REPUBBLICA ITALIANA
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N.
1503-02 Reg. Sent.
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, ha
pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
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N.
634 Reg. Gen.
ANNO
2000
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sul ricorso n. 634/2000, proposto da CATALDO Laura e CATALDO
Girolama, rappresentate e difese dall’avv.to Prof. Sergio Agrifoglio, presso il
cui studio sono elettivamente domiciliate in Palermo, via Brunetto Latini n.
34;
contro
il
Comune di Isola delle Femmine,
in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
per la declaratoria
dell’avvenuta
acquisizione da parte del Comune di Isola delle Femmine,
per “accessione invertita“, di un terreno di proprietà delle ricorrenti esteso
mq 250, mediante la realizzazione su di esso della locale via Favarotta, giusta
delibera di G.M. n.62 del 4/02/1989;
e per la condanna
a)del predetto Comune, al
risarcimento del danno illecito conseguente alla perdita del suindicato
terreno, maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria dalla data di
irreversibile trasformazione del fondo fino all’effettivo soddisfo, “oltre gli
interessi sugli interessi scaduti, quantomeno a far data dalla presente domanda
e fino all’effettivo soddisfo”;
b)dello stesso Comune, in sede
cautelare, di una provvisionale pari ad almeno il 50% del danno sofferto;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Designato relatore alla pubblica udienza del 07/05/2002 il
Consigliere Cosimo Di Paola:
Udito l’avv.to Marcello Rizzo – delegato dall’avv.to S. Agrifoglio
- per le ricorrenti;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso a questo Tribunale notificato il 19/2/2000 e
depositato il 9/3/2000, Cataldo Laura e Girolama, espongono che per
l’ampliamentoE LA SISTEMAZIONE della
via Favarotta, nel Comune di Isola delle Femmine,
sarebbe stato occupato ed irreversibilmente trasformato un terreno di loro
proprietà, esteso mq 250. La deliberazione di G.M. n.62 del 4/2/1989, di
approvazione del relativo progetto, sarebbe “radicalmente nulla” per mancanza
di fissazione dei termini ex art. 13 L. n.2359/1865. Né gioverebbe a sanare
tale vizio la successiva, integrativa, delibera di G.M. n.44 del 16/2/1990, che
sarebbe “a sua volta nulla“. Mentre l’ordinanza sindacale n.31 del 16/5/1986 con
cui è stata disposta l’espropriazione definitiva del fondo delle ricorrenti,
essendo comunque intervenuta oltre il termine di cinque anni stabilito dalla
delibera n.44/90, sarebbe stata adottata in carenza di potere.
In considerazione di tutto ciò, le ricorrenti hanno chiesto la
condanna del Comune intimato al risarcimento del danno subito, come in epigrafe
indicato.
Il Comune di Isola delle Femmine intimato non si è costituito in
giudizio.
Con sentenza della Sezione n.701 del 28/4/2000 il ricorso è stato
dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.
In riforma di tale sentenza il C.G.A. con decisione n.296/2000 ha
affermato la sussistenza della giurisdizione di questo Giudice, cui pertanto ha
rinviato la controversia.
Con sentenza interlocutoria n.1325 del 26/09/2001 si sono disposti
incombenti istruttori.
Alla pubblica udienza del 7 maggio 2002 il procuratore delle
ricorrenti ha chiesto che il ricorso venisse posto in decisione.
DIRITTO
1. Le
ricorrenti chiedono la condanna del Comune di Isola delle Femmine al risarcimento del danno ingiusto
sofferto a causa dell’irreversibile trasformazione del terreno di loro
proprietà, fondando la pretesa sul presupposto che gli atti del procedimento di
espropriazione (dichiarazione di pubblica utilità, implicita nell’approvazione
del progetto dell’opera pubblica realizzata, e ordinanza sindacale di esproprio
– specificati in narrativa -) sarebbero del tutto privi di ogni efficacia
giuridica, in quanto, il primo, sarebbe addirittura nullo, ed il secondo, adottato
in carenza di potere.
Tale domanda risarcitoria deve, però, dichiararsi inammissibile in
quanto postula un autonomo giudizio risarcitorio, prescindendo dall’impugnativa
di provvedimenti che pure si assumono illegittimi (recte, nulli).
Ritiene, infatti, il Collegio di non poter condividere siffatta
prospettazione, che all’evidenza aderisce all’indirizzo giurisprudenziale della
Corte di Cassazione, secondo cui sarebbe possibile addivenire ad una sentenza
risarcitoria, effettuando la disapplicazione se non addirittura il mero
accertamento di inefficacia degli atti della procedura espropriativa (cfr., da
ultimo, Cass. Civ. Sez. I, 18 febbraio 2000, n.1814).
E ciò, alla stregua di quanto già statuito dalla Sezione, in
fattispecie analoga a quella in esame, con la recente sentenza n.1444/01
dell’11/10/01, le cui argomentazioni qui di seguito si ripropongono.
- Il
citato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione muove dal
presupposto logico-giuridico dell’inidoneità del provvedimento amministrativo
(finalizzato all’espropriazione) – che sia inficiato da vizi di rilevante
gravità derivanti da una illegittima dichiarazione di p.u. – ad incidere sul
diritto di proprietà del privato, con la conseguente affermazione della
sopravvivenza del diritto anche all’eventuale attività di trasformazione del
bene da parte dell’Amministrazione ed il riconoscimento in capo al proprietario
della facoltà alternativa di richiedere la restituzione del bene o di
“abbandonare“ lo stesso e chiedere il risarcimento del danno.
Se
non che, in presenza di un procedimento espropriativo posto in essere secondo
le previste fasi (mediante le delibere di G.M. e l’ordinanza sindacale, in
narrativa specificati) non appare possibile recepire uno strumento processuale
di tutela delle ragioni del privato che, sostanzialmente, prescinda
dall’esistenza dei predetti provvedimenti amministrativi, dalla cui natura
giuridica discende l’autoritatività (cioè idoneità a produrre effetti
unilaterali nella sfera giuridica dei destinatari), la presunzione di
legittimità (che assiste l’atto fino alla decisione favorevole in ordine alle
eventuali impugnative proposte), la immediata efficacia (fino a quando non sia
eventualmente sospeso o annullato) e l’inoppugnabilità (qualora non sia
impugnato nel prescritto termine decadenziale).
Invero, secondo i principi cui si è tradizionalmente ispirata la
giurisprudenza amministrativa, deve ritenersi che la sussistenza di un iter
procedimentale espropriativo completo, determini l’effetto ablativo del diritto
di proprietà del privato, il quale può trovare piena tutela attraverso i rimedi
previsti nell'ambito dell’ordinamento della giurisdizione amministrativa di
legittimità. Con la conseguenza che ove questi rimedi non siano stati
utilmente, o completamente, esperiti (con la rimozione dei provvedimenti
lesivi) il privato non possa essere riconosciuto titolare di alcuna posizione
risarcibile.
In particolare, non si ritiene di poter condividere l’orientamento
della Corte di Cassazione secondo cui la procedura espropriativa sarebbe da
ritenere come esperita in carenza di potere – con conseguente inidoneità dei
relativi atti ad incidere sul diritto di proprietà del privato – non solo nelle
ipotesi di assenza o di annullamento della dichiarazione di pubblica utilità,
ma anche tutte le volte che la dichiarazione di p.u. esista ma sia viziata
dalla mancata determinazione dei termini ex art. 13 L. n.2359/1865 (come pure
si assume nella fattispecie).
Vero è ,infatti, che la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons.
Stato, Sez. IV, 19 gennaio 2000 n. 248) non ha mancato di evidenziare che il
principio della fissazione dei termini per il completamento della procedura
espropriativa e per l’esecuzione dei lavori, desumibile dall’art.13 L.
n.2359/1865 (in prima battuta contenuti nella dichiarazione di pubblica
utilità) risponde all’esigenza di rilievo costituzionale (art. 42 comma 3
Cost.) di limitare il potere discrezionale della Pubblica amministrazione di
mantenere in stato di soggezione i beni espropriabili a tempo indeterminato,
nonché di tutelare l’interesse pubblico a che l’opera venga eseguita in un arco
temporale valutato congruo per l’interesse generale e per evidenti ragioni di
serietà dell’azione amministrativa; ed ha coerentemente statuito (v. Cons.
Stato, Sez. VI, 26 luglio 2000, n. 4158) l’impossibilità di una sanatoria con
efficacia ex tunc, mediante convalida, né ex nunc, mediante integrazione
postuma dell’atto incompleto, in ordine all’omessa indicazione dei termini
iniziale e finale del procedimento espropriativo nel primo atto del medesimo.
Ma deve pure evidenziarsi che la stessa giurisprudenza amministrativa ha
escluso che il verificarsi della c.d. accessione invertita comporti la carenza
di interesse alla pronuncia sulla legittimità degli atti di espropriazione ad opera
del giudice amministrativo (v. Con. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2000, n.2940;
C.G.A., 8 agosto 1998, n.457) atteso che il diritto del soggetto interessato
può consistere in quello relativo al risarcimento del danno o al valore venale
del bene, una volta definita in via giudiziale l’illegittimità della procedura
espropriativa posta in essere dall’Amministrazione.
In definitiva, la giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto
pregiudiziale alla proposizione dell’azione risarcitoria la rimozione degli atti
illegittimi della procedura espropriativa.
Ulteriori argomenti a sostegno della suesposta tesi possono
evincersi dalle norme che hanno condotto all’ampliamento della giurisdizione
del giudice amministrativo ed alla tutela risarcitoria – a partire dall’art.11,
co.4, lett. g) della L. 15/03/1997 n.59, agli artt. 7, co.3, della L.
n.1034/1971, nel testo introdotto dal “nuovo“ art. 35, co.4, D.Lgs. n.80/1998,
e 35, co.5, del D.Lgs. n.80/1998, nel testo introdotto dall’art. 7 L. n.
205/2000 – che tutte sembrano confermare la tradizionale opinione secondo la
quale la tematica del risarcimento del danno ingiusto è compresa nel novero dei
diritti patrimoniali conseguenziali, ai quali tradizionalmente si attribuisce
la caratteristica di discendere, quale conseguenza ulteriore,
dall’illegittimità dell’atto, accertata dal giudice amministrativo.
Ed invero, sia il citato art.11, co. 4, lett. g) della L.
15/03/1997 n.59 che il nuovo testo dell’art.7, co.3, della L. n. 1034/1971
includono espressamente il risarcimento del danno tra gli altri diritti
patrimoniali conseguenziali all’annullamento degli atti amministrativi, mentre
l’art.35, co.1, del D.Lgs. n.80/1998 – che, con esplicito riferimento alle
materie di giurisdizione esclusiva, utilizza una espressione avulsa dalla
tematica dei diritti patrimoniali conseguenziali ed apparentemente idonea a
radicare una ipotesi di tutela risarcitoria autonoma – trova la sua
giustificazione nella possibilità dell’introduzione di autonome controversie
risarcitorie per violazione di diritti soggettivi e/o a fronte di meri
comportamenti della P.A. (cfr. art.34 D.Lgs. n.80/1998).
Si deve ancora aggiungere che, in senso conforme alla tesi qui
sostenuta (della necessità cioè della preventiva impugnazione degli atti
amministrativi incidenti sulla posizione giuridica soggettiva della quale si
chiede il risarcimento del danno), il Consiglio di Stato (Se. IV, n.1684 del 22
marzo 2001) ha recentemente affermato l’inammissibilità della pretesa al
risarcimento del danno allorchè l’interessato non abbia esercitato i mezzi di
tutela, offerti dall’ordinamento, che gli avrebbero consentito di ottenere la
reintegrazione in forma specifica.
Detta affermazione, peraltro, trova riscontro nella disciplina
della responsabilità civile per fatto illecito, alla quale risulta applicabile
– in virtù del rinvio operato dall’art. 2056 cod. civ. all’art. 1227 cod.civ. –
anche il principio secondo il quale “il risarcimento non è dovuto per i danni
che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza“, non
potendosi dubitare che rientri nella nozione di utilizzazione dell’ordinaria
diligenza anche l’esperimento dei rimedi giuridici offerti dall’ordinamento a
tutela delle proprie ragioni.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le
spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia,Sezione
prima, dichiara inammissibile il ricorso in
epigrafe.--------------------------------------------------------------------
Spese compensate.------------------------------------------------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.------------------------------------------------------------
Così deciso in Palermo il 7 maggio 2002, in Camera di Consiglio,
con l'intervento dei signori magistrati:--------------------
- Giorgio Giallombardo, Presidente;
-
Salvatore Veneziano, Consigliere;
-
Cosimo Di Paola, Consigliere estensore;
Laura Malerba, Segretario.
Depositata
in Segreteria il 10.06.2002
Il Segretario
Laura Malerba
I.B.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE
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