come previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010;
se risulti che la Regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e dei mare, il progetto di adeguamento delle reti di misura dei livelli degli inquinanti nell'aria ambiente, come previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 155 del 2010;
se, e in quali occasioni, risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informazioni in merito al superamento della soglia di informazione o della soglia di allarme, come stabilito dall'articolo 14 del decreto legislativo 155 del 2012;
se risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'approvazione e il successivo invio alla Commissione, l'elenco delle zone e degli agglomerati nei quali, relativamente ad un determinato anno, i livelli degli inquinanti superano i rispettivi valori limite o i livelli critici a causa del contributo di fonti naturali, e di quelli nei quali i livelli del PM10 superano il rispettivo valore limite per effetto della nuova sospensione del particolato a seguito della sabbiatura o della salatura delle strade nella stagione invernale;
se e quando risulti che la regione Siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le comunicazioni e le informazioni richieste, relativamente alle zone e agli agglomerati nei quali si sia registrato il superamento dei valori limite e dei valori obiettivo degli inquinanti rilevati nell'aria ambiente, e dei valori obiettivo e degli obiettivi di lungo termine relativi all'ozono, come previsto dall'articolo 15 decreto legislativo 155 del 2010;
se e quando abbia provveduto a trasmettere alla Commissione europea le informazioni acquisite dalla regione siciliana in merito al superamento dei valori limite, dei valori obiettivo, della soglia di informazione e della soglia di allarme, ed ai piani per la qualità dell'aria, i piani di azione e le misure adottati per assicurare la qualità dell'aria ambiente;
se qualora tali dati non siano stati trasmessi si sia provveduto a comunicare alla Commissione europea l'impossibilità di trasmissione di detti dati stante la «non collaborazione» della regione Siciliana, o se la Commissione europea abbia sollecitato e/o chiesto informazioni sul mancato invio delle informazioni ambientali relative alla qualità dell'aria siciliana;
quale sia lo stato di avanzamento della procedura finalizzata ad ottenere, dalla Commissione europea, le deroghe previste dall'articolo 22 della Direttiva 2008/50/CE relativamente al superamento dei valori limite per il biossido di azoto e per il benzene in zone e agglomerati presenti in Sicilia;
se il Governo non intenda attivare, con la necessaria urgenza e determinazione, la procedura di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e a (l'articolo 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, come previsto dall'articolo 22 del decreto legislativo 155 del 2010, in considerazione del fatto che la Regione Siciliana non ha provveduto ad adeguare i piani e le misure per la qualità dell'aria, ovvero sia venuta meno agli altri obblighi stabiliti dal decreto e richiamati nel citato articolo 22;
se, e in quanti casi, sia stata sospesa l'erogazione di risorse previste da programmi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a beneficio della regione siciliana, in relazione alla mancata ottemperanza agli obblighi stabiliti dal decreto legislativo 155 del 2010, così come previsto dall'articolo 22, comma 2, dello stesso decreto. (4-02066)


A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE

PIANO ARIA REGIONE SICILIA COPIATO DAL VENETO INTERROGAZIONI ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA XVI Legislatura ARS


INTERROGAZIONE  (risposta orale)
N. 1112  -  Iniziative  finalizzate  all’adozione  del  Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria.
              Al Presidente della Regione, all’Assessore per il   territorio e l’ambiente e  per  l’Assessore  per  la   salute, premesso che  con  Decreto  Assessoriale  n. 176/GAB   del   9/8/2007,   la   Regione   siciliana     provvedeva  ad  adottare  il  Piano   regionale   di    risanamento della qualità dell’aria, in  attuazione   del  Programma  di  controllo  e   riduzione   delle emissioni;

              preso atto che:
il Piano de quo, qualche  anno  dopo,  subiva  la giusta e comprensibile  bocciatura  da  parte  della  Comunità Europea che ne  faceva  rilevare  la  quasi totale corrispondenza con  il  Piano  della  Regione Veneto del 2000;

              senza uno strumento di controllo e  coordinamento  della  qualità  dell’aria  a  livello  regionale,  è  difficile se non impossibile tenere sotto  controllo le   emissioni    in    atmosfera    che    giungono  principalmente   dal   comparto   energetico,    dai  trasporti e, soprattutto, dalle raffinerie in favore  di Siracusa;

accertato che:
              i dati dell’ultimo monitoraggio Arpa,  pubblicati a  metà   maggio,   dimostrano   come   l’aria   sia  particolarmente  insalubre  a  causa   di   numerose malattie, per lo più mortali;

              dai dati diffusi, risultano essere molti i centri urbani  dell’Isola  in  cui  l’aria   è   fortemente  inquinata e al di là di ogni limite consentito dalla legge;

              considerato  che  a   causa   di   una   gestione finanziaria poco oculata delle risorse  disponibili,  il sistema di monitoraggio siciliano non  sempre  si sviluppa in maniera omogenea su tutto il territorio,   tralasciando spesso  aree  urbane  a  ridosso  degli   insediamenti industriali come Gela  e  Caltanissetta  per le quali non è stato  fornito,  ad  oggi,  alcun dato;

tenuto  conto  che  già  nel  2009,  il  Ministro dell’Ambiente faceva pervenire al  Presidente  della Regione siciliana le procedure d’infrazione  avviate dall’UE perché in alcune zone industriali dei Comuni di Palermo, Catania, Messina e Siracusa, tra il 2005 e il 2006, erano state riscontrate concentrazioni di sostanze  nocive  notevolmente  superiori  a  quelle indicate dalla normativa in vigore;
per sapere se:
siano a conoscenza di quanto sopra denunciato;
non    ritengano    urgente,    necessario     ed indispensabile  predisporre  e  adottare  un Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria  in linea con le direttive dell’Unione Europea  in  modo da  monitorare   qualitativamente   i   livelli   di  inquinamento    del    territorio    siciliano ed intervenire,  con  la   tempestività   dovuta,   per   riportare le  emissioni  sotto  la  soglia  prevista  dalla legge, in modo  da  non  arrecare  danno  alla salute dei cittadini.
(Gli interroganti  chiedono  lo  svolgimento  con urgenza)  (17 luglio 2013)

VINCIULLO  ZAFARANA  CIACCIO

Comunicazione Aula Seduta n. 68 AULA

10 set 2013 Trasmissione  governo Storico 17 lug 2013 Presentazione
06 ago 2013 Annuncio Aula  Seduta n. 66 AULA

XVI Legislatura ARS

                                INTERROGAZIONE      (risposta orale)

     N. 123 - Azioni a tutela della qualità dell’aria  in  Sicilia   (V.nota)    con  particolare  riferimento  al  polo  industriale  della provincia di Siracusa.

Al Presidente della Regione e  all’Assessore  per il territorio e l’ambiente, premesso che la Sicilia, in presenza dei numerosi  impianti  petrolchimici  e termoelettrici attivi  nel  proprio  territorio,  si piazza ai  primissimi  posti  nella  poco  onorevole classifica delle emissioni più ingenti e  inquinanti di PM10 e di  idrocarburi  non  metanici  e  che  in alcune zone, come quelle del  siracusano,  riscontra un conclamato aumento  delle  patologie  tumorali  e delle ipospadie;
rilevato che:
l’impianto cloro-soda di Priolo  è  stato  chiuso solo alla fine del 2005 e che in  questi  giorni  si
sta celebrando il processo giudiziario per  i  danni sanitari subiti dai relativi lavoratori;               per  il  polo  di  Gela,   la   Commissione   per l’Autorizzazione  Integrata  Ambientale   (AIA)   ha
concluso i lavori a metà dicembre e si è  ancora  in attesa del provvedimento definitivo  che,  entro  24 mesi, dovrebbe ridurre le  emissioni  di  SO2  dagli attuali 900 mg/mc a 400 mg/mc;
le navi che approdano nei porti industriali hanno l’obbligo di cambiare l’alimentazione  di  motori  e
apparati ausiliari solo all’interno delle rade e  in prossimità dell’ormeggio ai pontili e che dunque  il
contributo delle navi ai  fini  dell’inquinamento  è notevole, nonostante gli stringenti vincoli  imposti dall’UE  all’utilizzo  di   combustibili   ad   alto contenuto di zolfo all’interno dei porti, nelle aree limitrofe e nelle zone speciali;
considerato che la qualità dell’aria delle  città prossime alla zona industriale non  è  migliorata  e che  ripetuti  blackout  e  il  fermo  di   numerosi impianti  industriali,  soprattutto   nell’area   di Siracusa, hanno iproposto la carenza di trasparenza e informazioni verso le amministrazioni comunali e i cittadini oltre che l’uso mproprio delle torce come primo rimedio (e non come  estremo,  quale  dovrebbe essere) per fronteggiare l’emergenza  e  smaltire  i gas;
visto che la Regione non si è ancora  dotata  del prescritto  Piano  di  tutela  dell’Aria,  il   polo               petrolchimico  di  Gela  attende  il   provvedimento definitivo  dell’AIA  mentre  gli   impianti   della Versalis di Priolo non sono ancora  in  possesso  di tale autorizzazione;
per sapere:
se  non  ritengano   opportuno   procedere   alla revisione dei provvedimenti AIA finora concessi  per verificare la prescrizione e la reale adozione delle migliori  tecnologie  disponibili  (BAT),  anche  in ordine  alla  realizzazione  di  sistemi   tali   da recuperare in tutto o in massima parte  gli  off-gas per evitarne l’invio alle torce,  anche  in  ordine:
all’adeguamento  dell’impianto  IAS  di  Priolo  per azzerare le  sue  emissioni;  al  controllo  e  alla
revisione degli impianti di  desolforazione,  nonché al divieto di utilizzo della  H2S  nei  forni,  alla
verifica straordinaria di tutti i serbatoi  e  delle condutture  al  fine  di  evitare   fughe   di   gas
incontrollate;
quali misure intendano adottare per  rendere  più stringente il controllo sulle navi mercantili e  sui
terminali   petroliferi,   in    particolare    dove sussistono, per di più, aree di  rispetto  e  tutela
ambientale o  di  particolare  pregio  archeologico;
nonché per censire le attività di bonifica con azoto presso i depositi, gli impianti, le linee e le  navi
gasiere e petroliere e per valutarne le emissioni  e  per   garantire   costantemente   l’accesso   e   la            diffusione  delle  informazioni   alla   popolazione relative alla qualità dell’aria ambiente, così  come previsto dal decreto legislativo 13 agosto  2010, n. 155, e pubblicando i  report  giornalieri  sui  siti istituzionali dei comuni e dell’Arpa;

se   non   ritengano   di    dovere    accelerare l’approntamento e il varo del Piano di Tutela  della Qualità dell’Aria per la Sicilia.
(L’interrogante   chiede   lo   svolgimento   con urgenza) (10 gennaio 2013)
CIRONE DI MARCO

Con nota prot. n. 15012/IN.16 del 21 marzo 2013 il Presidente della Regione ha delegato  l’Assessore per il territorio.

Attuale

24 gen 2013 Trasmissione governo

Storico
10 gen 2013 Presentazione
16 gen 2013 Annuncio Aula Seduta n. 14 AULA


XVI Legislatura ARS
INTERROGAZIONE (risposta scritta)
N 51 - Iniziative  per  l’adozione  del  Piano  Regionale  di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambientale  specificatamente  predisposto   per   il territorio siciliano.

Al Presidente della Regione e all’ Assessore  per il territorio e l’ambiente, visti:

la direttiva 1996/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente;

le direttive 1999/30/CE,  2000/69/CE,  2002/3/CE, 2004/107/CE in materia di valori limite  di  qualità dell’aria per il biossido di zolfo, il  biossido  di azoto,  gli  ossidi  di  azoto   ed   altri   agenti climalteranti, nonché la quantità di ozono  presente nell’aria;

la  direttiva   2008/50/CE   rubricata   ‘Qualità dell’aria ambiente  e  per  un’aria  più  pulita  in Europa’;

il D.lgs. 155/2010 di attuazione della  direttiva 2008/50/CE, il cui art. 3, comma secondo, dispone  a carico  delle  Regioni  e  delle  Province  autonome l’obbligo di zonizzazione sulla base dei criteri  di cui all’appendice I del decreto in parola;

il D.A. n. 176/Gab del 2007, così come modificato dal D.A. nr. 43/Gab del 2008,  di  approvazione  del ‘Piano regionale  di  coordinamento  per  la  tutela della qualità dell’aria ambiente’;
considerato che:
il 21.11.2007, Legambiente Sicilia denunciava  la palese identità documentale tra il Piano in parola e quello approvato dalla Regione Veneto,  verificabile tra  l’altro  -  dalle  correzioni  apportate  dal citato D.A. nr. 43/Gab del 2008;
sebbene  l’Assessore  regionale  -  Avv.  Rossana Interlandi  -   abbia   nominato   una   commissione d’inchiesta per gli accertamenti del  caso  e  delle responsabilità, la  stessa  non  ha  prodotto  alcun risultato o provvedimento in relazione  alla  vexata quaestio;

sottovalutando la valenza  nazionale  ed  europea dello strumento programmatorio in parola, la Regione siciliana  ad  oggi  non  ha  ancora  provveduto   a sostituire  detto  Piano  con  uno  specificatamente realizzato per il territorio dell’Isola;

alla luce dell’attuale situazione è stato avviato un  procedimento  penale   per   l’accertamento   di eventuali responsabilità;

per sapere quali iniziative ritengano  necessarie al fine di porre termine al quadro attuale che, allo stato,  risulta   carente   di   un   documento   di programmazione  di  centrale   importanza   per   la salubrità  dell’ambiente,  del  territorio   e   dei cittadini.
(L’interrogante  chiede  risposta   scritta   con urgenza)

(19 dicembre 2012)

LA ROCCA

14 gen 2013 Trasmissione governo

Storico
19 dic 2012 Presentazione
08 gen 2013 Annuncio Aula Seduta n. 10 AULA

06 mag 2013 Trasmissione Governo  Storico
15 apr 2013 Presentazione
24 apr 2013 Annuncio Aula Seduta n. 36 AULA

XVI Legislatura ARS
INTERPELLANZA
N. 40 - Chiarimenti sulle inadempienze riguardanti  il  piano   (v. nota)    regionale di risanamento della qualità dell’aria.

                  Al Presidente della Regione e  all’Assessore  per il territorio e l’ambiente, rilevato che:

                  più  di  5  anni  fa,  il   21   novembre   2007, Legambiente Sicilia  denunciava  in  una  conferenza stampa, che il Piano Regionale di coordinamento  per la  tutela   della   qualità   dell’aria   ambiente, approvato ed adottato con il D.A. n. 176/Gab  del  9 agosto 2007 dall’Assessore per il territorio Rossana Interlandi, era un copiato dall’omologo Piano  della Regione Veneto di alcuni anni  addietro,  nonché  un collage di capitoli, paragrafi,  ecc.  integralmente trascritti da pubblicazioni già edite da altri  Enti ed Amministrazioni;

gli autori, coordinati dal dirigente responsabile del Servizio 3 Tutela dall’inquinamento  atmosferico del Dipartimento Ambiente, Salvatore  Anzà,  non  si erano neppure accorti che quel Piano del Veneto, cui avevano  attinto,  era  già  stato  bocciato   dalla Comunità europea parecchi anni  prima,  né  che  nel copia e incolla si erano generate inedite  comunanze e similitudini tra le caratteristiche ambientali del Veneto e della Sicilia, tipo il  sistema  aerologico padano della Regione siciliana, la limitazione delle ore di utilizzo del riscaldamento domestico a  causa della rigidità del clima, l’incremento  delle  piste ciclabili lungo gli argini dei fiumi  e  dei  canali presenti nei centri storici dei Comuni siciliani  al fine  del  miglioramento  del  traffico  urbano,  la persistenza delle Comunità montane, ecc;

la vicenda suscitava, a causa dei  suoi  risvolti paradossali, notevole clamore e turbamento a livello mediatico  e  nell’opinione  pubblica  regionale   e nazionale,  attirando  persino  l’attenzione   della trasmissione satirica Striscia  la  notizia  che  vi dedicava un esilarante servizio, nel corso del quale il dirigente  generale  del  Dipartimento  Ambiente, Pietro Tolomeo,  per  giustificare  l’abnormità  dei fatti, arrivava a definirli frutto di pochi refusi , tuttavia lasciandosi scappare che  nel  copiare  può succedere;
l’Assessore Interlandi nominava  una  commissione d’inchiesta per gli accertamenti del  caso  e  delle responsabilità,  ma  la   commissione,   di   fronte all’imbarazzante situazione,  si  trincerava  dietro un’enigmatica   astensione   dal   rilasciare    una qualsiasi relazione;

a  distanza   di   circa   4   mesi   l’Assessore Interlandi, con il decreto n. 43/Gab  del  12  marzo 2008,  riteneva  di  sanare  le  abnormità  con   la semplice  eliminazione  dal  testo  del  Piano   dei riferimenti più spiccatamente padani,  ma  lasciando inalterate le altre parti interamente copiate;
considerato che:
il c.d. Piano regionale di coordinamento  per  la tutela  della  qualità  dell’aria   ambiente   della Regione Siciliana, vale a dire un  documento  frutto di un mero assemblaggio, operato con il  metodo  del copia ed incolla, di porzioni di documenti di  varia estrazione e provenienza, alcuni dei  quali  persino di   scarsa   attinenza   e   molti   altri    anche temporalmente superati  (basti  considerare  che  il Piano della Regione Veneto risaliva all’anno 2000 ed era stato bocciato dalla  Comunità  europea),  tutto può definirsi fuorché un documento di programmazione e pianificazione in materia di tutela e  risanamento della qualità dell’aria;

                  nessun   provvedimento   risulta   essere   stato intrapreso  nei  confronti  dei  responsabili  della redazione del Piano copiato;

detto  Piano  continua  inspiegabilmente  e  poco decorosamente a  risultare  un  documento  ufficiale della Regione siciliana e  ad  essere  inserito  nel sito  istituzionale   dell’Assessorato   Territorio, senza  che  i  vertici  politici   dell’Assessorato, quelli burocratici del Dipartimento  Ambiente  ed  i responsabili dell’ufficio  competente  che  si  sono succeduti abbiano ritenuto di  intervenire  al  fine della sua revoca;
a fine gennaio  di  quest’anno  il  Tribunale  di Palermo ha depositato le motivazioni della  sentenza n. 5455/2012, con la quale si sancisce che  il  c.d.
Piano  regionale  per  la   tutela   della   qualità dell’aria contiene vistose copiature di un piano  di un’altra regione e si condanna ad 1 anno e 8 mesi di reclusione l’allora responsabile del Servizio 3  del Dipartimento  Ambiente  e  coordinatore  del   Piano copiato dott. Salvatore Anzà, poichè  nell’esercizio delle sue funzioni aveva redatto e inviato a diversi Enti pubblici, regionali e ministeriali,  una  serie di  note   su   carta   intestata   dell’Assessorato Territorio  dai  contenuti  opinabili  in  danno  di Legambiente e del  suo  Presidente  Regionale  arch.  Domenico  Fontana  per  aver  essi  smascherato   la copiatura del Piano;
lo scorso  13  marzo  il  GUP  del  Tribunale  di Palermo ha rinviato  a  giudizio,  proprio  per  non avere mai adottato  un  vero  Piano  di  risanamento della  qualità  dell’aria,  nonostante   fossero   a conoscenza  dei  dati   allarmanti   sulla   qualità dell’aria, gli ex  Presidenti  della  Regione,  Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, assieme agli  assessori  pro  tempore  dell’Assessorato   al   Territorio   e  Ambiente,  Francesco  Cascio,  Rossana   Interlandi, Giuseppe Sorbello e Roberto Di Mauro, ed il processo si aprirà il prossimo 3 giugno;
per conoscere:
·         quali iniziative ritengano di  voler  adottare, ed in che tempi (dopo quasi 6 anni)  per  la  revoca immediata del Piano copiato;
·         come intendano procedere per fare  emergere  le responsabilità degli autori e le  coperture  di  cui gli stessi hanno potuto godere nel corso  di  questi anni, anche come segnale forte di  abbandono  di  un deleterio modus operandi;
·         per  quali  motivi  il  Piano  copiato   abbia continuato fino ad ora a fare bella mostra sul  sito istituzionale dell’Assessorato Territorio senza  che nessuno sia intervenuto  al riguardo nonostante  a conoscenza  della  copiatura  e  quindi  della   non conformità,  il   tutto  ancor    più aggravato dall’intervenuta  condanna  penale  a   carico   del responsabile della  redazione  della  copiatura  del Piano;
·         per quali motivi siano rimaste senza  risposta, a distanza di oltre 4 mesi, le richieste  di  ritiro del  Piano  inoltrate   all’attuale   assessore   al  territorio da parte di  Legambiente  e  della  CGIL, ulteriormente   sollecitate,   anche   con   formale diffida, dalle associazioni Comitato Cittadino Isola Pulita, AugustAmbiente, Italia Nostra, WWF  Palermo, disattendendo le  norme  sui  procedimenti  e  sulla trasparenza amministrativa di cui alla L.R. 5/2011;
·         se siano  stati  intrapresi  provvedimenti  nei confronti del dott. Salvatore Anzà a  seguito  della sua condanna e se  il  Governo  intenda  costituirsi    parte civile nel processo contro gli  ex  Presidenti  della Regione, Totò Cuffaro e Raffaele  Lombardo,  e  gli  ex  Assessori  per  il  territorio,   Francesco  Cascio,  Rossana  Interlandi,  Giuseppe  Sorbello  e Roberto Di Mauro, che si aprirà il 3 giugno prossimo  presso il Tribunale di Palermo;
·         quando  intendano  adottare  un   vero   Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria.

(Gli interpellanti chiedono  lo  svolgimento  con  urgenza)
(15 aprile 2013)
ZITO - CANCELLERI - CAPPELLO - CIACCIO -  CIANCIO  FERRERI - FOTI - LA ROCCA - MANGIACAVALLO -  PALMERI  SIRAGUSA  -  TRIZZINO  - VENTURINO - ZAFARANA


****  - Con nota prot. n. 27896/INTERP.16 del 4  giugno  2013,  il  Presidente  della  Regione  ha   delegato  l’Assessore per il territorio e l’ambiente.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE


L’ESPERTA: “IL PICCO DEI CASI SARÀ RAGGIUNTO NEL 2018”
di Rosario Battiato

Intervista al vicario responsabile del Registro dei mesoteliomi della Sicilia. Nicita: “La latenza del tumore può durare fino a 40 anni”

CATANIA - Carmela Nicita è biologa-epidemiologa. Attualmente è Vicario responsabile dei dati del Registro mesoteliomi della Sicilia. L’abbiamo intervistata per conoscere i dati scientifici che riguardano le malattie correlate all’esposizione all’amianto in Sicilia.

Secondo gli ultimi dati in vostro possesso quanti sono i casi per mesotelioma ogni anno in Sicilia?
Il registro mesoteliomi della Sicilia ha il compito di raccogliere i dati di incidenza ossia i nuovi casi che insorgono in Sicilia. Dal 1998 ad oggi si conta una media annua di 70 nuovi casi. La distribuzione geografica dei casi di mesotelioma in Sicilia sembrerebbe essere coerente con i dati di mortalità pubblicati nell’Atlante di mortalità per cause della Sicilia (1985-2000).

Quanti si ammalano di malattie correlate all’esposizione all’amianto? 

“I dati scientifici mostrano che nell’oltre 90% dei casi c’è una correlazione tra amianto e mesotelioma. Il 77% sono stati diagnosticati nel sesso maschile, mentre il 23% nel sesso femminile e ciò conferma anche la stretta correlazione tra esposizione professionale e mesotelioma”.

Cosa registra il trend degli ultimi anni in Sicilia?

“I dati siciliani si allineano con i dati nazionali, dove si prevede un picco di casi intorno al 2015-2018. Quindi si prevede un aumento dei casi, ma non ancora quantificabili come numero. Si pensi comunque che dai 68 casi registrati nel 1998 si è arrivati ai 95 casi del 2004”.

Quali sono i siti da bonificare su cui bisogna puntare prioritariamente?

“Non abbiamo, come registro, le conoscenze per poter indicare quale sito potrebbe essere prioritario rispetto ad altri. Ritengo che per tutti si debba procedere il prima possibile”.

Che periodo di latenza mantiene l’esposizione all’amianto?

“Per quanto riguarda la ripercussione sulla salute dei siciliani posso rispondere che una mancata bonifica può determinate un rischio ambientale i cui danni, vista la lunga latenza del tumore, possono presentarsi anche dopo 40 anni dall’esposizione”.
Articolo pubblicato il 21 ottobre 2009 

COMMISSIONE REGIONALE RISCHI AMBIENTALI A GELA. “CAPIRE SE L’ENI GIOCA CON LA SALUTE DEI SICILIANI”
di Liliana Blanco

Missione dei deputati nel Petrolchimico per verificare il rispetto delle norme ambientali e di sicurezza. Gianni (Udc) rincara: “Quando assegna gli appalti la società si rivolge a imprese non siciliane”

GELA (CL) - La commissione regionale rischio ambientale ed industria vuole vederci chiaro sugli adempimenti del Petrolchimico a Gela e sull’osservanza dei dettami della legge 626 in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro. Per questo è cominciato proprio da Gela il giro dell’organo dell’assemblea regionale siciliana che ha scelto la città più discussa della Sicilia come sito della prima trasferta ufficiale della commissione che sta conducendo un’indagine sullo stato di salute ambientale e strategico-occupazionale dell’isola che prevede anche le tappe fondamentali  dei poli industriali di Priolo e Milazzo.

Il vertice della commissione è stato in visita a Gela con il presidente, Pippo Gianni (Udc), già assessore all’Industria e il vice presidente, Miguel Donegani (Pd) di origine gelese. Una lunga visita quella di venerdì scorso che ha toccato tutti i punti fondamentali della gestione amministrativa ed economica della città. I due parlamentari hanno incontrato il commissario straordinario del comune Rosolino Greco e poi i dirigenti ed i lavoratori dell’area di sviluppo industriale con i quali si sono  intrattenuti a discutere della situazione dei 28 lavoratori precari che da 10 anni rivendicano la stabilizzazione. Poi la tappa più importante: quella con i vertici della Raffineria di Gela.

“Vogliamo capire – ha detto l’on Gianni – da quanti anni esiste il Petrolchimico; quali interventi sono stati fatti per la tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori. Vogliamo capire se per INVESTIMENTI si intende mettere alle tubazioni bucate le cosiddette “cravatte” - questo è il termine tecnico per indicare veri e propri rattoppi che rappresentano solo un modo per eliminare il guasto contingente - ma non il problema reale che potrebbe incidere sulla salute dei gelesi. Vogliamo capire anche che tempi si prevedono per la realizzazione degli interventi da anni annunciati ma mai concretizzati”.La commissione ha fatto riferimento ai 500 milioni di euro non spesi ancora nonostante l’accordo con i sindacati porta la data del 17 gennaio 2008. Vogliamo capire  - ha detto Gianni -  se l’Eni deve continuare a giocare con la salute dei siciliani con le sue produzioni milionarie, poi però  quando assegna gli appalti si rivolge a  imprese non siciliane: questo non si può accettare".

L’amministratore delegato dalla Raffineria Battista Grosso ha assicurato la disponibilità alla collaborazione in vista degli INVESTIMENTI; ha, inoltre, annunciato che l’azienda intende promuovere corsi di formazione professionale per l’indotto finalizzati a fornire gli strumenti per una professionalità più specializzata per promuovere la sicurezza sul lavoro e maggiori possibilità occupazionali anche oltre i confini del sito di Gela. “Con i rappresentanti del petrolchimico – ha detto Donegani –  abbiamo discusso  della situazione congiunturale, con particolare attenzione sui temi del rischio ambientale, delle bonifiche e iter  procedurali, della sicurezza sul lavoro, dei fondi comunitari e delle problematiche occupazionali, avendo sempre come  riferimento il quadro legislativo attuale, specie laddovepresenti imperfezioni da sanare. Chiediamo alla politica di far sistema con le aziende locali  e ai metodi di assegnazione degli appalti alle imprese dell’indotto”.

“Sono passati 22 mesi dalla sottoscrizione dell’accordo e la piattaforma pensata per il settore industriale gelese non è stata rinnovata. Dove sono i 500 milioni di promessi dall’Eni per il rinnovo degli impianti?” Si sono chiesti i segretari di Filcem Cgil Alessandro Piva, Uilcem Uil Silvio Ruggeri e Femca Cisl Emanuele Gallo, riunitisi contestualmente alla visita della Commissione rischio ambientale e industria, nella saletta sindacale della Raffineria. Il consiglio delle Rsu ha tracciato un quadro preoccupante per i ritardi che si sono creati nella realizzazione degli accordi firmati il 17 gennaio 2008. Il palleggio di competenze sui decreti autorizzativi che non permetterebbero all’Eni di dare il via agli INVESTIMENTI non è stato ancora chiarito, mentre qualche mese fa una delegazione russa ha visitato l’industria facendo temere il rischio di una cessione.

“Bisogna stringere i tempi – hanno scritto i sindacati in un documento – per gli INVESTIMENTI che devono interessare, in primo luogo la caldaia 500. Deve essere riorganizzato il sistema della sicurezza del Petrolchimico e dell’indotto e questo deve essere l’impegno delle istituzioni locali e regionali. Ai gelesi  ed ai lavoratori servono certezze”.
Articolo pubblicato il 13 ottobre 2009

EMISSIONI, REGIONE INADEMPIENTE
di Giuseppe Bellia

Ambiente. I valori inquinanti rimasti nel cassetto.
Il pregresso. Sin dal 1995 la Regione Sicilia aveva l’obbligo di valutare la qualità dell’aria su ozono e altri agenti atmosferici di rischio, causati per lo più dalle emissioni delle grandi industrie.
La realtà. Dall’assessorato regionale all’Ambiente ammettono i vistosi ritardi con cui sono stati recepiti i decreti legislativi varati, a loro volta, con almeno 4 anni di ritardo sulle direttive europee.

PALERMO - I siciliani, per esempio, non sono costantemente a conoscenza delle condizioni dell’aria e dei livelli d’inquinamento di quest’ultima, come impone la direttiva 2008/20/CE (“Informare adeguatamente e con tempestività il pubblico in merito alla qualità dell’aria ambiente”). Anzà ammette la necessità della creazione di una struttura di coordinamento che aggiorni in tempi brevi, le informazioni per quanto concerne l’inquinamento.

“Occore una struttura regionale di coordinamento di tutte queste attività. L’argomento è stato affrontato affrontato in un tavolo tecnico regionale insieme all’Arpa, ai gestori delle reti con la stesura di un protocollo”.

Anzà annuncia che le inadempienze in materia di dati sulle emissioni inquinanti sarà presto superato, con l’ausilio dell’Agenzia regionale protezione e ambiente. “Arpa Sicilia sta elaborando su nostro mandato un produttivo, per fare in modo che le informazioni ambientali, dopo essere state validate, vengano  messe a disposizione non solo dei cittadini, come obbliga la legge, ma anche delle autorità di vigilanza, come le Province, perché le informazioni devono servire affinché gli enti locali sappiano quando è il momento d’intervenire in situazioni eccezionali”.

Sulle responsabilità amministrative e penali antecedenti all’insediamento d’Anzà, la magistratura da tempo ha avviato delle indagini al fine d’individuare degli eventuali profili di responsabilità. La verità su quella fase storica dell’Amministrazione regionale per quanto concerne le inadempienze in materia d’inquinamento, dovrà essere ancora scritta.

Quella vicenda, peraltro, portò allo scontro fra da una parte Pietro Tolomeo (ex dirigente generale del Territorio e Ambiente), dall’altra Gioacchino Genchi e Alessandro Pellerito (ex dirigenti dello stesso dipartimento). Così, il rapporto più completo (“Inventario delle emissioni”) risale al 2005, ed è stato redatto da parte dell’ufficio diretto dal dirigente Anzà. Nei prossimi mesi è atteso l’inventario aggiornato delle emissioni rilevate per il 2007.

Raffineria di Gela.  Edipower - centrale Termoelettrica di San Filippo del Mela,   Enel - centrale di Porto Empedocle, Enel - centrale Ettore Majorana, raffineria di Milazzo,   Isab Energy - Impianto Igcc, Erg (impianto sud),  Erg raffineria mediterranee Impianto Nord,   Esso italiana Raffineria di Augusta, Riepilogando, allora, con i numeri a disposizione, le emissioni in Sicilia sono dovute per il 73% agli impianti di combustione nell’industria dell’energia e della trasformazione delle fonti energetiche (più di 58.000 tonnellate l’anno) ed ai processi senza combustione (con oltre 16.400 tonnellate ed una quota del 20% circa). Tra le sorgenti con emissioni di ossidi di zolfo superiori alle 1.000 tonnellate, ecco le principali aziende che ne emettono maggiore quantità in atmosfera: Enel - centrale termoelettrica di Augusta,

Tutte queste aziende rispettano tutte le leggi in materia di emissioni, sebbene contribuiscano in misura consistente all’inquinamento dell’aria per più tipologia di sostanza inquinante (si veda tabella sotto a sinistra). Fra queste, l’industria di trasformazione dell’energia e delle fonti energetiche (petrolchimica in particolare) contribuisce all’emissione dei metalli pesanti (Arsenico, Cadmio, Mercurio e Nichel) per una quota maggiore del 90% .
Articolo pubblicato il 07 ottobre 2009 

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Emissioni, Regione inadempiente -
Ambiente. I valori inquinanti rimasti nel cassetto.
Il pregresso. Sin dal 1995 la Regione Sicilia aveva l’obbligo di valutare la qualità dell’aria su ozono e altri agenti atmosferici di rischio, causati per lo più dalle emissioni delle grandi industrie.
La realtà. Dall’assessorato regionale all’Ambiente ammettono i vistosi ritardi con cui sono stati recepiti i decreti legislativi varati, a loro volta, con almeno 4 anni di ritardo sulle direttive europee.
(07 ottobre 2009)
Poche settimane fa la firma del neo delegato regionale all’Ambiente. Dati sull’ozono, Regione con l’obbligo di valutazione dal 2005
(07 ottobre 2009)

TRA RIFIUTI, RAFFINERIE E CENTRALI ELETTRICHE NON MANCANO GLI ESEMPI DA SEGUIRE
di Maria Bonaccorso

Da anni la provincia soffre il deterioramento della qualità ambientale, tuttavia la sensibilità comincia a cambiare. In una frazione di S. Filippo da quattro anni l’illuminazione affidata alle cellule fotovoltaiche

 

MESSINA - Inquinamento, dissesto idrogeologico, emergenza rifiuti: sono molti i problemi in primo piano, relativi all’ambiente, nella provincia messinese. 

Il dissesto idrogeologico, relativamente recente, ha rivelato le sue drammatiche conseguenze su tutto il territorio, costellato di torrenti e reso ancora più vulnerabile dai devastanti roghi. Da poche settimane nel comune di Messina, è stata effettuata la pulizia in due dei numerosi torrenti che attraversano la città: un po’ poco, considerata la natura del territorio. La frana caduta lungo la S.S. 113, che collega i villaggi della zona nord alla città, è ancora in attesa di essere rimossa: una bretella temporanea sta tamponando l’emergenza, ma l’attesa di oltre 7 mesi non è più tollerabile, considerando soprattutto l’avanzare della stagione autunnale. Stessa situazione nel villaggio di Gesso, dove una frana tiene isolata la località, con gravi disagi per i suoi abitanti.

Problema identico per i comuni della fascia jonica. La frana abbattutasi lo scorso 16 settembre sui comuni di Letojanni, Giardini e Roccalumera, mettendo in tilt la circolazione sull’autostrada Messina - Catania e sulla parallela S.S. 114, non è che l’ennesima conferma della fragilità del territorio. Sul fronte della raccolta dei rifiuti, la situazione è di costante emergenza: tra disservizi e cattive, inveterate abitudini dei cittadini, c’è poco da stare allegri. Se è vero che Messinambiente, Gesenu (area tirrenica) e Amia (fascia jonica) gestiscono a singhiozzo le fasi di raccolta e avvio al riutilizzo dei materiali riciclati, è anche vero che una buona parte dei cittadini, mantiene la pessima abitudine di buttare tutto, indistintamente, in un unico cassonetto. 

Nei paesi della fascia tirrenica a tenere banco è la questione dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua. Soprattutto nella Valle del Mela e nel comprensorio di Milazzo, dove Raffineria e Centrale termoelettrica Edipower creano il maggior flusso di agenti inquinanti.

Qualcuno prova, seppure in maniera a volte poco pubblicizzata, a proteggere l’ambiente. Nella frazione di Cattafi del comune di S. Filippo, ad esempio, dal 2005 l’illuminazione pubblica è affidata alle cellule fotovoltaiche, con un sensibile risparmio di energia elettrica, e il conseguente alleggerimento di emissioni inquinanti. Un altro segnale viene da un sacerdote. padre Giuseppe Trifirò, parroco di Archi, non a caso presidente dell’associazione “Tutela della salute dei cittadini”, ha fatto montare sul tetto della sua parrocchia – la prima in provincia di Messina – un impianto fotovoltaico da 6,12 Kwp , che permetterà la fornitura di quasi 10.000 kwh l’anno. La spesa è stata di quasi 40 mila euro, ma l’incentivo annuo dell’Enel sarà di circa 4 mila 200 euro e, con il meccanismo di scambio, saranno risparmiati sulla bolletta altri 2 mila euro.

Stando così le cose, nell’arco di venti anni, dunque, la parrocchia potrà guadagnare ben 80 mila euro, e l’impianto eviterà l’emissione di circa 5.300 chili l’anno di anidride carbonica, per un totale di 106 mila kg in meno di Co2. Peccato che il presidente della Regione Raffaele Lombardo abbia deliberato la chiusura, dal 1° settembre, di quattro uffici speciali aperti nel 2005, tra cui l’Ufficio Aree a Elevato Rischio di Crisi Ambientale (A.E.R.C.A.), che aveva, tra le sue competenze specifiche, il rilascio di pareri preventivi su qualsiasi decisione relativa a problematiche ambientali nelle aree a rischio, tra cui, appunto, la zona Milazzo/Valle del Mela.
Articolo pubblicato il 30 settembre 2009  
 
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Tra rifiuti, raffinerie e centrali elettriche non mancano gli esempi da seguire -
Da anni la provincia soffre il deterioramento della qualità ambientale, tuttavia la sensibilità comincia a cambiare. In una frazione di S. Filippo da quattro anni l’illuminazione affidata alle cellule fotovoltaiche
(30 settembre 2009)
Due iniziative che rientrano nell’ambito del progetto “Turismo Verde”, curato dal dipartimento Turismo dell'assessorato regionale. Risalendo il fiume dalla foce alla sorgente attraverso i centri di Giardini, Malvagna e Randazzo
(30 settembre 2009)
1182 discariche sono state eliminate da Messinambiente dal 1° gennaio ad oggi, ma queste si riproducono vertiginosamente. Sempre maggiori i casi di rifiuti posizionati fuori dai cassonetti, in particolare rifiuti ingombranti
(30 settembre 2009)



RAFFINERIE AUTORIZZATE A INQUINARE
di Antonio Casa

Ambiente. L’inquinamento senza contropartita.
La situazione. Nel corso degli ultimi anni le centrali termoelettriche presenti nell’Isola hanno diminuito le emissioni, raffinerie e impianti petrolchimici hanno invece scaricato la solita quantità di veleni.
L’Isola “a gas”. Complessivamente, nonostante l’ingresso delle fonti rinnovabili, il volume delle emissioni nocive è aumentato. E la Regione assegna alle raffinerie le stesse quote di Co2.

PALERMO - Per Legambiente, con 570 milioni di tonnellate di Co2 equivalente, l’Italia resta il terzo paese europeo per emissioni (era il quinto nel 1990) ed è ancora del 17,5 per cento sopra l’obiettivo che dovra’ essere raggiunto al 2012.

L’Isola contribuisce a questo triste primato, non solo con le emissioni quotidiane come i PM10 (le polveri sottili, anch’esse derivanti dai processi industriali pesanti e dal traffico veicolare) ma anche con gli incidenti industriali. Sempre nel 2007 sono stati nove gli incidenti definiti “rilevanti” dall’Arpa, tutti avvenuti tra raffinerie e petrolchimici. Per lo più incendi, poi una perdita di benzina, un cosiddetto “rilascio” e un caso specifico di emissione di biossido di zolfo.

A livello energetico, rimaniamo l’Isola del petrolio raffinato: negli otto stabilimenti disseminati tra Augusta (Esso italiana srl), Priolo (Isab Sud e Nord attraverso Erg Mediterranee Spa e Erg nuove centali Sud e Nord attraverso Erg nuove centrali Spa), Gela (Raffineria Gela Spa del gruppo Eni)  e Milazzo (Raffineria Milazzo Scpa e Linde Gas Milazzo srl, del gruppo omonimo tedesco), viene lavorato il 40% della produzione nazionale, più di 34,6 milioni di tonnellate di greggio l’anno. Agli impianti di raffinazione, nel triennio 2005-2007, sono state assegnate dalla Regione quote di 13 milioni di Co2 emessa ogni anno. 

Le raffinerie non pagano alla Regione Sicilia tributi ambientali né accise che, secondo una stima dell’assessorato regionale all’Industria calcolata lo scorso anno, ammontano a circa 15 milioni l’anno.

Il comparto degli impianti petrolchimici produce energia, come nel caso dell’Isab Energy (51% Erg- 49% Lukoil) che lavora il “Tar” di raffineria gassificandolo e producendo energia elettrica, ma anche zolfo, vanadio e altri metalli. Il sistema di generazione dell’energia elettrica - nel 2008 la produzione ha superato il fabbisogno del 3,9% (fonte: Terna) su un totale di 22.636,4 GWh (Gigawattora) – vede al primo posto le centrali termoelettriche. Nell’Isola sono dodici. In questo caso, al contrario di quanto avvenuto per le raffinerie, le quote di emissione di Co2 loro assegnate  sono calate progressivamente, passando dagli oltre 10 milioni di tonnellate del 2005 ai 7,7 mln t. del 2007. Inalterate anche le quote per le altre industrie per la produzione di acciaio, calce, cemento, vetro, ceramica e laterizi, carta e cartoni. Di conseguenza, le raffinerie, insieme agli impianti per la compressione metanodotti (Snam rete gas Spa) e di combustione (come Polimeri Europa, Sasol, Wyet, Compiani) godono di un trattamento particolare: negli ultimi anni hanno potuto continuare a produrre anidride carbonica agli stessi livelli di prima.

“Se è vero che alcune regioni non vogliono riconoscere il sacrosanto diritto della Sicilia e della Sardegna a riscuotere parte delle accise sulla raffinazione del petrolio, che si prendano le raffinerie: nessuna quota di denaro, nessuna cifra mai potrà restituirci l’integrità del territorio o potrà ripagare le nostre popolazioni dei danni alla salute che ha prodotto l’inquinamento e di cui non conosceremo mai le statistiche ufficiali”.

Lo diceva un anno fa (era il 24 settembre 2008) Raffaele Lombardo, presidente della Regione Siciliana, a Cagliari, a fianco dell’allora presidente della Regione Sarda, Renato Soru, per celebrare i 60 anni di autonomia della Sardegna. Da allora non sono stati registrati ritiri di autorizzazioni.

Eppure nell’Isola l’aumento esponenziale della produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, quasi tutta di tipo eolico, non ha ridotto le emissioni totali di gas serra (Co2eq), anzi nel complesso si è persino registrato un aumento, se è vero che esse sono aumentate ugualmente, passando da 43,3 milioni di tonnellate del 1995 a oltre 50 milioni di tonnellate del 2005 (Fonte: Ispra, trend emissioni). Secondo i dati di Ambiente Italia l’Isola, anche nel 2005, non ha migliorato di molto le sue performance, visto che la mappa delle emissioni regionali colloca la Sicilia al terzo posto assoluto col 10% assieme a Puglia, altra regione leader dell’eolico, e Veneto, distanziate di poco dalla Lombardia, quota 16%.
Articolo pubblicato il 04 settembre 2009 
 
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Raffinerie autorizzate a inquinare -
Ambiente. L’inquinamento senza contropartita.
La situazione. Nel corso degli ultimi anni le centrali termoelettriche presenti nell’Isola hanno diminuito le emissioni, raffinerie e impianti petrolchimici hanno invece scaricato la solita quantità di veleni.
L’Isola “a gas”. Complessivamente, nonostante l’ingresso delle fonti rinnovabili, il volume delle emissioni nocive è aumentato. E la Regione assegna alle raffinerie le stesse quote di Co2.
(04 settembre 2009)
La dirigente del servizio Risorse energetiche spiega l’iter dei permessi. Marcenò: “Procedure semplificate dopo la legge 239/2004”
(04 settembre 2009)
RISANAMENTO AMBIENTALE, SOLO FUMO
di Giuseppe Bellia

Ambiente. Priolo-Augusta-Melilli e l’annosa questione.

L’intervento. Grande industrializzazione e impatto ambientale: nel triangolo Priolo-Augusta-Melilli è sempre attuale. Le parole dell’assessore regionale all’Ambiente riaprono una ferita mai guarita.
All’indice. Mentre anche la Corte dei Conti dà il benestare all’imponente bonifica della rada di Augusta, le aziende vengono messe di nuovo sotto accusa per non avere realizzato sufficienti opere antinquinamento.

 LENTINI (SR) – “Sapete cosa succede? Nel 1999-2000 le industrie si autodenunciano per tutte le sostanze presenti nel suolo perché c’è il cofinanziamento della bonifica al 50% da parte dello Stato e poi non so fino a che punto vogliono bonificare veramente. Mentre nello specchio d’acqua antistante questo territorio su cui si autodenunciano, dicono che non stati loro, sono stati i marziani che sono venuti ad inquinare la rada d’Augusta”.

Parole di fuoco, quelle rilasciate da parte di Pippo Sorbello, nei confronti del sistema industriale siracusano, nel corso di un recente convegno denominato “Ambiente: ricerca di energie alternative e bioedilizia” svoltosi a Lentini. L’assessore regionale (in quota Mpa) che ha appena ricevuto la seconda delega consecutiva all’Ambiente e Territorio, nel corso di 17 minuti d’intenso monologo non le ha mandate a dire e ne ha avuto per tutti. In riferimento all’area inquinata, l’assessore ha ribadito il suo disappunto sulla mancato risanamento. “I rifiuti prodotti dalla zona industriale sono presenti in una zona perimetrata a seguito della legge 171 del 1999, ma allo stato attuale, non si ha un solo metro quadrato di bonifica del territorio. è stata eseguita più volte la messa in sicurezza di questi 220 ettari, ma non la bonifica”. L’assessore ha tuonato contro il distretto industriale siracusano parlando di “progetto devastante di coloro che ancora sono presenti su questo territorio”.

Sorbello, nel corso del suo intervento pubblico ha citato una sola azienda che a suo dire che ha investito sul risanamento ambientale: “è la Shell che viene bloccata anche da parte di tutti quelli che operano in questo territorio, perché non hanno interesse a bonificare. C’è un progetto a medio termine di chiusura di questi impianti che hanno un inquinamento non indifferente”. Sorbello è entrato nel merito del discorso citando a suo sostegno il caso della centrale elettrica S1. “Il solo fatto si richieda l’Aia sul buco gas e sull’S1 no, e non si presenta nemmeno il progetto di adeguamento su una centrale elettrica in esercizio dal 1950 su cui non c’è stato un centesimo di manutenzione ordinaria, e su questo ci chiedono addirittura cinque anni di proroga. Vogliono continuare ad inquinare e far profitti per altri cinque anni per poi chiudere”.
Alvaro Di Stefano, presidente di Confindustria Siracusa, in riferimento al presunto inquinamento che si continua a perpetrare nell’area del sud- est siciliano,  ha smentito l’assessore Sorbello. Di Stefano  fa sapere che “tutte le aziende, in particolare Polimeri Europa del gruppo Eni ed il gruppo Erg hanno nel corso degli anni realizzato INVESTIMENTI che hanno migliorato le performances degli impianti nell’ottica della sostenibilità e della eco- compatibilità ambientale secondo quanto stabilito dalle leggi in vigore”. Il presidente di Confindustria Siracusa incassa e rilancia, sostenendo che “eventuali ritardi per le autorizzazioni non sono addebitabili alle aziende, ma alla burocrazia regionale. Voglio inoltre segnalare – aggiunge - che ce ne sono degli altri già  programmati da tempo che giacciono negli uffici della Regione Siciliana in attesa delle necessarie autorizzazioni che ritardano per motivi legati a lentezze burocratiche spesso ingiustificate. Ribadiamo la nostra attenzione costante e quella delle nostre aziende associate, sui delicati  temi dell’ambiente e della sicurezza e non ci attendiamo altro che la collaborazione attiva e costante per la parte che spetta alla sfera pubblica”. 

Dalle controversie politico – industriali ai passi istituzionali concreti verso il risanamento di tutta l’area industriale siracusana. è ufficiale - notizia di pochi giorni fa - l’approvazione della Corte dei Conti (che ha dato il proprio assenso al decreto di FINANZIAMENTO di 776 milioni d’euro da parte del ministero dell’Ambiente) alla bonifica della rada di Augusta.
Articolo pubblicato il 13 giugno 2009 

XVI LEGISLATURA — ALLEGATO B AI RESOCONTI — SEDUTA DEL 6 APRILE 2011

GIANNI. — Al Ministro dell’economia e delle finanze, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. —
Per sapere – premesso che:
il 7 novembre 2008 fu stipulato, presso la sede del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, l’accordo di programma per la definizione degli interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla reindustrializzazione e all’infrastrutturazione delle aree comprese nel sito di interesse nazionale (SIN) di Priolo, Melilli e Augusta;
l’accordo storico che prevedeva interventi per 770 milioni fu sottoscritto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro
dello sviluppo economico nonché del presidente della regione siciliana e dai rappresentanti delle istituzioni e delle autorità locali;
con questo accordo si tentava di ricostruire un territorio profondamente ferito da un’industrializzazione selvaggia che aveva prodotto gravi danni ambientali, tentando di creare le condizioni per una nuova fase di sviluppo che fosse attenta al territorio, all’ambiente e alla salute dei cittadini; il Ministro Prestigiacomo ebbe modo, in quell’occasione di dichiarare « ...Uno sviluppo che vuole essere sostenibile anche sotto il profilo sociale contribuendo a superare le comprensibili conflittualità sorte negli anni e legate all’impatto ambientale del polo chimico. Oggi istituzioni e imprese si sono impegnate a compiere uno sforzo economico importante che di cui il territorio ha diritto non solo in termini di bonifica dei siti inquinati ma anche di investimenti per favorire la crescita economica. Abbiamo la consapevolezza che occorrerà far presto e far bene perché bisogna recuperare il tempo perduto e innescare rapidamente le nuove prospettive... »;
la somma prevista doveva essere così suddivisa: per la bonifica della rada di Augusta e per opere infrastrutturali per l’hub portuale l’impegno programmato era di 500 milioni di euro; circa 80 milioni dovevano essere investiti sia sul porto di Siracusa sia per opere di bonifica e di riqualificazione ambientale per la zona dei Pantanelli e dei Calafatari. Inoltre doveva essere restaurato l’ex Lazzaretto che doveva diventare un centro di educazione ambientale;
la ripartizione della spesa complessiva prevedeva, secondo quanto dichiarato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, circa 200 milioni a carico dei privati, 200 milioni a carico del Ministero dell’ambiente, 76 a carico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, 200 a carico della regione, e circa 100 milioni di fondi non utilizzati del precedente accordo; durante un incontro, avvenuto presso la prefettura di Siracusa, il 19 marzo 2011, si è costatato che dei previsti 778 milioni di euro, attualmente sarebbero disponibili poco più di cento milioni, che dovrebbero essere impiegati per circa il 70 per cento nella bonifica delle falde idriche e per il resto per le prime opere di bonifica della rada in Augusta più alcuni progetti minori; tale situazione, pur in una fase di profonda crisi economica di cui l’interrogante ha piena consapevolezza, rischia di ritardare ulteriormente ogni ipotesi di sviluppo di un’area che ha già duramente pagato scelte industriali portate avanti sulla pelle dei cittadini che ne hanno dovuto pagare le conseguenze sia in termini di salute che di blocco economico –: se non si ritenga necessario ed urgente attivarsi al fine di ripristinare i fondi previsti nell’accordo di programma per la definizione degli interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla reindustrializzazione e all’infrastrutturazione delle aree nel sito di interesse nazionale (SIN) di Priolo, Melilli e Augusta, al fine di portare a compimento tutte le opere previste che dovrebbero rappresentare, quantomeno, una sorta di « ricompensa » in un territorio che è stato devastato da scelte industriali insensate e che attende da troppo tempo la bonifica dei siti inquinati e gli investimenti che ne possano favorire la crescita economica. (4-11518)

POLO ENERGETICO, L’EREDITÀ SULLA SALUTE È PESANTE
di Giuseppe Bellia

Gli ultimi dati disponibili confermano quanto già si sapeva. Soprattutto ad Augusta alto il tasso d’incidenza dei tumori

SIRACUSA – Dalle parole delle beghe politico - industriali, ai dati della scienza medica. Analizzando il registro dei tumori (periodo preso in considerazione 1999-2002) redatto da alcuni illustri chimici e medici siciliani (Madeddu, Contrino, Tisano, Sciacca) si possono comprendere le specificità sul piano sanitario che presentano Siracusa e provincia. Esaminando la maggior parte delle patologie tumorali interland siracusano, questi presentano dati al di sotto o nella media nazionale per quasi tutti i tumori (mammella, ovaia, linfomi, ecc). Tuttavia, per poche tipologie tumorali, l’intera provincia di Siracusa registra un numero di casi di contagio rilevante: si registrano dei picchi di contrazione unici in Italia. Proprio per questo, si può avanzare una presunta correlazione fra contrazione di specifiche patologie tumorali e contagio nei luoghi di lavoro. Eccone alcuni esempi. Il tasso standardizzato d’incidenza è pari a 608,4 ad Augusta a fronte della media nazionale che è di 552,8. Prendendo in rassegna altre patologie tumorali specifiche, il tumore del fegato sempre Augusta presenta un Tsi pari a 27,5 a fronte della media nazionale di 14,3.
Per quanto concerne il tumore alla pleura, la provincia di Siracusa presenta un Tsi pari a 3,6 superiore alla media nazionale, di poco più di un punto 2,5. Anche il tumore alla tiroide presenta picchi di contrazione nel siracusano: la città di Siracusa presenta un Tsi d’assoluta rilevanza 21,8. La media nazionale è del 13,7. L’ultima casistica riguarda le leucemie. Se Siracusa e provincia rientrano nella media nazionale presentano un Tsi 12,7, Lentini fa eccezione in  Europa con dato pari a 32,1.
Articolo pubblicato il 13 giugno 2009  

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Di Stefano: “Per le opere spesi centinaia di milioni” - Il presidente di Confindustria Siracusa ribatte al Governo. “Solo la Syndial (Eni) ha eseguito lavori per 270 milioni” (13 giugno 2009)
Polo energetico, l’eredità sulla salute è pesante - Gli ultimi dati disponibili confermano quanto già si sapeva. Soprattutto ad Augusta alto il tasso d’incidenza dei tumori (13 giugno 2009)
Risanamento ambientale, solo fumo - Ambiente. Priolo-Augusta-Melilli e l’annosa questione.
L’intervento. Grande industrializzazione e impatto ambientale: nel triangolo Priolo-Augusta-Melilli è sempre attuale. Le parole dell’assessore regionale all’Ambiente riaprono una ferita mai guarita.
All’indice. Mentre anche la Corte dei Conti dà il benestare all’imponente bonifica della rada di Augusta, le aziende vengono messe di nuovo sotto accusa per non avere realizzato sufficienti opere antinquinamento. (13 giugno 2009)


DI STEFANO: “PER LE OPERE SPESI CENTINAIA DI MILIONI”
di Giuseppe Bellia

Il presidente di Confindustria Siracusa ribatte al Governo. “Solo la Syndial (Eni) ha eseguito lavori per 270 milioni”
 
SIRACUSA - Alvaro Di Stefano, presidente Confindustria Siracusa, documenta attraverso un elenco d’opere realizzate e in corso, l’impegno concreto delle industrie, nella realizzazione di progetti di risanamento ambientale. “La Syndial attività diversificate, società del gruppo Eni, ha già realizzato – ha affermato il presidente di Confindustria - INVESTIMENTI per complessivi 270 milioni d’euro per alcuni importanti interventi ambientali”. 

Ecco alcune delle opere menzionate da Di Stefano: il confinamento fisico di circa 5 Km del tratto di costa a sud del Vallone della Neve, 70 milioni d’euro d’investimento; il confinamento fisico dell’area Po e costruzione di un impianto di trattamento acque di falda (Taf_Po) dedicato da 10 m3/h, con un costo pari a circa 12 milioni d’euro; la costruzione impianto di Trattamento acque di falda di sito (in corso) da 600 m3/h, con un ammontare pari a circa 100 milioni d’euro. A questi interventi più di carattere generale, ne sono stati eseguiti e sono in corso altri più specifici: interventi di Messa in Sicurezza d’Emergenza in area A4, SG14, E e C1- per una spesa complessiva pari a circa 20 milioni d’euro. Altri progetti hanno riguardato le acque reflue: si è intervenuti sui pozzi idropotabili e i filtri per il comune di Priolo, a fronte di una spesa di 7 milioni d’euro.
è in corso l’opera di bonifica dei suoli a sud del Vallone della Neve che ammontano ad un costo complessivo pari a circa 55 milioni di euro. Infine, si è intervenuti anche sulla rimozione delle infrastrutture, come quella in area SG14 – realizzata con un costo pari a circa 3 milioni di euro e quella in area D/2 (opera in corso), con un costo pari a circa 1 milione d’euro.
Articolo pubblicato il 13 giugno 2009 

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Di Stefano: “Per le opere spesi centinaia di milioni” - Il presidente di Confindustria Siracusa ribatte al Governo. “Solo la Syndial (Eni) ha eseguito lavori per 270 milioni” (13 giugno 2009)
Polo energetico, l’eredità sulla salute è pesante - Gli ultimi dati disponibili confermano quanto già si sapeva. Soprattutto ad Augusta alto il tasso d’incidenza dei tumori (13 giugno 2009)
Risanamento ambientale, solo fumo - Ambiente. Priolo-Augusta-Melilli e l’annosa questione.
L’intervento. Grande industrializzazione e impatto ambientale: nel triangolo Priolo-Augusta-Melilli è sempre attuale. Le parole dell’assessore regionale all’Ambiente riaprono una ferita mai guarita.
All’indice. Mentre anche la Corte dei Conti dà il benestare all’imponente bonifica della rada di Augusta, le aziende vengono messe di nuovo sotto accusa per non avere realizzato sufficienti opere antinquinamento. (13 giugno 2009)



SCARICO DI CARBONE NEL PORTO. “È VIETATO, TRANNE AD AUGUSTA”
di Giuseppe Solarino

Dal 2007 una ditta stocca il materiale fossile. I contrari: “Casi simili fermati a Palermo e Brindisi”. Tre comitati cittadini contro sindaco e Regione: autorizzazione illegittima

AUGUSTA (SR) - In merito alla presenza di un deposito di carbone sito in contrada Monaca alle porte di Augusta, i comitati “AugustAmbiente: comitato cittadino di Augusta contro gli inceneritori e per il Diritto alla Vita”, “Decontaminazione Sicilia” ed il “Coordinamento regionale dei comitati siciliani per la difesa del territorio e dell’ambiente” hanno inviato al sindaco di Augusta una lettera in cui i tre comitati fanno presente che: “con Ddg (Decreto del dirigente generale del dipartimento regionale territorio e ambiente) n. 346 del 27/04/2007 è stata concessa alla ditta Se.Pa.Mar. l’autorizzazione, per 15 anni, alle emissioni in atmosfera derivanti dall’impianto per lo stoccaggio di carbon fossile di Augusta (Gurs parte I n. 26 del 08/06/2007). Come definito da Legambiente, tale sito è in “un’area retrostante il porto commerciale dalle dubbie caratteristiche di sicurezza. Così lo scarico di carbone vietato a Palermo, avviene ad Augusta”. 


I tre comitati fanno presente che dai documenti in loro possesso si evince che: “

1) La richiesta di autorizzazione (16/03/07) sarebbe stata presentata alla Cpta e non all’Autorità competente, cioè all’Assessorato, come prescritto dall’art. 269 del D.Lgs. 152/06. Infatti, nel Ddg non sarebbe riportato quando detta richiesta sia stata presentata all’Arta e quando l’Arta, a seguito della richiesta, abbia convocato la conferenza dei servizi. 

2) La Cpta ha espresso parere favorevole prot. 239/07 del 27/03/07, mentre successivamente la ditta ha presentato integrazioni (17/04/07). Quindi il parere favorevole sarebbe stato espresso su un progetto che si è reso necessario integrare.

3) Il comune di Augusta il 20/04/07, per detto deposito, ha espresso parere favorevole con prescrizioni. Tali prescrizioni non sono riportate nel Ddg. Infatti la nota del Comune di Augusta del 20/04/07 risulta introitata all’Arta il 09/05/07 cioè 12 giorni dopo l’emanazione del Ddg. Pertanto il Ddg avrebbe autorizzato la Se.Pa.Mar. prima che giungesse il parere di Augusta. 

4) L’Ufficio speciale aree ad elevato rischio di crisi ambientale avrebbe rilasciato il proprio parere il 17/01/07, cioè circa 4 mesi prima che la ditta fornisse documentazione tecnica integrativa (nota del 20/04/07 arrivata in Arta il 09/05/07).

5) Il Ddg, datato 27/04/07, sarebbe stato notificato a mano, e la Se.Pa.Mar. ha comunicato l’indomani (28/04/07) di avere avviato l’esercizio il 27/04/07, cioè lo stesso giorno in cui riceveva l’autorizzazione (significherebbe che l’impianto c’era già).


Intanto gli abitanti della zona e gli operatori portuali sono costretti a subire l’effetto delle polveri di carbone, specie quello a carico dell’apparato respiratorio. Lo spazio occupato dal deposito cresce sempre di più, né si è certi che il suolo di detto deposito sia stato opportunamente predisposto per evitare l’infiltrazione di acqua e percolato in falda, così come scrive Legambiente.
I tre comitati proseguono chiedendo al sindaco Carruba: “Perché non dispone controlli sulla regolarità dell’autorizzazione, sulla sicurezza del sito in oggetto, sui siti circostanti, sulla falda acquifera, sulla natura del carbone, visto che potrebbero derivarne danni alla salute e all’ambiente?

Il suo collega di Brindisi, Domenico Minnitti, con ordinanza del 28 giugno 2007 fece assoluto divieto, nel perseguimento dell’interesse pubblico preminente di tutela della salute dei cittadini, a tutti i conduttori di aree agricole situate nei pressi del nastro trasportatore di carbone e del deposito di carbone della centrale Enel Br Sud, di coltivare l’area posseduta ed ordinò di provvedere alla distruzione delle colture erbacee e delle produzioni di impianti arborei in quanto fu riscontrata nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee contaminazione diffusa determinata da presenza di metalli pesanti”.
Articolo pubblicato il 12 giugno 2009




POLI ENERGETICI, L ARIA   SI AVVELENA
di Rosario Battiato

Ambiente. La situazione nelle aree industriali.

I dati. Nonostante gli annunciati INVESTIMENTI delle aziende dei maggiori siti industriali, peggiora la qualità dell’aria nelle zone di loro prossimità. Troppi gli anni attesi per i vari risanamenti ambientali.

Il confronto. Nella banca dati Gelso (Gestione locale per la sostenibilità ambientale) sono state catalogate 82 buone pratiche per la Lombardia, mentre per la Sicilia si segnala un emblematico zero.

PALERMO – Non bisogna essere “religiosamente” ambientalisti per comprendere come alcune questioni siano ormai divenute improcrastinabili in rapporto all’esistenza e alla sostenibilità della vita sul pianeta. Un dato confermato dall’ultimo Rapporto Gfk Eurisko che ha campionato 1200 responsabili degli acquisti di tutta Italia, certificando una nuova responsabilità ambientale da parte dei consumatori, il cui 60% sarebbe disposto a pagare un 10% in più di costo pur di poter accedere a prodotti certificati. 

“Non solo i consumatori, ma anche le imprese e la grande distribuzione organizzata – ha spiegato Paolo Anselmi vicepresidente Eurisko - vedono quelli che un tempo erano percepiti come problemi e come vincoli come opportunità da cogliere”. 

Tuttavia questa nuova vulgata non sembra ancora completamente estesa all’intero mondo industriale italiano e a quello siciliano in particolare, che continuano a fare registrare performance ambientali di basso rilievo. 

Proprio la settimana scorsa la Commissione ambiente e salute del Comune di Gela ha reso noti i risultati allarmanti sullo stato di salubrità dell’aria nella realtà nissena, dati gli ampi superamenti dei valori soglia permessi dalla legge. Ma è l’intero sistema isolano che fatica a essere virtuoso. Già nel Quadro di sintesi della situazione ambientale di partenza redatto dal ministero dell’Ambiente per il periodo 2000-2006, la Sicilia era una delle regioni ad obiettivo 1 che maggiormente contribuiva all’emissione di biossido di carbonio, biossido di zolfo e ossido di azoto. Inoltre in Sicilia si trovano 3 aree ad elevato rischio ambientale, il Comprensorio del Mela, l’area Priolo – Siracusa e la zona di Gela, Biancavilla viene considerata un’altra area da bonificare, ed esistono 69 realtà che sono considerati dall’Apat come siti contaminati di minore importanza. 

Mentre si continua a restare in attesa di un’azione su queste aree inserite nei siti inquinati di interesse nazionale per le bonifiche (Sin) ai sensi della legge n. 26 del 1998 con decreto ministeriale 10 gennaio 2000, i valori dei fattori inquinanti continuano a salire. 

A Gela il piano di risanamento era stato fissato già nel ‘95, come ha avuto modo di dichiarare Rossana Interlandi, già assessore regionale all’ambiente durante la giunta Cuffaro e ora dirigente generale dell’assessorato (dipartimento Territorio), e diversi anni dopo ancora si attende una risoluzione del problema, nonostante la magistratura abbia già avviato un’inchiesta sui bambini malformati nell’area. Gli ultimi dati dell’Ispra, pubblicati tra il 2008 e il 2009, visualizzano una fase decisamente critica, visto che, ad esempio, a Caltanissetta il diossido di zolfo prodotto dalle Raffinerie è passato dai 75409 Mg del 1990 al 11531,78 Mg del 2005, e lo stesso discorso vale per il mercurio da 17,33 Kg del 1990 ai 18,39 Kg del 2005, il nichel, da 638,7 Kg del 1990 ai 669 Kg del 2005, e anche per il selenio e lo zinco. 

Aumenti consistenti si registrano anche nell’area siracusana, il rame da 218 kg del 1990 a 323 kg del 2005, il mercurio da 27,5 Kg del 1990 a 51,97 Kg del 2005, e anche il nichel, il selenio, lo zinco.
Anche i dati registrati dall’Arpa nell’ultimo annuario dei dati ambientali, datato 2007, allarmano per i superamenti dei limiti orari del biossido di zolfo per la PROTEZIONE della salute umana: 12 volte a Caltanissetta, zona Agip mineraria, 16 volte nel Comprensorio del Mela, di cui solo 8 a Santa Lucia del Mela, e 12 in provincia di Siracusa. A rischio anche alcune stazioni di Palermo e Catania per l’NO2, e superamenti di ozono a Messina e a Siracusa sia in città che nell’area a rischio ambientale.

Nel 2008, secondo il rapporto Euromobility – Kyoto Club, Siracusa può tristemente vantare il primato di città italiana con la peggiore qualità di aria dato il superamento per 282 giorni di 50 microgrammi per metro cubo di Pm10, limite massimo consentito di 35 giorni, mentre Palermo si trova a quota 100. Anche le misure politiche sembrano latitare, nonostante i ripetuti proclami di bonifica, visto che presso la banca dati Gelso, Gestione locale per la sostenibilità ambientale, sono state catalogate, ad esempio, 82 buone pratiche per la Lombardia, altra Regione che non naviga in buone acque riguardo la qualità dell’aria, contemplando, tra le altre cose, progetti, FINANZIAMENTI su energia verde, promozione ambientale, conversione industriale al verde, mentre per la Sicilia si segnala un emblematico zero.
Articolo pubblicato il 04 giugno 2009 

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Poli energetici, l’aria s’avvelena - Ambiente. La situazione nelle aree industriali.

I dati. Nonostante gli annunciati INVESTIMENTI delle aziende dei maggiori siti industriali, peggiora la qualità dell’aria nelle zone di loro prossimità. Troppi gli anni attesi per i vari risanamenti ambientali.
Il confronto. Nella banca dati Gelso (Gestione locale per la sostenibilità ambientale) sono state catalogate 82 buone pratiche per la Lombardia, mentre per la Sicilia si segnala un emblematico zero. (04 giugno 2009)
Regione, qualcosa si muove dopo molti anni di stasi - Sì all’Inventario delle emissioni e la Valutazione della qualità dell’aria. Atteso il Piano di risanamento del comprensorio del Mela (04 giugno 2009)
L’Europa ci guarda reale il rischio sanzioni - Le procedure d’infrazione comunitarie mosse sui dati d’inquinamento. Lombardo rilancia la politica del “chi inquina paga” (04 giugno 2009)

AREA INDUSTRIALE PRIOLO-MELILLI. TRATTATIVA UTILIZZO ACQUE
di Giuseppe Solarino


Nuovo incontro, dopo che le imprese hanno rinunciato al primo progetto di ottimizzazione. Interesse su Biviere di Lentini e DEPURATORE di Siracusa, per 20 mln di metri cubi
 
SIRACUSA - Si è svolto a Siracusa un incontro tra il presidente dell’Asi Giuseppe Assenza ed i rappresentanti di Confindustria Siracusa sul problema dell’utilizzo da parte delle industrie delle acque ottimizzate e di quelle provenienti dal Biviere di Lentini. Tale incontro è stato motivato dal disinteresse manifestato dalle industrie del petrolchimico di Priolo al progetto di ottimizzazione in quanto si sovrappone ad altri due progetti che riguardano l’approvvigionamento di acqua: Biviere di Lentini e Taf (Trattamento acque di falda).

Assenza, durante l’incontro, ha espresso ai rappresentanti delle industrie l’intenzione di concretizzare il progetto di ripristino del sistema acquedottistico industriale che ha già ottenuto dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) un FINANZIAMENTO di 42 milioni di euro. Tuttavia, per poter ottenere il finanziamento, l’Asi deve coprire il 30% del costo del progetto. La copertura finanziaria per questa somma, attraverso un mutuo, l’Asi la può ottenere solo a patto che le industrie del petrolchimico si impegnino ad acquistare queste acque, rinunciando a quelle che vengono estratte dai pozzi artesiani. 

Nel progetto è prevista la manutenzione del sistema idrico di Quota cento e quindi la possibilità di utilizzare le acque del Biviere di Lentini, fino ad un massimo di 13 milioni di metri cubi annui, e le reflue ottimizzate del depuratore di Siracusa, per 7 milioni di metri cubi annui. In questo modo vi sarebbe la disponibilità totale di 20 milioni di metri cubi annui. 

Subito dopo la riunione Assenza ha dichiarato che “per il progetto della manutenzione dell’acquedotto del Biviere i rappresentanti di Confindustria hanno dato la loro disponibilità. In questo caso il progetto prevede la sostituzione di buona parte dei tubi dell’acquedotto e il ripristino del funzionamento di alcune pompe di sollevamento. Con questi interventi sarà possibile fare arrivare alla Esso, alla Sasol e al consorzio Priolo Servizi 7 milioni di metri cubi d’acqua”. “È necessario che l’acqua non venga edotta dai pozzi artesiani, in quanto, così continuando, tra qualche anno, tutti i centri della zona industriale, da Priolo a Melilli, avranno delle difficoltà nell’approvvigionamento idrico per eccessivo abbassamento della falda. Tuttavia, per l’ottimizzazione delle acque – prosegue Assenza – i rappresentanti di Confindustria non hanno dato il loro assenso. Infatti vogliono sincerarsi che l’impianto di osmosi, che dovrà OTTIMIZZARE le acque reflue e de-clorurarle, può fornire acque utilizzabili nei cicli produttivi delle aziende del petrolchimico”.
“Per tale motivo” – conclude Assenza – “è stato deciso di andare ad osservare un impianto simile a quello che si dovrà realizzare all’Ias di Priolo”.
Articolo pubblicato il 22 maggio 2009 

LEUROPA  BOCCIA L AMBIENTE IN SICILIA
di Giuseppe Bellia

Ambiente. Il “record” poco invidiabile.

Sette anni. Dal 2002 ad oggi la Sicilia è finita più di una volta nel mirino della Corte di giustizia e Commissione europea per le troppe e CONTINUE inadempienze a norme di materie ambientali.
L’attualità. La maggior parte dei rilievi ufficiali riguarda le emissioni atmosferiche, l’ultima la “non conformità” di circa 90 discariche dei rifiuti. La Regione rischia pesanti sanzioni.


PALERMO - Cinque procedure d’infrazione. Quattro (dal 2002 al 2007) in materia d’inquinamento atmosferico, l’ultima, in riferimento alla non conformità di una novantina di discariche alle norme comunitarie. C’è pure, volendola considerare, la sentenza della Corte di giustizia Ue per il primo bando sui quattro termovalorizzatori, perché non pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea. Fino a quando gli organismi comunitari non si pronunceranno, la questione è aperta, anche se l’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque conta di avere risolto tutto. 


Tutto questo è il conto “nero” e non “verde” che la Regione siciliana presenta ai siciliani, all’Italia e all’Ue, in materia ambientale. Due sono le procedure d’infrazione per la violazione delle Direttive 96/62/CE e 99/30/CE, una terza per la mancata elaborazione – con riferimento agli anni 2005 e 2006 – dei piani e programmi previsti dall’art. 8 del D. Lgs. 351/99 in attuazione della Direttiva 96/62/CE, una quarta per il mancato rispetto dei limiti in vigore dal 2005 per le polveri sottili, in violazione della Direttiva 99/30/CE. Infine l’ultima arrivata, concernente lo stato d’irregolarità delle discariche. Il tutto “condito” da una bufera giudiziaria in corso, d’accuse reciproche, fra Gioacchino Genchi e Pietro Tolomeo, rispettivamente - in due fasi storiche amministrative distinte - responsabile del Servizio 3 “Tutela dall’inquinamento atmosferico” e dirigente generale del dipartimento Territorio e Ambiente. Sulle presunte responsabilità tecnico – amministrative, la magistratura giudicante, farà luce sui fatti, accertandone eventuali profili di responsabilità. 

Sui fatti meramente politici si parte dalle interrogazioni presentate dai deputati all’Ars, per accertare le responsabilità delle gravi omissioni che si sono registrate nella Regione, dal 2002 fino al 2007, in materia di prevenzione dall’inquinamento atmosferico. All’Assemblea regionale siciliana sono stati presentati specifici atti ispettivi, da parte di deputati regionali appartenenti sia alla maggioranza (Pdl) sia all’opposizione (Pd). Atti rivolti all’esecutivo regionale in carica, finalizzati a individuare sul piano politico e tecnico - amministrativo, i responsabili delle omissioni in materia di tutela dall’inquinamento atmosferico recentemente contestate alla Regione dall’Unione Europea e dal ministero Ambiente.

Sulle prime quattro procedure d’infrazione è stato sollevato in sede di dibattito regionale all’Ars, un complesso confronto su questioni di merito e di metodo che può essere sintetizzato in due interrogazioni parlamentari. La prima la n. 366 del 28 gennaio 2009 da parte di Ignazio Marinese (Pdl) denominata “Presunte violazioni della normativa vigente in materia d’inquinamento atmosferico”. La seconda n. 403 del 11 febbraio 2009 di cui il promotore è stato Gaspare Vitrano dell’opposizione (Pd), denominata “Presunte omissioni e violazioni di norme statali e direttive europee in materia di contrasto all’inquinamento atmosferico”. 


A queste, ha risposto la Regione, attraverso una memoria, predisposta per il Governo regionale dal responsabile del Servizio 3/DTA “Tutela dall’inquinamento atmosferico”, Salvatore Anzà. Questi, all’epoca dei fatti, non rivestiva la carica attuale, pertanto, nulla a lui è imputabile, la sua memoria è stata un atto dovuto. L’ultima “fardello” per la Regione Siciliana è quello delle discariche. Di queste, una novantina sono sott’accusa per inadempienza agli obblighi comunitari in materia, tutti siti antecedenti al 2001 o compresi fra il 2001 e il 2003. Da fonte Arra, si rende noto che sarebbero 13 le discariche ancora attive, in attesa dell’ubicazione dei termovalorizzatori. Dunque, dov’è il “bandolo della matassa”? Felice Crosta ha dichiarato che “non ci sono irregolarità con le norme ambientali” e che queste non rischierebbero la chiusura; la Regione si è affretta a comunicare che le discariche “sono state per lo più chiuse”. Chiusura voluta e decisa dall’allora presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro (ne fece chiudere più di 300). Bruxelles, sulla mancanza di pericolosità delle discariche chiuse,  non la pensa allo stesso modo dell’esecutivo regionale, se ha attivato una procedura d’infrazione. Ed ecco la “frittata”. L’ennesima in materia.

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L’Ue boccia l’ambiente in Sicilia - Ambiente. Il “record” poco invidiabile.

Sette anni. Dal 2002 ad oggi la Sicilia è finita più di una volta nel mirino della Corte di giustizia e Commissione europea per le troppe e CONTINUE inadempienze a norme di materie ambientali.
L’attualità. La maggior parte dei rilievi ufficiali riguarda le emissioni atmosferiche, l’ultima la “non conformità” di circa 90 discariche dei rifiuti. La Regione rischia pesanti sanzioni. (14 maggio 2009)
Inquinamento atmosferico in Procura e Corte dei conti - La risposta a un’interrogazione presentata dal deputato Marinese (Pdl). Eventuali responsabilità, “la Regione ha trasmesso gli atti” (14 maggio 2009)
La Regione ammette: “Norme disapplicate” - La replica a un’intervento dell’on. Vitrano (Pd) sulla qualità dell’aria. “Direttiva del ‘96 ignorata, l’amministrazione ne risponde” (14 maggio 2009)

Articolo pubblicato il 14 maggio 2009 

G8 AMBIENTE DELLE BELLE SPERANZE
di Giuseppe Bellia

Aperta a Siracusa la “tre giorni” sull’ambiente. Prestigiacomo punta al documento condiviso. De Boer (Onu):”senza gli Usa inutile ogni accordo contro l’inquinamento”

SIRACUSA – Il mondo ha preso consapevolezza dei cambiamenti climatici causati dall’inquinamento, ma l’accordo sulle modalità con cui contrastarli è ancora tutto da definire. è il principale tema del quale il G8 Ambiente di Siracusa, che ieri (22 aprile “Giornata della Terra”) ha aperto i battenti, dovrà tenere conto, beninteso che questa è solo una tappa di avvicinamento ai successivi vertici di Washington e Copenaghen.

Fra speranze, proposte e soluzioni per costruire un percorso condiviso con cui contrastare il forte impatto ambientale che la civiltà umana produce ogni anno di più, i ministri dell’Ambiente e le organizzazioni non governative si confrontano sulle reciproche scelte e proposte politiche, per arrivare a una posizione congiunta da sottoscrivere nel documento finale. L’Italia, nella posizione del ministro Stefania Prestigiacomo, punta a una posizione d’equilibrio che consenta un progressivo raggiungimento della riduzione delle emissioni, non una svolta d’impegno radicale. “Diciamo no ai negazionisti - ha spiegato il ministro - che dicono che non esistono l’effetto serra e i cambiamenti climatici e diciamo no anche alle previsioni allarmistiche, come quella che tra 10 anni il Polo Nord si scioglierà”. Per Prestigiacomo, il futuro ambientale mondiale non potrà non risentire della congiuntura economica internazionale in atto. “La discussione sui  cambiamenti climatici e sulle tecnologie non può ignorare il contesto dell’attuale crisi economica e finanziaria - ha aggiunto Prestigiacomo - poiché la sostenibilità ambientale dovrà puntare su INVESTIMENTI in ricerca e sviluppo, incentivi fiscali e sussidi, finanziamenti”.  Un futuro, quello delle politiche ambientali mondiali, che per il ministro dovrà essere necessariamente condiviso. Ed è questo il maggiore scoglio. Yvo De Boer, segretario esecutivo dell’Unfccc (convenzione sui cambiamenti climatici delle Nazioni unite), ha detto chiaro e tondo che il contributo americano sarà determinante: “La posizione di Obama è essenziale per un accordo sui cambiamenti climatici”. Rispetto al precedente governo americano che non aveva assunto impegni sul protocollo di Kyoto, spiega de Boer, è “essenziale la posizione degli Usa sui cambiamenti climatici: il ruolo della nuova amministrazione è importante. Un accordo sui cambiamenti climatici – ha continuato - senza gli Stati Uniti è inutile”. 

Se a Siracusa si dibatte sul come operare congiuntamente, altrove, si firmano affari in nome di un mondo più pulito. E così che giunge, anche al Castello Maniace, la notizia che l’Enel  ha firmato con l’Australia l’adesione agli aspetti globali del Ccs, il processo tecnologico di cattura del biossido di carbonio (o anidride carbonica) contenuto nei fumi generati dai processi di combustione. Come spesso accade, le società che devono produrre utili riescono a muoversi più in fretta degli Stati. Ma andando avanti così, il capitale umano rischia la catastrofe.
Articolo pubblicato il 23 aprile 2009

G8 NEL TRIANGOLO MORTALE DELL’INQUINAMENTO
di Carlo Alberto Tregua

I ministri dell’Ambiente per bonificare Priolo

I ministri dell’Ambiente delle Nazioni più sviluppate (Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Canada e Russia) si riuniscono a Siracusa per tre giorni, per tentare un accordo sull’inquinamento

Va dato atto al ministro siracusano, Stefania Prestigiacomo, di essere riuscita nell’intento di portare gli altri sette ministri, più gli invitati, nella magnifica città aretusea, dove sicuramente potranno essere proposte le bellezze paesaggistiche, culturali ed archeologiche della città di Archimede.
La posta in gioco ridotta all’osso è la seguente: per diminuire l’inquinamento è necessario innovare i processi produttivi utilizzando nuove e cospicue risorse finanziarie; dall’altro lato, educare i cittadini in modo che comprendano come il ciclo dei consumi debba essere completato con l’utilizzazione dei rifiuti, che già in molte comunità sono diventati risorsa.
In questo quadro, assume un ruolo di primo piano la produzione di energia. La svolta di Obama verso le fonti rinnovabili potrà essere seguita in tutto il mondo, perché il cattivo comportamento ambientale di un qualunque paese, per esempio Cina ed India, comporta danni non solo per i paesi limitrofi ma per l’atmosfera dell’intero globo.

Per innovare i processi produttivi, ci vogliono i mezzi finanziari, con la conseguenza che i bilanci delle industrie si aggravano per le maggiori quote di ammortamento e per i maggiori consumi di prodotti anti-inquinanti da inserire negli stessi processi. Per questo motivo le industrie esercitano pressioni lobbistiche, in modo da evitare nuovi e maggiori oneri. 

Ed  è in questo punto che agisce la politica, perché deve bilanciare le necessità dell’ambiente e dei cittadini di riduzione dell’inquinamento e quella dei bilanci delle imprese.
C’è poi una questione di mentalità dietro cui si nasconde l’ingordigia e l’egoismo: voler GUADAGNARE il massimo possibile a scapito della collettività. In altre parole, massimizzare l’interesse privato e farlo prevalere su quello generale

Non sappiamo se il ministro Prestigiacomo porterà i suoi ospiti nel triangolo mortale dell’inquinamento (Priolo, Melilli, Augusta), né se dirà loro che il tasso di morte per tumori e quello di deformazione alla nascita è molte volte superiore al tasso nazionale. Né sappiamo se farà loro odorare i celestiali profumi che si respirano costantemente in quelle zone.
Il coordinatore regionale di Assopetroli, Luciano Parisi, in questi giorni ha protestato col governo Lombardo perché l’assessore all’Industria, Pippo Gianni, ha firmato il decreto col quale autorizza nuovi impianti di metano, escludendo la distribuzione di DERIVATI dal petrolio. Ci vuole una bella faccia di bronzo per protestare contro l’atto dovuto dell’assessore. E ci vuole l’insensibilità propria dei petrolieri che di fronte all’ingiusto profitto (mentre è lecito quello giusto) non vorrebbero retrocedere neanche di un millimetro. 
Non sappiamo quale sia la posizione del ministro dell’Ambiente italiano circa un depotenziamento del triangolo mortale dell’inquinamento, per sostituirlo con l’aumento di produzione di carburante vegetale.

Qui non si tratta di mandare a casa imprenditori che danno lavoro a migliaia di persone, ma di convincerli  a convertire i loro impianti, INVESTIRE in innovazione per la diminuzione dell’inquinamento e premere affinché tutte le centrali elettriche della Sicilia siano alimentate a gas piuttosto che dal fetido olio combustibile e dal pericolosissimo pet coke.
Sembra incredibile che la Prestigiacomo, donna bella e in gamba, non abbia ancora fatto passi ufficiali nei confronti di quei soggetti che in Sicilia inquinano,  portano via profitti e utili e considerano questa terra una colonia cui ella stessa appartiene. Le diciamo quanto precede perché la conosciamo da decenni e le vogliamo bene. Ma questo non ci esime dal sottolineare l’esistente.
Il G8 di Siracusa è un’occasione importantissima non solo per fare il punto della situazione mondiale, ma per far risaltare le carenze isolane che debbono trovare a breve soluzioni adeguate.
Articolo pubblicato il 22 aprile 2009





           DIFENDERE E TUTELARE L AMBIENTE E IL TERRITORIO
di Andrea Pizzo

Forum con Sergio Marino, direttore Agenzia regionale per la PROTEZIONE dell’ambiente

 

Qual è la missione dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente?

“La nostra missione è quella della tutela dell’ambiente. Un’attività che portiamo avanti, non solo con le procedure tecniche del campionamento e del monitoraggio, ma anche attraverso un’attenta attività di sensibilizzazione ed educazione ambientale, indirizzata ai cittadini e alle imprese per uno sviluppo sostenibile. Perché il cittadino deve essere consapevole dei processi che fanno male all’ecosistema. Solo così potrà cambiare le sue cattive abitudini”. 


Quali sono i vostri campi di azione nello specifico? 

“Sono quelli che poi determinano maggiore riflesso sulla salute e i problemi quotidiani della popolazione. Come ad esempio il monitoraggio delle acque superficiali (fiumi e laghi), che rappresentano le risorse idriche che poi vanno a soddisfare i bisogni dei cittadini. Il monitoraggio dell’aria, nell’ambito del contrasto all’inquinamento atmosferico, per valutare la qualità di ciò che respiriamo. Ed infine, poniamo particolare attenzione verso i problemi acustici ed elettromagnetici, due forme di inquinamento nuove che tanto preoccupano i cittadini. Sono proprio loro a chiedere il nostro intervento in tal senso. Nel primo caso, perché i rumori intensi provocano stati di malessere, soprattutto agli anziani, come l’insonnia. Per ciò che concerne l’elettromaghetismo, la preoccupazione maggiore è quella di vivere a stretto contatto con antenne e ripetitori del segnale di telefonia mobile”.

Dopo i vostri rilievi, quale iter seguono i monitoraggi? I risultati sono pubblici, ovvero quando lo diventano?

“Dopo aver effettuato le ispezioni e i prelievi, i campioni vengono analizzati. Nel momento in cui il funzionario firma, le analisi diventano dati ufficiali, validi e disponibili per chiunque. Nel caso di dato singolo, viene reso noto a chi è interessato. Poi, ogni anno, facciamo un annuario dei dati, che serve soprattutto agli amministratori per l’adozione delle strategie di programmazione e sviluppo”.

Chi sostiene finanziariamente la vostra attività? è tutto a carico della Regione?

“Il nostro è un bilancio atipico, perché si compone sia di trasferimenti ordinari regionali, che di entrate cosiddette ‘proprie’, frutto delle attività a pagamento che noi forniamo a soggetti privati e, qualche volta, ad enti pubblici. Fondi, quest’ultimi, che utilizziamo per la manutenzione delle apparecchiature e per pagare lo straordinario del personale. Il FINANZIAMENTO regionale, l’anno scorso, è stato di 20 milioni di euro”. 


In Sicilia, ci sono delle aree a rischio ambientale (Gela, Milazzo, Priolo). Come procede la battaglia per la tutela dei cittadini?

“Nell’ultimo ventennio, la situazione è molto migliorata, soprattutto per quanto concerne la criticità più preoccupante, ossia l’inquinamento atmosferico. Adesso, in quelle zone, la qualità dell’aria è molto migliorata. Bisogna dare atto alle AZIENDE DI aver seguito un trend di miglioramento delle loro attività. è chiaro che non siamo al massimo. Le aree a rischio meriterebbero più attenzione, purtroppo l’agenzia sconta gravi carenze di personale e questo non aiuta. L’Arpa fa quello che può. Se potessimo contare su più uomini, saremmo in grado di far fronte con maggiore prontezza alle problematiche che la realtà siciliana ci riserva. A volte ci aiuta la tecnologia, con il monitoraggio mediante centraline mobili, che, una volta piazzate nel sito da controllare, inviano i dati direttamente nei laboratori”.
 

Quali novità organizzative attendono l’Agenzia nel prossimo futuro?
“L’obiettivo principale, su cui ho iniziato a lavorare, è quello di riorganizzare la struttura dell’Agenzia, al fine di OTTIMIZZARE le risorse. 

“L’intenzione è di mantenere i nove presidi territoriali che abbiamo ereditato, quelli presenti nelle nove province siciliane, per fare controlli e ispezioni e concentrare in due grandi realtà (uno a Palermo e una a Catania) l’attività di laboratorio. 

“Una strategia che porterebbe evidenti risparmi sui costi di gestione e manutenzione. A breve avvieremo la ricerca dei FINANZIAMENTI

Articolo pubblicato il 20 marzo 2009



A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE



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