Bertolt Brecht : “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”



Non mi piace pensare che esiste l’ingiustizia della legge, non mi piace perché è dura da digerire, mi rendo conto che spesso e volentieri si perde traccia degli eventi perché non sono più sensazionali e solo grazie alla diretta conoscenza delle persone coinvolte verrai a sapere che quella storia non è finita così. Ma…………..



Pino Ciampolillo

sabato 28 marzo 2015

CORRUZIONE E RIFIUTI, RIPARTE IL PROCESSO TERRA MIA SOLDI E VIAGGI IN CAMBIO DEL VIA ALLE DISCARICHE 2 PARTE

CANNOVA GIANFRANCO ASCESA E DECLINO DELL'ANTIMAFIA DEGLI AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE"
Giulio Ambrosetti


Un' inchiesta coinvolge la dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici antimafia che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi "comitati d'affari". Mala gestione dei beni sequestrati alla mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo dei fondi europei, privatizzazione degli aereoporti... La magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?


Tira un’aria pesante in questi giorni lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia e antimafia c’è un po’ di ‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie strane. E un’inchiesta su presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, considerato uno degli uomini di punta dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di pentiti di Cosa nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze, ovviamente. Ma il fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’, nell’Isola, stanno cambiando. Anche, anzi soprattutto per chi, dal 2008, di diritto o di rovescio, esercita in Sicilia un potere pieno e, adesso, un po’ controllato: il senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia. 

E’ lui, ormai da sette lunghi anni, l’uomo politico più potente della nuova e della ‘vecchia’ Sicilia. E’ lui il garante di tanti, forse troppi accordi in bilico tra politica, economia e chissà cos’altro ancora. A lui fa riferimento Antonello Montante, oggi sfiorato dal dubbio che dai tempi di Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni illumina come un’ombra sinistra tanti politici siciliani ascesi al soglio del potere. Dubbi che, nel caso dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si sono trasformati in condanna a sette anni per mafia. Dubbi che hanno accompagnato il suo successore, Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una condanna di primo grado  sempre per mafia (in questi giorni dovrebbe iniziare il processo di secondo grado). Ogni storia giudiziaria, ogni inchiesta dei magistrati inquirenti, si sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in questa vicenda il contesto politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che coinvolge Montante. Proviamo a illustrarla. 

In politica sono importanti i segnali. E il primo segnale sinistro è arrivato circa una settimana prima del ‘siluro’ che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la scoperta che la Regione siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente - anche lui, neanche a dirlo, personaggio legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è costituita parte civile in un procedimento giudiziario che coinvolge un funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni, potrebbe essere legata al fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova, era il responsabile del procedimento amministrativo di importanti autorizzazioni ambientali. La firma sui provvedimenti di autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di un funzionario e non di un dirigente.
Viene da chiedersi, a questo punto, perché hanno arrestato lui, se a firmare erano, a norma di legge, altri dirigenti. E’ in questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile da parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è un comitato di affari.

E questo comitato di affari che la Regione sta cercando di proteggere non costituendosi parte civile?

E’ Cannova non sa nulla di questa storia?

Le domande sono più che legittime, perché quello che sta succedendo è veramente strano. 

In ogni caso, per il presidente Crocetta - un personaggio che, a parole, si proclama sempre antimafioso e paladino della cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso in cui avesse semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel caso in cui si dovesse venire a scoprire che dietro questa storia c’è un comitato di affari. La cosa strana è che gli ultimi due dirigenti che stavano sopra il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo - Vincenzo Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’ Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo politico siciliano, è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale dei Rifiuti.   

Una settimana dopo lo scivolone di Crocetta (che comunque, come già accennato, non è nuovo a questo genere di ‘stranezze’, se è vero che il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato le regole sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non sfugge che il presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla politica italiana, della cui presenza in vita i cittadini del nostro Paese non avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno. 

Su questo punto è bene essere chiari. Dei beni sequestrati e confiscati alla mafia si occupa già la magistratura. Ci sono state polemiche sul fatto che chi va a gestire questi beni - che di solito sono avvocati e commercialisti nominati dai magistrati - non avrebbe e competenze imprenditoriali per gestire aziende confiscate che poi, magari, falliscono. Il problema esiste. Ma non si capisce perché, a risolverlo, dovrebbero essere soggetti nominati da una politica che spesso è collusa con la mafia.

Insomma, senza girarci tanto attorno, il dubbio, tutt’altro che campato in aria, è che la politica stia provando a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia. E siccome sono noti i rapporti tra mafia e politica, non è da escludere che i politici, con questo stratagemma, puntino a restituire, sottobanco, i beni confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali prestanome. 

Nessuno, per carità!, vuole offendere i soggetti - Prefetti in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i beni confiscati o sequestrati alla mafia. Le nostre sono semplici considerazioni politiche che non coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate, piaccia o no, alla storia del nostro Paese. E’ un peccato di lesa maestà ricordare - lo faceva nei primi del ‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel Sud d’Italia, esercitava il suo potere proprio con i Prefetti in combutta con i prepotenti e i mafiosi dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia, ancora una volta, l’ultimo baluardo contro un’illegalità mai doma è rappresentato dalla magistratura?
Detto questo, la politica farebbe bene a sbaraccare subito questa inutile Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia. Quanto ai problemi legati alla mancata gestione imprenditoriale delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, beh, è sufficiente affiancare ai commercialisti e agli avvocati imprenditori o associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la magistratura e non i politici attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla politica!

Fine delle considerazioni sull’aria pesante che oggi si respira nell’Isola? Niente affatto. I cambiamenti in corso sono ancora più profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994, pensava di essere immune da qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse in parte è stato così. Chi scrive ricorda un sindaco di Corleone di sinistra che in quegli anni affidava e rinnovava appalti a una società riconducibile a parenti stretti del boss Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del miliardo di vecchie lire messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI, affidati a soggetti dell’antimafia, di cui non si è saputo più nulla.

Tra i personaggi che hanno sempre ‘navigato’ in un’Antimafia molto discutibile c’è il già citato senatore Lumia. Che oggi non sembra più il politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha creduto che lui e i personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a rispondere del proprio operato. Forse perché ha pensato, errando di grosso, che la magistratura era assimilabile agli altri poteri dello Stato italiano, più o meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar, sigla che sta per Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la Corte dei Conti stanno rispondendo ai prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi, vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della legalità. 

La vicenda che oggi coinvolge Montante - vicenda, lo ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti ancora tutte da verificare - arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata ad andare lontano. Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008 tiene in pugno la Sicilia. Chi scrive, già nei primi mesi dello scorso anno, sul quotidiano on line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo strano caso di Patrizia Monterosso, segretario generale della presidenza della Regione (in pratica, il più alto burocrate della Regione siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della propria Autonomia, potrebbe essere assimilato a uno Stato americano se la stessa Autonomia venisse applicata correttamente: cosa che non avviene), e di suo marito, l’avvocato Claudio Alongi. Con la prima che si pronunciava su un incarico del marito presso la stessa amministrazione regionale! E con il secondo che forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa amministrazione regionale!

Entrambi in palese conflitto di interessi.

Quando abbiamo scritto queste cose ci hanno quasi presi per matti. Non ci credevano. Ma oggi questa vicenda è diventata di dominio pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle autorità competenti. Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del senatore Lumia.  

Il senatore Lumia - che è il vero presidente ‘ombra’ della Regione siciliana, in quanto inventore della candidatura di Crocetta insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via di decomposizione politica - comincia  a perdere colpi. Ben prima del ‘siluro’ che in questi giorni ha centrato Montante, lo stesso segretario generale della presidenza della Regione, la già citata Patrizia Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre un milione di euro (€ 1.279.007,04) per fatti riguardanti il settore della formazione professionale. ( Sent. n. 401/2014  http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html  )
Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di potere di Lumia - la dirigente generale del dipartimento Lavoro della Regione, Anna Rosa Corsello - è stata di recente ‘bastonata’ dal Tar Sicilia, che ha dichiarato nullo un atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del decreto di accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto essere firmato dal presidente della Regione e che, invece, è stato firmato dall’ex assessore regionale, Nelli Scilabra). Il decreto dichiarato nullo dal Tar Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché sui SOLDI già spesi sulla base di un decreto nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione di responsabilità a carico dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di euro). 
Non solo. Sembra che, adesso, anche l’Unione europea si stia svegliando. Fino ad oggi Bruxelles, sulla formazione professionale, ha fatto finta di non vedere violazioni incredibili. I burocrati legati all’attuale governo regionale hanno bloccato l’assegnazione di fondi europei per rivalersi su errori commessi nell’erogazione di fondi pubblici. Solo che i fondi erogati irregolarmente erano regionali, mentre quelli con i quali la Regione ha provato a rivalersi erano europei. Due tipologie di fondi pubblici non sovrapponibili.

Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare l’erogazione di fondi europei per recuperare fondi regionali erogati illegittimamente. 

Ma c’è, nella gestione della formazione professionale siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a monte. Una storia molto più grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi europei, per definizione, sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai fondi nazionali e regionali. La Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i fondi europei sostituendoli totalmente ai fondi regionali. E questo non si può fare. Non a caso è in corso una class action da parte del mondo della formazione professionale siciliana contro la Regione che, ormai da quattro anni, non si dota del Piano formativo regionale della formazione professionale con fondi regionali, finanziando tutto con le risorse del Fondo sociale europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe fare perché a vietarlo è la stessa Unione europea che, fino ad oggi, violando leggi e regolamenti che essa stessa si è data, fa finta di non vedere tutto quello che succede in Sicilia in questo settore, rendendosi complice di un’irregolarità ai danni di se stessa. 
Tutto questo vale per il passato e per il presente. Ma il ‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema di potere del senatore Lumia riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda caso in questi giorni, si è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono gli aeroporti siciliani. Sono la Sac, che gestisce gli aeroporti di Catania Fontanarossa e Comiso; la Gesap, che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ di Palermo; e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani. Per motivi ‘misteriosi’ queste tre società - fino ad oggi controllate da soggetti pubblici - dovrebbero essere privatizzate. Si tratta di società che, se gestite con oculatezza, potrebbero dare utili e ricchezza alla collettività. Ma siccome siamo in Italia questa ricchezza se la debbono incamerare i privati. A questo sembra che punti il governo Renzi che, non a caso, su questi e su altri argomenti è perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della sinistra che lo stesso Pd di Renzi dice di rappresentare!
L’affare più grosso è rappresentato dall’aeroporto di Catania, il più importante della Sicilia, destinato a diventare un hub. Non a caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco Ivan Lo Bello, altro esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi prenderà il controllo della Sac - società per azioni oggi controllata dalle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa, dall’Istituto regionale per le attività produttive e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà pure la gestione dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il flusso turistico verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta l’ortofrutta prodotta nelle serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e Licata. 
Un po’ meno importanti - ma non per questo da tralasciare - gli aeroporti di Palermo e Trapani. Nella Gesap - società che, come ricordato, gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ - troviamo la Provincia di Palermo come socio di maggioranza, poi il Comune e la Camera di Commercio, sempre di Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per cento alla Provincia di Trapani, per il 2 per cento alla Camera di Commercio, sempre di Trapani, e per il restante 49 per cento a un gruppo di privati. 
Non sfugge agli osservatori che Montante, oltre che presiedere la Camera di Commercio di Caltanissetta, è presidente dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della Sicilia. E le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni delle società aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso vale per le Province siciliane, tutte commissariate e gestite dalla stessa Regione, cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…
Insomma, i conti tornano. O meglio, cominciano a non tornare per Lumia, per Montante e per Crocetta. Tre personaggi che hanno fatto fortuna utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio per la politica (e per gli affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in difficoltà. 
Una caduta che non sembra risparmiare nemmeno il numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, titolare della più grande discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in provincia di Agrigento. Sotto scacco - non a caso sempre da parte della magistratura - è finita tutta la gestione dei rifiuti in Sicilia imperniata ancora sulle discariche. Una follia tutta siciliana che inquina l’ambiente.
Va ricordato che quasi tutte le discariche siciliane non sono a norma di legge. Nelle discariche non possono essere sotterrati i residui organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe lavorato a parte. Invece in quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di immondizia entrano, scaricano e vanno via. Ma questo non si può fare, la legge non lo consente. E invece si fa. Ma adesso la festa sembra finita. 
Non va meglio per la gestione dell’acqua. Tutti in Sicilia sanno che, in due anni e oltre di legislatura, il Parlamento siciliano, di fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa popolare per il ritorno alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia, è sempre stata contro l’acqua pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Ed è così anche oggi che la mafia opera da Bruxelles, imponendo i proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil dei Paesi dell’Unione europea.
La mafia non vuole il ritorno all’acqua pubblica. E la politica siciliana si sta adeguando alle ‘richieste della mafia che, come insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono rifiutare. Questo spiega perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana è mobilitata a bloccare i tentativi di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse dei cittadini. Un esempio ‘intollerabile’…     
Insomma, tutto il mondo che gira attorno a Lumia, Montante, Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è un mondo di politica legata agli affari, dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla gestione della burocrazia, dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino all’acqua - in un modo o nell’altro non sembra più in sintonia con una certa idea di antimafia. La Giustizia da una parte e i grandi interessi che si scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando in Sicilia nuovi scenari.          




BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA  DECRETO-ACCREDITAMENTI ANNULLATO
Venerdì 30 Gennaio 2015 - 17:27 di Accursio Sabella 

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal governatore.

PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei confronti del passaggio in cui si prevede la revoca dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto, l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone clamoroso.

Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.

In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.

I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.

Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.





L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE MESSINA 10 OTTOBRE 2014

FORMAZIONE E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio della procura della repubblica di palermo

Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse del Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta di Italia lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con le aziende decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A tal riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del citato interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso di 250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS finale nel caso di assunzione a tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.
Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo regionale. Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione regionale sta ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova finestra per garantire l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata dai miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare gli atti che producevo".
"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno seguita con molta attenzione".


L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE 2013

POLITICA – Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di palermo.

 Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso.  A generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in corso al San Paolo Palace di Palermo.

Il Senatore, con la sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo: Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il mondo come volontà e rappresentazione". Di che si tratta?  Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E, in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce solo lui:

"Questo e' un partito che si isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente per la prima volta davvero in grado di rompere col passato.  I cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto ci risulta, si parla di un Governo che si era presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo  ma  che  tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il  21 Settembre scorso, ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.  Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni nell'Universo,  e che  magari, si è fermato anche al San Paolo Palace hotel.  Ma solo per pochi secondi.


12 luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola, di Marco Benanti

PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA:  MONTANTE INDAGATO PER MAFIA

A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su  Montante, indicato pochi giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco  è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone  (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è stato compare di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro non erano che  legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue ‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare, oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.


NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”

Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014

Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero “firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di Confindustria Sicilia”.

Detto e sottoscritto da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.

Oggi Marino rompe un lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia della Campania”.

È un fiume in piena l’ex magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura” stanno venendo al pettine.

“La verità – dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene comune”.

A difendere l’ex assessore scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.

“Va ricordato al presidente Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.

E poi: “Catanzaro è il primo imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta. Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.

Perché Crocetta difende Catanzaro e attacca Marino?

“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.

Perché, dottor Marino, lei accusa anche il presidente di Confindustria?

“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non posso’.
‘Allora veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato, nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”.
E Crocetta?

“Cambiò discorso”.

Cosa avvenne a seguito della sua inchiesta?

“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.

Qual è il ruolo del senatore Lumia?

Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.

Perché Crocetta la nomina assessore?

“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.

Un’operazione di facciata?

“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.

12 novembre 2014
RIFIUTI, MONTANTE E LO BELLO  QUERELANO NICOLÒ MARINO

Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia
di Luciano Mirone

È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia, “rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.

MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA SOLO? 

La notizia è “il Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9 Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per mafia“.
Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia

È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma non solo.

Marino ha indicando ciò che a suo parere costituisce un sistema di potere e di collusioni formato da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?), Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana.

Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito. Anzi, ha rincarato la dose.

Questa Amministrazione – scrive Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH” della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe, VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.

Montante indagato per mafia. Mah!

A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:

È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?

Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.

Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.

I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 . Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).

Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.

Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli interessi della mafia.

Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele Macaluso furono i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già aveva rotto con Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.

La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo stesso Enrico Mattei.

È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.

Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra

Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.
Montante e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e Sicilia est al secondo.

Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.

Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!

Dice il deputato regionale siciliano Leanza4

Lo Bello e Montante? Sono i padroni della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.

E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per mafia.







CANNOVA GIANFRANCO ASCESA E DECLINO DELL'ANTIMAFIA DEGLI AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE"
Giulio Ambrosetti


Un' inchiesta coinvolge la dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici antimafia che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi "comitati d'affari". Mala gestione dei beni sequestrati alla mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo dei fondi europei, privatizzazione degli aereoporti... La magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?


Tira un’aria pesante in questi giorni lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia e antimafia c’è un po’ di ‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie strane. E un’inchiesta su presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, considerato uno degli uomini di punta dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di pentiti di Cosa nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze, ovviamente. Ma il fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’, nell’Isola, stanno cambiando. Anche, anzi soprattutto per chi, dal 2008, di diritto o di rovescio, esercita in Sicilia un potere pieno e, adesso, un po’ controllato: il senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia. 

E’ lui, ormai da sette lunghi anni, l’uomo politico più potente della nuova e della ‘vecchia’ Sicilia. E’ lui il garante di tanti, forse troppi accordi in bilico tra politica, economia e chissà cos’altro ancora. A lui fa riferimento Antonello Montante, oggi sfiorato dal dubbio che dai tempi di Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni illumina come un’ombra sinistra tanti politici siciliani ascesi al soglio del potere. Dubbi che, nel caso dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si sono trasformati in condanna a sette anni per mafia. Dubbi che hanno accompagnato il suo successore, Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una condanna di primo grado  sempre per mafia (in questi giorni dovrebbe iniziare il processo di secondo grado). Ogni storia giudiziaria, ogni inchiesta dei magistrati inquirenti, si sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in questa vicenda il contesto politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che coinvolge Montante. Proviamo a illustrarla. 

In politica sono importanti i segnali. E il primo segnale sinistro è arrivato circa una settimana prima del ‘siluro’ che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la scoperta che la Regione siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente - anche lui, neanche a dirlo, personaggio legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è costituita parte civile in un procedimento giudiziario che coinvolge un funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni, potrebbe essere legata al fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova, era il responsabile del procedimento amministrativo di importanti autorizzazioni ambientali. La firma sui provvedimenti di autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di un funzionario e non di un dirigente.
Viene da chiedersi, a questo punto, perché hanno arrestato lui, se a firmare erano, a norma di legge, altri dirigenti. E’ in questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile da parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è un comitato di affari.

E questo comitato di affari che la Regione sta cercando di proteggere non costituendosi parte civile?

E’ Cannova non sa nulla di questa storia?

Le domande sono più che legittime, perché quello che sta succedendo è veramente strano. 

In ogni caso, per il presidente Crocetta - un personaggio che, a parole, si proclama sempre antimafioso e paladino della cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso in cui avesse semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel caso in cui si dovesse venire a scoprire che dietro questa storia c’è un comitato di affari. La cosa strana è che gli ultimi due dirigenti che stavano sopra il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo - Vincenzo Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’ Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo politico siciliano, è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale dei Rifiuti.   

Una settimana dopo lo scivolone di Crocetta (che comunque, come già accennato, non è nuovo a questo genere di ‘stranezze’, se è vero che il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato le regole sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non sfugge che il presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla politica italiana, della cui presenza in vita i cittadini del nostro Paese non avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno. 

Su questo punto è bene essere chiari. Dei beni sequestrati e confiscati alla mafia si occupa già la magistratura. Ci sono state polemiche sul fatto che chi va a gestire questi beni - che di solito sono avvocati e commercialisti nominati dai magistrati - non avrebbe e competenze imprenditoriali per gestire aziende confiscate che poi, magari, falliscono. Il problema esiste. Ma non si capisce perché, a risolverlo, dovrebbero essere soggetti nominati da una politica che spesso è collusa con la mafia.

Insomma, senza girarci tanto attorno, il dubbio, tutt’altro che campato in aria, è che la politica stia provando a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia. E siccome sono noti i rapporti tra mafia e politica, non è da escludere che i politici, con questo stratagemma, puntino a restituire, sottobanco, i beni confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali prestanome. 

Nessuno, per carità!, vuole offendere i soggetti - Prefetti in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i beni confiscati o sequestrati alla mafia. Le nostre sono semplici considerazioni politiche che non coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate, piaccia o no, alla storia del nostro Paese. E’ un peccato di lesa maestà ricordare - lo faceva nei primi del ‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel Sud d’Italia, esercitava il suo potere proprio con i Prefetti in combutta con i prepotenti e i mafiosi dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia, ancora una volta, l’ultimo baluardo contro un’illegalità mai doma è rappresentato dalla magistratura?
Detto questo, la politica farebbe bene a sbaraccare subito questa inutile Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia. Quanto ai problemi legati alla mancata gestione imprenditoriale delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, beh, è sufficiente affiancare ai commercialisti e agli avvocati imprenditori o associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la magistratura e non i politici attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla politica!

Fine delle considerazioni sull’aria pesante che oggi si respira nell’Isola? Niente affatto. I cambiamenti in corso sono ancora più profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994, pensava di essere immune da qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse in parte è stato così. Chi scrive ricorda un sindaco di Corleone di sinistra che in quegli anni affidava e rinnovava appalti a una società riconducibile a parenti stretti del boss Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del miliardo di vecchie lire messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI, affidati a soggetti dell’antimafia, di cui non si è saputo più nulla.

Tra i personaggi che hanno sempre ‘navigato’ in un’Antimafia molto discutibile c’è il già citato senatore Lumia. Che oggi non sembra più il politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha creduto che lui e i personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a rispondere del proprio operato. Forse perché ha pensato, errando di grosso, che la magistratura era assimilabile agli altri poteri dello Stato italiano, più o meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar, sigla che sta per Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la Corte dei Conti stanno rispondendo ai prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi, vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della legalità. 

La vicenda che oggi coinvolge Montante - vicenda, lo ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti ancora tutte da verificare - arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata ad andare lontano. Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008 tiene in pugno la Sicilia. Chi scrive, già nei primi mesi dello scorso anno, sul quotidiano on line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo strano caso di Patrizia Monterosso, segretario generale della presidenza della Regione (in pratica, il più alto burocrate della Regione siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della propria Autonomia, potrebbe essere assimilato a uno Stato americano se la stessa Autonomia venisse applicata correttamente: cosa che non avviene), e di suo marito, l’avvocato Claudio Alongi. Con la prima che si pronunciava su un incarico del marito presso la stessa amministrazione regionale! E con il secondo che forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa amministrazione regionale!

Entrambi in palese conflitto di interessi.

Quando abbiamo scritto queste cose ci hanno quasi presi per matti. Non ci credevano. Ma oggi questa vicenda è diventata di dominio pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle autorità competenti. Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del senatore Lumia.  

Il senatore Lumia - che è il vero presidente ‘ombra’ della Regione siciliana, in quanto inventore della candidatura di Crocetta insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via di decomposizione politica - comincia  a perdere colpi. Ben prima del ‘siluro’ che in questi giorni ha centrato Montante, lo stesso segretario generale della presidenza della Regione, la già citata Patrizia Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre un milione di euro (€ 1.279.007,04) per fatti riguardanti il settore della formazione professionale. ( Sent. n. 401/2014  http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html  )
Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di potere di Lumia - la dirigente generale del dipartimento Lavoro della Regione, Anna Rosa Corsello - è stata di recente ‘bastonata’ dal Tar Sicilia, che ha dichiarato nullo un atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del decreto di accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto essere firmato dal presidente della Regione e che, invece, è stato firmato dall’ex assessore regionale, Nelli Scilabra). Il decreto dichiarato nullo dal Tar Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché sui SOLDI già spesi sulla base di un decreto nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione di responsabilità a carico dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di euro). 
Non solo. Sembra che, adesso, anche l’Unione europea si stia svegliando. Fino ad oggi Bruxelles, sulla formazione professionale, ha fatto finta di non vedere violazioni incredibili. I burocrati legati all’attuale governo regionale hanno bloccato l’assegnazione di fondi europei per rivalersi su errori commessi nell’erogazione di fondi pubblici. Solo che i fondi erogati irregolarmente erano regionali, mentre quelli con i quali la Regione ha provato a rivalersi erano europei. Due tipologie di fondi pubblici non sovrapponibili.

Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare l’erogazione di fondi europei per recuperare fondi regionali erogati illegittimamente. 

Ma c’è, nella gestione della formazione professionale siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a monte. Una storia molto più grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi europei, per definizione, sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai fondi nazionali e regionali. La Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i fondi europei sostituendoli totalmente ai fondi regionali. E questo non si può fare. Non a caso è in corso una class action da parte del mondo della formazione professionale siciliana contro la Regione che, ormai da quattro anni, non si dota del Piano formativo regionale della formazione professionale con fondi regionali, finanziando tutto con le risorse del Fondo sociale europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe fare perché a vietarlo è la stessa Unione europea che, fino ad oggi, violando leggi e regolamenti che essa stessa si è data, fa finta di non vedere tutto quello che succede in Sicilia in questo settore, rendendosi complice di un’irregolarità ai danni di se stessa. 
Tutto questo vale per il passato e per il presente. Ma il ‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema di potere del senatore Lumia riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda caso in questi giorni, si è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono gli aeroporti siciliani. Sono la Sac, che gestisce gli aeroporti di Catania Fontanarossa e Comiso; la Gesap, che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ di Palermo; e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani. Per motivi ‘misteriosi’ queste tre società - fino ad oggi controllate da soggetti pubblici - dovrebbero essere privatizzate. Si tratta di società che, se gestite con oculatezza, potrebbero dare utili e ricchezza alla collettività. Ma siccome siamo in Italia questa ricchezza se la debbono incamerare i privati. A questo sembra che punti il governo Renzi che, non a caso, su questi e su altri argomenti è perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della sinistra che lo stesso Pd di Renzi dice di rappresentare!
L’affare più grosso è rappresentato dall’aeroporto di Catania, il più importante della Sicilia, destinato a diventare un hub. Non a caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco Ivan Lo Bello, altro esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi prenderà il controllo della Sac - società per azioni oggi controllata dalle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa, dall’Istituto regionale per le attività produttive e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà pure la gestione dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il flusso turistico verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta l’ortofrutta prodotta nelle serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e Licata. 
Un po’ meno importanti - ma non per questo da tralasciare - gli aeroporti di Palermo e Trapani. Nella Gesap - società che, come ricordato, gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ - troviamo la Provincia di Palermo come socio di maggioranza, poi il Comune e la Camera di Commercio, sempre di Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per cento alla Provincia di Trapani, per il 2 per cento alla Camera di Commercio, sempre di Trapani, e per il restante 49 per cento a un gruppo di privati. 
Non sfugge agli osservatori che Montante, oltre che presiedere la Camera di Commercio di Caltanissetta, è presidente dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della Sicilia. E le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni delle società aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso vale per le Province siciliane, tutte commissariate e gestite dalla stessa Regione, cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…
Insomma, i conti tornano. O meglio, cominciano a non tornare per Lumia, per Montante e per Crocetta. Tre personaggi che hanno fatto fortuna utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio per la politica (e per gli affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in difficoltà. 
Una caduta che non sembra risparmiare nemmeno il numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, titolare della più grande discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in provincia di Agrigento. Sotto scacco - non a caso sempre da parte della magistratura - è finita tutta la gestione dei rifiuti in Sicilia imperniata ancora sulle discariche. Una follia tutta siciliana che inquina l’ambiente.
Va ricordato che quasi tutte le discariche siciliane non sono a norma di legge. Nelle discariche non possono essere sotterrati i residui organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe lavorato a parte. Invece in quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di immondizia entrano, scaricano e vanno via. Ma questo non si può fare, la legge non lo consente. E invece si fa. Ma adesso la festa sembra finita. 
Non va meglio per la gestione dell’acqua. Tutti in Sicilia sanno che, in due anni e oltre di legislatura, il Parlamento siciliano, di fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa popolare per il ritorno alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia, è sempre stata contro l’acqua pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Ed è così anche oggi che la mafia opera da Bruxelles, imponendo i proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil dei Paesi dell’Unione europea.
La mafia non vuole il ritorno all’acqua pubblica. E la politica siciliana si sta adeguando alle ‘richieste della mafia che, come insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono rifiutare. Questo spiega perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana è mobilitata a bloccare i tentativi di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse dei cittadini. Un esempio ‘intollerabile’…     
Insomma, tutto il mondo che gira attorno a Lumia, Montante, Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è un mondo di politica legata agli affari, dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla gestione della burocrazia, dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino all’acqua - in un modo o nell’altro non sembra più in sintonia con una certa idea di antimafia. La Giustizia da una parte e i grandi interessi che si scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando in Sicilia nuovi scenari.          




BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA  DECRETO-ACCREDITAMENTI ANNULLATO
Venerdì 30 Gennaio 2015 - 17:27 di Accursio Sabella 

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal governatore.

PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei confronti del passaggio in cui si prevede la revoca dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto, l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone clamoroso.

Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.

In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.

I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.

Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.




L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE MESSINA 10 OTTOBRE 2014

FORMAZIONE E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio della procura della repubblica di palermo

Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse del Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta di Italia lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con le aziende decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A tal riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del citato interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso di 250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS finale nel caso di assunzione a tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.
Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo regionale. Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione regionale sta ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova finestra per garantire l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata dai miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare gli atti che producevo".
"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno seguita con molta attenzione".


L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE 2013

POLITICA – Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di palermo.

 Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso.  A generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in corso al San Paolo Palace di Palermo.

Il Senatore, con la sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo: Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il mondo come volontà e rappresentazione". Di che si tratta?  Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E, in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce solo lui:

"Questo e' un partito che si isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente per la prima volta davvero in grado di rompere col passato.  I cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto ci risulta, si parla di un Governo che si era presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo  ma  che  tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il  21 Settembre scorso, ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.  Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni nell'Universo,  e che  magari, si è fermato anche al San Paolo Palace hotel.  Ma solo per pochi secondi.


12 luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola, di Marco Benanti

PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA:  MONTANTE INDAGATO PER MAFIA

A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su  Montante, indicato pochi giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco  è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone  (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è stato compare di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro non erano che  legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue ‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare, oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.


NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”

Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014

Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero “firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di Confindustria Sicilia”.

Detto e sottoscritto da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.

Oggi Marino rompe un lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia della Campania”.

È un fiume in piena l’ex magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura” stanno venendo al pettine.

“La verità – dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene comune”.

A difendere l’ex assessore scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.

“Va ricordato al presidente Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.

E poi: “Catanzaro è il primo imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta. Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.

Perché Crocetta difende Catanzaro e attacca Marino?

“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.

Perché, dottor Marino, lei accusa anche il presidente di Confindustria?

“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non posso’.
‘Allora veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato, nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”.
E Crocetta?

“Cambiò discorso”.

Cosa avvenne a seguito della sua inchiesta?

“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.

Qual è il ruolo del senatore Lumia?

Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.

Perché Crocetta la nomina assessore?

“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.

Un’operazione di facciata?

“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.

12 novembre 2014
RIFIUTI, MONTANTE E LO BELLO  QUERELANO NICOLÒ MARINO

Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia
di Luciano Mirone

È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia, “rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.

MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA SOLO? 

La notizia è “il Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9 Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per mafia“.
Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia

È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma non solo.

Marino ha indicando ciò che a suo parere costituisce un sistema di potere e di collusioni formato da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?), Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana.

Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito. Anzi, ha rincarato la dose.

Questa Amministrazione – scrive Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH” della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe, VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.

Montante indagato per mafia. Mah!

A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:

È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?

Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.

Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.

I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 . Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).

Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.

Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli interessi della mafia.

Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele Macaluso furono i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3 Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già aveva rotto con Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.

La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso  Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo stesso Enrico Mattei.

È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.

Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra

Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.
Montante e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e Sicilia est al secondo.

Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.

Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!

Dice il deputato regionale siciliano Leanza4

Lo Bello e Montante? Sono i padroni della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.
E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per mafia.


A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE

A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE

BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA  DECRETO-ACCREDITAMENTI ANNULLATO
Venerdì 30 Gennaio 2015 - 17:27 di Accursio Sabella 
I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal governatore.

PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei confronti del passaggio in cui si prevede la revoca dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto, l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone clamoroso.

Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.

In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.

I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.

Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.




L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE MESSINA 10 OTTOBRE 2014

FORMAZIONE E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio della procura della repubblica di palermo

Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse del Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta di Italia lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con le aziende decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A tal riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del citato interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso di 250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS finale nel caso di assunzione a tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.
Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo regionale. Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione regionale sta ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova finestra per garantire l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata dai miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare gli atti che producevo".
"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno seguita con molta attenzione".


L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE 2013

POLITICA – Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di palermo.

 Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso.  A generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in corso al San Paolo Palace di Palermo.

Il Senatore, con la sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo: Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il mondo come volontà e rappresentazione". Di che si tratta?  Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E, in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce solo lui:

"Questo e' un partito che si isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente per la prima volta davvero in grado di rompere col passato.  I cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto ci risulta, si parla di un Governo che si era presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo  ma  che  tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il  21 Settembre scorso, ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.  Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni nell'Universo,  e che  magari, si è fermato anche al San Paolo Palace hotel.  Ma solo per pochi secondi.


12 luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola, di Marco Benanti

PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA:  MONTANTE INDAGATO PER MAFIA

A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su  Montante, indicato pochi giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco  è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone  (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è stato compare di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro non erano che  legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue ‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare, oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.


NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”

Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014

Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero “firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di Confindustria Sicilia”.

Detto e sottoscritto da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.

Oggi Marino rompe un lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia della Campania”.

È un fiume in piena l’ex magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura” stanno venendo al pettine.

“La verità – dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene comune”.

A difendere l’ex assessore scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.

“Va ricordato al presidente Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.

E poi: “Catanzaro è il primo imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta. Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.

Perché Crocetta difende Catanzaro e attacca Marino?

“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.

Perché, dottor Marino, lei accusa anche il presidente di Confindustria?

“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non posso’.
‘Allora veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato, nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”.
E Crocetta?

“Cambiò discorso”.

Cosa avvenne a seguito della sua inchiesta?

“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.

Qual è il ruolo del senatore Lumia?

Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.

Perché Crocetta la nomina assessore?

“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.

Un’operazione di facciata?

“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.

12 novembre 2014
RIFIUTI, MONTANTE E LO BELLO  QUERELANO NICOLÒ MARINO

Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia
di Luciano Mirone

È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia, “rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.

MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA SOLO? 

La notizia è “il Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9 Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per mafia“.
Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia

È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma non solo.

Marino ha indicando ciò che a suo parere costituisce un sistema di potere e di collusioni formato da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?), Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana.

Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito. Anzi, ha rincarato la dose.

Questa Amministrazione – scrive Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH” della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe, VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.

Montante indagato per mafia. Mah!

A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:

È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?

Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.

Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.

I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 . Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).

Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.

Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli interessi della mafia.

Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele Macaluso furono i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già aveva rotto con Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.

La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo stesso Enrico Mattei.

È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.

Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra

Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.
Montante e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e Sicilia est al secondo.

Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.

Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!

Dice il deputato regionale siciliano Leanza4

Lo Bello e Montante? Sono i padroni della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.

E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per mafia.


A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE



LO SCANDALO DEI POTERI INVISIBILI  ZOOM SULL'AVVOCATURA DELLO STATO
Giovedì 05 Febbraio 2015 - 17:01 di Salvo Toscano

Con un imbarazzante parere, l'Avvocatura suggerisce al governo di non costituirsi parte civile al processo contro un funzionario per corruzione, perché non desta "allarme sociale". Ma già altri pronunciamenti dell'ufficio avevano messo nei guai la giunta. Che, fragile e maldestra, delega all'oracolo anche le decisioni più politiche

PALERMO – La decisione non era passata inosservata. Ed era stata raccontata da Riccardo Lo Verso su Livesicilia il 19 gennaio scorso. La decisione era quella del governo regionale di non costituirsi parte civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, al processo che vede imputati Gianfranco Cannova, funzionario dell'assessorato regionale Territorio Ambiente, e quattro imprenditori, tutti accusati di corruzione. Oggi un tassello in più della clamorosa vicenda lo aggiunge Repubblica, che dà notizia delle motivazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato a supporto della scelta di non costituirsi parte civile. Secondo l'Avvocatura, riporta il giornale, la corruzione "non costituisce allarme sociale", e il danno all'erario è esiguo. E dire che proprio su questo caso Rosario Crocetta aveva tuonato pubblicamente. Nel corso di una conferenza stampa pochi giorni dopo il blitz il governatore commentò: "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. Stiamo vagliando l'ipotesi della confisca o dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private". L'inchiesta riguardava un presunto giro di mazzette (ammesse dallo stesso funzionario) nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti. 
Insomma, malgrado i ripetuti allarmi lanciati a più riprese dai massimi vertici istituzionali sul tema, la corruzione secondo l'Avvocatura dello Stato, almeno nella fattispecie, non desta allarme sociale. Una posizione che sta suscitando scandalo e scatenando polemiche, e che è stata stigmatizzata dallo stesso Crocetta, che secondo Repubblica è “caduto dalle nuvole” apprendendo della vicenda, in merito alla quale ha annunciato INDAGINIinterne. Più che la scelta in sé, infatti, a colpire sono da un lato le motivazioni addotte e dall'altro la reazione spaesata del governo. Sì, perché laddove la politica è debole e distratta, altri poteri incrementano il proprio peso specifico. L'Avvocatura dello Stato, con i suoi pareri, non fa eccezione. Anzi, i pareri dell'ufficio sono diventati pane quotidiano e bussola per una politica fragile e insicura, in tempi carichi di insidie. Anche nell'ambito di decisioni in cui l'ultima parola dovrebbe spettare alla politica. Ne è nato quasi un tutt'uno, una sorta di governicchio parallelo le cui mosse sono state in più d'una occasione smontate da altri poteri discreti, come quello della Corte dei conti.

In effetti, nel recente passato l'Avvocatura ha manifestato parametri di giudizio a volte controversi. La “morbidezza” sulla vicenda Cannova, ad esempio, stride con l'intransigenza mostrata su un altro caso – ovviamente ben diverso dal punto di vista giuridico – che invece è stato al centro dell'attenzione dei media, quello sul vitalizio di Totò Cuffaro. Nel maggio scorso l'Ars chiese un parere sulla vicenda all'Avvocatura. La norma infatti, scriveva Palazzo dei Normanni, prevedeva la sospensione del vitalizio dei parlamentari solo per reati contro la pubblica amministrazione. L'Avvocatura distrettuale di Palermo scrisse che la sospensione del vitalizio era invece giustificata dalle norme del codice penale (in particolare gli articoli 28 e 29), specificando che il vitalizio non è assimilabile a una pensione. Un responso che arrivò anche sull'onda delle proteste di una parte di opinione pubblica e nel clima scottante causato dalla vasta eco mediatica scatenata dal caso. Per aver man forte sulla propria interpretazione, l'Avvocatura di Palermo chiese conforto all'Avvocatura generale dello Stato, che confermò quella interpretazione. Curioso però che malgrado il riferimento a norme nazionali, il vitalizio non sia ancora stato sospeso - o almeno non se ne ha notizia - ai parlamentari nazionali condannati e che al momento il codice penale sembrerebbe applicarsi al solo Cuffaro.


D'altronde, il parere sul caso Cannova non è il primo a “inguaiare” il governo regionale. Già in un paio di vicende eclatanti i buoni consigli dell'Avvocatura hanno messo in difficoltà la giunta regionale. Emblematico il caso delle assunzioni a Sicilia e-Servizi, che avevano avuto il parere favorevole dell'Avvocatura e che sono state invece contestate dalla Corte dei conti (che ha accusato di danno erariale lo stesso avvocato dello Stato Dell'Aira). L'altra insidia arrivò dalla Sanità e dalle nomine dei direttori generali delle aziende catanesi Paolo Cantaro e Angelo Pellicanò. Nomine giunte il giorno prima dell'entrata in vigore del decreto Renzi che stoppava gli incarichi manageriali per le persone in quiescenza. Quanto basta per spingere il governo regionale a chiedere appunto un parere all'Avvocatura. Secondo l'avvocato dello Stato, quelle nomine andavano stoppate perché il rapporto di lavoro si sarebbe formalizzato all'atto della sottoscrizione del contratto, che sarebbe giunto, quindi, dopo l'entrata in vigore del decreto "stoppa-pensionati". Così, è partita la revoca di quelle nomine, che ha anche innescato forti polemiche e l'apertura di un fascicolo da parte della Procura di Catania. Qualche settimana dopo è lo stesso ministro Madia a fornire, attraverso una circolare esplicativa, la corretta interpretazione della norma. Una interpretazione che smentisce il parere dell'avvocatura: le nomine sono arrivate prima dell'entrata in vigore del decreto. E quindi non sono sottoposte ai limiti previsti dalla norma.


Uno schema analogo: la politica cerca riparo nel parere dell'oracolo, i magistrati contabili o il governo nazionale smontano tutto. E adesso arriva lo scandalo Cannova. Che irrita, tardivamente, lo stesso governo regionale offrendone un'immagine maldestra. Governo che proprio in questi giorni è chiamato a decidere su un'altra eventuale costituzione di parte civile. Quella nel procedimento davanti al Tribunale di Palermo che coinvolge undici persone, tra cui l'ex assessore regionale Pippo Gianni - l'udienza preliminare è stata fissata per il 25 febbraio - per una vicenda di presunta corruzione nell'ambito delle energie alternative. 


CORRUZIONE, LA REGIONE NON SI COSTITUISCE PARTE CIVILE M5S: “VERGOGNOSO” E PARTONO INTERROGAZIONI ALL’ARS E ALLA CAMERA
PUBBLICATO IL 5 FEBBRAIO 2015

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