CANNOVA GIANFRANCO ASCESA
E DECLINO DELL'ANTIMAFIA DEGLI AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE"
Giulio Ambrosetti
Un' inchiesta coinvolge la
dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici
antimafia che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi
"comitati d'affari". Mala gestione dei beni sequestrati alla mafia, conflitti
d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo dei fondi europei,
privatizzazione degli aereoporti... La magistratura ultimo baluardo
in difesa della legalità?
Tira un’aria pesante in questi giorni lungo l’asse
Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia e antimafia c’è un po’ di
‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie strane. E un’inchiesta
su presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente di Confindustria
Sicilia, Antonello Montante, considerato uno degli uomini di punta
dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di pentiti di Cosa
nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze, ovviamente. Ma
il fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’, nell’Isola, stanno
cambiando. Anche, anzi soprattutto per chi, dal 2008, di diritto o di rovescio,
esercita in Sicilia un potere pieno e, adesso, un po’ controllato: il senatore del
Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.
E’ lui, ormai da sette lunghi anni, l’uomo politico più potente della nuova e della
‘vecchia’ Sicilia. E’ lui il garante di tanti, forse troppi accordi in bilico
tra politica, economia e chissà cos’altro ancora. A lui fa
riferimento Antonello Montante, oggi sfiorato dal dubbio che dai tempi di
Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni illumina come un’ombra sinistra
tanti politici siciliani ascesi al soglio del potere. Dubbi che, nel caso
dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si sono trasformati in condanna
a sette anni per mafia. Dubbi che hanno accompagnato il suo successore,
Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una condanna di primo grado
sempre per mafia (in questi giorni dovrebbe iniziare il processo di secondo
grado). Ogni storia giudiziaria, ogni inchiesta dei magistrati inquirenti, si
sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in questa vicenda il contesto
politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che coinvolge Montante.
Proviamo a illustrarla.
In politica sono importanti i segnali. E il primo segnale
sinistro è arrivato circa una settimana prima del ‘siluro’ che ha colpito il
presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la scoperta che la Regione
siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente - anche lui,
neanche a dirlo, personaggio legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è
costituita parte civile in un procedimento giudiziario che coinvolge un
funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata
costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni,
potrebbe essere legata al fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova,
era il responsabile del procedimento amministrativo di importanti
autorizzazioni ambientali. La firma sui provvedimenti di
autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di un
funzionario e non di un dirigente.
Viene da chiedersi, a questo punto, perché hanno arrestato
lui, se a firmare erano, a norma di legge, altri dirigenti. E’ in
questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile da
parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è un comitato
di affari.
E questo comitato di affari che la Regione sta cercando di
proteggere non costituendosi parte civile?
E’ Cannova non sa nulla di questa storia?
Le domande sono più che legittime, perché quello che sta
succedendo è veramente strano.
In ogni caso, per il presidente Crocetta - un personaggio
che, a parole, si proclama sempre antimafioso e paladino della
cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso in cui avesse
semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel caso in cui si
dovesse venire a scoprire che dietro questa storia c’è un comitato di affari.
La cosa strana è che gli ultimi due dirigenti che stavano sopra
il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo - Vincenzo
Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’
Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo
politico siciliano, è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale
dei Rifiuti.
Una settimana dopo lo scivolone di Crocetta (che comunque,
come già accennato, non è nuovo a questo genere di ‘stranezze’, se è vero che
il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato le regole
sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non
sfugge che il presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni
confiscati e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla
politica italiana, della cui presenza in vita i cittadini del nostro Paese non
avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno.
Su questo punto è bene essere chiari. Dei beni sequestrati e confiscati alla mafia si
occupa già la magistratura. Ci sono state polemiche sul fatto che
chi va a gestire questi beni - che di solito sono avvocati e commercialisti
nominati dai magistrati - non avrebbe e competenze imprenditoriali per gestire
aziende confiscate che poi, magari, falliscono. Il problema esiste. Ma non si
capisce perché, a risolverlo, dovrebbero essere soggetti nominati da una
politica che spesso è collusa con la mafia.
Insomma, senza girarci tanto attorno, il dubbio, tutt’altro
che campato in aria, è che la politica stia provando a togliere ai magistrati
la gestione dei beni confiscati alla mafia. E siccome sono noti i rapporti tra
mafia e politica, non è da escludere che i politici, con questo stratagemma,
puntino a restituire, sottobanco, i beni confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali
prestanome.
Nessuno, per carità!, vuole offendere i soggetti - Prefetti
in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i beni confiscati o sequestrati
alla mafia. Le nostre sono semplici considerazioni politiche che non
coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate, piaccia o no, alla storia del
nostro Paese. E’ un peccato di lesa maestà ricordare - lo faceva nei primi del
‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel Sud d’Italia, esercitava il suo
potere proprio con i Prefetti in combutta con i prepotenti e i mafiosi
dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia, ancora una volta, l’ultimo baluardo
contro un’illegalità mai doma è rappresentato dalla magistratura?
Detto questo, la politica farebbe bene a sbaraccare subito
questa inutile Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia. Quanto
ai problemi legati alla mancata gestione imprenditoriale delle aziende
confiscate alla criminalità organizzata, beh, è sufficiente affiancare ai
commercialisti e agli avvocati imprenditori o associazioni di imprese. Ma
questo deve farlo la magistratura e non i politici attraverso un’inutile
Agenzia controllata dalla politica!
Fine delle considerazioni sull’aria pesante che oggi si
respira nell’Isola? Niente affatto. I cambiamenti in corso sono ancora più profondi.
Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994, pensava di essere immune da qualunque
controllo di legge. E, in effetti, forse in parte è stato così. Chi scrive
ricorda un sindaco di Corleone di sinistra che in quegli anni affidava e
rinnovava appalti a una società riconducibile a parenti stretti del boss
Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del miliardo di vecchie lire
messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI, affidati a soggetti dell’antimafia, di
cui non si è saputo più nulla.
Tra i personaggi che hanno sempre ‘navigato’ in un’Antimafia
molto discutibile c’è il già citato senatore Lumia. Che oggi non sembra più il
politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha creduto che lui e i
personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a rispondere del
proprio operato. Forse perché ha pensato, errando di grosso, che la
magistratura era assimilabile agli altri poteri dello Stato italiano, più o
meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la magistratura
nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar, sigla che sta
per Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la Corte dei Conti
stanno rispondendo ai prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi, vecchi e ‘nuovi’
con un solo linguaggio: quello della legalità.
La vicenda che oggi coinvolge Montante - vicenda, lo
ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti ancora tutte da verificare -
arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata ad andare lontano.
Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008 tiene in pugno la
Sicilia. Chi scrive, già nei primi mesi dello scorso anno, sul quotidiano on
line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo strano caso di Patrizia Monterosso, segretario generale della
presidenza della Regione (in pratica, il più alto burocrate della Regione
siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della propria Autonomia, potrebbe essere
assimilato a uno Stato americano se la stessa Autonomia venisse applicata
correttamente: cosa che non avviene), e di suo marito, l’avvocato Claudio
Alongi. Con la prima che si pronunciava su un incarico del marito
presso la stessa amministrazione regionale! E con il secondo che
forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa
amministrazione regionale!
Entrambi in palese conflitto di interessi.
Quando abbiamo scritto queste cose ci hanno quasi presi per
matti. Non ci credevano. Ma oggi questa vicenda è diventata di dominio
pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle autorità competenti.
Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del senatore Lumia.
Il senatore Lumia - che è il vero presidente ‘ombra’ della
Regione siciliana, in quanto inventore della candidatura di Crocetta
insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via di decomposizione
politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del ‘siluro’ che in questi
giorni ha centrato Montante, lo stesso segretario generale della presidenza
della Regione, la già citata Patrizia Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei Conti al
pagamento di oltre un milione di euro (€
1.279.007,04) per fatti riguardanti il settore della formazione
professionale. ( Sent. n. 401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )
Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di potere di Lumia -
la dirigente generale del dipartimento Lavoro della Regione, Anna Rosa Corsello
- è stata di recente ‘bastonata’ dal Tar Sicilia, che ha dichiarato nullo un
atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del decreto di
accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto essere firmato
dal presidente della Regione e che, invece, è stato firmato dall’ex assessore
regionale, Nelli Scilabra). Il decreto dichiarato nullo dal Tar Sicilia
potrebbe avere effetti dirompenti, perché sui SOLDI già spesi sulla base di un decreto
nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione di responsabilità a carico
dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di euro).
Non solo. Sembra che, adesso, anche l’Unione europea si stia
svegliando. Fino ad oggi Bruxelles, sulla formazione professionale, ha fatto
finta di non vedere violazioni incredibili. I burocrati legati all’attuale
governo regionale hanno bloccato l’assegnazione di fondi europei per rivalersi
su errori commessi nell’erogazione di fondi pubblici. Solo che i fondi erogati
irregolarmente erano regionali, mentre quelli con i quali la Regione ha provato
a rivalersi erano europei. Due tipologie di fondi pubblici non sovrapponibili.
Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare l’erogazione
di fondi europei per recuperare fondi regionali erogati illegittimamente.
Ma c’è, nella gestione della formazione professionale
siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a monte. Una storia molto più
grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi europei, per definizione,
sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai fondi nazionali e regionali.
La Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i fondi europei sostituendoli
totalmente ai fondi regionali. E questo non si può fare. Non a caso è in corso
una class action da parte del mondo della formazione professionale siciliana
contro la Regione che, ormai da quattro anni, non si dota del Piano formativo
regionale della formazione professionale con fondi regionali, finanziando tutto
con le risorse del Fondo sociale europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe
fare perché a vietarlo è la stessa Unione europea che, fino ad oggi, violando
leggi e regolamenti che essa stessa si è data, fa finta di non vedere tutto
quello che succede in Sicilia in questo settore, rendendosi complice di
un’irregolarità ai danni di se stessa.
Tutto questo vale per il passato e per il presente. Ma il
‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema di potere del senatore Lumia
riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda caso in questi giorni, si
è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono gli aeroporti siciliani.
Sono la Sac, che gestisce gli aeroporti di Catania Fontanarossa e Comiso; la
Gesap, che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ di Palermo; e l’Airgest,
che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani. Per motivi ‘misteriosi’
queste tre società - fino ad oggi controllate da soggetti pubblici - dovrebbero
essere privatizzate. Si tratta di società che, se gestite con oculatezza,
potrebbero dare utili e ricchezza alla collettività. Ma siccome siamo in Italia
questa ricchezza se la debbono incamerare i privati. A questo sembra che punti
il governo Renzi che, non a caso, su questi e su altri argomenti è
perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della sinistra che lo stesso
Pd di Renzi dice di rappresentare!
L’affare più grosso è rappresentato dall’aeroporto di
Catania, il più importante della Sicilia, destinato a diventare un hub. Non a
caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco Ivan Lo Bello, altro
esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi prenderà il controllo
della Sac - società per azioni oggi controllata dalle Camere di Commercio di
Catania, Siracusa e Ragusa, dall’Istituto regionale per le attività produttive
e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà pure la gestione
dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il flusso turistico
verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta
l’ortofrutta prodotta nelle serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e
Licata.
Un po’ meno importanti - ma non per questo da tralasciare -
gli aeroporti di Palermo e Trapani. Nella Gesap - società che, come ricordato,
gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ - troviamo la Provincia di Palermo
come socio di maggioranza, poi il Comune e la Camera di Commercio, sempre di
Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per cento alla Provincia di Trapani,
per il 2 per cento alla Camera di Commercio, sempre di Trapani, e per il
restante 49 per cento a un gruppo di privati.
Non sfugge agli osservatori che Montante, oltre che
presiedere la Camera di Commercio di Caltanissetta, è presidente
dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della Sicilia. E
le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni delle
società aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso vale
per le Province siciliane, tutte commissariate e gestite dalla stessa Regione,
cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…
Insomma, i conti tornano. O meglio, cominciano a non tornare
per Lumia, per Montante e per Crocetta. Tre personaggi che hanno fatto fortuna
utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio per la politica (e per gli
affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in difficoltà.
Una caduta che non sembra risparmiare nemmeno il numero due
di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, titolare della più grande
discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in provincia di Agrigento. Sotto
scacco - non a caso sempre da parte della magistratura - è finita tutta la
gestione dei rifiuti in Sicilia imperniata ancora sulle discariche. Una follia
tutta siciliana che inquina l’ambiente.
Va ricordato che quasi tutte le discariche siciliane non
sono a norma di legge. Nelle discariche non possono essere sotterrati i residui
organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe lavorato a parte. Invece in
quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di immondizia entrano,
scaricano e vanno via. Ma questo non si può fare, la legge non lo consente. E
invece si fa. Ma adesso la festa sembra finita.
Non va meglio per la gestione dell’acqua. Tutti in Sicilia
sanno che, in due anni e oltre di legislatura, il Parlamento siciliano, di
fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa popolare per il ritorno
alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia, è sempre stata contro
l’acqua pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero Vizzini e Giuseppe Genco
Russo. Ed è così anche oggi che la mafia opera da Bruxelles, imponendo i
proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil dei Paesi dell’Unione
europea.
La mafia non vuole il ritorno all’acqua pubblica. E la
politica siciliana si sta adeguando alle ‘richieste della mafia che, come
insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono rifiutare. Questo spiega
perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana è mobilitata a
bloccare i tentativi di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse
dei cittadini. Un esempio ‘intollerabile’…
Insomma, tutto il mondo che gira attorno a Lumia, Montante,
Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è un mondo di politica legata agli affari,
dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla gestione della burocrazia,
dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino all’acqua - in un modo o nell’altro
non sembra più in sintonia con una certa idea di antimafia. La Giustizia da una
parte e i grandi interessi che si scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando
in Sicilia nuovi scenari.
BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA DECRETO-ACCREDITAMENTI
ANNULLATO
Venerdì 30 Gennaio 2015 -
17:27 di Accursio
Sabella
I giudici amministrativi hanno
accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto
dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti
pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal
governatore.
PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta.
Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo della Formazione. I
giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina tra enti e
associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina
gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei
confronti del passaggio in cui si prevede la revoca dell'accreditamento in caso
di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica amministrazione. Un
provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del
buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto,
l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e
sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il motivo è quasi grottesco:
quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva invece – stando allo
Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone
clamoroso.
Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva
avanzata da queste associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe
Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che,
come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale
del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti
per l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione
dei contributi pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.
In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le
altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso
"liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e
più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni,
infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità,
introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed
astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti
l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo
status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e
proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e
propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere
deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto
Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di
proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel
caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta
adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente
lo stesso decreto risulta illegittimo”.
I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni
che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé.
"L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato
annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta
da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente
della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga".
L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti
(tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli
avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.
Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul
soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici
entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od
anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé
indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore
della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge
nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla
selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame
individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle
passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche
inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa:
“Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul
terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente
ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto
di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di
cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo
rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in
relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a
quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno
della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato
garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza
sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici.
Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e
clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.
L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI
MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE MESSINA 10
OTTOBRE 2014
FORMAZIONE
E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei
dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio
della procura della repubblica di palermo
Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei
tirocini formativi finanziati con le risorse del Piano Giovani e sul flop day
dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale
dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale ha esaminato, davanti ai
magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti
gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i
tirocini formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del
Ministero del lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno
focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della vicenda che la dottoressa
Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata dall'ampia
documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta
di Italia lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e
Sviluppo Italia Sicilia. Atti amministrativi effettuati dall'Amministrazione
regionale sulla base di un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di
Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i
problemi generati dall'utilizzo del sistema informatico che, inceppatosi lo
scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con le aziende
decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli
affidamenti diretti inerenti al sistema informatico Silav creato per gestire le
adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia Giovani Sicilia e
che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A
tal riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato
oggetto di confronto nel corso del citato interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è
destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che possono usufruire di un periodo
di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una somma pari a
500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso
di 250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS finale nel caso di assunzione a
tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.
Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora
assegnati per l'insipienza del Governo regionale. Anche per questo - e non solo
per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori della Formazione
professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da
parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività
amministrativa. L'Amministrazione regionale sta ancora valutando se validare il
click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova finestra per garantire
l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte'
assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che sono riusciti a collegarsi
al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non sono
riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in
redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della dottoressa Anna Rosa
Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente generale
dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di
assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse
specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie
e dettagliate spiegazioni in ordine agli articolati passaggi tecnici
che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da
magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima
stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me
richiesto e mi sono presentata accompagnata dai miei legali - racconta al
giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna
della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti
per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti
la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice
l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale - e
non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare gli atti
che producevo".
"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di
verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex dirigente generale dei
dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure
amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi
rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno seguita con molta
attenzione".
L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE
2013
POLITICA –
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di
giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio?
il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da
beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in
sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei
"professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso
della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di
palermo.
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani?
Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi,
prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A
generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a
Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo
Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di
Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in
corso al San Paolo Palace di Palermo.
Il Senatore, con la
sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo:
Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il
mondo come volontà e rappresentazione". Di che si
tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli
esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il filosofo
tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E, in
effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce
solo lui:
"Questo e' un partito che si
isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente
per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I
cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente
nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande
risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il
documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone
l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di
quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto
ci risulta, si parla di un Governo che si era
presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro
affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli
apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro
che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio
partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove
spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo
ma che tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno
schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di
Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il 21 Settembre scorso,
ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.
Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni
nell'Universo, e che magari, si è fermato anche al San
Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.
12 luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che
domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a
Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona
industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad
accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha
differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro
di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i
prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi
obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie
al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di
un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola,
di Marco Benanti
PENTITI
CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo
carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della
procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario
di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette
fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di
Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del
ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni
confiscati
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli
imprenditori siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa
Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di
Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello
Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo
l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe
sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta
top secret quella su Montante, indicato pochi giorni fa dal ministero dell’Interno come componente
dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari
confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio
Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di Francesco, mafioso
di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla
Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati
nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale,
dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato definito
‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della
provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di
quest’ultimo, Paolino
Arnone era un
boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno
del ’92 dopo una retata), che è stato compare
di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani:
in rete venne diffusa una foto di Montante
insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un
giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due
erano proprio Paolino
e Vincenzo Arnone. Anche
queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine,
rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il
leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro
non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che
parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con
una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr
Shock Absorbers spa,
un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il
mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria:
nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato
tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali
siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione
antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo,
gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati
vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via
definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è
limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari,
interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria
Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è
considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in
questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria
siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha
avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario
Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio
per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti
politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue
‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La
Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto
ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ
MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”
Praticamente Montante, siccome avevo
scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende
posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello
sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con
Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E
Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto
che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando
era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014
Dopo sette mesi dal suo
siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe
Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice
presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore
del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle
autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle
piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella
di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di
Confindustria Sicilia”.
Detto e sottoscritto
da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega
ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14
aprile scorso.
Oggi Marino rompe un
lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo
scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre
discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti
pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle
Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la
criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato
l’immondizia della Campania”.
È un fiume in piena l’ex
magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha
cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio
mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di
Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni
scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche
questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al
mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e
della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire
spazzatura” stanno venendo al pettine.
“La verità –
dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del
ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene
comune”.
A difendere l’ex assessore
scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino
Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di
Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore
Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
“Va ricordato al presidente
Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni
rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a
favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.
E poi: “Catanzaro è il primo
imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta.
Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza
rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di
vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione
ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in
legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in
quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata
la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è
che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito
nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza
rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un
attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con
dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.
Perché Crocetta difende Catanzaro
e attacca Marino?
“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.
Perché, dottor Marino, lei accusa
anche il presidente di Confindustria?
“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo
vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non
posso’.
‘Allora
veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel
Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi
di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando
Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato,
nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul
mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori
di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su di
te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di
questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti
di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione
contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque,
l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una
cosa del genere”.
E Crocetta?
“Cambiò discorso”.
Cosa avvenne a seguito della sua
inchiesta?
“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.
Qual è il ruolo del senatore
Lumia?
“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.
Perché Crocetta la nomina
assessore?
“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.
Un’operazione di facciata?
“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.
12 novembre 2014
RIFIUTI,
MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino,
in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La
Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino.
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello
Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il
dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,
“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre
che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e
completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa
nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e
all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato
destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime
per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo
stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino,
sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la
realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il
governatore della Sicilia Rosario Crocetta,
“protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe
Lumia (“ha sempre
sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante,
sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di
Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente
della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra
fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito
dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans.
A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per
la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea:
“Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una
seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio,
Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia:
“È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione
Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo
ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato
Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto
nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda –
aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che
rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta
storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si
dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”.
“Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle
scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non
potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di
attaccare l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle
discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi –
conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue
affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA
SOLO?
La notizia è “il Presidente di
Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la
magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9
Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per
mafia“.
Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad
essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della
legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla
mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia
È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria
siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era
puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma
non solo.
Marino ha indicando ciò che a suo parere
costituisce un sistema di potere e di collusioni formato
da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?),
Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come
sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione
siciliana.
Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato
Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito.
Anzi, ha rincarato la dose.
Questa Amministrazione – scrive
Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni
s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di
Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis
S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione
alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH”
della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per
discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta
culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per
il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in
rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe,
VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in
provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del
Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante
all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.
Montante indagato per mafia. Mah!
A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci
sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:
È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo
dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle mafie sia anche uno dei più
influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la gestione dei beni
confiscati a Cosa Nostra?
Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.
Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di
Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la Commissione nazionale
Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona l’ing. Domenico
(Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.
I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito
Guarrasi di Palermo2 .
Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).
Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.
Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione
del trattato di Cassibile, rappresentando gli interessi della mafia.
Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il
deputato comunista Emanuele Macaluso furono i fautori e i sostenitori
della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un
secondo governo, dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe
allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici
di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già
aveva rotto con Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.
La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso
Guarrasi) grande attore del “Caso Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo
stesso Enrico Mattei.
È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano
Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato
direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute dalla Commissione
parlamentare antimafia negli anni ’70.
Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata
dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo Siino, il gestore degli
affari economici di Cosa Nostra
Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera
erano “i ragazzi”.
Montante e Lo Bello (e Catanzaro)
son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e Sicilia
est al secondo.
Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al
primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e
Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal Governo Crocetta in
condizione di commissariamento di dubbia legittimità.
Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!
Dice il deputato regionale siciliano Leanza4
Lo Bello e Montante? Sono i padroni
della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati
dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole sostengono che sia tutto
“teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di Commercio
siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.
E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per
mafia.
CANNOVA GIANFRANCO ASCESA
E DECLINO DELL'ANTIMAFIA DEGLI AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE"
Giulio Ambrosetti
Un' inchiesta coinvolge la
dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici
antimafia che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi
"comitati d'affari". Mala gestione dei beni sequestrati alla mafia, conflitti
d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo dei fondi europei,
privatizzazione degli aereoporti... La magistratura ultimo baluardo
in difesa della legalità?
Tira un’aria pesante in questi
giorni lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia e
antimafia c’è un po’ di ‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie
strane. E un’inchiesta su presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente
di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, considerato uno degli uomini di
punta dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di pentiti
di Cosa nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze,
ovviamente. Ma il fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’,
nell’Isola, stanno cambiando. Anche, anzi soprattutto per chi, dal 2008,
di diritto o di rovescio, esercita in Sicilia un potere pieno e, adesso, un po’
controllato: il
senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.
E’ lui, ormai da sette lunghi
anni, l’uomo
politico più potente della nuova e della ‘vecchia’ Sicilia. E’ lui il garante
di tanti, forse troppi accordi in bilico tra politica, economia e chissà
cos’altro ancora. A lui fa riferimento Antonello Montante, oggi
sfiorato dal dubbio che dai tempi di Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni
illumina come un’ombra sinistra tanti politici siciliani ascesi al soglio del
potere. Dubbi che, nel caso dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si
sono trasformati in condanna a sette anni per mafia. Dubbi che hanno
accompagnato il suo successore, Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una
condanna di primo grado sempre per mafia (in questi giorni dovrebbe
iniziare il processo di secondo grado). Ogni storia giudiziaria, ogni inchiesta
dei magistrati inquirenti, si sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in
questa vicenda il contesto politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che
coinvolge Montante.
Proviamo a illustrarla.
In politica sono importanti i
segnali. E il primo segnale sinistro è arrivato circa una settimana prima del
‘siluro’ che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la
scoperta che la Regione siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente -
anche lui, neanche a dirlo, personaggio legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è
costituita parte civile in un procedimento giudiziario che coinvolge un
funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata
costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni,
potrebbe essere legata al fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova,
era il responsabile del procedimento amministrativo di importanti
autorizzazioni ambientali. La firma sui provvedimenti di
autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di un
funzionario e non di un dirigente.
Viene da chiedersi, a questo punto, perché
hanno arrestato lui, se a firmare erano, a norma di legge, altri dirigenti.
E’ in questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile
da parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è
un comitato di affari.
E questo comitato di affari che la Regione sta
cercando di proteggere non costituendosi parte civile?
E’ Cannova non sa nulla di questa storia?
Le domande sono più che
legittime, perché quello che sta succedendo è veramente strano.
In ogni caso, per il presidente
Crocetta - un personaggio che, a parole, si proclama sempre antimafioso e
paladino della cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso
in cui avesse semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel
caso in cui si dovesse venire a scoprire che dietro questa storia c’è un
comitato di affari. La cosa strana è che gli ultimi due dirigenti che stavano sopra il funzionario
regionale finito in manette non ci sono più. Il primo - Vincenzo Sansone - è andato in
pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’ Cannova. Il secondo -
Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo politico siciliano, è stato
trasferito negli uffici del dipartimento regionale dei Rifiuti.
Una settimana dopo lo scivolone
di Crocetta (che comunque, come già accennato, non è nuovo a questo genere di
‘stranezze’, se è vero che il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato
le regole sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non
sfugge che il presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni
confiscati e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla
politica italiana, della cui presenza in vita i cittadini del nostro Paese non
avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno.
Su questo punto è bene essere
chiari. Dei beni
sequestrati e confiscati alla mafia si occupa già la magistratura. Ci
sono state polemiche sul fatto che chi va a gestire questi beni - che di solito
sono avvocati e commercialisti nominati dai magistrati - non avrebbe e
competenze imprenditoriali per gestire aziende confiscate che poi, magari,
falliscono. Il problema esiste. Ma non si capisce perché, a risolverlo,
dovrebbero essere soggetti nominati da una politica che spesso è collusa con la
mafia.
Insomma, senza girarci tanto
attorno, il dubbio, tutt’altro che campato in aria, è che la politica stia
provando a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia. E
siccome sono noti i rapporti tra mafia e politica, non è da escludere che i
politici, con questo stratagemma, puntino a restituire, sottobanco, i beni
confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali prestanome.
Nessuno, per carità!, vuole
offendere i soggetti - Prefetti in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i
beni confiscati o sequestrati alla mafia. Le nostre sono semplici
considerazioni politiche che non coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate,
piaccia o no, alla storia del nostro Paese. E’ un peccato di lesa maestà
ricordare - lo faceva nei primi del ‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel
Sud d’Italia, esercitava il suo potere proprio con i Prefetti in combutta con i
prepotenti e i mafiosi dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia,
ancora una volta, l’ultimo baluardo contro un’illegalità mai doma è
rappresentato dalla magistratura?
Detto questo, la politica farebbe
bene a sbaraccare subito questa inutile Agenzia per i beni confiscati e
sequestrati alla mafia. Quanto ai problemi legati alla mancata gestione
imprenditoriale delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, beh, è
sufficiente affiancare ai commercialisti e agli avvocati imprenditori o
associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la magistratura e non i politici
attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla politica!
Fine delle considerazioni
sull’aria pesante che oggi si respira nell’Isola? Niente affatto. I cambiamenti
in corso sono ancora più profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994,
pensava di essere immune da qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse
in parte è stato così. Chi scrive ricorda un sindaco di Corleone di sinistra
che in quegli anni affidava e rinnovava appalti a una società riconducibile a
parenti stretti del boss Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del
miliardo di vecchie lire messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI, affidati a soggetti dell’antimafia, di
cui non si è saputo più nulla.
Tra i personaggi che hanno sempre
‘navigato’ in un’Antimafia molto discutibile c’è il già citato senatore Lumia.
Che oggi non sembra più il politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha
creduto che lui e i personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a
rispondere del proprio operato. Forse perché ha pensato, errando di grosso, che
la magistratura era assimilabile agli altri poteri dello Stato italiano, più o
meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la
magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar,
sigla che sta per Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la
Corte dei Conti stanno rispondendo ai prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi,
vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della legalità.
La vicenda che oggi coinvolge
Montante - vicenda, lo ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti ancora
tutte da verificare - arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata
ad andare lontano. Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008
tiene in pugno la Sicilia. Chi scrive, già nei primi mesi dello scorso anno,
sul quotidiano on line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo strano caso di Patrizia
Monterosso, segretario generale della presidenza della Regione (in pratica, il
più alto burocrate della Regione siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della
propria Autonomia, potrebbe essere assimilato a uno Stato americano se la
stessa Autonomia venisse applicata correttamente: cosa che non avviene), e di suo
marito, l’avvocato Claudio Alongi. Con la prima che si pronunciava su un incarico
del marito presso la stessa amministrazione regionale! E con il
secondo che forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la
stessa amministrazione regionale!
Entrambi in palese conflitto di interessi.
Quando abbiamo scritto queste
cose ci hanno quasi presi per matti. Non ci credevano. Ma oggi questa vicenda è
diventata di dominio pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle
autorità competenti. Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del
senatore Lumia.
Il senatore Lumia - che è il vero presidente
‘ombra’ della Regione siciliana, in quanto inventore della
candidatura di Crocetta insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via
di decomposizione politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del
‘siluro’ che in questi giorni ha centrato Montante, lo stesso segretario
generale della presidenza della Regione, la già citata Patrizia Monterosso, è stata
condannata dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre un milione di euro (€
1.279.007,04) per fatti riguardanti il settore della formazione
professionale. ( Sent. n. 401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )
Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di
potere di Lumia - la dirigente generale del dipartimento Lavoro della Regione,
Anna Rosa Corsello - è stata di recente ‘bastonata’ dal Tar Sicilia, che ha
dichiarato nullo un atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del
decreto di accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto
essere firmato dal presidente della Regione e che, invece, è stato firmato
dall’ex assessore regionale, Nelli Scilabra). Il decreto dichiarato
nullo dal Tar Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché sui SOLDI già spesi sulla base di un decreto
nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione di responsabilità a carico
dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di
euro).
Non solo. Sembra che, adesso,
anche l’Unione europea si stia svegliando. Fino ad oggi Bruxelles, sulla
formazione professionale, ha fatto finta di non vedere violazioni incredibili.
I burocrati legati all’attuale governo regionale hanno bloccato l’assegnazione
di fondi europei per rivalersi su errori commessi nell’erogazione di fondi
pubblici. Solo che i fondi erogati irregolarmente erano regionali, mentre
quelli con i quali la Regione ha provato a rivalersi erano europei. Due
tipologie di fondi pubblici non sovrapponibili.
Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare
l’erogazione di fondi europei per recuperare fondi regionali erogati
illegittimamente.
Ma c’è, nella gestione della
formazione professionale siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a monte.
Una storia molto più grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi
europei, per definizione, sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai
fondi nazionali e regionali. La Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i
fondi europei sostituendoli totalmente ai fondi regionali. E questo non si può
fare. Non a caso è in corso una class action da parte del mondo della
formazione professionale siciliana contro la Regione che, ormai da quattro
anni, non si dota del Piano formativo regionale della formazione professionale
con fondi regionali, finanziando tutto con le risorse del Fondo sociale
europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe fare perché a vietarlo è la stessa Unione
europea che, fino ad oggi, violando leggi e regolamenti che essa stessa si è
data, fa finta di non vedere tutto quello che succede in Sicilia in questo
settore, rendendosi complice di un’irregolarità ai danni di se stessa.
Tutto questo vale per il passato
e per il presente. Ma il ‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema di
potere del senatore Lumia riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda
caso in questi giorni, si è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono
gli aeroporti siciliani. Sono la Sac, che gestisce gli aeroporti di Catania
Fontanarossa e Comiso; la Gesap, che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’
di Palermo; e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani.
Per motivi ‘misteriosi’ queste tre società - fino ad oggi controllate da
soggetti pubblici - dovrebbero essere privatizzate. Si tratta di società che,
se gestite con oculatezza, potrebbero dare utili e ricchezza alla collettività.
Ma siccome siamo in Italia questa ricchezza se la debbono incamerare i privati.
A questo sembra che punti il governo Renzi che, non a caso, su questi e su
altri argomenti è perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della
sinistra che lo stesso Pd di Renzi dice di rappresentare!
L’affare più grosso è rappresentato
dall’aeroporto di Catania, il più importante della Sicilia, destinato a
diventare un hub. Non a caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco
Ivan Lo Bello, altro esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi
prenderà il controllo della Sac - società per azioni oggi controllata dalle
Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa, dall’Istituto regionale per
le attività produttive e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà pure
la gestione dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il
flusso turistico verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto
cargo di tutta l’ortofrutta prodotta nelle serre che, dal Ragusano, arrivano
fino a Gela e Licata.
Un po’ meno importanti - ma non
per questo da tralasciare - gli aeroporti di Palermo e Trapani. Nella Gesap -
società che, come ricordato, gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ -
troviamo la Provincia di Palermo come socio di maggioranza, poi il Comune e la
Camera di Commercio, sempre di Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per
cento alla Provincia di Trapani, per il 2 per cento alla Camera di Commercio,
sempre di Trapani, e per il restante 49 per cento a un gruppo di privati.
Non sfugge agli osservatori che
Montante, oltre che presiedere la Camera di Commercio di Caltanissetta, è
presidente dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della
Sicilia. E le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni
delle società aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso
vale per le Province siciliane, tutte commissariate e gestite dalla stessa
Regione, cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…
Insomma, i conti tornano. O
meglio, cominciano a non tornare per Lumia, per Montante e per Crocetta. Tre
personaggi che hanno fatto fortuna utilizzando l’antimafia come trampolino di
lancio per la politica (e per gli affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra
in difficoltà.
Una caduta che non sembra
risparmiare nemmeno il numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro,
titolare della più grande discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in
provincia di Agrigento. Sotto scacco - non a caso sempre da parte della
magistratura - è finita tutta la gestione dei rifiuti in Sicilia imperniata
ancora sulle discariche. Una follia tutta siciliana che inquina l’ambiente.
Va ricordato che quasi tutte le
discariche siciliane non sono a norma di legge. Nelle discariche non possono
essere sotterrati i residui organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe
lavorato a parte. Invece in quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni
di immondizia entrano, scaricano e vanno via. Ma questo non si può fare, la
legge non lo consente. E invece si fa. Ma adesso la festa sembra finita.
Non va meglio per la gestione
dell’acqua. Tutti in Sicilia sanno che, in due anni e oltre di legislatura, il
Parlamento siciliano, di fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa
popolare per il ritorno alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in
Sicilia, è sempre stata contro l’acqua pubblica. Era così ai tempi di Don
Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Ed è così anche oggi che la mafia
opera da Bruxelles, imponendo i proventi delle attività criminali nel calcolo
del Pil dei Paesi dell’Unione europea.
La mafia non vuole il ritorno
all’acqua pubblica. E la politica siciliana si sta adeguando alle ‘richieste
della mafia che, come insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono
rifiutare. Questo spiega perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione
siciliana è mobilitata a bloccare i tentativi di alcuni Sindaci
dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse dei cittadini. Un esempio
‘intollerabile’…
Insomma, tutto il mondo che gira
attorno a Lumia, Montante, Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è un mondo di
politica legata agli affari, dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla
gestione della burocrazia, dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino
all’acqua - in un modo o nell’altro non sembra più in sintonia con una certa
idea di antimafia. La Giustizia da una parte e i grandi interessi che si
scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando in Sicilia nuovi scenari.
BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA DECRETO-ACCREDITAMENTI
ANNULLATO
Venerdì 30 Gennaio 2015 -
17:27 di Accursio
Sabella
I giudici amministrativi hanno
accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto
dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti
pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal
governatore.
PALERMO - Nuova “bacchettata” del
Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo
della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una
quarantina tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il
decreto che disciplina gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In
particolare, nei confronti del passaggio in cui si prevede la revoca
dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica
amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario
persino alle regole del buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati
oltre. Bocciando, di fatto, l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale
sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il
motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva
invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della
Regione. Uno scivolone clamoroso.
Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.
In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.
I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.
Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.
L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI
MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE MESSINA 10
OTTOBRE 2014
FORMAZIONE
E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei
dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio
della procura della repubblica di palermo
Ci sono volute cinque ore per
fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse del
Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa
Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione
professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti gli aspetti inerenti l'attuazione
del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini formativi 'appaltati' senza
gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del lavoro che in Sicilia
sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di
oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della
vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi
particolari, supportata dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento
diretto alle ragioni della scelta di Italia lavoro e delle altre società
esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti
amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di
un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale
ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema
informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla
candidatura e dall'incrocio con le aziende decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa
Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema
informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al
Piano della Garanzia Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con
il sistema dei Centri per l'impiego. A tal riguardo, la relazione tra i
tirocini e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del
citato interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio
formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che
possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno
richiesta, percependo una somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi.
All'azienda è riconosciuto un rimborso di 250 euro al mese al quale aggiungere
un BONUS finale nel caso di assunzione a
tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.
Sono 2000 i tirocini messi a
bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo regionale.
Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila
lavoratori della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto
di una mozione di censura da parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto
ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione regionale sta ancora
valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova
finestra per garantire l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che
'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che
sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di
migliaia di giovani che non sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i
soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in
una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della
dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex
dirigente generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto
in un clima di assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che
venissero mosse specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue
la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli
articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine,
inchiesta condotta da magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente
generale ripone massima stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio
alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata dai
miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si
è svolto all'insegna della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho
fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho
depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato
o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e
Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno,
limitandomi a spiegare gli atti che producevo".
"Ci sono volute cinque per
consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex
dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente
inerenti le procedure amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la
dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno
seguita con molta attenzione".
L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE
2013
POLITICA –
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di
giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio?
il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da
beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in
sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei
"professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso
della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di
palermo.
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani?
Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi,
prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A
generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a
Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo
Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di
Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in
corso al San Paolo Palace di Palermo.
Il Senatore, con la
sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo:
Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il
mondo come volontà e rappresentazione". Di che si
tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli
esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il
filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E,
in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente,
percepisce solo lui:
"Questo e' un partito che si
isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente
per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I
cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente
nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande
risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il
documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone
l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di
quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto
ci risulta, si parla di un Governo che si era
presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro
affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli
apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro
che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio
partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove
spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo
ma che tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno
schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di
Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il 21 Settembre scorso,
ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.
Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni
nell'Universo, e che magari, si è fermato anche al San
Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.
12 luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che
domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a
Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona
industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad
accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha
differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro
di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i
prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi
obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie
al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di
un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola,
di Marco Benanti
PENTITI
CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo carico,
secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della procura di
Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di
Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette
fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di
Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del
ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni
confiscati
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli
imprenditori siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa
Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di
Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello
Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo
l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe
sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta
top secret quella su Montante, indicato pochi giorni fa dal ministero dell’Interno come
componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà
immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio
Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di Francesco, mafioso
di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla
Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati
nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale,
dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato definito
‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della
provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di
quest’ultimo, Paolino
Arnone era un
boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno
del ’92 dopo una retata), che è stato compare
di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani:
in rete venne diffusa una foto di Montante
insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un
giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due
erano proprio Paolino
e Vincenzo Arnone. Anche
queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine,
rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il
leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro
non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che
parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con
una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr
Shock Absorbers spa,
un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il
mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria:
nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato
tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali
siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione
antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo,
gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati
vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via
definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è
limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari,
interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria
Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è
considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in
questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria
siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha
avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario
Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio
per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti
politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue
‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto
ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ
MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”
Praticamente Montante, siccome avevo
scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende
posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello
sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con
Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E
Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto
che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando
era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse
controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014
Dopo sette mesi dal suo
siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe
Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice
presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore
del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle
autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle
piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella
di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di
Confindustria Sicilia”.
Detto e sottoscritto
da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega
ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14
aprile scorso.
Oggi Marino rompe un
lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo
scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre
discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti
pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle
Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la
criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato
l’immondizia della Campania”.
È un fiume in piena l’ex
magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha
cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio
mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di
Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni
scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche
questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al
mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e
della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire
spazzatura” stanno venendo al pettine.
“La verità –
dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del
ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene
comune”.
A difendere l’ex assessore
scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino
Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di
Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore
Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di
trasparenza”.
“Va ricordato al presidente
Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni
rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a favore
della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.
E poi: “Catanzaro è il primo
imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta.
Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza
rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di
vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione
ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in
legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in
quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata
la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è
che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito
nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza
rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un
attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con dichiarazioni
pubbliche anche a mio danno”.
Perché Crocetta difende Catanzaro
e attacca Marino?
“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.
Perché, dottor Marino, lei accusa
anche il presidente di Confindustria?
“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo
vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non
posso’.
‘Allora
veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel
Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi
di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando
Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato,
nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul
mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente
fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su
di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni
di questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti
di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione
contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque,
l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una
cosa del genere”.
E Crocetta?
“Cambiò discorso”.
Cosa avvenne a seguito della sua
inchiesta?
“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.
Qual è il ruolo del senatore
Lumia?
“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.
Perché Crocetta la nomina
assessore?
“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.
Un’operazione di facciata?
“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.
12 novembre 2014
RIFIUTI,
MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale
dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di
denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro
giornale e sul quotidiano La Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino.
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello
Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il
dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,
“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre
che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e
completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa
nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e
all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato
destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni
illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume),
che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino,
sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la
realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il
governatore della Sicilia Rosario Crocetta,
“protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe
Lumia (“ha sempre
sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante,
sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di
Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente
della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra
fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito
dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans.
A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per
la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea:
“Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una
seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio,
Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia:
“È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione
Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo
ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato
Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto
nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda –
aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che
rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta
storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga
e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col
presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte
amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare
zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa
sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e
contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue
affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA
SOLO?
La notizia è “il Presidente di
Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la
magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9
Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per
mafia“.
Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad
essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della
legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla
mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia
È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria
siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era
puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma
non solo.
Marino ha indicando ciò che a suo parere
costituisce un sistema di potere e di collusioni formato
da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?),
Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come
sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione
siciliana.
Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato
Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito.
Anzi, ha rincarato la dose.
Questa Amministrazione – scrive
Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni
s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di
Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis
S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione
alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH”
della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per
discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta
culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per
il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in
rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe,
VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in
provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del
Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante
all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.
Montante indagato per mafia. Mah!
A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci
sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:
È giusto insomma che uno dei
membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle
mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue
finalità la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?
Strano destino, quello di
Confindustria Sicilia.
Oggi abbiamo Montante indagato
per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la
Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona
l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria
Sicilia.
I suoi rapporti con l’ineffabile
avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 .
Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).
Definito “il vero boss”,
“l’avvocato dei misteri”.
Per il giudice Calia presenziò
perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli
interessi della mafia.
Amici inseparabili, lui e La
Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele Macaluso furono
i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un secondo governo,
dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe allora un sostegno
variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici di Sicindustria,
allora guidata da Domenico La Cavera che già aveva rotto con
Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.
La Cavera ebbe relazioni anche
con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo
stesso Enrico Mattei.
È stato uno dei promotori insieme
a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato
nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni
compiute dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.
Ma i suoi affari in contiguità
con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della
SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo
Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra
Antonello Montante e Ivan Lo
Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.
Montante
e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia
ovest al primo e Sicilia est al secondo.
Presidenza della Camera di Commercio
di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio
siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal
Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.
Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!
Dice il deputato regionale siciliano Leanza4
Lo Bello e Montante? Sono i padroni
della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune
voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole
sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle
Camere di Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli
aeroporti siciliani.
E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per
mafia.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA
DI ISOLA DELLE FEMMINE
A CURA DEL COMITATO CITTADINO
ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE
BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA
DECRETO-ACCREDITAMENTI ANNULLATO
Venerdì
30 Gennaio 2015 - 17:27 di Accursio Sabella
I giudici amministrativi hanno
accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto
dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti
pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal
governatore.
PALERMO - Nuova “bacchettata” del
Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo
della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una
quarantina tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il
decreto che disciplina gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In
particolare, nei confronti del passaggio in cui si prevede la revoca
dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica
amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario
persino alle regole del buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati
oltre. Bocciando, di fatto, l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale
sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il
motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva
invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della
Regione. Uno scivolone clamoroso.
Già alla fine del 2013, il Tar
aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste
associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre
associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano
opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013.
Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento,
strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi
pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.
In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.
I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.
Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.
L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO:
"AI MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE MESSINA 10
OTTOBRE 2014
FORMAZIONE
E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei
dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio
della procura della repubblica di palermo
Ci sono volute cinque ore per
fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse del
Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa
Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione
professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti gli aspetti inerenti
l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini formativi
'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del
lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di
oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della
vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi
particolari, supportata dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento
diretto alle ragioni della scelta di Italia lavoro e delle altre società
esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti
amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di
un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale
ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema
informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla
candidatura e dall'incrocio con le aziende decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa
Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema informatico
Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della
Garanzia Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con il sistema
dei Centri per l'impiego. A tal riguardo, la relazione tra i tirocini e i
Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del citato
interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio
formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che
possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno
richiesta, percependo una somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi.
All'azienda è riconosciuto un rimborso di 250 euro al mese al quale aggiungere
un BONUS finale nel caso di assunzione a
tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.
Sono 2000 i tirocini messi a
bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo regionale.
Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila
lavoratori della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto
di una mozione di censura da parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto
ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione regionale sta
ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una
nuova finestra per garantire l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che
'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che
sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di
migliaia di giovani che non sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i
soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in
una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della
dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex
dirigente generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto
in un clima di assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che
venissero mosse specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue
la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli
articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine,
inchiesta condotta da magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente
generale ripone massima stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio
alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata dai
miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si
è svolto all'insegna della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho
fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho
depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato
o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e
Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno,
limitandomi a spiegare gli atti che producevo".
"Ci sono volute cinque per
consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex
dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente
inerenti le procedure amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la
dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno
seguita con molta attenzione".
L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE
2013
POLITICA –
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di
giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio?
il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da
beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in
sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei
"professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso
della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di
palermo.
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani?
Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi,
prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A
generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a
Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo
Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di
Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in
corso al San Paolo Palace di Palermo.
Il Senatore, con la
sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo:
Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il
mondo come volontà e rappresentazione". Di che si
tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli
esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il
filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E,
in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente,
percepisce solo lui:
"Questo e' un partito che si isola dalla stampa nazionale e
mondiale, che vede con simpatia un Presidente per la prima volta davvero in
grado di rompere col passato. I cittadini siciliani, i giornali,
l'opinione pubblica, la classe dirigente nazionale del partito vedono il presidente
Crocetta come una grande risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea
inferocita che ha votato il documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe
Lupo, che propone l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di
quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto
ci risulta, si parla di un Governo che si era
presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro
affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli
apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro
che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio
partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove
spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo
ma che tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno
schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di
Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il 21 Settembre scorso,
ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.
Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni
nell'Universo, e che magari, si è fermato anche al San
Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.
12 luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che
domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a
Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona
industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad
accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha
differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro
di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i
prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi
obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie
al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di
un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola,
di Marco Benanti
PENTITI
CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo
carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della
procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario
di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette
fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di
Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del
ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni
confiscati
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli
imprenditori siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa
Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di
Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello
Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo
l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe
sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta
top secret quella su Montante, indicato pochi giorni fa dal ministero dell’Interno come
componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà
immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio
Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di Francesco, mafioso
di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla
Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati
nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale,
dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato definito
‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della
provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di
quest’ultimo, Paolino
Arnone era un
boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno
del ’92 dopo una retata), che è stato compare
di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani:
in rete venne diffusa una foto di Montante
insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un
giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due
erano proprio Paolino
e Vincenzo Arnone. Anche
queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine,
rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il
leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro
non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che
parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con
una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr
Shock Absorbers spa,
un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il
mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria:
nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato
tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali
siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione
antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo,
gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati
vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via
definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è
limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari,
interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria
Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è
considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in
questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria
siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha
avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario
Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio
per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti
politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue
‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La
Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto
ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ
MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”
Praticamente Montante, siccome avevo
scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende
posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello
sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con
Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E
Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto
che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando
era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse
controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014
Dopo sette mesi dal suo
siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe
Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice
presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore
del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle
autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle
piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella
di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di
Confindustria Sicilia”.
Detto e sottoscritto da Nicolò
Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti,
all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.
Oggi Marino rompe un
lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo
scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre
discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti
pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle
Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la
criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato
l’immondizia della Campania”.
È un fiume in piena l’ex
magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha
cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio
mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di
Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni
scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche
questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al
mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e
della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire
spazzatura” stanno venendo al pettine.
“La verità –
dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del
ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene
comune”.
A difendere l’ex assessore
scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino
Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di
Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore
Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di
trasparenza”.
“Va ricordato al presidente
Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni
rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a
favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.
E poi: “Catanzaro è il primo
imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta.
Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza
rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di
vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione
ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in
legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in
quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata
la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è
che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito
nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza
rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un
attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con
dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.
Perché Crocetta difende Catanzaro
e attacca Marino?
“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.
Perché, dottor Marino, lei accusa
anche il presidente di Confindustria?
“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo
vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non
posso’.
‘Allora
veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel
Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi
di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando
Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato,
nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul
mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente
fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su
di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni
di questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti
di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione
contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque,
l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una
cosa del genere”.
E Crocetta?
“Cambiò discorso”.
Cosa avvenne a seguito della sua
inchiesta?
“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.
Qual è il ruolo del senatore
Lumia?
“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.
Perché Crocetta la nomina
assessore?
“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.
Un’operazione di facciata?
“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.
12 novembre 2014
RIFIUTI,
MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino,
in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La
Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino.
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello
Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il
dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,
“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre
che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e
completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa
nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e
all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato
destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni
illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume),
che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino,
sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la
realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il
governatore della Sicilia Rosario Crocetta,
“protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe
Lumia (“ha sempre
sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante,
sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di
Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente
della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra
fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito
dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans.
A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per
la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea:
“Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una
seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio,
Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia:
“È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione
Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo
ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato
Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto
nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda –
aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che
rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta
storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si
dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”.
“Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle
scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non
potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di
attaccare l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle
discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi –
conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue
affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA
SOLO?
La notizia è “il Presidente di
Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la
magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9
Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per
mafia“.
Una notizia bomba. Antonello
Montante, infatti, oltre ad essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di
Confindustria per i problemi della legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale
per i beni confiscati alla mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di
Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia
È del novembre 2014 l’altra
accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria
siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era
puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma
non solo.
Marino ha indicando ciò che
a suo parere costituisce un sistema di potere e di collusioni formato
da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?),
Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi
di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come
presidente della Regione siciliana.
Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato
Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito.
Anzi, ha rincarato la dose.
Questa Amministrazione – scrive
Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni
s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di
Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis
S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione
alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH”
della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per
discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta
culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per
il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in
rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe,
VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in
provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del
Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante
all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.
Montante indagato per mafia. Mah!
A proposito dell’incarico
conferito da Angeli Alfano, ci sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:
È giusto insomma che uno dei
membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle
mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue
finalità la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?
Strano destino, quello di
Confindustria Sicilia.
Oggi abbiamo Montante indagato
per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la
Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona
l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria
Sicilia.
I suoi rapporti con l’ineffabile
avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 .
Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).
Definito “il vero boss”,
“l’avvocato dei misteri”.
Per il giudice Calia presenziò
perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli
interessi della mafia.
Amici inseparabili, lui e La
Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele Macaluso furono
i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni,
il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò più il MSI.
Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai
monarchici, ai vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La
Cavera che già aveva rotto con Confindustria, fino ad esponenti
vicini alla mafia.
La Cavera ebbe relazioni anche
con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso
Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo stesso Enrico Mattei.
È stato uno dei promotori insieme
a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato
nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni
compiute dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.
Ma i suoi affari in contiguità
con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della
SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo
Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra
Antonello Montante e Ivan Lo
Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.
Montante
e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia
ovest al primo e Sicilia est al secondo.
Presidenza della Camera di
Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio
siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal
Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.
Antonello Montante indagato per
mafia. Si stenta a crederlo!
Dice il deputato regionale
siciliano Leanza4
Lo Bello
e Montante? Sono i padroni della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune
voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole
sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle
Camere di Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli
aeroporti siciliani.
E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per
mafia.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE
FEMMINE
LO SCANDALO DEI POTERI INVISIBILI ZOOM
SULL'AVVOCATURA DELLO STATO
Giovedì 05 Febbraio 2015 - 17:01
di Salvo Toscano
Con un imbarazzante parere, l'Avvocatura suggerisce al
governo di non costituirsi parte civile al processo contro un funzionario per
corruzione, perché non desta "allarme sociale". Ma già altri
pronunciamenti dell'ufficio avevano messo nei guai la giunta. Che, fragile e
maldestra, delega all'oracolo anche le decisioni più politiche
PALERMO – La decisione non era
passata inosservata. Ed era stata raccontata da Riccardo Lo Verso su
Livesicilia il 19 gennaio scorso. La decisione era quella del governo
regionale di non costituirsi parte civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, al
processo che vede imputati Gianfranco Cannova, funzionario dell'assessorato
regionale Territorio Ambiente, e quattro imprenditori, tutti accusati di
corruzione. Oggi un tassello in più della clamorosa vicenda lo
aggiunge Repubblica, che dà notizia delle motivazioni addotte
dall'Avvocatura dello Stato a supporto della scelta di non costituirsi parte
civile. Secondo l'Avvocatura, riporta il giornale, la corruzione "non
costituisce allarme sociale", e il danno all'erario è esiguo. E dire che
proprio su questo caso Rosario Crocetta aveva tuonato pubblicamente. Nel corso
di una conferenza stampa pochi giorni dopo il blitz il
governatore commentò: "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo
l'inizio. Stiamo vagliando l'ipotesi della confisca o dell'esproprio
per pubblica utilità delle discariche private". L'inchiesta
riguardava un
presunto giro di mazzette (ammesse dallo stesso funzionario) nell'ambito dello
smaltimento dei rifiuti.
Insomma, malgrado i ripetuti
allarmi lanciati a più riprese dai massimi vertici istituzionali sul tema, la
corruzione secondo l'Avvocatura dello Stato, almeno nella fattispecie, non
desta allarme sociale. Una posizione che sta suscitando scandalo e scatenando polemiche,
e che è stata stigmatizzata dallo stesso Crocetta, che secondo Repubblica è
“caduto dalle nuvole” apprendendo della vicenda, in merito alla quale ha
annunciato INDAGINIinterne. Più che la scelta in sé,
infatti, a colpire sono da un lato le motivazioni addotte e dall'altro la
reazione spaesata del governo. Sì, perché laddove la politica è debole e
distratta, altri poteri incrementano il proprio peso specifico. L'Avvocatura
dello Stato, con i suoi pareri, non fa eccezione. Anzi, i pareri dell'ufficio
sono diventati pane quotidiano e bussola per una politica fragile e insicura,
in tempi carichi di insidie. Anche nell'ambito di decisioni in cui l'ultima
parola dovrebbe spettare alla politica. Ne è nato quasi un tutt'uno, una sorta di governicchio parallelo le cui mosse sono
state in più d'una occasione smontate da altri poteri discreti, come quello
della Corte dei conti.
In effetti, nel recente passato
l'Avvocatura ha manifestato parametri di giudizio a volte controversi. La
“morbidezza” sulla vicenda Cannova, ad esempio, stride con l'intransigenza
mostrata su un altro caso – ovviamente ben diverso dal punto di vista giuridico
– che invece è stato al centro dell'attenzione dei media, quello sul vitalizio
di Totò Cuffaro. Nel maggio scorso l'Ars chiese un parere sulla vicenda
all'Avvocatura. La norma infatti, scriveva Palazzo dei Normanni, prevedeva la
sospensione del vitalizio dei parlamentari solo per reati contro la pubblica
amministrazione. L'Avvocatura distrettuale di Palermo scrisse che la sospensione
del vitalizio era invece giustificata dalle norme del codice penale (in
particolare gli articoli 28 e 29), specificando che il vitalizio non è
assimilabile a una pensione. Un responso che arrivò anche sull'onda delle
proteste di una parte di opinione pubblica e nel clima scottante causato dalla
vasta eco mediatica scatenata dal caso. Per aver man forte sulla propria
interpretazione, l'Avvocatura di Palermo chiese conforto all'Avvocatura
generale dello Stato, che confermò quella interpretazione. Curioso però che
malgrado il riferimento a norme nazionali, il vitalizio non sia ancora stato
sospeso - o almeno non se ne ha notizia - ai parlamentari nazionali condannati
e che al momento il codice penale sembrerebbe applicarsi al solo Cuffaro.
D'altronde, il parere sul caso Cannova non è il primo a “inguaiare” il governo regionale. Già in un paio di vicende eclatanti i buoni consigli dell'Avvocatura hanno messo in difficoltà la giunta regionale. Emblematico il caso delle assunzioni a Sicilia e-Servizi, che avevano avuto il parere favorevole dell'Avvocatura e che sono state invece contestate dalla Corte dei conti (che ha accusato di danno erariale lo stesso avvocato dello Stato Dell'Aira). L'altra insidia arrivò dalla Sanità e dalle nomine dei direttori generali delle aziende catanesi Paolo Cantaro e Angelo Pellicanò. Nomine giunte il giorno prima dell'entrata in vigore del decreto Renzi che stoppava gli incarichi manageriali per le persone in quiescenza. Quanto basta per spingere il governo regionale a chiedere appunto un parere all'Avvocatura. Secondo l'avvocato dello Stato, quelle nomine andavano stoppate perché il rapporto di lavoro si sarebbe formalizzato all'atto della sottoscrizione del contratto, che sarebbe giunto, quindi, dopo l'entrata in vigore del decreto "stoppa-pensionati". Così, è partita la revoca di quelle nomine, che ha anche innescato forti polemiche e l'apertura di un fascicolo da parte della Procura di Catania. Qualche settimana dopo è lo stesso ministro Madia a fornire, attraverso una circolare esplicativa, la corretta interpretazione della norma. Una interpretazione che smentisce il parere dell'avvocatura: le nomine sono arrivate prima dell'entrata in vigore del decreto. E quindi non sono sottoposte ai limiti previsti dalla norma.
Uno schema analogo: la politica cerca riparo nel parere dell'oracolo, i magistrati contabili o il governo nazionale smontano tutto. E adesso arriva lo scandalo Cannova. Che irrita, tardivamente, lo stesso governo regionale offrendone un'immagine maldestra. Governo che proprio in questi giorni è chiamato a decidere su un'altra eventuale costituzione di parte civile. Quella nel procedimento davanti al Tribunale di Palermo che coinvolge undici persone, tra cui l'ex assessore regionale Pippo Gianni - l'udienza preliminare è stata fissata per il 25 febbraio - per una vicenda di presunta corruzione nell'ambito delle energie alternative.
CORRUZIONE, LA REGIONE NON SI COSTITUISCE PARTE
CIVILE M5S: “VERGOGNOSO” E PARTONO INTERROGAZIONI ALL’ARS E ALLA CAMERA
PUBBLICATO IL 5 FEBBRAIO 2015
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