Bertolt Brecht : “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”



Non mi piace pensare che esiste l’ingiustizia della legge, non mi piace perché è dura da digerire, mi rendo conto che spesso e volentieri si perde traccia degli eventi perché non sono più sensazionali e solo grazie alla diretta conoscenza delle persone coinvolte verrai a sapere che quella storia non è finita così. Ma…………..



Pino Ciampolillo

domenica 29 marzo 2015

CENTO CANTIERI FERMI, SOLO 12 IMPIANTI IN REGOLA: LA SICILIA RISCHIA MAXIMULTA E STOP AI FONDI

CENTO CANTIERI FERMI, SOLO 12 IMPIANTI IN REGOLA: LA SICILIA RISCHIA MAXIMULTA E STOP AI FONDI


L’Europa presenta un conto da 185 milioni di euro In pericolo anche aree protette
di GIOACCHINO AMATO

Un miliardo e cento milioni di euro di fondi europei sbloccati da una delibera del Cipe a metà del 2012 ma ancora non spesi, 93 cantieri per la realizzazione di depuratori e impianti fognari fermi al palo, 227 dei 1.300 chilometri di coste siciliane sempre più inquinati, come decine di falde acquifere. La scure di Renzi sull’inerzia di Regione e Comuni dell’Isola arriva su un sistema che fa acqua, in questo caso inquinata, da tutte le parti e nel quale i depuratori mai costruiti appaiono solo come l’ultimo degli scandali.

La decisione del governo Renzi di nominare commissari per far partire i cantieri entro i prossimi mesi scatta dopo la procedura di infrazione avviata dall’Unione europea. Una multa miliardaria che verrà pagata fino a quando gli scarichi a mare non saranno stati ridotti a zero. Solo per la Sicilia, secondo i calcoli di Erasmo De Angelis, a capo della struttura del governo contro il dissesto idrogeologico, si tratta di 185 milioni di euro, 37 euro per ogni abitante. E per pagarla il governo si rifarà sui Comuni inadempienti, che non potranno far altro che dichiarare il default.
Proprio qualche giorno fa i costruttori di Ance Sicilia avevano inviato al premier la loro lista aggiornata delle opere cantierabili ma bloccate, depuratori e fogne comprese. Tra queste una decina di impianti nell’Agrigentino, quasi il doppio nel Palermitano, otto nel Catanese fra i quali intere reti fognarie e le opere per salvaguardare l’area marina protetta dell’isola dei Ciclopi, poi il depuratore di Macchitella a Gela, quelli di Priolo e Augusta. Non a caso il sindaco di Catania, Enzo Bianco, si è già proposto a Renzi come commissario per l’area etnea, che da sola attende opere per mezzo miliardo, depuratori e reti che spetterà al commissario anche affidare in gestione.
Ma quei 93 cantieri potrebbero non salvare la Sicilia né dalle multe né dalla devastazione di mari, coste e falde acquifere. Su oltre cinque milioni di abitanti dell’Isola, poco più di tre milioni sono serviti da impianti di depurazione, 27 comuni sono stati multati dall’Unione europea perché non hanno una rete fognaria, altri 175 sono in infrazione, un quinto delle coste siciliane non sono balneabili. Il paradosso è che la Sicilia e i suoi 390 comuni hanno già la bellezza di 431 impianti di depurazione, anche se 73 sono ufficialmente «inattivi». Ne rimangono 358: «Quelli efficienti però non sono più di 12 — rivela il docente universitario Aurelio Angelini, esperto di politica ambientale — gli altri spesso sono soltanto contenitori di liquami. C’è stata la tendenza a fare un depuratore per ogni comune, ma i costi di gestione sono proibitivi, soprattutto per i piccoli centri, e il risultato in termini di efficienza è minimo». Un grosso spreco di miliardi e di ricchezze ambientali, insomma, in nome del campanilismo delle opere pubbliche: «In Sicilia — ricorda Angelini — basterebbero venti depuratori di grandi dimensioni per essere in regola con le direttive europee, e soprattutto un sistema idrico integrato che consenta di utilizzare l’acqua depurata per l’agricoltura e l’industria, risparmiando le risorse dei bacini».

Un compito che spettava agli Ato idrici usciti dalla riforma di privatizzazione del servizio, che in Sicilia si è rivelata un gigantesco flop. Adesso tutto dipende dalla nuova legge sul servizio idrico che da due anni si attende, finora invano, dal governo Crocetta.

Nel frattempo in Sicilia accade di tutto. Dal depuratore di Acate, in provincia di Ragusa, l’acqua esce più inquinata di prima e non viene usata neanche dagli agricoltori. Nel Catanese molti comuni, Acireale compreso, scaricano a mare. Come a Isola delle Femmine, dove manca ancora il “pennello a mare”. «Nelle aree industriali di Gela, Siracusa e Milazzo va molto peggio — rincara Angelini — con il porto di Augusta che registra una situazione drammatica: idrocarburi e metalli pesanti che stanno causando mutazioni genetiche della fauna. Ma anche tutte le falde acquifere sotto Palermo sono fortemente inquinate». «Abbiamo decine di segnalazioni — racconta il presidente della commissione Ambiente all’Ars, Giampiero Trizzino dei 5Stelle — avevamo chiesto una mappatura all’assessore Marino, poi al successore Calleri che l’aveva quasi pronta, adesso è arrivata Vania Contrafatto che martedì avremo in audizione».

Davanti a tanto inquinamento, chi dovrebbe controllare allarga le braccia. Come il direttore dell’Arpa Sicilia, Francesco Licata di Baucina, che alla trasmissione di Raitre Report ha dichiarato di avere solo il 30 per cento del personale necessario per i controlli, in una Regione zeppa di funzionari ma anche di forestali. E la storia rischia di non finire qui. Se i commissari non riusciranno a sbloccare i cantieri, il miliardo andrà ad altre Regioni attraverso il “fondo revoche” già aperto al ministero dell’Ambiente. A questo punto saranno altri Comuni italiani a salvarsi dalle sanzioni, ma con i soldi destinati alla Sicilia. Mentre i siciliani continueranno a nuotare in un mare di liquami.


a cura del Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femmine




Nessun commento:

Posta un commento